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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 29 luglio 2015

Frankenweenie - Tim Burton

Frankenweenie, realizzato nel 2012, è il penultimo film di Tim Burton, ed è il terzo film di animazione, realizzato con stop motion e 3D, dopo La sposa cadavere e Alice in wonderland… non contando nell’elenco il bellissimo Nightmare before Christmas, da Burton scritto e prodotto, ma non diretto.

Frankenweenie, peraltro, è la conversione in lungometraggio di un cortometraggio omonimo fatto nel lontano 1984, a sua volta ispirato al romanzo di Mary Shelley Frankenstein.

Giacché sto facendo elenchi, continuo: Frankenweenie è il settimo film di Tim Burton che recensisco, dopo Beetlejuice - Spiritello porcello, Il mistero di Sleepy HollowAlice in WonderlandBig fish, Ed Wood e Dark shadows. Ma va detto che ho visti anche gli altri suoi film non recensiti, visti per l’appunto prima di aprire il blog Cinema e film (Edward mani di forbice, Mars attack, Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie, La fabbrica di cioccolato, La sposa cadavereSweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street... Batman invece mi pare di non averlo mai visto).
E peraltro anni fa vidi anche il bellissimo corto Vincent, anch’esso dalle tinte tipicamente scure, ma più grottesche che orrori fiche, tipiche dello stile di Tim Burton…

… che emerge con prepotenza anche in questo Frankenweenie, che certamente è una delle opere che lo rappresenta di più. Non fosse altro per le continue citazioni a Edgar Alla Poe, a Mary Shelley, a Vincent Price… e a zombie, mummie, vampiri e mostriciattoli di vario tipo. Senza contare l’aria lugubre e semidepressa che arieggia lungo tutto la pellicola, forse in modo persino esagerato, col mondo di Frankenweenie che si divide in due gruppi: gli adulti da un lato, addormentati e piatti, e i bambini dall’altro, introversi tristi.

In effetti, forse in Frankenweenie il tutto assume toni eccessivi, tanto che l’unico elemento positivo, l’unico elemento di vitalità, è dato dal rapporto affettuoso tra il protagonista Victor (Frankenstein di cognome…) e il cane Sparky.
Che peraltro è bissato dal rapporto tra la vicina di casa Elsa (van Helsing di cognome) e la sua cagna Persefone.

Insomma, in Frankenweenie mancano gioia e vitalità, che viceversa sono presenti abbondantemente in altri film di Burton, seppur in modo molto diverso l'uno dall'altro: Beetlejuice, Il mistero di Sleepy Hollow, Big fish, Ed Wood… persino in Dark shadows, pur con tutto il suo humor nero.

Peccato, perché il film tecnicamente è impeccabile, ed è davvero uno spettacolo da vedere. E inoltre ci si affeziona facilmente ai protagonisti… ma manca qualcosa, sia come vitalità, sia come idea brillante, da cui la valutazione non elevatissima. 

Dimenticavo la trama: Victor ha un solo amico, il suo cane Sparky, ma sfortuna vuole che il cane muoia in un incidente. Il bambino, allora (che poi è praticamente la versione infantile del protagonista de La sposa cadavere, che difatti si chiama ugualmente Victor), sfruttando la sua grande passione per la scienza, trova un modo per riportarlo in vita.
Però succede un imprevisto…

Film pluripremiato e di pregevole fattura tecnica, ma a mio avviso non tra i migliori di Tim Burton.

Fosco Del Nero



Titolo: Frankenweenie (Frankenweenie).
Genere: animazione, fantastico, grottesco.
Regista: Tim Burton.
Anno: 2012.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 22 luglio 2015

Dark shadows - Tim Burton

Da sempre sono un grande fan di Tim Burton, anche se i suoi ultimi lavori mi avevano un po’ deluso: certamente i vari Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street, Alice in Wonderland non sono stati all’altezza dei precedenti Edward mani di forbice, Il mistero di Sleepy Hollow, Big fish - Le storie di una vita incredibileLa sposa cadavere, per non parlare di Nightmare before Christmas, da lui scritto e prodotto, per quanto non diretto.

Anche se, ad onor del vero, Burton ogni tanto ha sempre creato dei film più surreali o curiosi che non di alto valor artistico, come Beetlejuice - Spiritello porcello, Ed Wood, Mars attacks!, o i remake Planet of the apes - Il pianeta delle scimmie e La fabbrica di cioccolato, accolti con non troppo entusiasmo.

In attesa di vedermi le sue ultime opere, ossia Frankenweenie e Big eyes, mi sono visto la sua terz’ultima, ossia Dark shadows, che si inserisce proprio in quel filone grottesco, fantastico e surreale e non tanto in quello più poetico (alla Big fish, per intenderci).

I punti fermi, oltre a un’energia grottesca di fondo, sono sempre quelli: Johnny Depp (La nona porta, I pirati dei Caraibi - La maledizione della prima luna, Il mistero di Sleepy Hollow e tutti gli altri film di Burton, che lo hanno letteralmente lanciato nel mondo del cinema) e Helena Bonham Carter (Fight ClubLa dea dell’amoreMerlinoAlice in wonderland), stavolta accompagnati da Eva Green (La bussola d'oro, Arsenio Lupin, Sin City - Una donna per cui uccidere, The Dreamers - I sognatori) e da Michelle Pfeiffer (Le streghe di Eastwick, Stardust, Batman - Il ritorno).
Da citare anche la giovane Chloe Moretz, che senza dubbio avrà una bella carriera cinematografica (e che si è già distinta in film come 500 giorni insiemeHugo Cabret, Kick-Ass).

Ecco in breve la trama del film: il prologo ci porta nel 1760, quando la famiglia dei Collins, i genitori e il figlioletto Barnabas, lascia la Gran Bretagna per cercare fortuna in America. Metteranno su una fiorente azienda peschiera, e nel mentre il giovane Barnabas cresce bello e ambito dalle donne. Da grande, egli si innamorerà di Josette, mettendo da parte la sua amante Angelique Bouchard… la quale è una strega e si vendicherà ferocemente, facendolo diventare un vampiro e uccidendo la fidanzata e i genitori di Barnabas, per poi rinchiuderlo in una bara, da cui uscirà solo due secoli dopo.
E qua inizia il film vero e proprio, con il vampiro Barnabas che cerca di risollevare le sorti dei Collins, nel mentre divenuti poveri e poco considerati, e che deve nuovamente affrontare sia la forza di Angelique, sia l’amore della nuova Josette, che adesso si chiama Victoria.

Dark shadows è un mix che più mix non si può: alterna scene sanguinolente, vampiresche o meno, a divertissement da commedia surreale, così come alterna colori cupi a colori vivaci. Anche la colonna sonora segue l’andazzo assai altalenante, proponendo gioiosi brani rockettari degli anni "70 così come arie lugubri e dark.

Senza dubbio alcuni spettatori si troveranno spiazzati da questo genere meticcio, che un attimo prima ti fa sentire Elton John e un attimo dopo ti fa vedere Alice Cooper (la Signora Cooper...) che si esibisce, ma gli antichi fan di Tim Burton vi scorgeranno l’anima di fondo del regista, che evidentemente si è divertito nel girare questo film, e che diverte a sua volta, e numerose volte.

Spettacolari i due antagonisti Johnny Depp ed Eva Green, mentre risultano un po’ sullo sfondo Michelle Pfeiffer ed Helena Bonham Carter, quest’ultima normalmente più valorizzata dall’allora compagno regista.

Nel complesso, a mio avviso Dark shadows è un film di buona fattura, che farà felici i fan del Tim Burton più surreale, ma che forse non soddisferà appieno chi dal buon Tim desidera solo capolavori come Big fish o Il mistero di Sleepy Hollow.

Chiudo con alcune frasi tratte dal film.

"Cosa ne pensi della parità dei sessi? Sei favorevole?"
"Oh cielo, no, gli uomini diventerebbero ingestibili."

"Ci sono cose a questo mondo che non comprendiamo, cose come la magia, la morte, il destino."

"Cosa faremo ora?"
"Quello che abbiamo sempre fatto: resisteremo."

"Tu non sai amare: questa è la tua maledizione."

Fosco Del Nero



Titolo: Dark shadows (Dark shadows).
Genere: fantastico, grottesco, sentimentale.
Regista: Tim Burton.
Attori: Johnny Depp, Michelle Pfeiffer, Helena Bonham Carter, Eva Green, Chloe Moretz, Bella Heathcote, Jonny Lee Miller, Jackie Earle Haley, Gulliver McGrath, Ray Shirley,Christopher Lee.
Anno: 2011.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 16 luglio 2015

L’ultimo unicorno - Jules Bass, Arthur Rankin Jr.

Ho già visto due film d’animazione del duo Jules Bass-Arthur Rankin Jr., ossia The hobbit e Il volo dei draghi.
Quest’oggi arriva il terzo: L’ultimo unicorno.

Si tratta di un film prodotto nel 1982 e di genere pienamente fantasy.
Peraltro, come d’abitudine per i registi suddetti, il film ha una forte componente musicale, e d’eccezione potremmo dire, visto che tutte le numerose canzoni presenti nel film sono state composte dagli America, gruppo molto famoso negli anni "70 e "80 (e autore di alcune canzoni molto belle).

In effetti la colonna sonora è un pezzo forte del film, anche perché scritta appositamente per il film stesso e quindi perfettamente in tema.

Ecco in breve la trama de L’ultimo unicorno, film tratto dall’omonimo romanzo di Peter S. Beagle, il quale è anche autore della sceneggiatura: in una bellissima foresta incantata vive un unicorno, il quale pare essere l’ultimo rimasto della sua specie. Egli, volendo appurare tale fatto, e magari trovare altri unicorni, parte per un lungo viaggio, che lo porterà a conoscere degli amici, il mago Schmendrick e la cuoca Molly Grue, e persino a innamorarsi di un uomo, il principe Lir… ma che soprattutto lo porterà (la porterà, meglio, giacché trattasi di un unicorno femmina) a scoprire che fine hanno fatto gli altri unicorni.

Preciso subito una cosa: dopo un rapido confronto tra l’audio in italiano e l’audio in inglese, ho optato per quest’ultimo, aiutato dai sottotitoli, per il semplice fatto che non c’era paragone tra i due: in inglese si era di fronte a un film di spessore, doppiato da professionisti come Jeff Bridges, Mia Farrow, Angela Lansbury e Christopher Lee, mentre in italiano avevo ciò che evidentemente era stata ritenuta una storiella per bambini e doppiata di conseguenza, in modo infantile e sciatto.

Anzi, mi è tornato in mente che dei due film prima citati vidi The hobbit (che mi è piaciuto molto) in inglese e Il volo dei draghi (che invece mi ha parecchio annoiato) in italiano.
Insomma, c’è di mezzo la vecchia solfa nostrana di ritenere i film di animazione o i film fantasy come prodotti di serie B e con doppiaggi scadenti o infantili e sempliciotti.

Invece, guarda un po’, L’ultimo unicorno si rivela un film dai colori bellissimi, dai disegni altrettanto belli, praticamente un acquerello in movimento, doppiato molto bene (in inglese), con un’eccellente colonna sonora, una trama semplice ma comunque scorrevole, e una dose di poesia non indifferente.
In definitiva, uno di quei film adatti sia ai piccoli che ai grandi… ma è meglio se entrambi hanno voglia di leggersi i sottotitoli (o se capiscono l’inglese, ancora meglio).

Riporto alcune frasi dal sapore esistenziale, giacché nel film c'è anche un poco di questo.

"Hai tutti i poteri che ti servono: devi solo avere il coraggio di usarli."

"La magia ha deciso la forma: io sono soltanto un tramite, sono un esecutore, sono un messaggero."

"Chi sono io? Perché sono qui? Cosa sto cercando in questo strano posto."

"Io sogno sempre, anche quando sono sveglia: è un sogno infinito."

Fosco Del Nero



Titolo: L’ultimo unicorno (The last unicorn).
Genere: animazione, fantasy, drammatico, sentimentale.
Regista: Jules Bass, Arthur Rankin Jr..
Anno: 1982.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 15 luglio 2015

L’ultimo dominatore dell’aria - M. Night Shyamalan

Dai suoi primi film sembrava che M. Night Shyamalan avrebbe portato avanti una carriera registica di prim’ordine, e invece il regista indiano-statunitense si è clamorosamente perso…

… non dando seguito all’alta qualità dei suoi primi lavori: Il sesto sensoUnbreakable, SignsThe village, poi vanificati dalle successive opere, tra il mediocre e l’inguardabile: Lady in the water, E venne il giorno… e L’ultimo dominatore dell’aria, il film recensito quest’oggi.

Partiamo con la trama sommaria del film: siamo in universo fantasy, in cui vi è sì tecnologia, ma vi è soprattutto magia, nonché una forte connessione con la natura e i suoi quattro elementi.
Le popolazioni sono peraltro suddivise proprio in base all’elemento dominante, ed è così che abbiamo i Nomadi dell'Aria, le Tribù dell'Acqua, il Regno della Terra e la Nazione del Fuoco.
Quest’ultima è riuscita a rompere l’equilibrio generale assicurandosi un solido dominio su quasi tutte le terre, approfittando anche dell’assenza dell’Avatar, dominatore di tutti e quattro gli elementi, che si reincarna periodicamente per assicurare l’equilibrio generale.
Sarà una coppia di fratelli, Sokka (Jackson Rathbone; Twilight) e Katara (Nicola Peltz; Transformers 4 - L'era dell'estinzione), dell’elemento dell’acqua, a trovare casualmente il nuovo Avatar, un giovane bonzo di nome Aang (Noah Ringer), il cui addestramento però è incompleto, e così il suo potere.

L’ultimo dominatore dell’aria è la conversione cinematografica della serie animata, Avatar - La leggenda di Aang, e la cosa si nota, giacché tutto procede in modo frettoloso e forzato, tipico per l’appunto delle conversione filmiche di storie lunghe, come serie televisive o saghe letterarie.

Purtroppo questo senso di eccessiva velocità permea tutto il film, minandone alla base l’efficacia. Altra cosa poco efficace a mio avviso: il casting. Si poteva fare molto ma molto meglio, soprattutto per il personaggio di Aang. Il livello complessivo della recitazione è a dir poco insufficiente, col film che non a caso ha ricevuto numerose nomination come peggiore film dell’anno.

A proposito del casting, piuttosto ridicola la scelta di differenziare i gruppi elementali secondo determinate razze umane: i buoni (acqua) ovviamente sono occidentali e statunitensi in particolare, mentre i cattivi che invadono i territori degli altri (fuoco) sono indiani... mentre a me risulta che gli indiani ultimamente non abbiano mai invaso nessuno (il Kashmir rimane l'unico luogo conteso), mentre siano gli statunitensi a invadere uno stato ogni paio d'anni.
Riguardo gli altri due gruppi, la terra è andata all'etnia cino-mongola, mentre l'aria ai monaci giapponesi... tranne il protagonista, che è invece occidentale e statunitense. Abbastanza ridicolo, come detto, con tutto che Shyamalan è figlio di genitori indiani... ma ha vissuto tutta la vita negli Stati Uniti.
Altra cosa bizzarra: mentre Zuko (Dev Patel; Humandroid), erede della Nazione del Fuoco, è regolarmente di etnia indiana, il padre Ozai (Cliff CurtisLa ragazza delle balene, 10.000 a.C.Push, Sunshine) è invece un neozelandese di origine maori, mentre lo zio, fratello del padre, Iroh (Shaun Toub; Crash - Contatto fisico) è un iraniano, completamente diverso da entrambi, fratello e nipote! Di fronte alla diversità fisica, persino la diversità caratteriale rispetto al personaggio originale della serie passa in secondo piano, cosa che peraltro vale anche per tanti altri personaggi o situazioni.

Anche i dialoghi sono fortemente tirati e banali, ma è soprattutto la sceneggiatura generale a fare acqua (a proposito di elementi); manca una coerenza interna, uno scorrere fluido e credibile… forse per i tempi forzati di cui ho detto poco fa.

Se il film a livello tecnico-visivo propone una grande bellezza, con tanti panorami suggestivi e molti effetti speciali, manca clamorosamente nel suo contenuto. Insomma, il fuori c’è (e potrebbe pure essere un motivo sufficiente per vederlo, data la grande bellezza che propone), ma manca il dentro, per dire così.

Anche se, ad onor del vero, qualche scena efficace c’è, e la regia in generale è buona; la mia impressione è che M. Night Shyamalan sia più portato per le atmosfere cupe e inquietanti (Il sesto senso, The village) piuttosto che per commedie o sceneggiature surreali o fantasy (Lady in the water, L’ultimo dominatore dell’aria). O, per dirla in un altro modo, che sia più bravo nelle tematiche introspettive, interiori e inquietanti piuttosto che nel mostrare al di fuori, se mi si passa questa espressione.

Altra cosa un po’ deludente: la storia si discosta dalla tradizione dei fantasy a contenuto esistenziale e interiore, quasi formativo-filosofico-spirituale (J.R.R. Tolkien, Raymond Feist, Ursula Le Guin, Philip Pullman, Michael Ende, Orson Scott Card, etc), per proporre una storia che cita sì gli elementi, il chi, la reincarnazione, l’equilibrio tra gli opposti, che fa mosse di tai chi, etc, ma che in realtà ha molta meno sostanza dei suoi competitor, che infatti lo surclassano su tanti versanti. Purtuttavia, ho estratto alcune frasi ispiranti, e le propongo di seguito, aggiungendo che pur tali pochi elementi, insieme alla grande bellezza visiva, possono essere motivo sufficiente per vedere il film, se non ci si aspetta un capolavoro del cinema… ma al contrario una sorta di colossal mal riuscito.
Parlando di storia e trama, essa si rivela in realtà monca, poiché il film termina dopo la prima stagione della serie televisiva, ignorando le altre due, forse teoricamente destinate a due seguiti... che suppongo non ci saranno mai.

“È nei cuori che si vincono tutte le guerre.”

“L’acqua è l’elemento che scorre, l’elemento del cambiamento. Padroni dell’acqua si diventa liberando le emozioni, ovunque ci conducano. L’acqua ci insegna l’accettazione, che le emozioni scorrano, come l’acqua.”

“Tu non accetti la perdita del tuo popolo e la tua responsabilità in tante morti. Non dai libero sfogo al tuo dolore, provi rabbia. Devi imparare il distacco.”

“Siamo nati per una ragione: a ognuno di noi scoprire quale.”

Fosco Del Nero



Titolo: L’ultimo dominatore dell’aria (The last airbender).
Genere: fantasy, avventura.
Regista: M. Night Shyamalan.
Attori: Noah Ringer, Dev Patel, Nicola Peltz, Jackson Rathbone, Shaun Toub, Aasif Mandvi, Cliff Curtis, Isaac Jin Solstein, Seychelle Gabriel, Randall Duk Kim, Dee Bradley Baker.
Anno: 2010.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 8 luglio 2015

Nati stanchi - Dominick Tambasco

Del duo Ficarra e Picone, che ho sempre apprezzato per la verve comica ironica e brillante, mai volgare o pesante, ho già visto i film Il 7 e l’8 e La matassa, che mi sono piaciuti abbastanza… a dire il vero, oltre le mie attese, giacché è raro che i protagonisti televisivi riescano bene anche sul grande schermo (e, anzi, nella gran parte dei casi si tratta di un’“invasione” del tutto ingiustificata rispetto alle qualità del protagonista di turno).

Dal momento che i primi due esperimenti sono andati bene, ho proceduto col terzo, risalendo alla loro prima apparizione filmica con Nati stanchi, film del 2002.

Ecco in grande sintesi la trama: Salvo e Valentino (rispettivamente Salvatore Ficarra e Valentino Picone… evidentemente non si sono sforzati molto coi nomi) sono due giovani siciliani che vivono in un piccolo paese dove tutti si conoscono.

Disoccupati, mantenuti dai genitori, fidanzati di lungo corso senza nessuna voglia di impegnarsi e sposarsi, il loro obiettivo è mantenere il più a lungo possibile questa situazione di libertà e di nessuna responsabilità.

Tuttavia, per mantenere le apparenze di giovani che cercano un lavoro, ciò di fronte alle famiglie e alle fidanzate, i due ogni tanto organizzano delle partecipazioni a concorsi in varie zone d’Italia, spesati dai genitori ovviamente, e altrettanto ovviamente senza avere la minima intenzione di vincere i suddetti concorsi.
Stavolta i due hanno scelto Milano…

Non c’è niente da fare: Ficarra e Picone bucano lo schermo, e sono simpatici e divertenti ovunque. Detto di ciò, quello che ovviamente fa la differenza è la sceneggiatura di un film, e Nati stanchi ha sufficienti motivi di interesse per essere seguito con buon divertimento.

Pur senza nulla di eccezionale, lo sottolineo, né nella sceneggiatura né nella recitazione. Qualche buon spunto nella regia, ma nel complesso a reggere i film è proprio la simpatia del duo, senza cui sarebbe poca cosa.

Tra i tre film di Ficarra e Picone che ho visto, il mio preferito rimane Il 7 e l’8, con La matassa e Nati stanchi a seguito.

Fosco Del Nero



Titolo: Nati stanchi.
Genere: commedia, comico.
Regista: Dominick Tambasco.
Attori: Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Marica Coco, Stefania Bonafede, Luigi Maria Burruano, Gilberto Idonea, Maria Paola Abruzzo, Aurora Quattrocchi.
Anno: 2002.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 1 luglio 2015

Y tu mama también - Alfonso Cuaròn

Prima o poi dovevo per forza vedermi Y tu mama tambien, un po’ per la fama del film, un po’ perché apprezzo il suo regista, quell’Alfonso Cuaròn che ho avuto modo di apprezzare in film, peraltro diversissimi tra loro, come Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (forse il migliore della saga di Harry Potter, o comunque uno dei più riusciti), I figli degli uomini e Gravity.

In effetti, tra una cosa e l’altra, Cuaròn non sbaglia un colpo, almeno come consensi e incassi (che immagino sia ciò che preme maggiormente ai produttori), da cui il prestigio che si è conquistato nell’ambiente.

Sono dunque andato indietro nel tempo fino al 2001, per guardarmi il film che lo ha reso famoso: Y tu mama también, per l’appunto. 

Intanto, il film inizia col manifesto del bellissimo Harold e Maude, film a dir poco ispirante, e già questa è una cosa positiva.

Ecco in sintesi la trama di Y tu mama también, il cui titolo deriva da una frase detta da uno dei protagonisti sul finire del film: Julio Zapata (Gael Garcia Bernal; Nessuna notizia da Dio, L'arte del sogno, La mala educaciòn) e Tenoch Iturbide (Diego LunaElysiumDirty dancing 2, Frida) sono due amici per la pelle, e ad una festa a Città del Messico, approfittando dell’assenza delle loro ragazze, in viaggio in Italia, conoscono la bella e matura Luisa Cortés (Maribel Verdú), moglie in crisi del cugino di uno dei due.

Inaspettatamente, la convincono ad andare al mare con loro, diretti ad una bellissima spiaggia che in realtà non conoscono e che si sono inventati sul momento per convincerla ad andare con loro. Il viaggio, che nelle menti era concepito come occasione per provarci con Luisa, finirà per essere qualcosa di molto diverso per Julio e Tenoch.

Intanto, il genere: Y tu mama también mescola in modo piuttosto forte drammatico e commedia, tanto che è impossibile dire quale dei due elementi sia prevalente: certo, per buona parte della storia la fa da padrone il tono scanzonato e decisamente immaturo dei due adolescenti, tuttavia tra un lazzo e l’altro subentrano tematiche serie: il matrimonio, il tradimento, il dolore, la morte, la sessualità e l’omosessualità, la vita e i progetti futuri.

A far da guida allo spettatore è una voce narrante, che sospende l’audio e racconta quel che lo spettatore deve sapere, o sul momento presente della scena, o sul futuro dei protagonisti coinvolti (umani e persino animali), ciò che conferisce al tutto un sapore di racconto narrato.

La storia nel complesso racconta un lasso di tempo molto breve: pochi giorni tra festa e viaggio, a parte l’appendice finale distante anni, in cui si tirano le somme dei protagonisti.

Nel complesso, Y tu mama también è un film di contrasti, che propone da un lato la lievezza della gioventù, con la sua superficialità e la sua sua immaturità, e dall’altro le conseguenze e le scelte della vita… con la difficoltà di affrontare certe cose che rimane sullo sfondo e non detta.

Paradossalmente, è un film piuttosto triste… anche se il paradosso più grande è che abbiano chiamato Cuaròn a dirigere un film per famiglie come Harry Potter dopo aver girato questo film pieno di scene di nudo, sesso e amenità varie.
Comunque, ha fatto bene tutti e due, per cui bravo Cuaròn. Ha fatto bene tutti e due, ma di mio prediligo senza dubbio il genere di Harry Potter, mentre questo Y tu mama tambièn, pur non avendomi annoiato, non mi ha nemmeno interessato in modo particolare, da cui la sufficienza stretta, data soprattutto per la cornice narrativa e per la vivacità in esso presente.

Fosco Del Nero



Titolo: Y tu mama tambien (Y tu mama tambien).
Genere: commedia, sentimentale, drammatico.
Regista: Alfonso Cuaròn.
Attori: Gael Garcia Bernal, Diego Luna, Maribel Verdú, Diana Bracho, Nathan Grinberg, Veronica Langer, Ana Lopez Mercado, Giselle Audirac.
Anno: 2001.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

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