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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 26 dicembre 2023

M’ama non m’ama - Lætitia Colombani

M’ama non m’ama è il settimo film con Audrey Tautou che vedo dopo, nell’ordine: Il favoloso mondo di AmelieUna lunga domenica di passioniIl codice da Vinci, Angeli e demoni, L’appartamento spagnolo e Ti va di pagare?.

Esclusi i due film tratti dai romanzi di Dan Brown (che peraltro non mi sono piaciuti), tutti gli altri sono commedie sentimentali, pur se mimetizzate in vario modo… spesso, tramite dei personaggi originali e fuori dalle righe.

M’ama non m’ama, nei suoi novanta minuti, rispetta la tradizione e la porta all’estremo, dal momento che il personaggio interpretato da Audrey Tatout, impegnato anch’esso in una trama sentimentale, è parecchio fuori dalle righe.

Ecco la trama sommaria di M’ama non m’ama, film diretto da Lætitia Colombani nel 2002: Angélique, una giovane studentessa di Belle Arti, si innamora di Loic Le Garrec, un cardiologo più grande di lei e già sposato… in procinto di lasciare sua moglie, dice la ragazza all’amica Héloïse… mentre l’amico David, innamorato di lei, la guarda da lontano, impotente.

Fin qui, parrebbe proprio la trama di una storia sentimentale, con amori, amicizie, matrimoni, un qualche tipo di triangolo, etc.
Tuttavia, M’ama non m’ama non è quel che sembra… a cominciare dal titolo.

Non dirò di più sulla storia per non rovinare la visione a chi non avesse ancora visto il film, limitandomi a evidenziare che la storia viene raccontata dapprima dal punto di vista della ragazza e dopo dal punto di vista dell’uomo: due punti di vista alquanto diversi!

In generale, pur non amando drammi, questioni psicologiche e pesantezze varie, ho gradito discretamente M’ama non m’ama: la trama è originale, i personaggi ben caratterizzati e l’incedere della storia vivace.

Detto questo, i miei film preferiti della Tatou rimangono di gran lunga Il favoloso mondo di Amelie e Una lunga domenica di passioni, che adoro letteralmente. 
Al terzo posto, potrei mettere l’ultimo film che avevo visto prima di questo, ossia Ti va di pagare?. Tutti ormai film di un paio di decenni fa… perché il tempo scorre inesorabile.

Fosco Del Nero



Titolo: M’ama non m’ama (À la folie... pas du tout).
Genere: drammatico, psicologico, sentimentale.
Regista: Lætitia Colombani.
Attori: Audrey Tautou, Samuel Le Bihan, Isabelle Carré, Sophie Guillemin: Héloïse, Clément Sibony, Élodie Navarre, Éric Savin, Vania Vilers, Nathalie Krebs.
Anno: 2002.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



martedì 19 dicembre 2023

Poveri ma belli - Dino Risi

Ho sempre amato Poveri ma belli, il film di Dino Risi del 1956, un po’ perché divertente, un po’ perché leggero, senza contare i tre personaggi messi su schermo, Romolo, Salvatore e Giovanna, cui ci si affeziona in breve tempo e che si vorrebbe continuare a seguire, anche oltre i 100 minuti del film.

Questa è forse la terza volta che lo vedo, ma il film non era ancora su Cinema e film perché evidentemente non lo avevo ancora rivisto una volta aperto il blog.
In compenso, nel blog vi erano altri due film di Dino Risi, due classici: Il sorpasso (altro film memorabile) e L’ombrellone (che invece non mi è piaciuto).

Andiamo alla trama di Poveri ma belli: Romolo e Salvatore sono due amici d’infanzia, ora poco più che ventenni, i quali ancora abitano accanto, in due famiglie che ugualmente si conoscono da decenni e che sono intrecciate in vario modo: per esempio, nell’amicizia tra le rispettive sorelle minori Marisa e Annamaria… le quali nutrono delle mire per i ragazzi in questione.

I due, tuttavia, guardano le loro coetanee più che le quindicenni, e s’invaghiscono entrambi di Giovanna, procace e sveglia giovane che aiuta il padre nella bottega da sarto.
Pur essendo Romolo e Salvatore amici stretti, scatterà una sorta di gara a chi riuscirà a conquistare la bella Giovanna… cosa in cui, in qualche modo, riusciranno entrambi, pur con i limiti del caso.
Parallelamente, si parla anche di lavoro, denaro e progetti per la vita (anche se si parla soprattutto di svago).

Nel mentre, scorre sullo sfondo la Roma di quei tempi, fatta di palazzi storici, palazzi popolari, piazze, strade poco trafficate, bande di giovani e serate danzanti sulle terrazze.

In effetti, Poveri ma belli è bello sia come storia, sia come paesaggio storico e umano.

Se ho già visto varie volte Poveri ma belli, ora che ci penso non credo di avere mai visto i sue due seguiti, ossia Belle ma poverePoveri milionari… magari rimedierò prossimamente.

Parimenti, non ho mai incontrato i tre attori protagonisti, con l’eccezione di una piccola parte riservata a Renato Salvatori, allora più grande d'età, nell’inquietante Todo modo.

Fosco Del Nero



Titolo: Poveri ma belli.
Genere: commedia.
Regista: Dino Risi.
Attori: Maurizio Arena, Renato Salvatori, Marisa Allasio, Memmo Carotenuto, Virgilio Riento, Lorella De Luca, Mario Carotenuto, Alessandra Panaro, Rossella Como, Ettore Manni, Gildo Bocci, Mimmo Poli, Nino Vingelli.
Anno: 1956. 
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 12 dicembre 2023

The colour of magic - Vadim Jean

Avevo già visto due miniserie televisive ricavate dai romanzi di Terry Pratchett, ossia Going postal e Hogfather, che avevo trovato molto gradevoli (la prima più della seconda).
Mi mancava tuttavia la miniserie più vecchia, quella che aveva iniziato il “trittico”, ossia The colour of magic, basata non a caso sui primi due romanzi del Ciclo del Mondo del Discol colore della magia e La luce fantastica (che ho letto ormai tanti anni fa).

La miniserie in questione, in pratica, si compone di due film, ed è stata girata nel 2008.
Nel cast, alcuni nomi noti: Sean Astin (I Goonies, Il signore degli anelli, Stranger things), Tim Curry (The Rocky horror picture show, Moonacre - I segreti dell’ultima luna, It) e Jeremy Irons (Mission, Io ballo da sola, Inseparabili)… anche se il protagonista principale è David Jason, attore comico presente anche in Hogfather.

Ecco la trama di The colour of magic: il turista Twoflowers (Duefiori nella versione italiana) un dì sbarca ad Ankh-Morpork, importante città del Mondo del Disco, detto così perché effettivamente di forma discoidale, retto da quattro elefanti giganti a loro volta retti da una tartaruga ancora più gigante, coi bordi che tracimano acqua nel vasto cosmo.
Ingenuo e del tutto ignaro della pericolosità della città in questione, il giovane uomo viene subito adocchiato da alcuni malintenzionati… tra cui il mago fallito Rincewind (Scuotivento, nell’edizione italiana dei romanzi), al quale tuttavia viene assegnata la missione, da nientemeno che il Patrizio di Ankh-Morpork, di fare da guida a Twoflowers fino alla fine del suo viaggio, affinché egli non solo ne esca vivo, ma spenda poi buone parole sulla città suddetta.
Senonché di mezzo ci si mettono, oltre ai malintenzionati di cui sopra, anche guerrieri, maghi, libri magici (l’Octavo) e una grande stella che si sta pericolosamente avvicinando a vista d’occhio al Mondo del Disco.
E non abbiamo ancora citato il bagaglio-baule magico di Twoflowers, che da un lato è pieno di oro ma che dall’altro è capace di divorare le persone intere.

The colour of magic è un po’ più naif delle due miniserie che l’hanno seguito, specialmente di Going postal, la terza… forse perché si trattava di una sorta di primo esperimento basato sulla conversione dei romanzi di Pratchett. In tal senso, noto un miglioramento graduale della qualità dalla prima alla terza.

The colour of magic, pur caruccio e variopinto, non va del tutto a segno: intrattiene e mostra frizzi e lazzi, ma non ha il carisma di Going postal, che lo surclassa dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi e dei dialoghi.
Hogfather rimane a mezza via: meglio come casting rispetto alla prima miniserie, ma più confuso e meno preciso rispetto alla terza.

Ad ogni modo, son contento di essermi visto anche The colour of magic… e se vi sarà qualche altra conversione visiva dei romanzi di Terry Pratchett, certamente la vedrò.

Fosco Del Nero



Titolo: The colour of magic.
Genere: fantasy, commedia, serie tv.
Regista: Vadim Jean
Attori: David Jason, Sean Astin, Tim Curry, Jeremy Irons, Brian Cox, James Cosmo,  Janet Suzman, David Bradley, Nigel Planer, Stephen Marcus, Laura Haddock, Liz May Brice, Karen David, Geoffrey Hutchings, Marnix van Den Broeke, Nicholas Tennant,
Anno: 2008.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui



martedì 5 dicembre 2023

Ladri di biciclette - Vittorio De Sica

Non avevo mai visto il classico Ladri di biciclette, girato da Vittorio De Sica nel 1948 sulla base dell’omonimo romanzo di Luigi Bartolini… per cui ho pensato di rimediare ora, ad appena 75 anni di distanza dall’uscita del film.

De Sica non solo lo diresse, ma lo produsse e lo sceneggiò in parte.

Leggo online che Ladri di biciclette, alla sua uscita, ebbe un pessimo riscontro in Italia, un ottimo successo in Francia e una valutazione da parte della critica internazionale altalenante a seconda della prospettiva con cui il film veniva inquadrato: realismo, miseria e povertà, ingiustizia, amore familiare e poesia e via discorrendo.

Di mio, non ho alcun riferimento politologico-sociale, né alcun obbligo “dottrinale”, per cui valuterò il film, banalmente, secondo il metro della bellezza che propone.

Prima di tutto, accenniamo la trama: nel secondo dopoguerra, Antonio Ricci è un povero disoccupato che ha tuttavia la fortuna di ottenere un lavoro pubblico come “attacchino di manifesti pubblicitari”, lavoro per il quale è obbligatorio il possesso di una bicicletta, al fine di potersi muovere per Roma. L’uomo l’aveva impegnata, per poter dare da mangiare alla sua famiglia, ma la riscatta impegnando a sua volta lenzuola e asciugamani.
Inizia così a lavorare, ma purtroppo la bicicletta gli viene rubata il primo giorno di lavoro, mandando nel panico lui e la sua famiglia. Si rivolge alla polizia e a un compagno di partito, ma senza esito; si mette a cercarla lui stesso, insieme al figlio Bruno, in rioni disagiati dove il ladro potrebbe vivere o venderla in qualche mercatino… ed effettivamente riesce a trovare il ladro.

Essenzialmente, Ladri di biciclette è un film drammatico che mostra la povertà, economica e culturale, dell’Italia successiva alla Seconda Guerra Mondiale, e particolarmente della sua capitale.
Oltre alla povertà e al dramma, abbiamo ingiustizia e dolore: non è propriamente il mio menu preferito, da cui la valutazione insufficiente assegnata al film… che sarà neorealista finché si vuole, ma rimane un prodotto deprimente.

Peraltro, il film è stato girato perlopiù con attori non professionisti, fatto largamente evidente.

Non mi spiego la grande fama del film, se non per il solito finto intellettualismo che elogia mode e tendenze di qualche tipo. Al tempo, evidentemente, erano quelle della miseria e del degrado.
Al degrado di partenza si aggiunge anche il pessimo esempio del padre di famiglia che diventa ladro a sua volta, e di fronte a suo figlio.

Ognuno ha i suoi gusti e a ognuno il suo pane.

Fosco Del Nero



Titolo: Ladri di biciclette.
Genere: drammatico.
Regista: Vittorio De Sica.
Attori: Lamberto Maggiorani, Lianella Carell, Elena Altieri, Enzo Staiola, Vittorio Antonucci, Memmo Carotenuto, Gino Saltamerenda, Giulio Chiari, Mario Meniconi, Ida Bracci Dorati, Fausto Guerzoni, Carlo Jachino, Sergio Leone.
Anno: 1948.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 28 novembre 2023

Dililì a Parigi - Michel Ocelot

Mi sono accostato a Dililì a Parigi per via del regista: quel Michel Ocelot già autore di capolavori (o quasi) come Kirikù e la strega Karabà e Azur e Asmar: sapevo dunque già in partenza cosa attendermi, sia a livello di grafica, sia livello di contenuti.

In effetti, Dililì a Parigi in qualche frangente ha ricordato ambo i film citati, pur avendo una storia tutta sua.

Eccola: siamo alla fine dell’Ottocento a Parigi, dove la piccola Dililì lavora in una sorta di ricostruzione di un villaggio canaco nella capitale francese. Essendo meticcia, mezzo francese e mezzo canaca (i canachi sono gli indigeni della Nuova Caledonia), viene vista con sospetto da entrambi i popoli, nonostante la sua eccellente educazione e la sua grande intelligenza.
La bambina fa amicizia col giovane Orel, un corriere che gira la città con la sua bicicletta: dapprima gli racconta la sua storia (a lui e agli spettatori), in seguito affronterà con lui la minaccia dei Maschi Maestri, un gruppo di criminali che rapina i negozi e rapisce le bambine, apparentemente facendole sparire nel nulla.

Nell’avventura la piccola incontrerà molti illustri personaggi dell’epoca: la cantante Emma Calvé, lo scienziato Louis Pasteur, il disegnatore Henri de Toulouse-Lautrec, il Principe del Galles, il costruttore di aerei Alberto Santos-Dumont, l’attrice Sarah Bernhardt… solo per citarne alcuni.

Il citazionismo storico si abbina alla ricostruzione di Parigi, basata su fotografie reali a cui è stata sovrapposta l’animazione disegnata a mano. L’effetto finale è molto gradevole e in certi casi brillante.
In effetti, dal punto di vista estetico Dililì a Parigi è davvero bello, ancor più dei precedenti film di Ocelot.

Anche la storia raccontata è interessante, e a suo modo educativa, per quanto vada a parare nel solito punto affrontato dall’animazione francese: la diversità e il rispetto per la diversità. Il che va bene come concetto di base, mentre va meno bene quando lo si vorrebbe applicare anche alla mancanza di civiltà di alcune persone o alcuni gruppi umani; viceversa, va ricordato che vi sono persone e popoli a diversi livelli di consapevolezza e di civiltà, e che non va accettato tutto quanto… proprio per niente. Va anche ricordato che è chi arriva in un posto che deve adeguarsi alla cultura locale, non il contrario.

A tale concetto ambiguo si aggiunge, in questo film, l’elemento dei “maschi padroni e fuori di testa”, in una sorta di sessismo al contrario, che stiamo vivendo nei tempi odierni, probabilmente “incentivato” da certi gruppi di potere. A proposito di certi gruppi di potere, viene citata la Porta per l’Inferno di Rodin.

Giacché sto evidenziando gli elementi negativi del film, la prima volta che Dililì si inchina per presentarsi a una persona appena conosciuta, recitando una certa formula, è carina… ma dalla settima in poi comincia a essere fastidiosa.

Detto questo, Dililì a Parigi ha molte più luci che ombre, e Ocelot si conferma regista di ottimo livello… per quanto il mio preferito tra i suoi film rimanga Azur e Asmar.

Fosco Del Nero



Titolo: Dililì a Parigi (Dililì à Paris).
Genere: animazione, commedia.
Regista: Michel Ocelot.
Anno: 2018.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 21 novembre 2023

Ti va di pagare? - Pierre Salvadori

Oggi parliamo di Ti va di pagare?, film diretto da Pierre Salvadori nel 2016.

Era da un po’ che non guardavo una commedia francese… e ancora una volta un film francese non mi delude, sfornando un prodotto certamente non irrinunciabile, ma altrettanto certamente originale e carino. Per quanto non particolarmente educativo, per dir così.

Peraltro, i due protagonisti del film mi riportano a ricordi positivi, di altre commedie francesi, essendo Gad Elmaleh (Una top model nel mio letto) e Audrey Tautou (Il favoloso mondo di Amelie, Una lunga domenica di passioni).

Ecco la trama di Ti va di pagare?: Irène, donna giovane e bella, oltre che di gusti sofisticati, fa la mantenuta, per utilizzare un’espressione edulcorata. Di fatto, si accompagna a uomini ricchi e molto più anziani di lei, i quali per l’appunto, in cambio della sua compagnia a tutto tondo, la mantengono e la ricoprono di regali.
Con uno di loro avrebbe dovuto perfino sposarsi, salvo dover cambiare programma per “accodarsi” a un altro uomo ricco, dopo che il primo aveva scoperto l’andazzo.

In un costoso albergo, la donna conosce Jean e, scambiandolo per uno dei frequentatori del posto, quindi un uomo molto abbiente, gli si concede… non sapendo che il giovane lavora nell’hotel come cameriere e non corrisponde per nulla al suo profilo maschile tipico.

Il problema è che Jean s’invaghisce di Irène e la segue da Biarritz a Nizza, dove la mantiene egli stesso per quei pochi giorni che gli consentono i suoi esigui risparmi. Una volta terminati… la storia prende una piega imprevedibile e propone allo spettatore molte scene divertenti, non molto edificanti a dire il vero, ma mai volgari, come da tradizione cinematografica francese (almeno, quella che conosco io).

Personalmente, ho apprezzato Ti va di pagare?: parte da uno spunto originale (una cosa rara oramai, dato l’enorme numero di film prodotti sino ai giorni nostri) ed esegue il suo compito per bene, sfruttando al meglio il fascino dei due protagonisti… oltre i quali, in effetti, non c’è molto altro, se non le ambientazioni lussuose che i personaggi in questione frequentano.

Se il film è poco istruttivo da un lato, è grazioso e gradevole dall’altro, ciò che gli fa maturare una sufficienza larga.

Fosco Del Nero



Titolo: Ti va di pagare? (Hors de prix).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Pierre Salvadori.
Attori: Gad Elmaleh, Audrey Tautou, Marie-Christine Adam, Vernon Dobtcheff, Jacques Spiesser, Annelise Hesme, Didier Brice.
Anno: 2006.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 14 novembre 2023

Black Widow - Cate Shortland

Andiamo a recensire il film Black Widow, girato da Cate Shortland nel 2021.

Non sono un fan dei film su supereroi e dintorni, per cui l’universo Marvel in larga parte mi è ignoto, se non per quei rari casi in cui allo spettacolo e all’azione del supereroe di turno vengono aggiunti dei contenuti interessanti dal punto di vista psicologico, com’è stato il caso di Doctor Strange (il primo film, mentre il secondo fa ridere per quanto è stupido).

Forse speravo che fosse anche il caso di Black Widow, o forse mi ero segnato il suddetto film avendolo trovato consigliato online… ma purtroppo si è rivelato un discreto buco nell’acqua.

Andiamo per prima cosa a tratteggiare la trama del film, che dura circa 130 minuti, quindi parecchio: nel 1995, in Ohio, negli USA, Alexei Shostakov e Melina Vostokoff recitano il ruolo di marito e moglie, nonché di padre e madre delle piccole Natasha Romanoff e Yelena Belova, le quali in verità non sono loro figlie, essendo tutti quanti agenti russi sotto copertura.

Di più: il primo è un vero e proprio supereroe, sorta di versione russa di Captain America, la seconda è uno scienziato di alto livello, mentre le due bambine, dopo la precipitosa fuga dall’Ohio, verranno assegnate alla cosiddetta Stanza Rossa, che le renderà delle formidabili agenti… per quanto controllate psichicamente, fatto per cui si rende necessario un antidoto, che alla Yelena grande verrà somministrato da una vedova nera (così si chiamano le agenti-spie-guerriere uscite dalla Stanza Rossa) morente cui aveva dato la caccia.
La cosa metterà in moto degli eventi, per cui Natasha e Yelena si rincontreranno, e andranno a recuperare Alexei da una prigione russa.

Black Widow è certamente un film di alto livello in senso tecnico-realizzativo: non solo gli effetti speciali, ma anche la recitazione è di alto spessore, e non poteva che essere così con un cast con nomi quali Scarlett Johansson (Match pointThe islandLucyVicky Cristina BarcelonaThe prestige), Rachel Weisz (La mummiaIo ballo da solaL’albero della vitaConstantineAmabili resti)), William Hurt (The villageDark City, Stati di allucinazioneAliceInto the wild), David Harbour (Stranger things, Revolutionary Road).
Non conoscevo Florence Pugh, la quale mi è tuttavia piaciuta molto.

Ho anche gradito un certo garbato umorismo… ma l’enorme mole di azione del film mi ha annoiato a morte. C’è una storia in sottofondo, ma soprattutto ci sono combattimenti, sparatorie e scene d’azione di ogni tipo: davvero noioso, se nella vita non ci si limita al corpo fisico e al suo movimento.

Tuttavia, evidentemente il grosso del pubblico vuole questo, per cui ok.

Certo che, quando denaro e tecnologia si mettono d’impegno per creare prodotti di valore, che non siano di mera distrazione, il risultato è tutta un’altra cosa.
Tra i film messi tra parentesi, per esempio, cito Dark City, The village, L’albero della vita… ma anche La mummia, che era anch'esso molto movimentato, ma almeno era affascinante, originale e divertente.

Quanto a Black Widow, per quanto mi riguarda se ne esce con un’insufficienza.

Fosco Del Nero



Titolo: Black widow.
Genere: fantascienza, azione, commedia.
Regista: Cate Shortland.
Attori: Scarlett Johansson, Florence Pugh, Rachel Weisz, William Hurt, David Harbour, Jade Ma, Ray Winstone, O. T Fagbenle, Olivier Richters, Michelle Lee, Violet McGraw, Ever Anderson.
Anno: 2021.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui



martedì 7 novembre 2023

L’arrivo di Wang - Manetti Bros

Mi perdonino i registi, i fratelli Manetti, per la valutazione insufficiente assegnata al loro film, ma tant’è: ho gradito davvero poco L’arrivo di Wang, che peraltro non mi ricordo nemmeno perché mi fossi segnato… forse per la trama di genere fantascientifico, comprensiva di un lungo interrogatorio di un alieno, per quanto, nei fatti, tutto sia andato in una direzione davvero poco qualitativa.

Ma andiamo con ordine: il film è stato prodotto nel 2011 ed è evidentemente un film a basso budget; gli ambienti utilizzati sono pochi, gli attori impiegati sono pochi e di valore certamente non eccelso, la trama a conti fatti risulta risibile.

Ecco, per l’appunto, la trama sommaria de L’arrivo di Wang: Gaia Aloisi è una traduttrice italiano-cinese che vive a Roma… e che viene ingaggiata d’urgenza per un lavoro definito come molto urgente e riservato, tanto che la ragazza viene trasportata sul posto interessato con gli occhi bendati. Si parla di servizi segreti, e ipoteticamente di qualche politico, militare o importante personaggio cinese… invece si viene ben presto a scoprire che si tratta di un alieno, il quale ha studiato il cinese in quanto lingua più parlata sulla Terra.
A seguire, la ragazza tradurrà l’interrogatorio all’alieno, chiamato Wang, da parte di Curti, il quale si rivela sgradevole e impositivo a più riprese, fino a utilizzare la tortura, con grande sdegno della giovane donna.

Che l’alieno parli in cinese mandarino, perché dagli studi fatti sul pianeta Terra la sua razza è venuta a sapere che si tratta della lingua più parlata sulla Terra è il primo elemento poco credibile della storia, che già la mina fortemente alla base: una razza intelligente avrebbe scelto l’inglese come lingua più utile, e certamente non sarebbe scesa a Roma con il cinese come unico linguaggio terrestre a disposizione.

In verità, un altro elemento poco credibile lo aveva preceduto: la ragazza si era fatta condurre, da degli estranei dall’aria poco raccomandabile, in un posto non menzionato, bendata, senza che nessuno sapesse dove stata andando. Una persona normale difficilmente accetterebbe.

La cosa peggiore, però, è proprio l’interrogatorio di Wang, su cui si basa il grosso del film: ripetitivo, poco credibile e talmente ridicolo da pensare che il prodotto sia orientato in senso umoristico. 
A essere onesti, anche le fattezze dell’alieno sono un poco umoristiche, per dir così.

Per non parlare della frase che conclude il film, con l’alieno che dice alla donna: “Sei proprio una cretina”. L’impressione è che lo stesse dicendo più che altro allo spettatore che aveva guardato il film sino alla fine.

Nel mezzo del film, peraltro, dieci minuti di fastidioso allarme, il cui intento era probabilmente aumentare la tensione scenica, ma che a conti fatti risulta solo fastidioso (tanto che dopo un po’ ho abbassato il volume).

Insomma, va bene il basso budget, va bene la carenza degli effetti speciali, ma qua il problema è proprio la mancanza di idee intelligenti e di valore… che il film sia italiano o meno.

Fosco Del Nero



Titolo: L’arrivo di Wang.
Genere: fantascienza, drammatico.
Regista: Manetti Bros.
Attori: Ennio Fantastichini, Francesca Cuttica, Juliet Esey Joseph, Antonello Morroni, Li Yong, Jader Giraldi, Rodolfo Baldini, Furio Ferrari, Angelo Nicotra, Massimo Triggiani.  
Anno: 2011.
Voto: 3.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 25 ottobre 2023

Midnight mass - Mike Flanagan

Midnight mass è stata una lietissima sorpresa.
Se è vero che, da un lato, la serie mi era stata consigliata, è pur vero che non mi sarei atteso un gioiellino di tale valore… nonostante le solite tendenze propagandistiche che Netflix mette sempre nei suoi programmi, quando molto e quando poco; e nonostante l’elevato livello di violenza, su esseri umani e su animali.

Si tratta di una miniserie, dal momento che è composta da sette episodi, pensata e conclusa in tal modo: finalmente, verrebbe da dire, dopo tante serie lanciate per una stagione senza sapere se sarebbero state rinnovate e in che modo eventualmente sarebbero proseguite.
In questo caso l’ideatore, Mike Flanagan (di cui ho già recensito un film: il valido Oculus - Il riflesso del male) ha pensato e realizzato un prodotto completo.

Il genere di Midnight mass sarebbe l’horror, inframmezzato a temi esistenziali, per quanto più orientati alla religione in senso basso piuttosto che alla spiritualità in senso alto.

Ecco la trama di Midnight mass: Riley torna, dopo un assenza di molti anni, nell’isola natia di Crockett, una piccola isola contenente un piccolo villaggio di pescatori e poco altro. A tenerlo lontano, prima i suoi sogni di carriera e poi un brutto incidente automobilistico culminato in quattro anni di carcere per omicidio.
Il ragazzo non è tuttavia l’unico nuovo arrivo:  Padre Paul giunge sull’isola per sostituire momentaneamente, nella gestione della parrocchia di Saint Patrick, l’anziano Monsignor Pruitt, recatosi in Terra Santa in pellegrinaggio.
In attesa del ritorno del monsignore, il più giovane sacerdote si dimostra volenteroso e carismatico, e attrae un sempre maggiore numero di fedeli, anche per via di alcuni segni che scuotono la fede degli isolani, compreso un miracolo, col quale il sacerdote pare guarire la giovane Leeza, una ragazza bloccata sulla sedia a rotelle.
Tuttavia, non è tutto così semplice e lindo, e gli abitanti del villaggio saranno costretti ad affrontare molti cambiamenti.

Il tema centrale di Midnight mass è evidentemente la fede, intesa sia in senso basso, come fanatismo e ottusità (per esempio la perpetua Bev), sia in senso più alto, come aiuto e ispirazione (per esempio Padre Paul, interpretato in modo fantastico da Hamish Linklater). In ciò, la questione è molto chiara… e la forbice molto, molto larga.

La componente spirituale vera e propria, tuttavia, scarseggia… ed è normale che manchi se chi produce una certa opera non vi è immerso egli stesso. È il medesimo discorso di altre serie televisive che teoricamene avrebbero voluto affrontare il tema, ma che di fatto non lo hanno affrontato, perché realizzate dal punto di vista dell’essere umano comune. Penso per esempio a Messiah, a Nine perfect strangers, a Enlightened: che la scusa fosse la religione o la ricerca interiore, tutte quante non facevano altro che mostrare la coscienza di chi le aveva prodotte… com’è ovvio che sia, visto che la creatura è sempre frutto del creatore. Ciò al di là della qualità "cinematografica" del prodotto, che è un'altra faccenda.

Tra le quattro, tuttavia, Midnight mass ha qualcosa in più delle altre citate, visto che in alcuni punti espone principi evolutivi di valore, pur se immersi in molto altro (come detto, fanatismo, dogmatismo, ottava bassa della religione, Vangeli interpretati a proprio uso e consumo). Una serie tv che, viceversa, pur non affrontando esplicitamente temi spirituali, propone molto contenuti evolutivi è Dark, se qualcuno fosse interessato.

Midnight mass, peraltro, introduce il tema dei presunti angeli del Vecchio Testamento, mischiandolo col sangue e col vampirismo… certamente non una novità per le produzioni Netflix.
A proposito di Vecchio Testamento e cattolicesimo, senza dubbio la serie si può apprezzare maggiormente se si hanno delle basi conoscitive cattoliche: gli stessi titoli degli episodi, per fare un esempio, si rifanno ai libri della Bibbia, la quale è continuamente citata anche in corso d’opera (in modi e secondo livelli assai differenti, peraltro).

Lasciando perdere i temi, e andando sulla sostanza, Midnight mass è un prodotto eccellente: nel cast, nella recitazione, nella scenografia, nella sceneggiatura, in quel poco di effetti speciali utilizzati… ma soprattutto nell’atmosfera che crea, dall’inizio alla fine.

Ne approfitto per citare un monologo interessante in senso esistenziale… probabilmente l’unico discorso lungo che travalica l’aspetto religioso per confluire nello spirituale. Questo pezzo, in effetti, è molto bello e, pur se in chiusura, eleva il tono “interiore” del prodotto, il quale comunque era già meritevole di suo per il suo valore filmico, diciamo così.

“È questo il vero problema di tutta la faccenda: la parola “me”.
Non è quella la parola: non è giusto, non lo è. Già, non lo è.
Come ho fatto a dimenticarlo? Quando l’ho dimenticato?
Il corpo si ferma, una cellula alla volta, ma il cervello continua a sparare tutti quei neuroni. Sono piccoli fulmini, fuochi d’artificio all’interno, e temevo di disperarmi o di provare paura, ma non mi sento affatto così, neanche un po’. Sono troppo occupata: sono troppo occupata al momento a ricordare. Ma certo, ricordo che ciascun atomo del mio corpo fu forgiato in una stella. Questa materia, questo corpo è per lo più spazio vuoto, dopo tutto, e la materia solida è solo energia che vibra molto lentamente. Non c’è alcun me, non c’è mai stato.
Gli elettroni del mio corpo si mescolano e ballano con gli elettroni del terreno sotto di me e dell’aria che io non respiro più. E poi ricordo che non c’è un punto dove tutto questo finisce e io inizio. Mi ricordo che sono energia, niente ricordi, niente me. Il mio nome, la personalità, le scelte, è venuto tutto dopo di me. Io esistevo prima ed esisterò anche dopo. Tutto il resto sono immagini, raccolte lungo la strada, sogni effimeni, piccoli, stampati sul tessuto del mio cervello morente. E io sono il fulinne che salta nel mezzo, sono l’energia che alimenta i neuroni… e sto ritornando. Attraverso il ricordo, sto tornando a casa. È come una gocciolina d’acqua che ricade nell’oceano, di cui è sempre stata una parte. Tutte le cose, una parte. Tutti noi, una parte. Tu, io e la mia bambina e mia madre e mio padre, ogni persona mai esistita, ogni pianta, ogni animale, ogni atomo, ogni stella, ogni galassia, tutto quanto. 
Ci sono più galassie nel’universo che granelli di sabbia in spiaggia, ed è questo che tutti noi intendiamo quando diciamo “Dio”, l’unico, il cosmo e i suoi sogni infiniti. Noi siamo quel cosmo che sogna sé stesso. È un semplice sogno che credo sia la mia vita ogni volta, ma me lo dimentico, puntualmente. Dimentico sempre i miei sogni.
Ma adesso, in questo secondo, nel momento preciso, nell’istante in cui ricordo, riesco a comprendere immediatamente tutto: non esiste il tempo, non esiste la morte, la vita è un sogno, è un desiderio, espresso di continuo, senza sosta, in continuazione, ancora e ancora, per l’eternità. E io sono tutto questo: sono ogni cosa, sono tutto.
Io sono quello che sono.”

Oltre a questo, mi sono segnato alcune citazioni brevi.

"Esiste una bussola morale dentro ognuno di noi che punta dritta al Nord, allo Spirito Santo: la coscienza."

"È una guerra, e ci saranno anche delle perdite.
Noi dobbiamo essere soldati."

"Il Vangelo di nostro Signore, benché sia pieno di orrore, è tuttavia santo, a motivo della meta cui ci conduce.
Quello che è un giorno orribile diventa santo per via di dove conduce."

"Non dobbiamo più avere paura: mai più."

"Sono cose che non si possono cambiare, e dobbiamo accettarle con estrema serenità: entrambi e adesso."

"Qualcosa è iniziato a cambiare in te: era come se fossi andato a dormire.
È come se il tuo corpo agisse su volere di qualcun altro. "

"È una di quelle cose che non si possono cambiare: accettala con serenità e con grazia."

"La trasformazione finale non sarà vostra, a meno che non lasciate morire il vostro corpo mortale, in modo che il vostro corpo divino possa risvegliarsi."

"Un momento di fede: è questo il prezzo che Dio ci chiede.
Solo un  momento di coraggio."

"Sento che tutto quello che sta accadendo è una questione di fede, non di scienza."

"Forse è davvero  un sogno... ma se lo è lo stiamo facendo tutti insieme."

Nella serie sono citati anche molti passi dei Vangeli di grande valore evolutivo, per quanto spesso interpretati in modo manipolatorio e grossolano, a un'ottava alquanto bassa (com'è buona parte dell'opera, valore cinematografico a parte), per cui evito di citarli.

Fosco Del Nero



Titolo: Midnight mass.
Genere: serie tv, horror, esistenziale.
Ideatore: Mike Flanagan.  
Attori: Kate Siegel, Zach Gilford, Kristin Lehman, Samantha Sloyan, Igby Rigney, Hamish Linklater, Henry Thomas, Annabeth Gish, Alex Essoe, Rahul Kohli, Michael Trucco.
Anno: 2021.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 17 ottobre 2023

Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica - Max Landis

Avendo saputo che era stata realizzata una serie tv basata sulla serie di romanzi di Dirk Gently, scritti da Douglas Adams, celeberrimo autore della Guida Galattica per gli autostoppisti, non ci è voluto molto perché me la guardassi, ed ecco così la recensione di Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica, serie ideata da Max Landis.

La serie in questione è relativamente breve, componendosi solamente di due stagioni, per un totale di diciotto episodi, di circa 45-50 minuti cadauno.
Gli anni di produzione sono il 2016 e il 2017 e tra i protagonisti spicca Elijah Wood, l’immortale Frodo de Il signore degli anelli (che ho apprezzato anche in Ogni cosa è illuminata, Sin City e Oxford murders).

Ecco la trama sommaria dell’opera, ispirata ai tre romanzi originari ma in verità non esecutrice di nessuno di essi: Dirk Gently è un investigatore olistico, ossia un investigatore che non cerca indizi e correlazioni razionali, bensì si affida alla connessione di tutte le cose, alle sincronicità e all’intuizione.
La frase “Ogni cosa è collegata” è il motto dell’opera, evidentemente ripresa dagli ambienti spirituali, pur se in chiave certamente più ludica che non didattica.

Nella sua investigazione alquanto originale, Dirk si imbatte in  Todd Brotzman, che diventerà il suo assistente, nonché in svariati altri personaggi: l’aspirante agente governativa Farah Black (che infatti è nera: molto intuitivo e olistico), l’assassina esistenziale Bart Curlish, la sorella di Todd, Amanda, anch’essa dotata di strane caratteristiche/poteri… per non parlare del Trio Chiassoso o di tutti i personaggi che giungono nella seconda stagione, per metà ambientata in un mondo fantasy.

Ma di mezzo c’è davvero di tutto, pur in uno spazio narrativo abbastanza contenuto: diciamo in generale che il grosso delle serie tv si trascina per stagioni e stagioni pur con una piccola percentuale degli elementi e degli spunti di Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica… il quale forse commette l’errore opposto, quello di sovrabbondare in uno spazio/tempo ristretto.

Quanto alla chiarezza, leggo che erano poco lineari i romanzi originari, e in ciò la serie derivata è coerente con il prodotto di partenza.

Personalmente ho gradito Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica: è brillante, ben recitato, pieno di spunti, divertente e intelligente, dotato di un eloquio molto ricercato (che al pubblico più terra terra certamente non piacerà). Non c’è la profondità del capolavoro, ma c’è comunque molto; certamente quanto basta per una valutazione positiva e il consiglio di dare un’occhiata alla serie (quella del 2016-2017, non quella precedente, che non ho mai visto).

Fosco Del Nero



Titolo: Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica (Dirk Gently's Holistic Detective Agency).
Genere: commedia, drammatico, sentimentale.
Ideatore: Max Landis.
Attori: Samuel Barnett, Elijah Wood, Hannah Marks, Jade Eshete, Mpho Koaho, Dustin Milligan, Fiona Dourif, Osric Chau, Michael Eklund, Zak Santiago, Viv Leacock, Amanda Walsh, Izzie Steele, Neil Brown Jr.
Anno: 2016-2017. 
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.



martedì 10 ottobre 2023

In guerra per amore - Pierfrancesco Diliberto

In guerra per amore è il secondo film di Pierfrancesco Diliberto che vedo, dopo E noi come stronzi rimanemmo a guardare, e l’ho visto per l’appunto dopo aver gradito il primo film, interessante sia come prodotto d'intrattenimento che come contenuti.

Al di là dell’aspetto cinematografico, E noi come stronzi rimanemmo a guardare aveva tutti i crismi di film di denuncia sociale, con tanto di elementi distopici legati all’eccessiva espansione della tecnologia e della limitazione delle possibilità e delle libertà personali… nonostante le apparenze teoriche.

Dal canto suo, In guerra per amore, pur essendo completamente differente come ambientazione e come genere, propone un canovaccio simile, nel senso che anche qui vi è un elemento di denuncia, e anche in questo caso è una denuncia “facile”, ossia di facile presa sulla massa: gli statunitensi, nel momento di lasciare la Sicilia dopo esservi sbarcati durante la Seconda Guerra Mondiale, la lasciano in mano ai mafiosi, ai quali in precedenza si erano rivolti in ottica anti-fascista.

Ecco la trama sommaria di In guerra per amore: Arturo Giammarresi (lo stesso Pierfrancesco Diliberto,) è un palermitano emigrato negli USA e che lavora come cameriere in un ristorante di italiani. È innamorato di Flora (Miriam Leone), la quale lo ricambia ma è stata promessa dallo zio al figlio del boss mafioso Don Tano, con grande sgomento dei due ragazzi.
Lei allora suggerisce a lui di recarsi sino in Sicilia a chiedere la mano direttamente al padre… senonché in Sicilia c’è la guerra in corso. 

Arturo tiene così tanto alla sua innamorata che si arruola e va effettivamente in Sicilia, alla ricerca del padre di Flora nel paese di Crisafullo. Concentrato com’è sul suo dramma personale, non si rende conto del dramma collettivo in corso: l’esercito fascista è in rotta, gli americani hanno chiesto aiuto ai mafiosi e, dopo averlo ricevuto, li ricompensano con posti di potere.
Tra gli altri personaggi, da citare il tenente Philip Catelli (Andrea Di Stefano).

Ho gradito abbastanza In guerra per amore: il tono è da commedia, pur se racconta di eventi e situazioni assai difficili (bombardamenti, guerra, mafia, assassinii, etc). 
Oltre al tono gradevole, ha il merito di evidenziare una questione di cui la storia si è in buona parte dimenticata… e che ha lasciato in Sicilia, ma probabilmente in tutta Italia, una situazione problematica a livello di “stato nello stato”.

La parte che ho gradito di meno, esterna al film, è che non c’è bisogno di tornare sino al 1943 per vedere che vi sono dei poteri che stanno lavorando contro gli italiani e contro l’umanità in generale, e che sono poteri che hanno in mano le reti televisive e il cinema stesso. 
Sarebbe assai più utile, dunque, se Pierfrancesco Diliberto, anziché concentrarsi sul passato o sul futuro, facesse un film (questo assai meno “facile”) sulla perdita di sovranità del popolo italiano, sull’illusorietà dei suoi governi nazionali, sull’egemonia internazionale e sovranazionale di certi gruppi di potere, sull’assenza di libertà di parola, sulla censura di televisioni, radio e social, sulla discriminazione sociale e lavorativa legata a questioni di scelte salutistiche, sulla questione del signoraggio e del debito pubblico . Su questi temi, molto più contemporanei e importanti e decisivi per il popolo italiano, temo che Pif non farà mai un film.

Pazienza, ci accontentiamo di questi discreti prodotti “facili”, come In guerra per amore.

Fosco Del Nero



Titolo: In guerra per amore.
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Pierfrancesco Diliberto
Attori:  Pierfrancesco Diliberto, Andrea Di Stefano, Sergio Vespertino, Maurizio Bologna, Miriam Leone, Samuele Segreto, Stella Egitto, Antonello Puglisi, Vincent Riotta, Maurizio Marchetti. 
Anno: 2016. 
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 3 ottobre 2023

28 giorni dopo - Danny Boyle

Avevo guardato 28 giorni dopo solamente una volta, una ventina di anni fa, ossia quando uscì.
Essendomelo trovato davanti di recente, me lo sono riguardato per curiosità… anche per vedere se il film era invecchiato bene come altri film di Danny Boyle (The beach, Trainspotting... mentre del regista mi erano piaciuti meno Piccoli omicidi tra amici, SunshineThe millionaire).

Ripassiamo la trama di 28 giorni dopo, tutto sommato semplice (a suo tempo, discretamente originale, mentre poi il canovaccio è stato letteralmente inflazionato): un ragazzo si sveglia in un reparto di ospedale, dove era stato ricoverato per un incidente automobilistico, e trova una Londra deserta, nella quale le uniche forme di vita, se così si può dire, sono degli esseri umani tramutati in zombi.

Tutto è accaduto per via di alcune sperimentazioni su scimpanzé, le quali, unitamente a una missione di liberazione delle suddette cavie da laboratorio, ha provocato la diffusione del virus zombizzante. Il risultato è che il virus si diffonde rapidamente (sangue, morsi, saliva, qualunque punto d’ingresso nel corpo è utile al contagio) e agisce in 10-20 secondi (davvero rapido: più rapido della televisione e dei telegiornali, che richiedono invece dei mesi interi).

Così, Jim va in giro, dapprima alla ricerca di cibo e di oggetti utili, e poi alla ricerca dei suoi genitori, aiutato in ciò dalle uniche due persone vive che trova: Mark e Selena. Se una delle due farà una brutta fine, altri due personaggi si uniranno al gruppo: Frank e Hannah, padre e figlia, sopravvissuti in cima a un alto palazzo.
I quattro si metteranno in marcia seguendo le indicazioni di un messaggio radio, che promette salvezza, protezione e cura contro il virus.

28 giorni dopo, col senno di poi, è un film piuttosto semplice: lineare ma efficace.
Registicamente non convince del tutto, per le inquadrature e per i colori, ma probabilmente non è nato né come prodotto estetico né come film d’autore, per cui va bene comunque.

È interessante più la prima parte, quella nella Londra deserta, che la seconda, quella tra i militari. Anzi, quest’ultima risulta discretamente ridicola nelle motivazioni di fondo.

Il film si conquista comunque una sufficiente stretta, anche per il suo essere stato anticipatore del filone zombie, che avrebbe di lì a breve imperversato nei film e nelle serie tv.

Fosco Del Nero



Titolo: 28 giorni dopo (28 days later).
Genere: fantascienza, horror, drammatico.
Regista: Danny Boyle.
Attori: Cillian Murphy, Christopher Eccleston, Naomie Harris, Brendan Gleeson, Ricci Harnett.
Anno: 2002.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 27 settembre 2023

Alita - Angelo della battaglia - Robert Rodriguez

Conosco il manga Alita l'angelo della battaglia da molto tempo, praticamente da quando uscì nel 1990. Se ricordo bene, ne lessi il primo numero, ma non lo continuai, dal momento che mi parve discretamente interessante ma non tanto da collezionare l’intera serie.

Ho accolto con altrettanto discreto interesse la notizia che ne era stato fatto un film, Alita - Angelo della battaglia… pur se mi attendevo una conversione molto libera, trattandosi di una produzione occidentale, che non solo tende a “produzioni libere” ma anche a manipolazioni e propagande di vario tipo.

Già il fatto che il film sia usciro nel 2019, a distanza di trent’anni dalla creazione dell’opera, dice qualcosa: al tempo gli eroi erano quasi tutti maschili e Alita era un’eccezione, sia come eroina sia come guerriero. Oggi, invece, si preme sul pedale della demascolinizzazione, e dunque i personaggi femminili fanno gioco.

Altro elemento tipico dei tempi odierni: la spettacolarizzazione ai danni dei contenuti interiori… adrenalina fisica in luogo di riflessione psichica. Non conosco nel dettaglio il fumetto originale, ma ho letto che possedeva un lato di tipo psicologico-filosofico-introspettivo… che nel film è totalmente assente.

Viceversa, è stato pompato l’elemento sentimentale, anche in tal caso in senso manipolatorio-propagandistico: la relazione tra l’essere umano e l’intelligenza artificiale, tra un uomo e un automa… come se fosse la stessa cosa del rapporto tra un uomo e una donna.
Il protagonista maschile, addirittura, si arrabbia nel momento in cui un amico gli fa notare che ha perso la testa per una “corpofreddo” (così sono chiamati i cyborg)… e il protagonista si arrabbia semplicemente perché gli viene detta la verità, in pieno stile “inclusività-falsità”. Tutto abbastanza ridicolo.

Leggo che molte altre cose, non solo queste citate, sono state cambiate dalla storia originale (un approccio che dovrebbe essere vietato per legge quando si esegue una riproduzione col titolo di un romanzo o un fumetto); dal canto mio, mi limito a evidenziare che  Alita - Angelo della battaglia è un film d’azione, pieno di effetti speciali e di sentimentalismo blando… davvero poca cosa.

Ecco la trama del film: siamo nel 2563, trecento anni dopo un tragico evento mondiale. La Città di Ferro è una sorta di città-discarica di serie B posizionata subito sotto Zalem, una città di serie A sospesa in aria, che fa cadere sotto di sé tutto il materiale di scarto ritenuto spazzatura.
Un dì, Dyson Ido, dottore-scienziato specializzato nella cibernetica, trova nella suddetta discarica un pezzo di cyborg, malandato e incompleto nel corpo, ma intatto a livello di “cervello”. Lo porta a casa, lo completa a livello fisico e gli dà un nome: Alita.
In breve, si scoprirà che Alita è un fortissimo guerriero, ciò che attrarrà su di sé attenzioni sia positive che negative.

Altri personaggi del film sono il giovane Hugo, con cui la cyborg avvierà una sorta di relazione sentimentale, il cacciatore di taglie Zapan, l’ex moglie di Ido, Chiren, e il misterioso Nova.

Oltre allo spettacolo visivo, e al cambio di sostanza dal manga originale, non c’è altro in Alita - Angelo della battaglia. La stessa carriera del regista Robert Rodriguez testimonia in tal senso: le sue massime opere sono state Dal tramonto all’alba e Sin City, nonché numerosi altri film caratterizzati dalla violenza e dal livello basso. Peccato. 

Fosco Del Nero



Titolo: Alita - Angelo della battaglia (Alita: battle angel).
Genere: fantascienza, azione, sentimentale.
Regista: Robert Rodriguez.
Attori:   Rosa Salazar, Christoph Waltz, Jennifer Connelly, Mahershala Ali, Ed Skrein, Jackie Earle Haley, Keean Johnson, Michelle Rodriguez, Jorge A. Jimenez, Elle LaMont.
Anno: 2019.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 19 settembre 2023

Dark - Baran bo Odar, Jantje Friese

La recensione della serie tv Dark non è certamente semplice. Partiamo dalle basi: è una serie televisiva tedesca, prodotta dal 2017 al 2020 per un totale di tre stagioni e ventisei episodi, ciascuno lungo circa un’ora (qualcuno di meno, qualcuno di più).

Molti la hanno associata a un’altra serie contemporanea di grande successo, ossia Stranger things… sostanzialmente perché succedono “cose strane” in ambo gli sceneggiati. Tuttavia, il miglior paragone per Dark, come mi sono accorto sin da subito, non è Stranger things, ma I segreti di Twin Peaks.

In entrambe le serie, infatti, vi sono eventi assai misteriosi, ambientati in una piccola cittadina che sembra costituire un microcosmo a sé, senza connessione col mondo esterno e con un nugolo di famiglie imparentate tra di loro, di modo che tutti conoscono tutti e hanno legami o ricordi di qualche tipo col figlio, il genitore o il nonno di qualcuno. Entrambe le serie, inoltre, si presentano molto oscure, come recita il titolo di Dark, mentre Stranger things, nonostante i temi drammatici, ha un tono giovanile in stile I Goonies… il che fa parecchia differenza.

La differenza sostanziale tra I segreti di Twin Peaks e Dark è che il primo tratta il tema delle possessioni, mentre il secondo il tema dei viaggi nel tempo…

… e, se posso permettermi un altro paragone, lo fa in un modo che fa sembrare Ritorno al futuro una fiaba per bambini.

Dark, infatti, non è affatto una serie facile: sia perché è animata da un’energia oscura, di tensione, paura, dubbio, ignoranza di quel che succede, sia perché è davvero difficile da seguire.

Altra differenza rispetto a Stranger things: se quest’ultima è una serie adatta a tutti, e che anzi propone dei ragazzini come protagonisti (il mondo adulti quasi sparisce e tutto è facilmente seguibile), Dark è una serie che costringe lo spettatore a un’attenzione estrema… a partire dai nomi dei tanti protagonisti, che son nomi germanici e spesso difficili da memorizzare o da associare al volo.

Inoltre, propone i medesimi protagonisti in diverse epoche, e quindi bambini, ragazzi, adulti o anziani, per cui c’è da memorizzare non solo un protagonista, ma le sue varie età anagrafiche. Per quanto sia stato fatto, a tal proposito, un ottimo lavoro a livello di casting, la fatica c’è.

Anche perché a un certo punto, non paghi delle diverse epoche, gli sceneggiatori hanno aggiunto anche altre dimensioni, fatto che ha aggiunto ai protagonisti precedenti (molti e su diverse epoche) dei protagonisti identici, tranne qualche dettagli, ma provenienti da dimensioni parallele. Tutto ciò, unitamente alla complessità dei contenuti, fa di Dark una serie tv non di mero intrattenimento.

Quanto ai contenuti, sono complessi in un duplice senso: sia perché la sceneggiatura è complessa, sia perché i numerosissimi spunti esistenziali, di cui il prodotto è colmo, richiedono profonde riflessioni per essere colti o, ancor meglio, precedenti conoscenze di tipo esoterico-spirituale per essere anche solo notati.
In caso contrario, la metà del prodotto, e la metà più significativa, andrà incompresa… ciò che sarebbe invero un peccato, perché Dark, al di là della trama e dei gusti personali, è davvero ricchissimo dal punto di vista dell’“essenza”, come la lista di frasi che mi sono segnato illustrerà in modo incontrovertbile.

Descriviamo sommariamente la trama della serie: nella cittadina tedesca di Winder scompaiono, nel 2019, prima un ragazzino, poi un bambino, e di seguito anche degli adulti. Le ricerche che seguiranno, sia quelle ufficiali della polizia che quelle private di alcuni dei congiunti spariti, porteranno alla conoscenza del vero passato delle famiglie che abitano la cittadina:  i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler e i Tiedemann… unite assai più di quanto si potrebbe immaginare e sia il caso di rivelare in questa recensione.

Come detto e come noto, la serie affronta la questione dei viaggi nel tempo, e lo fa applicando il cosiddetto principio di autoconsistenza, per cui il passato è tale ed è immodificabile: dunque, niente linee parallele alternative (come nel famoso film di Zemeckis), ma una sorta di circolo che si ripete… e che qualcuno cerca di spezzare. 
Nella serie, a proposito di tematiche esistenziali (addormentamento e risveglio) è citato il film Matrix, come è citato il mito della caverna di Platone, simbolo dell’illusione della materia, visto che è proprio attraverso una caverna che avvengono i viaggi nel tempo.
In generale, i riferimenti sono tanti: da Gesù e i Vangeli a Buddha, dall’induismo alla mitologia classica: come contenuti, Dark è una serie davvero, davvero ricca… e non è per tutti, come detto.

La mole di citazioni che ne ho estratto parlerà da sé.

“La distinzione tra passato, presente e futuro è solo un’illusione ostinatamente persistente.”

“Noi siamo convinti che il tempo sia qualcosa di lineare, qualcosa che procede in eterno e in maniera del tutto uniforme. Qualcosa di infinito.
In realtà, la distinzione tra passato, presente e futuro non è niente altro che un’illusione.”

“Ieri, oggi e domani non sono momenti che si susseguono, e sono uniti in un circolo senza fine.
Ogni cosa è collegata.” 

“Tu non mi credi, ma lì fuori esistono cose che noi umani non possiamo nemmeno comprendere.”

“Siamo in caduta libera nel tempo.
Ogni tanto ci svegliamo da un sogno.”

“E se lo spazio e il tempo fossero uniti in un circolo senza fine? 
Che cosa accadrebbe se il futuro fosse in grado di poter influenzare il passato?”

“Il principio è la fine, e la fine è il principio.”

“Siamo tutti alla ricerca del nostro filo di Arianna, che ci mostri qual è la strada giusta, che ci faccia da guida nelle tenebre.”

“Quand’ero piccola avevo sempre la sensazione che qualcosa non andasse, e quel presentimento ora è tornato… che tutto si ripeta, che ogni cosa sia già accaduta, come in un gigantesco déjà-vu.”

“Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, la forza per cambiare quelle che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.” (antica preghiera)

“State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.” (Vangelo di Marco)

“La vita è un labirinto e molti errano al suo interno in cerca di una via d’uscita.
Ma l’unica via possibile è quella che va in profondità, e quando raggiungerai il centro capirai.”

“La magia non esiste, esiste l’illusione.
Le cose cambiano soltanto se noi le cambiamo, però devi farlo in segreto.”

“Vedo come ogni cosa è collegata.”

“La verità è una cosa strana: si può tentare di reprimerla, ma troverà sempre un modo per riaffiorare.”

“Non conosciamo neanche la metà dei misteri di questo mondo.
Siamo viandanti nell’oscurità.”

“Devi arrivare al centro.
Lui è lì: ti aspetta nell’ombra, metà uomo e metà bestia.”

“Non devi mai smettere di sperare.
La fuori c’è tanta oscurità, ma altrettanta luce.”

“Il vostro pensiero si basa su una visioen dualistica: dentro-fuori, bianco-nero, bene-male. Tutto viene ripartito e diviso in coppie… ma è un errore. Nulla è perfetto senza la terza dimensione. Non esistono solo un sopra e un sotto: c’è anche un centro.”

“I sogni cambiano negli anni: subentrano altre priorità.
Il mio posto non si trova né nel passato, né nel futuro, ma è qui, nel presente.”

“Perché l’affascina tanto il tempo?”
“Voglio capire se posso cambiarlo, oppure se è già tutto deciso. Chi è che ha il potere di stabilirlo? Il caso? Dio? O invece noi? Esiste il libero arbitrio? O la realtà è solamente un circolo che si ripete all’infinito, in cui noi non siamo altro che creature schiave del tempo e dello spazio?”

“I loop temporali incidono in maniera incredibilmente profonda sul principio di causalità, o per meglio dire sul rapporto causa/effetto. E dovunque è presente un wormhole è anche presente un loop temporale chiuso, un luogo in cui tutto è legato. Un luogo in cui non è solo il passato a influenzare il futuro, ma è anche il futuro a influenzare il passato. È un po’ come la storia dell’uomo e della gallina: nessuno sa cosa è venuto prima e che cosa dopo.”

“Nell’universo ogni evento è collegato.”

“Le nostre vite sono collegate in modo indissolubile: ogni destino è connesso a quello del prossimo, ogni nostra azione è una risposta a un fatto precedente già accaduto, causa ed effetto, in un’eterna danza che non avrà mai fine.”

“Io penso che tutte le cose accadano sempre per una ragione, a prescindere da quanto strane e assurde possano sembrarci. In fondo, che siamo noi rispetto a Dio?”

“Il passato è il passato, ma tu vivi nel presente.”

“Tu lo conosci il paradosso del maestro Zuang? Stanotte ho sognato di essere una farfalla. Poi mi sono svegliato e ora non so più se sono un uomo che ha appena sognato una farfalla o se sono una farfalla che sta sognando di essere un uomo. Tu che cosa sei, un uomo o una farfalla?”
“Magari tutti e due.”

“Niente è vano al mondo.”

“Noi facciamo ciò che facciamo perché non siamo liberi di fare ciò che vogliamo.”

“Il tempo è come un’enorme scacchiera: milioni e milioni di ingranaggi che si incastano tra loro.
Solo chi sa attendere un giorno trionferà.”

“Tutte le cose accadono nel modo in cui sono sempre accadute.
Dobbiamo portare la croce nonostante sembri pesante.”

“Chi non ha fede è già morto.”

“Le delusioni sono il risultato di aspettative errate. 
Devi avere speranza, ma nessuna aspettativa: potrebbe capitarti un miracolo, ma nessuna delusione.”

“Probabimente lei si aspettava un altro collega, ma ha avuto me. È un caso? Io non credo al caso.
Le cose che si appartengono finiscono sempre per trovarsi.”

“È una questione di origine: dov’è il principio? Quand’è il principio? Il principio esiste davvero?”

“Le cose seguono sempre il loro corso.”

“Alla fine tutti riceviamo quello che ri meritiamo.”

“Non è strano che le persone provino una forte repulsione per coloro che sono loro intimamente e inesorabilmente più simili?”

“Ogni cosa è connessa: il futuro, il passato, il presente.”

“Non siamo liberi in ciò che facciamo, perché non siamo liberi nella nostra volontà.”

“Che importanza ha quale strada scegliamo se alla fine del viaggio incontriamo sempre noi stessi?”

“Forse non era un sogno. Forsre lo è questo qui, e nessuno di noi è reale.”

“Niente è invano: nessun respiro, nessun passo, nessuna parola, nessuna sofferenza. 
È un miracolo dell’unico che dura in eterno.”

“I morti non lo sono mai sino in fondo. Forse non si trovano qui, adesso, ma tutto ciò che ha vissuto continua a esistere in eterno, nell’infinità del tempo.”

“Ciò che sappiamo è una goccia.
Ciò che non sappiamo è un oceano.”

“La nostra visione ha un errore di base: ognuno di noi crede di essere un’entità separata dal resto: un io accanto a innumerevoli altri io… ma la verità non è questa. Siamo minuscole parti di un infinito tutto.”

“Ogni cosa si ripete: ancora e ancora, per l’eternità, perché nessuno di noi è preparato a lasciarla andare.”

“Devi lasciarmi morire, affinchè io possa vivere.”

“Bisogna lasciar andare alcune cose, prima che esse ci ritrovino.”

“L’incrocio nello snodo del ciclo temporale è il momento in cui le ocse possono andare nell’una o nell’altra direzione.”

“Ad ogni oscurità segue la luce.
Ad ogni morte segue una vita.”

“Non importa cosa vuole il nostro volere: esso ci condurrà sul nostro cammino.”

“Il nostro pensiero è plasmato dal dualismo: bianco e nero, luce e oscurità, il tuo mondo e il suo. Ma è fatalmente sbagliato: niente è completo senza una terza dimensione.”

“Voi siete due metà di un tutto: soltanto insieme potete ritornare nel mondo di origine.”

“Credi che qualcosa di noi rimarrà? Oppure siamo solo questo: un sogno… non siamo mai esistiti?”

Ogni ulteriore commento, sul valore "essenziale" della serie in questione è superfluo.
Peccato che, a livello di sceneggiatura, la serie da un certo punto in poi si contorca un po' su sé stessa, perdendo un poco dell'abbrivio e della brillantezza originale.

Fosco Del Nero



Titolo: Dark (Dark).
Genere: serie tv, fantascienza, drammatico, psicologico, esistenziale.
Ideatore: Baran bo Odar, Jantje Friese.
Attori: Anna König, Roland Wolf, Louis Hofmann, Oliver Masucci, Jördis Triebel, Sebastian Rudolph, Mark Waschke, Karoline Eichhorn, Stephan Kampwirth, Maja Schöne, Andreas Pietschmann, Tatja Seibt.
Anno: 2017-2020.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.



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