Eccoci dunque all’ultimo capitolo dell’avventura cinematografica di Harry Potter, tratta dalla splendida saga di J.K. Rowling.
Sarà andato meglio in quest’ultimissimo film?
A costo di sfidare le frotte di fan del maghetto inglese (nel frattempo non più tanto maghetto, visto che Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint hanno ormai rispettivamente 22, 21 e 23 anni), anche quest’ultimo episodio ha denunciato le lacune dei precedenti film di David Yates, regista che è evidentemente meno dotato dai precedenti Chris Columbus, Alfonso Cuaròn e Mike Newell, ma che probabilmente è stato ritenuto più in sintonia con lo stile più orrorifico degli ultimi episodi della saga.
Peccato che con David Yates si è perso da un lato il sapore magico dell’ambientazione potteriana e dall’altro la potenza evocativa dei rapporti interpersonali, che alla fine sono il fulcro di Harry Potter ben più di incantesimi e pozioni (per conferma, guardare i primi film o, ancor meglio, leggersi i romanzi).
Anche i dialoghi, da quando è subentrato Yates, sono andati in sofferenza, ma tant’è, ormai è fatta.
Ora andiamo subito a vedere a che punto era rimasta la trama: non solo
Voldemort si è impadronito del
Ministero della Magia, ma anche della bacchetta di sambuco, la più potente bacchetta mai esistita, di cui la Rowling ha parlato più in dettaglio nel libro appendice
Le fiabe di Beda il Bardo, e la situazione per il latitante
Harry Potter è sempre più difficile… anche perché alla difficoltà della ricerca degli
horcrux si aggiungono le morti causate dai
Mangiamorte e il dissidio con Ron.
Curiosamente, questa seconda parte di Harry Potter e i doni della morte si rivela meno lunga del previsto, fatto che rende a David Yates le cose ancora più difficili, visto che, come sappiamo, i libri di Harry Potter dal terzo in poi sono assai densi e talmente pieni di eventi, personaggi, flashback, che i film hanno sempre faticato a tenere il passo, finendo per concedere sempre qualcosa.
Il problema di Yates è che non solo concede qualcosa (come hanno fatto d’altronde anche Cuaròn e Newell), ma ignora o tratta in modo indecoroso alcune scene madri, che su carta avevano un'enorme potenza evocativa, mentre su pellicola paiono recitate giusto per dovere: mi riferisco per esempio al duello McGranitt-Piton, alla morte del buon Severus tra le braccia di Harry, ai momenti di effusione tra le coppie Harry-Ginny o Ron-Hermione.
Ma anche, tornando indietro di un film, alla morte di Malocchio Moody, alla riappacificazione tra Fleur Delacour e mamma Weasley, etc.
Insomma, Yates non è molto portato per i rapporti interpersonali o per le scene evocativo-emotive (e la parola umorismo non sa neanche cosa significhi, anche se ogni tanto ci prova con scarsi risultati). Lo è invece per le tinte dark, le atmosfere orrorifiche e le scene d'azione, e di questo almeno bisogna dargli atto…
… anche se la stessa sconfitta di Voldemort è resa in modo un po’semplicistico.
A salvare Harry Potter e i doni della morte - Parte 2 c'è il fatto che in questo film c'è molto più dinamismo rispetto al precedente, che viceversa era più introspettivo e relazionale, cosa che almeno in parte attutisce i problemi sopra citati.
Rimane però il fatto che, su quattro film, Yates ne ha fatto solo uno buono, il primo, mentre con i tre successivi la saga cinematografica di Harry Potter è caduta parecchio in basso, sia rispetto ai film precedenti, sia rispetto ai libri originari. Ma ormai è andata così, per cui pazienza.
Fosco Del Nero
ADDENDUM del 28/08/20: concludo gli "addendum"relativi alle revisioni dei film della saga di Harry Potter. Anche in questo film c'è qualcosa di interessante; andiamo a vedere.
A inizio film, Harry Potter e Olivander parlano dei tre doni della morte; Olivander dice che chi li possiede tutti e tre, bacchetta magica, mantello dell'invisibilità e pietra della resurrezione, diventa un "padrone della morte". Colui che è diventato un padrone della morte acquisisce, di fatto, l'immortalità, che è uno degli obiettivi del percorso evolutivo. Laddove "immortalità" non significa vivere per sempre, ma significa vivere in una dimensione senza tempo; dunque, non è uno stato in cui il tempo viene prolungato all'infinito, ma ancora c'è, ma è uno stato di coscienza in cui il tempo sparisce. Questa è la vera immortalità.
Molto bella e significativa la scena in cui i tre corpi umani, il corpo fisico (Ron), il corpo emotivo (Harry) e il corpo mentale (Hermione) domano e cavalcano un drago. Il rapporto con l'energia kundalini e la sua grande potenza, ma anche la sua grande pericolosità, che va per l'appunto domata, è piuttosto facile.
Il folletto Unci Unci prima fa un patto per avere la spada di Grifondoro, ma poi non lo onora, trovando un cavillo. Non grato del fatto che gli è appena stata salvata la vita, si dimostra avido, e poi menzognero.
Poco dopo, ottiene quel che ottengono tutti gli animi miserabili: una triste fine... in un modo o nell'altro è sempre così. La vita delle persone miserabili è per forza miserabile; non può essere altrimenti. L'avidità non porta mai in posti in cui valga la pena andare.
Sotto la dittatura di Voldemort, nella scuola di Hogwarts, ora controllata dai Mangiamorte, costringono gli studenti più anziani a utilizzare la maledizione cruciatus, la maledizione della tortura, sui novizi: costringono dunque a esperire la violenza a entrambi, come vittima e come carnefice.
Quanto una giovane creatura è abituata da subito alla violenza, si orienta verso di essa; è il metodo diseducativo più antico e triste del mondo, e si basa sulla spersonalizzazione del dolore e sulla cancellazione dell'empatia (verso ogni forma di vita, animali compresi).
Una volta che si autorizza la violenza, si è ormai creata una breccia nello spirito umano.
Nel film viene detta una frase di grande simbolismo: "Sono pronto a morire".
La morte è ovviamente la morte dell'ego... e infatti a fine film Harry Potter si offrirà in sacrificio pur di uccidere Voldemort, che è un po' il suo alter ego, giacché i due hanno molti legami; anzi, è proprio il suo ego, e infatti affinché Harry-anima possa vivere, è necessario che Voldermort-ego muoia.
O il contrario, per quelle esperienze terrene in cui avviene il contrario e l'anima viene messa a tacere.
L'unico modo per vincere la battaglia, che è una battaglia spirituale, è uccidere sé stessi, ossia uccidere il proprio ego-personalità... per far posto al divino: questo è il vero significato di tutta la storia di Harry Potter.
A riprova di ciò, Harry chiede ai suoi amici e congiunti già trapassati se "Fa male morire?", e gli viene risposto che "E' più veloce che addormentarsi": dunque, morire al proprio ego è paradossalmente più rapido e facile che perpetuare l'addormentamento nella materia.
Leggiamo ora due frasi di Silente nella sua forma di guida spirituale: "Le parole sono la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo".
Questo è ben noto nell'esoterismo: prima vengono i pensieri come potenziale creativo, poi giunge la parola, via di mezzo tra il mondo interiore e il mondo esteriore, e poi c'è l'azione nella materia.
La parola è dunque un ponte tra le energie interiori e la cristallizzazione esteriore nel mondo fenomenico.
Seconda frase di Silente: "Non provare pietà per i morti, provala per i vivi, e soprattutto per coloro che vivono senza amore".
Essa riprende quello che Harry dice a Voldemort nel loro precedente scontro: a essere deboli sono coloro che al loro interno hanno energie molto basse, incapaci di concepire e vivere vibrazioni più rarefatte come l'amore. E' per loro, soprattutto, che occorre provare compassione; sono i "nemici" che hanno più bisogno di amore, per richiamare Gesù.
Voldermort è il simbolo dell'ego umano corrotto che ha messo da parte la sua anima, e il modo in cui muore è emblematico di ciò... e persino triste, nel senso che suscita la compassione di cui si parlava prima.
La sua è stata una vita triste, e la morte lo è stata altrettanto.
Dopo la morte di Voldermort, Harry fa una scelta di segno opposto: distrugge la bacchetta di sambuco, che gli avrebbe dato un grande potere, rinunciando dunque alle ambizioni dell'ego, in favore delle scelte dell'anima.
Non a caso, la storia di Harry Potter ragazzino si conclude con i suoi due amici, e dunque le tre parti dell'essere umano, tenuti per mano: questo è il messaggio dell'intera storia, l'integrità interiore dell'essere umano in luogo della divisione e della distruzione dell'ego... che divide e distrugge persino la sua anima.
Titolo: Harry Potter e i doni della morte - Parte 2 (Harry Potter and the deathly hallows: part II).
Genere: fantasy, horror, drammatico.
Regista: David Yates.
Attori: Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, Ralph Fiennes, Alan Rickman, Helena Bonham Carter, Bonnie Wright, Tom Felton, Evanna Lynch, Dave Legeno, John Hurt, Julie Walters, Maggie Smith, Jamie Campbell Bower, Gary Oldman.
Anno: 2011.
Voto: 5.
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