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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 5 dicembre 2023

Ladri di biciclette - Vittorio De Sica

Non avevo mai visto il classico Ladri di biciclette, girato da Vittorio De Sica nel 1948 sulla base dell’omonimo romanzo di Luigi Bartolini… per cui ho pensato di rimediare ora, ad appena 75 anni di distanza dall’uscita del film.

De Sica non solo lo diresse, ma lo produsse e lo sceneggiò in parte.

Leggo online che Ladri di biciclette, alla sua uscita, ebbe un pessimo riscontro in Italia, un ottimo successo in Francia e una valutazione da parte della critica internazionale altalenante a seconda della prospettiva con cui il film veniva inquadrato: realismo, miseria e povertà, ingiustizia, amore familiare e poesia e via discorrendo.

Di mio, non ho alcun riferimento politologico-sociale, né alcun obbligo “dottrinale”, per cui valuterò il film, banalmente, secondo il metro della bellezza che propone.

Prima di tutto, accenniamo la trama: nel secondo dopoguerra, Antonio Ricci è un povero disoccupato che ha tuttavia la fortuna di ottenere un lavoro pubblico come “attacchino di manifesti pubblicitari”, lavoro per il quale è obbligatorio il possesso di una bicicletta, al fine di potersi muovere per Roma. L’uomo l’aveva impegnata, per poter dare da mangiare alla sua famiglia, ma la riscatta impegnando a sua volta lenzuola e asciugamani.
Inizia così a lavorare, ma purtroppo la bicicletta gli viene rubata il primo giorno di lavoro, mandando nel panico lui e la sua famiglia. Si rivolge alla polizia e a un compagno di partito, ma senza esito; si mette a cercarla lui stesso, insieme al figlio Bruno, in rioni disagiati dove il ladro potrebbe vivere o venderla in qualche mercatino… ed effettivamente riesce a trovare il ladro.

Essenzialmente, Ladri di biciclette è un film drammatico che mostra la povertà, economica e culturale, dell’Italia successiva alla Seconda Guerra Mondiale, e particolarmente della sua capitale.
Oltre alla povertà e al dramma, abbiamo ingiustizia e dolore: non è propriamente il mio menu preferito, da cui la valutazione insufficiente assegnata al film… che sarà neorealista finché si vuole, ma rimane un prodotto deprimente.

Peraltro, il film è stato girato perlopiù con attori non professionisti, fatto largamente evidente.

Non mi spiego la grande fama del film, se non per il solito finto intellettualismo che elogia mode e tendenze di qualche tipo. Al tempo, evidentemente, erano quelle della miseria e del degrado.
Al degrado di partenza si aggiunge anche il pessimo esempio del padre di famiglia che diventa ladro a sua volta, e di fronte a suo figlio.

Ognuno ha i suoi gusti e a ognuno il suo pane.

Fosco Del Nero



Titolo: Ladri di biciclette.
Genere: drammatico.
Regista: Vittorio De Sica.
Attori: Lamberto Maggiorani, Lianella Carell, Elena Altieri, Enzo Staiola, Vittorio Antonucci, Memmo Carotenuto, Gino Saltamerenda, Giulio Chiari, Mario Meniconi, Ida Bracci Dorati, Fausto Guerzoni, Carlo Jachino, Sergio Leone.
Anno: 1948.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 28 novembre 2023

Dililì a Parigi - Michel Ocelot

Mi sono accostato a Dililì a Parigi per via del regista: quel Michel Ocelot già autore di capolavori (o quasi) come Kirikù e la strega Karabà e Azur e Asmar: sapevo dunque già in partenza cosa attendermi, sia a livello di grafica, sia livello di contenuti.

In effetti, Dililì a Parigi in qualche frangente ha ricordato ambo i film citati, pur avendo una storia tutta sua.

Eccola: siamo alla fine dell’Ottocento a Parigi, dove la piccola Dililì lavora in una sorta di ricostruzione di un villaggio canaco nella capitale francese. Essendo meticcia, mezzo francese e mezzo canaca (i canachi sono gli indigeni della Nuova Caledonia), viene vista con sospetto da entrambi i popoli, nonostante la sua eccellente educazione e la sua grande intelligenza.
La bambina fa amicizia col giovane Orel, un corriere che gira la città con la sua bicicletta: dapprima gli racconta la sua storia (a lui e agli spettatori), in seguito affronterà con lui la minaccia dei Maschi Maestri, un gruppo di criminali che rapina i negozi e rapisce le bambine, apparentemente facendole sparire nel nulla.

Nell’avventura la piccola incontrerà molti illustri personaggi dell’epoca: la cantante Emma Calvé, lo scienziato Louis Pasteur, il disegnatore Henri de Toulouse-Lautrec, il Principe del Galles, il costruttore di aerei Alberto Santos-Dumont, l’attrice Sarah Bernhardt… solo per citarne alcuni.

Il citazionismo storico si abbina alla ricostruzione di Parigi, basata su fotografie reali a cui è stata sovrapposta l’animazione disegnata a mano. L’effetto finale è molto gradevole e in certi casi brillante.
In effetti, dal punto di vista estetico Dililì a Parigi è davvero bello, ancor più dei precedenti film di Ocelot.

Anche la storia raccontata è interessante, e a suo modo educativa, per quanto vada a parare nel solito punto affrontato dall’animazione francese: la diversità e il rispetto per la diversità. Il che va bene come concetto di base, mentre va meno bene quando lo si vorrebbe applicare anche alla mancanza di civiltà di alcune persone o alcuni gruppi umani; viceversa, va ricordato che vi sono persone e popoli a diversi livelli di consapevolezza e di civiltà, e che non va accettato tutto quanto… proprio per niente. Va anche ricordato che è chi arriva in un posto che deve adeguarsi alla cultura locale, non il contrario.

A tale concetto ambiguo si aggiunge, in questo film, l’elemento dei “maschi padroni e fuori di testa”, in una sorta di sessismo al contrario, che stiamo vivendo nei tempi odierni, probabilmente “incentivato” da certi gruppi di potere. A proposito di certi gruppi di potere, viene citata la Porta per l’Inferno di Rodin.

Giacché sto evidenziando gli elementi negativi del film, la prima volta che Dililì si inchina per presentarsi a una persona appena conosciuta, recitando una certa formula, è carina… ma dalla settima in poi comincia a essere fastidiosa.

Detto questo, Dililì a Parigi ha molte più luci che ombre, e Ocelot si conferma regista di ottimo livello… per quanto il mio preferito tra i suoi film rimanga Azur e Asmar.

Fosco Del Nero



Titolo: Dililì a Parigi (Dililì à Paris).
Genere: animazione, commedia.
Regista: Michel Ocelot.
Anno: 2018.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 21 novembre 2023

Ti va di pagare? - Pierre Salvadori

Oggi parliamo di Ti va di pagare?, film diretto da Pierre Salvadori nel 2016.

Era da un po’ che non guardavo una commedia francese… e ancora una volta un film francese non mi delude, sfornando un prodotto certamente non irrinunciabile, ma altrettanto certamente originale e carino. Per quanto non particolarmente educativo, per dir così.

Peraltro, i due protagonisti del film mi riportano a ricordi positivi, di altre commedie francesi, essendo Gad Elmaleh (Una top model nel mio letto) e Audrey Tautou (Il favoloso mondo di Amelie, Una lunga domenica di passioni).

Ecco la trama di Ti va di pagare?: Irène, donna giovane e bella, oltre che di gusti sofisticati, fa la mantenuta, per utilizzare un’espressione edulcorata. Di fatto, si accompagna a uomini ricchi e molto più anziani di lei, i quali per l’appunto, in cambio della sua compagnia a tutto tondo, la mantengono e la ricoprono di regali.
Con uno di loro avrebbe dovuto perfino sposarsi, salvo dover cambiare programma per “accodarsi” a un altro uomo ricco, dopo che il primo aveva scoperto l’andazzo.

In un costoso albergo, la donna conosce Jean e, scambiandolo per uno dei frequentatori del posto, quindi un uomo molto abbiente, gli si concede… non sapendo che il giovane lavora nell’hotel come cameriere e non corrisponde per nulla al suo profilo maschile tipico.

Il problema è che Jean s’invaghisce di Irène e la segue da Biarritz a Nizza, dove la mantiene egli stesso per quei pochi giorni che gli consentono i suoi esigui risparmi. Una volta terminati… la storia prende una piega imprevedibile e propone allo spettatore molte scene divertenti, non molto edificanti a dire il vero, ma mai volgari, come da tradizione cinematografica francese (almeno, quella che conosco io).

Personalmente, ho apprezzato Ti va di pagare?: parte da uno spunto originale (una cosa rara oramai, dato l’enorme numero di film prodotti sino ai giorni nostri) ed esegue il suo compito per bene, sfruttando al meglio il fascino dei due protagonisti… oltre i quali, in effetti, non c’è molto altro, se non le ambientazioni lussuose che i personaggi in questione frequentano.

Se il film è poco istruttivo da un lato, è grazioso e gradevole dall’altro, ciò che gli fa maturare una sufficienza larga.

Fosco Del Nero



Titolo: Ti va di pagare? (Hors de prix).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Pierre Salvadori.
Attori: Gad Elmaleh, Audrey Tautou, Marie-Christine Adam, Vernon Dobtcheff, Jacques Spiesser, Annelise Hesme, Didier Brice.
Anno: 2006.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 14 novembre 2023

Black Widow - Cate Shortland

Andiamo a recensire il film Black Widow, girato da Cate Shortland nel 2021.

Non sono un fan dei film su supereroi e dintorni, per cui l’universo Marvel in larga parte mi è ignoto, se non per quei rari casi in cui allo spettacolo e all’azione del supereroe di turno vengono aggiunti dei contenuti interessanti dal punto di vista psicologico, com’è stato il caso di Doctor Strange (il primo film, mentre il secondo fa ridere per quanto è stupido).

Forse speravo che fosse anche il caso di Black Widow, o forse mi ero segnato il suddetto film avendolo trovato consigliato online… ma purtroppo si è rivelato un discreto buco nell’acqua.

Andiamo per prima cosa a tratteggiare la trama del film, che dura circa 130 minuti, quindi parecchio: nel 1995, in Ohio, negli USA, Alexei Shostakov e Melina Vostokoff recitano il ruolo di marito e moglie, nonché di padre e madre delle piccole Natasha Romanoff e Yelena Belova, le quali in verità non sono loro figlie, essendo tutti quanti agenti russi sotto copertura.

Di più: il primo è un vero e proprio supereroe, sorta di versione russa di Captain America, la seconda è uno scienziato di alto livello, mentre le due bambine, dopo la precipitosa fuga dall’Ohio, verranno assegnate alla cosiddetta Stanza Rossa, che le renderà delle formidabili agenti… per quanto controllate psichicamente, fatto per cui si rende necessario un antidoto, che alla Yelena grande verrà somministrato da una vedova nera (così si chiamano le agenti-spie-guerriere uscite dalla Stanza Rossa) morente cui aveva dato la caccia.
La cosa metterà in moto degli eventi, per cui Natasha e Yelena si rincontreranno, e andranno a recuperare Alexei da una prigione russa.

Black Widow è certamente un film di alto livello in senso tecnico-realizzativo: non solo gli effetti speciali, ma anche la recitazione è di alto spessore, e non poteva che essere così con un cast con nomi quali Scarlett Johansson (Match pointThe islandLucyVicky Cristina BarcelonaThe prestige), Rachel Weisz (La mummiaIo ballo da solaL’albero della vitaConstantineAmabili resti)), William Hurt (The villageDark City, Stati di allucinazioneAliceInto the wild), David Harbour (Stranger things, Revolutionary Road).
Non conoscevo Florence Pugh, la quale mi è tuttavia piaciuta molto.

Ho anche gradito un certo garbato umorismo… ma l’enorme mole di azione del film mi ha annoiato a morte. C’è una storia in sottofondo, ma soprattutto ci sono combattimenti, sparatorie e scene d’azione di ogni tipo: davvero noioso, se nella vita non ci si limita al corpo fisico e al suo movimento.

Tuttavia, evidentemente il grosso del pubblico vuole questo, per cui ok.

Certo che, quando denaro e tecnologia si mettono d’impegno per creare prodotti di valore, che non siano di mera distrazione, il risultato è tutta un’altra cosa.
Tra i film messi tra parentesi, per esempio, cito Dark City, The village, L’albero della vita… ma anche La mummia, che era anch'esso molto movimentato, ma almeno era affascinante, originale e divertente.

Quanto a Black Widow, per quanto mi riguarda se ne esce con un’insufficienza.

Fosco Del Nero



Titolo: Black widow.
Genere: fantascienza, azione, commedia.
Regista: Cate Shortland.
Attori: Scarlett Johansson, Florence Pugh, Rachel Weisz, William Hurt, David Harbour, Jade Ma, Ray Winstone, O. T Fagbenle, Olivier Richters, Michelle Lee, Violet McGraw, Ever Anderson.
Anno: 2021.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui



martedì 7 novembre 2023

L’arrivo di Wang - Manetti Bros

Mi perdonino i registi, i fratelli Manetti, per la valutazione insufficiente assegnata al loro film, ma tant’è: ho gradito davvero poco L’arrivo di Wang, che peraltro non mi ricordo nemmeno perché mi fossi segnato… forse per la trama di genere fantascientifico, comprensiva di un lungo interrogatorio di un alieno, per quanto, nei fatti, tutto sia andato in una direzione davvero poco qualitativa.

Ma andiamo con ordine: il film è stato prodotto nel 2011 ed è evidentemente un film a basso budget; gli ambienti utilizzati sono pochi, gli attori impiegati sono pochi e di valore certamente non eccelso, la trama a conti fatti risulta risibile.

Ecco, per l’appunto, la trama sommaria de L’arrivo di Wang: Gaia Aloisi è una traduttrice italiano-cinese che vive a Roma… e che viene ingaggiata d’urgenza per un lavoro definito come molto urgente e riservato, tanto che la ragazza viene trasportata sul posto interessato con gli occhi bendati. Si parla di servizi segreti, e ipoteticamente di qualche politico, militare o importante personaggio cinese… invece si viene ben presto a scoprire che si tratta di un alieno, il quale ha studiato il cinese in quanto lingua più parlata sulla Terra.
A seguire, la ragazza tradurrà l’interrogatorio all’alieno, chiamato Wang, da parte di Curti, il quale si rivela sgradevole e impositivo a più riprese, fino a utilizzare la tortura, con grande sdegno della giovane donna.

Che l’alieno parli in cinese mandarino, perché dagli studi fatti sul pianeta Terra la sua razza è venuta a sapere che si tratta della lingua più parlata sulla Terra è il primo elemento poco credibile della storia, che già la mina fortemente alla base: una razza intelligente avrebbe scelto l’inglese come lingua più utile, e certamente non sarebbe scesa a Roma con il cinese come unico linguaggio terrestre a disposizione.

In verità, un altro elemento poco credibile lo aveva preceduto: la ragazza si era fatta condurre, da degli estranei dall’aria poco raccomandabile, in un posto non menzionato, bendata, senza che nessuno sapesse dove stata andando. Una persona normale difficilmente accetterebbe.

La cosa peggiore, però, è proprio l’interrogatorio di Wang, su cui si basa il grosso del film: ripetitivo, poco credibile e talmente ridicolo da pensare che il prodotto sia orientato in senso umoristico. 
A essere onesti, anche le fattezze dell’alieno sono un poco umoristiche, per dir così.

Per non parlare della frase che conclude il film, con l’alieno che dice alla donna: “Sei proprio una cretina”. L’impressione è che lo stesse dicendo più che altro allo spettatore che aveva guardato il film sino alla fine.

Nel mezzo del film, peraltro, dieci minuti di fastidioso allarme, il cui intento era probabilmente aumentare la tensione scenica, ma che a conti fatti risulta solo fastidioso (tanto che dopo un po’ ho abbassato il volume).

Insomma, va bene il basso budget, va bene la carenza degli effetti speciali, ma qua il problema è proprio la mancanza di idee intelligenti e di valore… che il film sia italiano o meno.

Fosco Del Nero



Titolo: L’arrivo di Wang.
Genere: fantascienza, drammatico.
Regista: Manetti Bros.
Attori: Ennio Fantastichini, Francesca Cuttica, Juliet Esey Joseph, Antonello Morroni, Li Yong, Jader Giraldi, Rodolfo Baldini, Furio Ferrari, Angelo Nicotra, Massimo Triggiani.  
Anno: 2011.
Voto: 3.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 25 ottobre 2023

Midnight mass - Mike Flanagan

Midnight mass è stata una lietissima sorpresa.
Se è vero che, da un lato, la serie mi era stata consigliata, è pur vero che non mi sarei atteso un gioiellino di tale valore… nonostante le solite tendenze propagandistiche che Netflix mette sempre nei suoi programmi, quando molto e quando poco; e nonostante l’elevato livello di violenza, su esseri umani e su animali.

Si tratta di una miniserie, dal momento che è composta da sette episodi, pensata e conclusa in tal modo: finalmente, verrebbe da dire, dopo tante serie lanciate per una stagione senza sapere se sarebbero state rinnovate e in che modo eventualmente sarebbero proseguite.
In questo caso l’ideatore, Mike Flanagan (di cui ho già recensito un film: il valido Oculus - Il riflesso del male) ha pensato e realizzato un prodotto completo.

Il genere di Midnight mass sarebbe l’horror, inframmezzato a temi esistenziali, per quanto più orientati alla religione in senso basso piuttosto che alla spiritualità in senso alto.

Ecco la trama di Midnight mass: Riley torna, dopo un assenza di molti anni, nell’isola natia di Crockett, una piccola isola contenente un piccolo villaggio di pescatori e poco altro. A tenerlo lontano, prima i suoi sogni di carriera e poi un brutto incidente automobilistico culminato in quattro anni di carcere per omicidio.
Il ragazzo non è tuttavia l’unico nuovo arrivo:  Padre Paul giunge sull’isola per sostituire momentaneamente, nella gestione della parrocchia di Saint Patrick, l’anziano Monsignor Pruitt, recatosi in Terra Santa in pellegrinaggio.
In attesa del ritorno del monsignore, il più giovane sacerdote si dimostra volenteroso e carismatico, e attrae un sempre maggiore numero di fedeli, anche per via di alcuni segni che scuotono la fede degli isolani, compreso un miracolo, col quale il sacerdote pare guarire la giovane Leeza, una ragazza bloccata sulla sedia a rotelle.
Tuttavia, non è tutto così semplice e lindo, e gli abitanti del villaggio saranno costretti ad affrontare molti cambiamenti.

Il tema centrale di Midnight mass è evidentemente la fede, intesa sia in senso basso, come fanatismo e ottusità (per esempio la perpetua Bev), sia in senso più alto, come aiuto e ispirazione (per esempio Padre Paul, interpretato in modo fantastico da Hamish Linklater). In ciò, la questione è molto chiara… e la forbice molto, molto larga.

La componente spirituale vera e propria, tuttavia, scarseggia… ed è normale che manchi se chi produce una certa opera non vi è immerso egli stesso. È il medesimo discorso di altre serie televisive che teoricamene avrebbero voluto affrontare il tema, ma che di fatto non lo hanno affrontato, perché realizzate dal punto di vista dell’essere umano comune. Penso per esempio a Messiah, a Nine perfect strangers, a Enlightened: che la scusa fosse la religione o la ricerca interiore, tutte quante non facevano altro che mostrare la coscienza di chi le aveva prodotte… com’è ovvio che sia, visto che la creatura è sempre frutto del creatore. Ciò al di là della qualità "cinematografica" del prodotto, che è un'altra faccenda.

Tra le quattro, tuttavia, Midnight mass ha qualcosa in più delle altre citate, visto che in alcuni punti espone principi evolutivi di valore, pur se immersi in molto altro (come detto, fanatismo, dogmatismo, ottava bassa della religione, Vangeli interpretati a proprio uso e consumo). Una serie tv che, viceversa, pur non affrontando esplicitamente temi spirituali, propone molto contenuti evolutivi è Dark, se qualcuno fosse interessato.

Midnight mass, peraltro, introduce il tema dei presunti angeli del Vecchio Testamento, mischiandolo col sangue e col vampirismo… certamente non una novità per le produzioni Netflix.
A proposito di Vecchio Testamento e cattolicesimo, senza dubbio la serie si può apprezzare maggiormente se si hanno delle basi conoscitive cattoliche: gli stessi titoli degli episodi, per fare un esempio, si rifanno ai libri della Bibbia, la quale è continuamente citata anche in corso d’opera (in modi e secondo livelli assai differenti, peraltro).

Lasciando perdere i temi, e andando sulla sostanza, Midnight mass è un prodotto eccellente: nel cast, nella recitazione, nella scenografia, nella sceneggiatura, in quel poco di effetti speciali utilizzati… ma soprattutto nell’atmosfera che crea, dall’inizio alla fine.

Ne approfitto per citare un monologo interessante in senso esistenziale… probabilmente l’unico che travalica l’aspetto religioso per confluire nello spirituale. Questo pezzo, in effetti, è molto bello e, pur se in chiusura, eleva il tono “interiore” del prodotto, il quale comunque era già meritevole di suo per il suo valore filmico, diciamo così.

“È questo il vero problema di tutta la faccenda: la parola “me”.
Non è quella la parola: non è giusto, non lo è. Già, non lo è.
Come ho fatto a dimenticarlo? Quando l’ho dimenticato?
Il corpo si ferma, una cellula alla volta, ma il cervello continua a sparare tutti quei neuroni. Sono piccoli fulmini, fuochi d’artificio all’interno, e temevo di disperarmi o di provare paura, ma non mi sento affatto così, neanche un po’. Sono troppo occupata: sono troppo occupata al momento a ricordare. Ma certo, ricordo che ciascun atomo del mio corpo fu forgiato in una stella. Questa materia, questo corpo è per lo più spazio vuoto, dopo tutto, e la materia solida è solo energia che vibra molto lentamente. Non c’è alcun me, non c’è mai stato.
Gli elettroni del mio corpo si mescolano e ballano con gli elettroni del terreno sotto di me e dell’aria che io non respiro più. E poi ricordo che non c’è un punto dove tutto questo finisce e io inizio. Mi ricordo che sono energia, niente ricordi, niente me. Il mio nome, la personalità, le scelte, è venuto tutto dopo di me. Io esistevo prima ed esisterò anche dopo. Tutto il resto sono immagini, raccolte lungo la strada, sogni effimeni, piccoli, stampati sul tessuto del mio cervello morente. E io sono il fulinne che salta nel mezzo, sono l’energia che alimenta i neuroni… e sto ritornando. Attraverso il ricordo, sto tornando a casa. È come una gocciolina d’acqua che ricade nell’oceano, di cui è sempre stata una parte. Tutte le cose, una parte. Tutti noi, una parte. Tu, io e la mia bambina e mia madre e mio padre, ogni persona mai esistita, ogni pianta, ogni animale, ogni atomo, ogni stella, ogni galassia, tutto quanto. 
Ci sono più galassie nel’universo che granelli di sabbia in spiaggia, ed è questo che tutti noi intendiamo quando diciamo “Dio”, l’unico, il cosmo e i suoi sogni infiniti. Noi siamo quel cosmo che sogna sé stesso. È un semplice sogno che credo sia la mia vita ogni volta, ma me lo dimentico, puntualmente. Dimentico sempre i miei sogni.
Ma adesso, in questo secondo, nel momento preciso, nell’istante in cui ricordo, riesco a comprendere immediatamente tutto: non esiste il tempo, non esiste la morte, la vita è un sogno, è un desiderio, espresso di continuo, senza sosta, in continuazione, ancora e ancora, per l’eternità. E io sono tutto questo: sono ogni cosa, sono tutto.
Io sono quello che sono.”

Fosco Del Nero



Titolo: Midnight mass.
Genere: serie tv, horror, esistenziale.
Ideatore: Mike Flanagan.  
Attori: Kate Siegel, Zach Gilford, Kristin Lehman, Samantha Sloyan, Igby Rigney, Hamish Linklater, Henry Thomas, Annabeth Gish, Alex Essoe, Rahul Kohli, Michael Trucco.
Anno: 2021.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 17 ottobre 2023

Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica - Max Landis

Avendo saputo che era stata realizzata una serie tv basata sulla serie di romanzi di Dirk Gently, scritti da Douglas Adams, celeberrimo autore della Guida Galattica per gli autostoppisti, non ci è voluto molto perché me la guardassi, ed ecco così la recensione di Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica, serie ideata da Max Landis.

La serie in questione è relativamente breve, componendosi solamente di due stagioni, per un totale di diciotto episodi, di circa 45-50 minuti cadauno.
Gli anni di produzione sono il 2016 e il 2017 e tra i protagonisti spicca Elijah Wood, l’immortale Frodo de Il signore degli anelli (che ho apprezzato anche in Ogni cosa è illuminata, Sin City e Oxford murders).

Ecco la trama sommaria dell’opera, ispirata ai tre romanzi originari ma in verità non esecutrice di nessuno di essi: Dirk Gently è un investigatore olistico, ossia un investigatore che non cerca indizi e correlazioni razionali, bensì si affida alla connessione di tutte le cose, alle sincronicità e all’intuizione.
La frase “Ogni cosa è collegata” è il motto dell’opera, evidentemente ripresa dagli ambienti spirituali, pur se in chiave certamente più ludica che non didattica.

Nella sua investigazione alquanto originale, Dirk si imbatte in  Todd Brotzman, che diventerà il suo assistente, nonché in svariati altri personaggi: l’aspirante agente governativa Farah Black (che infatti è nera: molto intuitivo e olistico), l’assassina esistenziale Bart Curlish, la sorella di Todd, Amanda, anch’essa dotata di strane caratteristiche/poteri… per non parlare del Trio Chiassoso o di tutti i personaggi che giungono nella seconda stagione, per metà ambientata in un mondo fantasy.

Ma di mezzo c’è davvero di tutto, pur in uno spazio narrativo abbastanza contenuto: diciamo in generale che il grosso delle serie tv si trascina per stagioni e stagioni pur con una piccola percentuale degli elementi e degli spunti di Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica… il quale forse commette l’errore opposto, quello di sovrabbondare in uno spazio/tempo ristretto.

Quanto alla chiarezza, leggo che erano poco lineari i romanzi originari, e in ciò la serie derivata è coerente con il prodotto di partenza.

Personalmente ho gradito Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica: è brillante, ben recitato, pieno di spunti, divertente e intelligente, dotato di un eloquio molto ricercato (che al pubblico più terra terra certamente non piacerà). Non c’è la profondità del capolavoro, ma c’è comunque molto; certamente quanto basta per una valutazione positiva e il consiglio di dare un’occhiata alla serie (quella del 2016-2017, non quella precedente, che non ho mai visto).

Fosco Del Nero



Titolo: Dirk Gently - Agenzia di Investigazione Olistica (Dirk Gently's Holistic Detective Agency).
Genere: commedia, drammatico, sentimentale.
Ideatore: Max Landis.
Attori: Samuel Barnett, Elijah Wood, Hannah Marks, Jade Eshete, Mpho Koaho, Dustin Milligan, Fiona Dourif, Osric Chau, Michael Eklund, Zak Santiago, Viv Leacock, Amanda Walsh, Izzie Steele, Neil Brown Jr.
Anno: 2016-2017. 
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.



martedì 10 ottobre 2023

In guerra per amore - Pierfrancesco Diliberto

In guerra per amore è il secondo film di Pierfrancesco Diliberto che vedo, dopo E noi come stronzi rimanemmo a guardare, e l’ho visto per l’appunto dopo aver gradito il primo film, interessante sia come prodotto d'intrattenimento che come contenuti.

Al di là dell’aspetto cinematografico, E noi come stronzi rimanemmo a guardare aveva tutti i crismi di film di denuncia sociale, con tanto di elementi distopici legati all’eccessiva espansione della tecnologia e della limitazione delle possibilità e delle libertà personali… nonostante le apparenze teoriche.

Dal canto suo, In guerra per amore, pur essendo completamente differente come ambientazione e come genere, propone un canovaccio simile, nel senso che anche qui vi è un elemento di denuncia, e anche in questo caso è una denuncia “facile”, ossia di facile presa sulla massa: gli statunitensi, nel momento di lasciare la Sicilia dopo esservi sbarcati durante la Seconda Guerra Mondiale, la lasciano in mano ai mafiosi, ai quali in precedenza si erano rivolti in ottica anti-fascista.

Ecco la trama sommaria di In guerra per amore: Arturo Giammarresi (lo stesso Pierfrancesco Diliberto,) è un palermitano emigrato negli USA e che lavora come cameriere in un ristorante di italiani. È innamorato di Flora (Miriam Leone), la quale lo ricambia ma è stata promessa dallo zio al figlio del boss mafioso Don Tano, con grande sgomento dei due ragazzi.
Lei allora suggerisce a lui di recarsi sino in Sicilia a chiedere la mano direttamente al padre… senonché in Sicilia c’è la guerra in corso. 

Arturo tiene così tanto alla sua innamorata che si arruola e va effettivamente in Sicilia, alla ricerca del padre di Flora nel paese di Crisafullo. Concentrato com’è sul suo dramma personale, non si rende conto del dramma collettivo in corso: l’esercito fascista è in rotta, gli americani hanno chiesto aiuto ai mafiosi e, dopo averlo ricevuto, li ricompensano con posti di potere.
Tra gli altri personaggi, da citare il tenente Philip Catelli (Andrea Di Stefano).

Ho gradito abbastanza In guerra per amore: il tono è da commedia, pur se racconta di eventi e situazioni assai difficili (bombardamenti, guerra, mafia, assassinii, etc). 
Oltre al tono gradevole, ha il merito di evidenziare una questione di cui la storia si è in buona parte dimenticata… e che ha lasciato in Sicilia, ma probabilmente in tutta Italia, una situazione problematica a livello di “stato nello stato”.

La parte che ho gradito di meno, esterna al film, è che non c’è bisogno di tornare sino al 1943 per vedere che vi sono dei poteri che stanno lavorando contro gli italiani e contro l’umanità in generale, e che sono poteri che hanno in mano le reti televisive e il cinema stesso. 
Sarebbe assai più utile, dunque, se Pierfrancesco Diliberto, anziché concentrarsi sul passato o sul futuro, facesse un film (questo assai meno “facile”) sulla perdita di sovranità del popolo italiano, sull’illusorietà dei suoi governi nazionali, sull’egemonia internazionale e sovranazionale di certi gruppi di potere, sull’assenza di libertà di parola, sulla censura di televisioni, radio e social, sulla discriminazione sociale e lavorativa legata a questioni di scelte salutistiche, sulla questione del signoraggio e del debito pubblico . Su questi temi, molto più contemporanei e importanti e decisivi per il popolo italiano, temo che Pif non farà mai un film.

Pazienza, ci accontentiamo di questi discreti prodotti “facili”, come In guerra per amore.

Fosco Del Nero



Titolo: In guerra per amore.
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Pierfrancesco Diliberto
Attori:  Pierfrancesco Diliberto, Andrea Di Stefano, Sergio Vespertino, Maurizio Bologna, Miriam Leone, Samuele Segreto, Stella Egitto, Antonello Puglisi, Vincent Riotta, Maurizio Marchetti. 
Anno: 2016. 
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



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