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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

lunedì 24 dicembre 2012

Dal tramonto all’alba - Robert Rodriguez

Evidentemente sono in un periodo splatter: dopo aver visto i due Kill Bill, che peraltro seguivano L'alba dei morti dementi, mi sono visto anche Dal tramonto all’alba, film girato nell’ormai lontano 1996 da Robert Rodriguez (del quale ho già recensito C'era una volta in Messico e Sin City) sulla base di un soggetto dell’amico Quentin Tarantino (che è passato su Cinema e film con Le iene e Bastardi senza gloria, oltre che col già citato Kill Bill), che peraltro è anche uno degli attori protagonisti della pellicola, insieme a George Clooney (a sua volta recensito in L'uomo che fissa le capre), Harvey Keitel (Le iene) e Juliette Lewis (Strange days).

Si tratta, per chi non lo conoscesse, di un film horror dalle forti venature splatter, intriso peraltro di una certa sensualità (memorabile la scena del ballo di Salma Hayek, a sua volta già comparsa nel blog con Dogma, La grande vita e C'era una volta in Messico, e come vedete i titoli si sovrappongono)… ma anche di un sapore da commedia, secondo lo stile un po’ grottesco e surreale di Tarantino & amici.

Il film, per i suoi forti contenuti, in Italia è stato dapprima vietato ai minori di 18 anni… e poi ai minori di 14.

Ecco la sua trama: Seth Gecko e Richard Gecko sono due fratelli con una certa predisposizione al crimine, tanto che il secondo ha appena aiutato il primo a fuggire dal carcere in cui era imprigionato per una precedente rapina.
Richard, peraltro, ha evidenti turbe mentali, sotto forma di allucinazioni-paranoia e di perversioni sessuali, il che non rende la situazione sua e del fratello più facile.
I due si sono lasciati dietro una scia di cadaveri, sia civili che poliziotti, tanto da essere ormai additati come pericoli pubblici. Per sfuggire alla caccia all’uomo cui sono sottoposti, i due si dirigono verso il Messico, e per passare la frontiera si avvalgono della collaborazione forzata di un uomo, Jacob Fuller, in vacanza con i suoi due figli, Kate e Scott.
Obiettivo: arrivare al Titty Twister, un locale messicano per camionisti dove Seth Gecko ha appuntamento con lo spacciatore messicano Carlos.
Il Titty Twister, però, è uno specchietto per allodole, visto che si tratta nientemeno che di un covo di vampiri… ovviamente affamati.
Il gruppo, allargato ad alcuni altri uomini coraggiosi, si troverà quindi costretto ad affrontare il pericolo…

Dal tramonto all’alba, nato da una sceneggiatura scritta da Tarantino ai tempi del liceo, possiede un’innegabile verve, e un dinamismo che cattura, anche se, stringi stringi, non offre altro.
La gran parte dei dialoghi è piatta, se non poco credibile, e anche l’evolversi della situazione si presenta incoerente in vari punti. Certo, è un film sui vampiri, e certo, era scritto che solo un paio dei protagonisti si dovessero salvare, però in alcuni punti si esagera.

Tirando le somme, Dal tramonto all’alba è un film che può certamente piacere agli appassionati di splatter, azione e vampiri, nonché agli amanti dello stile Tarantino-Rodriguez, ma che coloro che non fanno parte di queste categorie difficilmente apprezzeranno.

Fosco Del Nero



Titolo: Dal tramonto all’alba (From dusk till dawn).
Genere: horror, azione, splatter.
Regista: Robert Rodriguez.
Attori: George Clooney, Quentin Tarantino, Harvey Keitel, Juliette Lewis, Ernest Liu, Salma Hayek, John Hawkes, Tom Savini, John Saxon.
Anno: 1996.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 17 dicembre 2012

Kill Bill - Quentin Tarantino

Avevo visto Kill Bill nei suoi due episodi, anni fa, quando era uscito al cinema.

L’ho riguardato ora, un po’ per mio diletto, un po’ per proporne la recensione su Cinema e film.

Il genere credo sia ben noto, sia perché il film è famoso, sia perché è famoso il suo regista, quel Quentin Tarantino che ha fatto del grottesto e dello splatter-violento il suo marchio di fabbrica, in praticamente tutte le sue produzioni, da Le iene fino a Bastardi senza gloria.

Originariamente, peraltro, Kill Bill avrebbe dovuto essere un unico film, ma, essendo risultato lungo addirittura cinque ore, la casa di produzione aveva chiesto a Tarantino di tagliare delle scene.
Il regista ha risposto proponendo la suddivisione in due film, Kill Bill 1 e Kill Bill 2 per l’appunto, come poi effettivamente è stato.
In questa recensione li recenisco entrambi per motivi di praticità.

Il tempo totale si attesta sulle quattro ore, con i due film, suddivisi in capitoli tra presente e flashback, che scorrono via veloci e gradevoli.
Kill Bill offre al suo spettatore diverse sensazioni, credo universali: da un lato c’è molta azione e violenza, e questo è un dato di fatto.
Da un altro lato però il tutto scivola in modo leggero, senza prendersi troppo sul serio: il senso del grottesco e del surreale è difatti talmente forte che si vive il film come un fumetto, e non a caso Tarantino è un appassionato di fumetti.

Altra cosa da sottolineare: il fattore estetico è curatissimo, così come quello acustico, e anzi Kill Bill è una vera festa per gli occhi e per le orecchie.
Anche i dialoghi sono riusciti e ficcanti, e in larghi tratti si fanno ricordare.

Come si fanno ricordare molti dei protagonisti del film, veramente memorabili: in primo luogo la protagonista Beatrix Kiddo (una scintillante Uma Thurman), ma anche i vari O-Ren Ishii (un’altrettanto bella e convincente Lucy Liu), Elle Driver, Bill, Gogo Yubari, Pai Mei, etc.

Certo, molti punti della trama lasciano, realisticamente parlando, il tempo che trovano: la ragazza che dopo quattro anni di coma si sveglia a si mette a uccidere gente e a guidare furgoni, mentre dovrebbe avere tutti i muscoli atrofizzati; la spada giapponese tranquillamente portata in aereo in bella vista (e a me che mi fanno buttare i tagliaunghie…), persone che rimangono vive dopo aver ricevuto pallottole in testa, serpenti ultravelenosi lasciati circolare in una roulotte senza tema di essere morsi… ma ce ne sarebbero talmente tanti che non varrebbe neanche la pena enumerarli.

E peraltro nemmeno avrebbe senso: Kill Bill è un fumetto messo su schermo, e messo bene, tanto che il film di Quentin Tarantino si merita senza dubbio una bella valutazione.

Fosco Del Nero



Titolo: Kill Bill (Kill Bill).
Genere: drammatico, azione, splatter, grottesco.
Regista: Quentin Tarantino.
Attori: Uma Thurman, Lucy Liu, Vivica A. Fox, Daryl Hannah, Michael Madsen, David Carradine, Julie Dreyfus, Chiaki Kuriyama, Sonny Chiba, Gordon Liu. Michael Parks.
Anno: 2003.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 13 dicembre 2012

Equilibrium - Kurt Wimmer

La recensione odierna di Cinema e film è dedicata a un film di fantascienza del 2002: Equilibrium. Si tratta del film d’esordio di Kurt Wimmer, che poi avrebbe bissato il genere qualche anno dopo con Ultraviolet.

Di che genere si tratta?
In letteratura si parla di distopia, ossia il contrario dell’utopia. Per fare due esempi chiarificatori, se l’Utopia è quella di Tommaso Moro, la distopia è quella di 1984 di George Orwell, oppure de Il mondo nuovo di Aldous Huxley o di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury (in particolare, quest'ultimo romanzo è quello che ha ispirato Equilibrium, pur se in chiave più moderna).
Parliamo dunque di società di un prossimo futuro di tipo dittatoriale, con un forte governo centrale che controlla in modo massiccio e quasi totalizzante la popolazione.

Andiamo alla trama di Equilibrium: l’umanità è sopravvissuta a una terribile terza guerra mondiale, col mondo che ne è uscito devastato e addirittura mutilato a livello di continenti e terre emerse.
Per evitare nuove guerre, il potere centrale che ha preso il controllo intorno al Padre, una sorta di dittatore autorevole e benevolo, ha imposto a tutta la popolazione di Libria, il nuovo stato, un medicinale, da assumere tutti i giorni e capace di inibire qualsiasi emozione. Dunque, niente più odio, invidia, paura, aggressività, etc.
Ma anche niente più amore, affetto, commozione, empatia… in una sorta di equilibrio emozionale diffuso e uniformizzante. 

A vigilare sul rispetto di questo dogma, e ad assassinare i ribelli che se ne discostano non assumendo il suddetto medicinale o possedendo oggetti dal valore emozionale, come libri, dischi, quadri o arredamento del passato, il Tetragrammaton, una mescolanza tra una polizia e un gruppo monastico, i cui membri sono infatti chiamati "cleric", poliziotti-monaci-samurai esperti di arti marziali. Il protagonista, nel dettaglio, nelle scene d'azione ricorda molto da vicino il Neo di Matrix, col quale infatti il film condivide il monito di fondo al non addormentamento.

Al migliore di essi, John Preston (un ottimo Christian Bale; The prestige, The new world - Il nuovo mondoMemento), capita di perdere la moglie per "reato di emozione", il collega amico per lo stesso motivo (lo ucciderà proprio John), e poi di sperimentare lui stesso le emozioni dopo aver mancato un giorno l’assunzione del medicinale blocca-emozioni.
Da quel momento, pian piano John si avvicinerà alle posizioni della resistenza, fino a che…

Equilibrium non è certo il primo film a trattare il tema della distopia della società del futuro. Su questo stesso blog, per esempio, trovare le recensioni dei recenti Ultraviolet e Aeon Flux (il primo scarso e il secondo sufficiente), dei meno recenti Brazil e Gattaca (il primo bellissimo e il secondo discreto-buono), e dei più risalenti La fuga di Logan e Metropolis (il primo degli anni "70 e il secondo degli anni "20, entrambi ancora affascinanti).
E chissà quanti altri ce ne saranno…

Con cotanti dirimpettai, alcuni storici, va da sé che per emergere occorre confezionare un prodotto di valore, e magari anche originale.
Sull’originalità Equilibrium cade subito, nel senso che il filone è quello, e anche la trama di fondo è quella: un ingranaggio del sistema si accorge di quanto il sistema sia deviato e decide di uscirne. Anzi, la derivazione da Fahrenheit 451 è dichiarata ufficialmente.
Sul valore, devo dire invece che Equilibrium si difende bene, dal momento che il film è curato in modo eccellente nel fattore estetico: scenografia, fotografia, montaggio, costumi, tensione scenica.

Anche le recitazioni del personaggi sono buone, per quanto inserite in un contesto di trama a volte non troppo convincente. Il finale, in particolare, è un po' semplicistico per come il protagonista viene sottovalutato dal potere centrale.
Pure alcuni punti precedenti mi hanno lasciato un poco perplesso.

Poca cosa, comunque, visto che Equilibrium si fa seguire bene e coinvolge lo spettatore con buona efficacia, meritandosi dunque una valutazione più che discreta e facendosi ricordare per l’eccellente livello estetico.

Chiudo l'articolo con un poche citazioni tratte dal film.

"Esiste una malattia nel cuore dell'uomo: il suo sintomo è l'odio; il suo sintomo è la collera; il suo sintomo è la rabbia; il suo sintomo è la guerra."

"Ora siamo in pace con noi stessi.
La guerra è scomparsa."

"Noi siamo la nostra coscienza."

"Libria, svegliati, risvegliati per trionfare ancora una volta di fronte a un altro giorno."

"Qual è il punto della tua esistenza?"
"Sentire. Tu non l'hai mai provato e non potrai mai saperlo. È vitale come il respiro, e senza quello, senza amore, senza rabbia, senza dolore, il respiro è solo un orologio che fa tic tac."

Fosco Del Nero



Titolo: Equilibrium (Equilibrium).
Genere: fantascienza, fantastico, drammatico, distopia.
Regista: Kurt Wimmer.
Attori: Christian Bale, William Fichtner, Taye Diggs, Emily Watson, Dominic Purcell, Angus MacFadyen, Sean Bean.
Anno: 2002.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 26 novembre 2012

L’alba dei morti dementi - Edgar Wright

Quest’oggi ci tuffiamo nel comico.

Anzi, nel demenziale, visto che il film odierno è una parodia degli zombie movie alla Romero: parlo de La notte dei morte dementi, film diretto nel 2004 da Edgar Wright (esordio alla regia).

La prima cosa che salta all’occhio del film è l’humor prettamente britannico, e infatti si riconoscono molti attori visti in altre produzioni della terra di Albione, come Hot fuzz, I love Radio Rock o Guida galattica per autostoppisti, peraltro tutti film che ho gradito.

Anche se forse il riferimento a me più noto, almeno come genere, è il più recente e ottimo Benvenuti a Zombieland… il cui titolo parla da solo.

La seconda cosa de La notte dei morte dementi che salta all’occhio, anzi all’orecchio, è la colonna sonora, aiutata da pezzi classici e veri e propri evergreen.
Memorabile, in particolare, una scena di pestaggio collettivo di uno zombie sulle note di Don’t stop me now dei Queen.

Ma ecco in breve la trama, che tuttavia non è molto originale in sé, ricalcando molti film precedenti: Shaun è un trentenne un po’ in ritardo con la vita: lavora come commesso, tra ventenni che non lo rispettano, in un negozio di elettrodomestici; vive con due amici, di cui uno nullafacente cronico; ed è in crisi con la fidanzata, che vorrebbe un uomo più maturo e capace di prendere in mano la propria vita.

Un bel giorno, però, proprio all’indomani della rottura con Elizabeth, questi problemi scompaiono, di fronte al ben più grave problema di un’invazione di zombie in tutta Londra. Come da tradizione, peraltro, basta un morso per diventare, dopo poco, uno zombie a propria volta, cosa che propaga il “virus” a non finire.

Ed ecco che Shaun, affiancato dall’amico nullafacente Ed, inizierà una scorribanda per tutta Londra alla ricerca della madre e della fidanzata (ormai ex fidanzata, a dire il vero), costituendo una piccola compagnia che farà da cassa di risonanza delle varie componenti del film: paura, comicità e relazioni interpersonali.

Come dicevo, la trama non è nulla di che, ma il lato positivo è che essa non è un pretesto per uno dei soliti film splatter sugli zombie: sì, c’è anche questa componente, ma stringi stringi è minoritaria rispetto a quella comica e relazionale.
Alcune gag, inoltre, valgono veramente la visione del film e si lasceranno ricordare a lungo.

Nel caso, buona visione.

Fosco Del Nero



Titolo: L’alba dei morti dementi (Shaun of the dead).
Genere: comico, horror, splatter.
Regista: Edgar Wright.
Attori: Simon Pegg, Nick Frost, Kate Ashfield, Dylan Moran, Nicola Cunningham, Bill Nighy, Lucy Davis, Matt Lucas, Martin Freeman.
Anno: 2004.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 19 novembre 2012

Il pianeta delle scimmie - Franklin Schaffner

La recensione odierna di Cinema e film è dedicata a un classico della fantascienza, che non a caso ha generato diversi sequel, serie tv, remake: Il pianeta delle scimmie, girato nel 1968 da Franklin J. Schaffner e basato sull’omonimo romanzo dello scrittore francese Pierre Boulle.

È ambientato in un lontano futuro allorquando, da una Terra in disfacimento morale e ambientale quattro astronauti, tre uomini e una donna (ma come composizione di genere sarebbe stato più sensato il contrario) lasciano il pianeta col duplice scopo di dare all’umanità una seconda possibilità di diffusione e di verificare la teoria di un fisico del loro tempo, secondo cui i quattro esseri umani si sarebbero risvegliati in un lontano futuro pur essendo passato passato per loro poco tempo.

Detto, fatto: i quattro si ritrovano nel 3978.
Tre, per meglio dire, visto che la donna muore per un guasto tecnico alla sua cabina di crioconservazione, il che cancella da subito la possibilità di riprodursi (e in questo senso è stato stupido mandare tre uomini e una donna, mentre avrebbe avuto molto più senso il contrario).
Gli uomini si trovano da subito a lottare per la propria sopravvivenza, visto che il velivolo affonda in un lago e che tutto intorno ad esso vi è una sorta di landa desolata, un canyon grandissimo che mette alla prova le loro provviste e la loro capacità di sopravvivenza. I tre, peraltro, diventano poi uno solo: dopo aver trovato un gruppo di esseri umani non civilizzati, i terrestri vengono attaccati insieme ad essi da un gruppo di scimmie bellicose e assai meglio equipaggiate (gorilla soprattutto, mentre gli scimpanzé son meno aggressivi e rivestono un ruolo secondario nella società scimmiesca).
Così, dei tre superstiti, Taylor, Landon e Dodge, gli ultimi due sono dispersi, probabilmente morti nell’attacco, mentre Taylor viene catturato e studiato da alcuni zoologi.
Tra i quali si scopre presto esservi una disputa su questioni scientifico-dottrinal-religiose, giacché presso la società di scimmie scienza e religione sono intimamente unite: secondo le loro sacre scritture, l’uomo è un animale, e pericoloso, mentre Dio ha creato la scimmia a sua immagine e somiglianza.
Lo scopo di Taylor sarà evitare esperimenti e castrazione, nonché varie umiliazioni, aiutato in questo da Zira e Cornelius, due scimmie studiose e culturalmente progressiste.
Nel quadro partecipano anche il dottor Zaius, custode delle verità religiose e scientifiche, e Nova, indigena umana affibbiata a Taylor per fini riproduttivi.

Il film è considerato un classico, come dicevo, tanto che nel 2001 è stato selezionato per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

È un classico che ha ancora qualcosa da dire, peraltro, e molto pure, considerando il suo contenuto e i suoi significati. Difatti, Il pianeta delle scimmie è una grandissima lezione di relativismo, di senso della prospettiva, di flessibilità, di apertura mentale e di umiltà. Al contrario, insegna con buona chiarezza che aggressività, fanatismo e rigidità andrebbero evitati.
Soprattutto, il film è un'ottima rappresentazione scenica del motto tanto taoista quanto cristiano "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te": nella storia l'essere umano viene catturato, incaprettato, imprigionato, picchiato, umiliato, denudato e trattato da animale...
... e probabilmente non a caso, a proposito di non fare ad altre creature quello che non si vorrebbe ricevere, a inizio film risuona una frase: "Dio li benedica, sono vegetariani".

Quanto agli aspetti tecnici del film, spesso lasciano a desiderare: inquadrature e movimenti della telecamera, recitazione dei protagonisti (lo stesso Charlton Heston non mi è piaciuto per nulla, e anzi in generale lo giudico quasi inguardabile), alcuni dettagli poco verosimili (il livello detentivo ridicolo cui è sottoposto Taylor, che infatti fugge in continuazione; l’aspetto da pin up dell’indigena Nova; alcuni dialoghi veramente poco convincenti,  espressioni un po' ingenue o forzate, e così via).

In un film così importante dal punto di vista dei contenuti, e comunque a suo modo affascinante, questi rimangono dettagli, e certamente Il pianeta delle scimmie è un classico del cinema che merita ancora di essere visto e rivisto.

In chiusura, riporto un paio di frasi tratte dal film.

"Come può non essere etica una verità scientifica?"

"Che cosa troverà là fuori?"
"Il suo destino."

E la ripropongo per sottolineare il tutto, giacché a tutt'oggi la gran parte dell'umanità si comporta verso gli animali proprio come le scimmie si comportano verso il protagonista umano del film, e anzi assai peggio.

"Dio li benedica, sono vegetariani."

Fosco Del Nero



Titolo: Il pianeta delle scimmie (Planet of the apes).
Genere: fantascienza, fantastico.
Regista: Franklin J. Schaffner.
Attori: Charlton Heston, Kim Hunter, James Whitmore, Linda Harrison, Roddy McDowall, Maurice Evans, James Daly, Robert Gunner, Lou Wagner,Woodrow Parfrey, Jeff Burton.
Anno: 1968.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 12 novembre 2012

Il signore degli anelli - Ralph Bakshi

Mi ricordo che anni fa, quando ero bambino, vidi in televisione un film d’animazione piuttosto cupo ed ombroso, che addirittura mi inquietò in certe scene dal sapore decisamente dark. Quel film non lo vidi più, né seppi di che si trattava, fino a che, da grande, non lo ricollegai alla versione animata de Il signore degli anelli realizzata da Ralph Bakshi nel 1978.

Le scene che mi fecero una certa impressione erano quelle in cui Frodo si metteva l’anello e finiva nella dimensione in cui i cavalieri neri lo attaccavano.

La versione animata de Il signore degli anelli fu un coraggioso tentativo di mettere su schermo i romanzi di John Ronald Reuel Tolkien, che ebbe successo a metà da diversi punti di vista.

In primo luogo, nel gradimento riscontrato nel pubblico e nella critica, con giudizi positivi e negativi in entrambi gli schieramenti.
Tanto che il film, che copre il primo romanzo della trilogia (La compagnia dell'anello) e parte del secondo (Le due torri), non ha poi avuto il seguito che il regista aveva programmato, causa insoddisfazione della casa di produzione (per la precisione, la pellicola s'interrompe dopo la battaglia del Fosso di Helm).

Anche il mio giudizio sul film sta a metà strada, per i motivi che ora vi dirò.
Va da sé che per giudicare un film d’animazione del 1978 con gli occhi del 2012 occorre una certa dose di flessibilità, data l’enorme differenza di mezzi tecnici tra le due date.
Il fatto che si tratti di un’animazione vetusta è palese, e peraltro molte cose di essa non convincono, dai movimenti dei personaggi, innaturali, ai volti e alle espressioni facciali.
Belli invece molti fondi acquerellati, che danno un sapore realmente fantastico a molte ambientazioni.

Passiamo alla trama: l’incipit del film ugualmente non convince, nel suo essere frettoloso e avaro di informazioni e di coinvolgimento, tanto che si rischia di perdere lo spettatore fin da qui.
Fatto che sarebbe comunque un peccato, visto che, pur tra dettagli mal studiati, a cui comunque l’occhio dello spettatore si abitua (i movimenti innaturali, certe mimiche facciali un po’ buffe, il fatto che Aragorn sembra un indigeno americano, Boromir un vichingo o Legolas un figlio dei fiori un po’ troppo effeminato e anche mezzo mongoloide), il film scorre gradevolmente, e propone molti momenti ben fatti, risultando alla fine degno di essere visto sia da chi fosse già fan dell’opera originaria, sia da chi invece non sappia ciò di cui si sta parlando (ma c’è qualcuno che non ha mai sentito parlare de Il signore degli anelli?).

Rimane il rammarico per il fatto che alle due ore di questo film non siano seguite altre due ore del seguito che avrebbe animato tutta la trilogia di Tolkien, anche se in realtà un seguito "spirituale" (per quanto diverso nella tecnica d'animazione) c'è stato alcuni anni dopo con il Il ritorno del re, diretto da Jules Bass e Arthur Rankin Jr., ossia la stessa equipe che aveva diretto il film d'animazione Lo hobbit (bello), nonché L'ultimo unicorno (molto bello) e Il volo dei draghi (scarso).
Peccato.

Fosco Del Nero



Titolo: Il signore degli anelli (Lord of the rings).
Genere: animazione, fantastico, fantasy.
Regista: Ralph Bakshi.
Anno: 1978.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 5 novembre 2012

Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti - Cory Edwards

La recensione di oggi su Cinema e fim è dedicata a un film d’animazione di qualche anno fa: del 2006, per essere precisi.
Per essere ancora più precisi, parliamo di Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti.

Come intuibile dal titolo, trattasi di una parodia delle fiabe in generale e in modo particolare di quella di Cappuccetto Rosso. Se il genere è quello, tuttavia lo stile è molto diverso da quello di Shrek e testimonia un prodotto meno curato dal punto di vista estetico, ma assai ironico e arguto, probabilmente rivolto a una fascia di età superiore, nonostante le apparenze.

La produzione non è certo da colossal, fatto suggerito sia dallo scarsissimo battage pubblicitario, sia da un’animazione non certo ai massimi livelli, e anzi per certi versi un po’ pacchiana.
Peraltro è il film di esordio di una casa produttrice d'animazione, altro dato che lascia intendere un certo profilo basso.

Tuttavia, come dicevo, Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti si dimostra vivace, anzi vivacissimo, divertente e arguto. Alcune scene, a dirla tutta, sono letteralmente memorabili, come quella di Mister Capra.

L’incipit stesso del film dimostra creatività e incuriosisce lo spettatore, visto che si parte dalla fine, per poi ricostruire gli avvenimenti che hanno portato a quel punto (un punto bizzarro, invero).

La ricostruzione è affidata all’investigatore Nicky Zampa, mentre i quattro sospettati sono Rossa, Nonna, Lupo e Kirk, ognuno dei quali racconterà la storia dal suo punto di vista, tutti collegati tra di loro, fino a che il quadro generale non sarà composito.

Ottima ironia, ottima caratterizzazione dei personaggi (anche visiva: nonostante un livello di animazione generale non eccellente, spesso le espressioni facciali sono strepitose), buone sequenze musicali, e anche un doppiaggio italiano eccellente. La conversione in italiano delle numerose canzoni presenti nel film, tuttavia, perde vari punti rispetto alle originali in inglese.

Molti più pregi che non difetti, dunque.
Ciononostante Cappuccetto Fosso e gli insoliti sospetti ha raccolto incassi scarsi in tutto il mondo, Italia compresa, probabilmente per via del basso profilo produttivo-pubblicitario di cui sopra, nonché per una certa stranezza di fondo, non tanto per una qualità carente.
Anzi, qualità e contenuti me lo fanno preferire a molti film di animazione della Disney o di rivali ugualmente qualificati.

Fosco Del Nero



Titolo: Cappuccetto rosso e gli insoliti sospetti (Hoodwinked).
Genere: animazione, commedia.
Regista: Cory Edwards.
Anno: 2006.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 29 ottobre 2012

Il quinto elemento - Luc Besson

Il quinto elemento è un film che, quando lo vidi per la prima volta ormai parecchi anni fa (è del 1997), mi colpì molto positivamente, tanto da farmelo adorare.
Devo dire che tendo ad apprezzare i film di Luc Besson (si vedano i vari e diversissimi Angel-A, Adele e l’enigma del faraone, Arthur e il popolo dei Minimei, Wasabi), per cui certamente l’impronta del regista francese ha avuto in ciò la sua parte.

Anche se, devo dire anche questo, quest’ultima visione (forse la terza in tutto, non ne sono sicuro) mi ha trovato un poco più tiepido rispetto al passato, e anzi il film in alcuni punti mi è parso piuttosto ingenuo. Sarà l’esperienza, che volete che vi dica…

Ma andiamo a parlare della trama de Il quinto elemento: il film parte da un’introduzione nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, ma si svolge nel lontano 2413, quando gli avvenimenti accennati nel prologo prendono corpo.

Lo fanno peraltro in modo rutilante e dinamico, grazie anche agli interpreti principali del film: Bruce Willis nei panni del tassista ed ex soldato Korben Dallas, Milla Jovovich nei panni della bella e misteriosa Leeloo, Gary Oldman nei panni del cattivo Jean-Baptiste Emanuel Zorg, Ian Holm nei panni del solerte padre Vito Cornelius e Chris Tucker nei panni dell’isterico radio conduttore Ruby Rhod.
In mezzo, politica, alieni, forze del male e del bene, fino all’inevitabile scontro finale.

Già alla nascita Il quinto elemento deteneva un record: era il film francese costato di più in assoluto: 90 milioni di dollari. Programmato per sfondare nel mercato statunitense, ha tuttavia fatto breccia soprattutto in Europa, visto che i 270 milioni di incassi provenivano solo per una piccola parte dagli Usa.

Per sviluppare questo colossal della fantascienza, ma ricchissimo di ironia e humor, Luc Besson si è peraltro avvalso di molti collaboratori al top nei rispettivi ambiti di competenza: come il disegnatore Moebius o lo stilista-costumista Jean-Paul Gaultier.

Ottimi riconoscimenti dal pubblico, e anche dalla critica, con qualche premio e qualche nomination qui e là.

Alcuni momenti del film, peraltro, si lasciano ricordare in modo particolare, come la stessa introduzione, l’esibizione di Lady Plavalaguna, la “nascita” di Leeloo, e altri ancora.

Qualora non lo aveste ancora visto, sappiate che potrebbe piacervi se siete amanti della fantascienza, soprattutto di quella meno cerebrale e più dinamica-d’azione, se siete fan di Luc Besson o se amate i videogiochi… visto che Il quinto elemento spesso sembra un videogioco… e non a caso dal film ne è stato tratto uno.

Nel caso, buona visione.

Fosco Del Nero



Titolo: Il quinto elemento (The fifth element).
Genere: fantastico, fantascienza, commedia.
Regista: Luc Besson.
Attori: Bruce Willis, Milla Jovovich, Gary Oldman, Ian Holm, Chris Tucker, Brion James, Tommy Lister, Lee Evans, John Bluthal, Mathieu Kassovitz, Luke Perry.
Anno: 1997.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 15 ottobre 2012

Oltre il giardino - Hal Ashby

La recensione di oggi su Cinema e film è dedicata a un film del 1979 che all'epoca della sua uscita fu accolto in modo contrastante da critica e pubblico, e che il tempo ha poi messo da parte: Oltre il giardino, diretto da Hal Ashby e interpretato da Peter Sellers e Shirley MacLaine.

Due nomi storici del cinema dei decenni passati, non nuovi sul blog: il primo vi era già comparso per via degli ispiratissimi Casino royale, Hollywood party e Il dottor Stranamore; mentre la seconda grazie a Qualcuno verràL’appartamento e Vizi di famiglia.

Questo peraltro è stato il penultimo film di Sellers, morto di infarto l’anno successivo. L’attore, celeberrimo per i suoi ruoli comico-grotteschi (si prenda per tutti l’ispettore Clouseau de La pantera rosa), amava cimentarsi in copioni di varia natura, come questo Oltre il giardino, a metà tra la commedia e il dramma, nel quale Peter Sellers interpreta il personaggio di Chance Giardiniere, uomo semplice, se non proprio ritardato, che ha vissuto tutta la sua vita all’interno di una casa di Washington e che è costretto ad abbandonare dopo che il proprietario, che lo aveva accolto quando era bambino, muore.
Un piccolo incidente automobilistico gli farà fare la conoscenza di Eva Rand, moglie di Benjiamin Rand, magnate della finanza e consigliere del presidente degli Stati Uniti, i quali entrambi lo prenderanno in simpatia, avviando una sorta di escalation di successo di Chance, ovviamente del tutto involontario.

Difatti, le sue risposte e i suoi comportamenti, semplici e spesso basati sulle uniche due cose che conosce, il giardinaggio e la televisione, vengono invariabilmente scambiate per perle di saggezza o per raffinato umorismo, generando la convinzione in sempre più persone che Chance sia un uomo profondo e arguto.

Il film, tratto da un romanzo di Jerzy Kozinski, va avanti così fino al suo finale, inverosimile sia per quanto riguarda la trama (candidatura alla presidenza degli Usa) sia per quanto riguarda l’episodio in cui Chance cammina sulle acque, il quale ha causato molte discussioni da parte della critica sulla sua interpretazione.

Di mio, l’aver visto, poche scene prima, l’occhio che tutto vede disegnato in una tomba-piramide di stampo chiaramente massonico, unito ad alcune frasi come quella di chiusura del film ("La vita è uno stato mentale") tendo a vederci un simbolismo esoterico-esistenziale.
Confermato anche da molte frasi simboliche, diciamo così, come le seguenti, che sembrano riferirsi al percorso personale interiore (e ricordo anche il titolo originale del film, "Being there", che richiama il concetto di presenza; nonché un altro film largamente significativo del regista, Harold e Maude).

"È una delle cose che sto ammirando in te: il tuo ammirevole equilibrio.
Tu sembri essere un individuo veramente pacifico."

"Fin tanto che le radici non sono recise, va tutto bene e andrà tutto bene nel giardino.
In un giardino c'è una stagione per la crescita: prima vengono la primavera e l'estate, e poi abbiamo l'autunno e l'inverno, ma poi ritornano la primavera e l'estate. Ci sarà la crescita in primavera."

"Mi piace veder crescere le piante giovani.
Le piante giovani vanno molto meglio se una persona le aiuta."

"È possibile per tutto una crescita robusta.
C'è tanto posto per nuovi alberi e nuovi fiori di tutte le specie."

"Un giardino ha bisogno di tante cure e di tanto amore, e se tu dai al tuo giardino tanto amore le cose crescono, ma prima certe cose devono seccare e certi alberi morire."

"Certe piante vengono meglio al sole, e altre crescono meglio all'ombra."

"Nella vita si entra nudi e si esce nudi, e nessun contabile può falsare il nostro bilancio."

"La vita è uno stato mentale."

Evidenzio un altro dettaglio potenzialmente simbolico: il fatto che nessuno, compresi FBI e CIA, riesca a trovare documenti sulla vita passata di Chance può essere una metafora dell'assenza di ego: le informazioni sul passato non si trovano perché non c'è più un passato per l'essere umano che è arrivato a un certo punto (alcune frasi del protagonista, in effetti, son vere e proprie frasi da maestro spirituale... che si prende cura delle sue piantine-allievi per farle crescere e sviluppare a livello di coscienza).
 
Ma mettiamo da parte eventuali significati simbolici e torniamo al film in sé come prodotto cinemaotgrafico: Oltre il giardino è una commedia-dramma assai garbato, che da un lato si dimostra godibile, mentre dall’altro ironizza sulla dicotomia tra come sono le cose e come le si vuole vedere-interpretare…
… anche grazie al potere mediatico della televisione, da un lato pane quotidiano di Chance, e dall’altro strumento che in breve tempo impone a centinaia di milioni di persone un personaggio, in modo decisamente distorto rispetto a come egli è in realtà.

Film curioso e decisamente meritevole di visione, anche per l’eccellente interpretazione di Peter Sellers, un attore che avrebbe probabilmente meritato fama e successo maggiori di quelli che ha avuto.

Fosco Del Nero



Titolo: Oltre il giardino (Being there).
Genere: commedia, esistenziale, surreale, psicologico.
Regista: Hal Ashby.
Attori: Peter Sellers, Shirley MacLaine, Melvin Douglas, Jack Warden, Richard A. Dysart, Fran Brill, Richard Basehart.
Anno: 1979. 
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 8 ottobre 2012

Colazione da Tiffany - Blake Edwards

La recensione odierna è dedicata a un film che ormai fa parte della storia del cinema, rientrando tra i classici della commedia americana: Colazione da Tiffany, diretto da Blake Edwards nel 1961.

Partiamo proprio dal regista: Colazione da Tiffany è il quinto film di Blake Edwards che viene recensito su Cinema e film, dopo Operazione sottoveste - Il sottomarino rosa (1959), La grande corsa (1965), Hollywood party (1968) e Victor Victoria (1982). Ottime valutazioni per tre di questi, mentre solo uno è rimasto al palo (La grande corsa, fermo alla sufficienza).

Il genere è sempre la commedia, seppur declinata in diversi modi: dalla guerra divertente e grottesca di Operazione sottoveste al mondo dei musical di Victor Victoria, dalle vivaci feste di Holllywood party alle paturnie di Colazione da Tiffany.

Che, detto per inciso, è la seconda volta che vedo, con la prima che aveva preceduto l’apertura del blog.

A costo di attirarmi subito delle antipatie, dico che il film non mi ha fatto impazzire, nel senso che non lo considero minimamente un capolavoro del cinema. Stringi stringi, dentro c’è solo la storia di una giovane donna americana, Holly, e dei suoi squilibri emotivi, che la portano dalla campagna alla bella vita di New York… fino al Brasile.
Nel mezzo, qualche flirt, qualche amicizia, qualche location alla moda, tanti vestitini ugualmente à la page, e qualche personaggio bizzarro, a cominciare dal vicino di casa orientale.

La vera perla di Colazione da Tiffany è una: Audrey Hepburn, che lungi dal proporre una bellezza prepotente, mostra una grazia e una classe invidiabile… che non a caso, a differenza di tante altre attrici considerate icone di bellezza, ha mantenuto nel corso degli anni (ormai molti).

In questo senso, le vicende di Holly, Paul, e di Gatto (così chiamato dalla donna perché a suo dire nessuno ha diritti su nessun altro, compreso quello di dare un nome a un animale) sono un puro pretesto per mettere su schermo un personaggio al contempo leggero e malinconico, piacevole e sfuggente.

Personaggio veramente ben caratterizzato, così come il contorno del film, tanto che Colazione da Tiffany, dopo il successo dell’immediato (tra cui tre Oscar) è rimasto un “evergreen” nei decenni che lo hanno seguito, e con merito…

… nonostante, come detto, a parte quanto detto nel film non vi è altro.

Fosco Del Nero



Titolo: Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany's).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Blake Edwards.
Attori: Audrey Hepburn, George Peppard, Buddy Ebsen, Patricia Neal, Dorothy Whitney, Martin Balsam, Mickey Rooney, José Luis De Villalonga.
Anno: 1961.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 1 ottobre 2012

Il senso della vita - Terry Jones

Da poco ho recensito Brian di Nazareth, film dei Monty Python del 1979 che al tempo ebbe un grande successo finendo con gli anni per diventare un vero e proprio film cult. Pochi anni dopo quel grande successo, ai Monty Python, in realtà specializzati in sketch televisivi più che in produzioni cinematografiche, fu chiesto di produrre un altro film.

Esso fu Il senso della vita, cronologicamente il quarto film del gruppo, diretto da uno dei suoi membri, Terry Jones, e interpretato da tutti gli altri, regista compreso. Anche in questo caso, fu un grande successo, con tanto di premio ricevuto a Cannes nel 1983.
Nonostante successo e riconoscimenti, tuttavia, i Monty Python non furono completamente soddisfatti dei risultati finali.

E personalmente mi trovo d’accordo con loro, visto che Brian di Nazareth sta diverse lunghezze davanti a Il senso della vita, un po’ per quel senso di unitarietà che invece a quest’ultimo, composto da sketch singoli e senza una trama unitaria, manca, un po’ perché alcuni exploit del primo film erano semplicemente epici (come non ricordare la scena di Ponzio Pilato che cita Marco Pisellonio o la scena finale sulla croce sulle note di Always look on the bright side of life?).

A dire il vero, anche ne Il senso della vita gli sketch non mancano, anzi: tra la scena-canzone sui cattolici (Every sperm is sacred), la scena di educazione sessuale, la scena-canzone sull’universo (Galaxy song), la mitica scena al del signor Creosoto al ristorante (considerata, e non a torto, una delle scene più disgustose della storia del cinema, che da sola "merita" la visione del film), la scena della morte, etc, certamente non mancano gli spunti comici e di riflessione, come accade quando in campo c’è vera ironia.

Tuttavia al film manca qualcosa a livello di struttura, di ensamble, tanto che a tratti la pellicola non coinvolge, seppur risveglia periodicamente l’attenzione dello spettatore grazie a questo o quello sketch.

In questo senso, la valutazione finale de Il senso della vita è una via di mezzo tra la mediocrità del film nel suo insieme, e l’eccellenza di alcune scene singole, col film che comunque vale la pena di essere visto se non altro per apprezzare gli sketch indicati (e che nel caso delle canzoni andrebbero visti con i sottotitoli per apprezzarne il significato).
Nel caso, buona visione.

Fosco Del Nero



Titolo: Il senso della vita (Monty Python's The meaning of life).
Genere: comico, commedia, musicale.
Regista: Terry Jones.
Attori: Michael Palin, Eric Idle, John Cleese, Graham Chapman, Terry Jones, Terry Gilliam, Patricia Quinn, Judy Loe, Carol Cleveland, Simon Jones.
Anno: 1983.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 24 settembre 2012

Maial zombie - Mathias Dinter

Maial zombie è uno di quei casi cinematografici che ci fanno capire quanto stupido sia il pubblico italiano, o quantomeno quanto stupido credono che sia i produttori di film (il che è sostanzialmente la stessa cosa). Ciò non per il film in sé, quanto per il titolo che gli è stato affibbiato, che come spesso capita non corrisponde al titolo originale, e che anzi svia completamente l’essenza della storia e costituisce uno specchio per le allodole dello “stupido” pubblico italiano.

Il titolo originale, difatti, è La notte dei perdenti viventi, e non Maial zombie, a cui peraltro è accompagnato nella locandina italiana un espressivo e ancor più menzognero “Anche gli zombie lo fanno”… Dico menzognero, perché nel suddetto film gli zombie non fanno proprio niente, e anzi dal punto di vista sensuale il film è molto "pulito".

Anzi, paradossalmente Maial zombie, oltre alla componente grottesca, ha un’anima delicata a quasi romantica, e non a caso il film si conclude nel modo più ovvio e scontato relativamente ai vicini di casa e amici d’infanzia Philip e Rebecca.

Al contrario, invece, il film si apriva con i sogni erotici di Philip incentrati sulla figura della bionda e provocante Uschi, che però disprezza Philip e i suoi due amici Konrad e Wurst perché veri e propri falliti. Peraltro, senza che le si possa dare torto…

I tre, però, all’improvviso passano dalla categoria "deboli sfigati" alla categoria "potenti zombie" grazie a un rito celebrato nel cimitero da Rebecca e dai suoi amici metal-gotici. Da qui inizia un turbinio di eventi...

… assolutamente demenziali, ma comunque sufficientemente ironici e scanzonati da far prendere il film con allegria e senza il giudizio pesante che si dedica invece a pellicole più ambiziose.

Difficile difatti prendere sul serio Maial zombie, film senza alcuna pretesa se non quella di far sorridere per 80 minuti, che si basa su una sceneggiatura assai povera, interpretato da attori mediamente di basso profilo (anche se a dire il vero Collien Fernandes buca lo schermo), e che offre solamente la sua fresca e leggera vivacità.
Basta a farne un buon film?

Un buon film probabilmente no, ma l’obiettivo di far sorridere per quegli 80 minuti è raggiunto.

Fosco Del Nero



Titolo: Maial zombie (Die nacht der lebenden loser).
Genere: comico, grottesco, sentimentale, splatter.
Regista: Mathias Dinter.
Attori: Tino Mewes, Thomas Schmieder, Manuel Cortez, Collien Fernandes, Sissi Perlinger, Henry Gründler, Nadine Germann, Hendrik Borgmann.
Anno: 2004.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 20 settembre 2012

Landlock - Yasuhiro Matsumura

Rinverdiamo un po’ la categoria anime, negli ultimi tempi assai trascurata, e lo facciamo con il film Landlock, girato da Yasuhiro Matsumura nel 1996.
Siamo in pieno fantasy d'avventura.

Ecco in sintesi la trama: il villaggio di Luda e Ansa è sconvolto dall’attacco degli uomini di Lord Zanark, alla ricerca del ragazzo con un’occhio rosso, che è proprio Luda. Il giovane viene attaccato e infine rapito dalla tirapiedi di Zanark, Agahali, che in seguito si scopre avere essa stessa qualcosa a che fare Ansa, la sorella adottiva di Luda... più che qualcosa a dire il vero...

La storia è un mix tra fantascienza e fantasy, per via tanto di elementi ultratecnologici (grandi navi spaziali, cyborg d’attacco, etc) quanto di elementi magici.

Landlock, sfortunatamente, non colpisce né per la trama né per i disegni: la prima è tutto sommato banalotta e inflazionata (il ragazzo con poteri sconosciuti e il cattivo che se ne vuole appropriare), mentre i secondi sono di qualità mediocre.

A ciò si aggiungono dei dialoghi ugualmente mosci, oltre che una sceneggiatura a tratti poco credibile: gente che si butta in terra da trenta metri e non si fa nulla, scene d’azione irrealistiche, scelte comportamentali insensate, etc.

Forse proprio per via della mediocrità di fondo, il regista ha cercato di distrarre l’attenzione del lettore con ammiccamenti ai corpi femminili tramite velate nudità e inquadrature provocanti, ma certamente questo non basta a rendere interessante una pellicola di un’ora e mezza come detto priva di qualità propria.

Che, peraltro, in alcuni frangenti estetici mi ha ricordato lo stile manga di Masamune Shirow (l’autore del memorabile Appleseed)… che infatti poi ho scoperto aver collaborato alla produzione dell'anime, seppur marginalmente.

In conclusione, Landlock è un anime sì dinamico, ma piatto in tutto il resto (sceneggiatura, personaggi, dialoghi), tanto che credo possa risultare gradito solo a chi cerca un anime avventuroso d’evasione.

Fosco Del Nero



Titolo: Landlock (Landlock).
Genere: animazione, anime, fantastico, avventura.
Regista: Yasuhiro Matsumura.
Anno: 1996.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 11 settembre 2012

Brian di Nazareth - Terry Jones

La recensione di oggi è dedicata a un film per molti versi speciale: Brian di Nazareth. Chi lo conosce starà già sorridendo, mentre gli altri potranno, se lo vorranno, sorridere in seguito.

Il film è diretto da Terry Jones, membro dei Monty Python, che peraltro è stato sceneggiatore di quel capolavoro di Labyrinth e che, insieme agli altri Monty Python (ossia Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Michael Palin), ha recitato anche nel film oggetto della recensione odierna.

Per chi non li avesse mai sentiti, si tratta di un gruppo comico inglese noto per la sua ironia e la satira sociale. Che in questo caso è soprattutto satira religiosa e politica, che non tocca la figura del Cristo, ma che tocca, eccome, la figura di coloro che non pensano con la loro testa (tanto in ambito religioso che in ambito sociale, ma anche familiare, e che hanno sempre bisogno di un'autorità cui appoggiarsi).

Va da sé che Brian di Nazareth ha fatto arrabbiare molti, religiosi o semplici credenti, fatto che ha contribuito grandemente alla sua fama. In Norvegia il film è stato persino censurato, tanto che nella locandina svedese del film appariva la scritta “Questo film è talmente divertente che in Norvegia l'hanno censurato”.

Il film, prodotto da Geroge Harrison (il chitarrista dei Beatles), è stato inserito nella classifica dei migliori film britannici di sempre, e i lettori di una rivista lo hanno eletto film più divertente della storia del cinema. Insomma, non è poco come biglietto da visita…

Andiamo allora a vedere la trama di codesto sfavillante Brian di Nazareth: Brian nasce in una capanna di Gerusalemme, proprio accanto alla grotta di Gesù, tanto che i Re Magi lo scambiano per il messia andando a recargli i loro doni (subito dopo ripresi capito l’equivoco). Sua madre Mandy Cohen (interpretata dallo stesso regista Terry Jones) è decisamente bisbetica e peraltro, quando Brian è grande (ovviamente a 33 anni), gli confessa che lui è il figlio di un centurione romano, il cui nome, peraltro, genererà una delle gag più divertenti della storia del cinema (quella di Ponzio Pilato e Marco Pisellonio).
Ad ogni modo, Brian vedrà da lontano Gesù predicare, ma a causa della distanza non coglierà il senso delle sue parole. Un certo disagio esistenziale lo porterà comunque ad aderire al Fronte Popolare di Giudea, che come primo compito gli darà quello di scrivere la frase “Romani andate a casa” (che riecheggia il "Yankee go home" delle dimostrazioni contro la Guerra del Vietnam) nel muro del palazzo del governatore. Il giovane scriverà per errore "Romanes eunt domus", al posto del corretto "Romani ite domum", ricevendo così da un solerte centurione una lezione di latino.
Brian di Nazareth va avanti così, tra gag e satira sociale, in un mix irresistibile per chiunque abbia senso dell’umorismo e una mente libera da condizionamenti culturali-religiosi, dimostrandosi in questo senso non solo divertente, ma anche estremamente didattico.

Il film, peraltro, si conclude con la bellissima, per la musicalità e per il suo significato largamente positivo, canzone Always look on the bright side of life ("Guarda sempre il lato positivo della vita"), scritta apposta per il film da Eric Idle, e che poi sarebbe divenuta essa stessa un must (fu cantata 1989 al funerale di Chapman dai cinque Monty Python rimasti; un sondaggio del 2005 l’ha indicata come una delle canzoni predilette dai britannici; spesso è cantata negli stadi di football americano).

Per il resto, che dire, guardatevi i film dei Monty Python (ad esempio Il senso della vita) e quelli di Terry Gilliam, quello dei sei che poi avrebbe avuto la carriera più notevole in ambito cinematografico come regista (cito, en passat, Brazil, Parnassus, Le avventure del barone di Munchausen, L'esercito delle dodici scimmie).

Fosco Del Nero



Titolo: Brian di Nazareth (Monty Python's life of Brian).
Genere: comico, storico, religioso.
Regista: Terry Jones.
Attori: Graham Chapman, Michael Palin, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones, Sue Jones-Davies, Terence Bayler.
Anno: 1979.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

      lunedì 3 settembre 2012

      50 volte il primo bacio - Peter Segal

      50 volte il primo bacio probabilmente non ha bisogno di presentazioni, dato il buon successo avuto nel mondo e anche in Italia. Dovuto anche alla buona fama e alla simpatia dei due protagonisti principali: Adam Sandler (Zohan, Cambia la tua vita con un click, Racconti incantati) e Drew Barrymore (Donnie Darko, Charlie’s angels, Scrivimi una canzone).

      Il regista della pellicola, invece, Peter Segal, è decisamente meno noto, segnalatosi solamente per alcune pellicole demenziali, peraltro non particolarmente riuscite (la più azzeccata forse è Terapia d’urto, con lo stesso Adam Sandler).

      Ma andiamo subito a tratteggiare in breve la trama di 50 volte il primo bacio: Henry è un biologo marino che vive alle Hawaii, luogo particolarmente adatto per la sua altra passione: le storie usa e getta con attraenti turiste. Il ragazzo, infatti, è poco propenso a portare avanti storie sentimentali.

      Un giorno egli conosce quella che sembra la sua ragazza ideale, Lucy, una giovane insegnante… che perde la memoria a breve termine ogni notte, per cui i suoi ricordi si fermano al giorno dell’incidente.
      La giovane, dunque, ogni giorno pensa che sia domenica, il compleanno del padre, che ci sia una certa partita in televisione, etc.

      Henry, in qualche modo, si affezionerà alla ragazza, tanto da fare per lei ciò che sembrava impossibile...

      50 volte il primo bacio è chiaramente una commedia, e non avrebbe potuto essere altrimenti considerando regista e attori (tra i secondari figurano anche l’hobbit Sean Astin e il ghostbuster Dan Aykroyd). Anzi, il film pende decisamente dal lato della comicità, con l’aspetto sentimentale che è posto in secondo piano, e che è trattato peraltro in modo decisamente surreale (perché quanto va a crearsi è oggettivamente surreale).

      Il film ha ricevuto gradimenti contrastanti dalla critica, così come dal pubblico, a seconda del particolare evidenziato. Di mio, ho gradito la trama originale e il tono scanzonato della pellicola, che però in alcuni tratti scade in una comicità piuttosto pacchiana, e che peraltro palesa una certa mancanza di spunti ulteriori alla trovata di fondo.

      Nel complesso, 50 volte il primo bacio è una commedia sufficientemente vivace, anche se non certo tra le più divertenti o brillanti che abbia mai visto (per rimanere su Adam Sandler, molto meglio Zohan - Tutte le donne vengono al pettine; un altro buon consiglio sullo stesso genere potrebbe essere Tutte pazze per Charlie).

      Fosco Del Nero



      Titolo: 50 volte il primo bacio (Possession).
      Genere: commedia, sentimentale.
      Regista: Peter Segal.
      Attori: Adam Sandler, Drew Barrymore, Sean Astin, Rob Schneider, Luisa Strus, Dan Aykroyd, Pomaika'i Brown, Lusia Strus, Blake Clark, Amy Hill, Allen Covert, Maya Rudolph.
      Anno: 2004.
      Voto: 6.
      Dove lo trovi: qui.

      lunedì 27 agosto 2012

      Possession - Joel Bergvall, Simon Sandquist

      La proposta di oggi è Possession, film diretto nel 2009 dal duo Joel Bergvall-Simon Sandquist e basato sul film sudcoreano Addicted (datato 2002).
      Peraltro, la pellicola ha avuto una storia travagliata, causa problemi finanziari della originaria casa produttrice, tanto che, programmato in origine per l’uscita al cinema, negli Usa è stato proposto direttamente in homevideo.

      Ma veniamo al film in sé e per sé, partendo da un accenno di trama: Jessica (Sarah Michelle Gellar, che ricordo sempre con piacere in Cruel intentions) e Ryan (Michael Landes) sono una coppia felice, a cui gira tutto bene… con l’eccezione del di lui fratello, Roman (Lee Pace), dai due temporaneamente ospitato per via delle sue difficoltà economiche.

      Ma Jess non lo vuole più in casa, e la cosa non sembra affatto strana, dal momento che Roman sembra veramente un tipo poco raccomandabile. Proprio il desiderio di Jessica di mandarlo via sarà la causa che determinerà i destini di tutti e tre: Roman, sentendo la richiesta di Jessica a Ryan, decide di andarsene di sua iniziativa e di nascosto. Quando la ragazza si accorge della cosa, la riferisce telefonicamente a Ryan, che si mette subito in macchina per recuperare il problematico fratello…

      … e il caso vuole che i due si scontrino frontalmente in auto, finendo entrambi in coma. Solo uno dei due si risveglierà, Roman.

      Che però sembra Ryan.

      Possession si muove tra sentimenti, dramma, psicologia e parapsicologia, lasciando in dubbio lo spettatore (ma la stessa Jessica) fino alla conclusione della storia.

      La prima cosa che colpisce del film è il cast fortemente ridotto, che in pratica si limita ai tre personaggi citati, a cui si aggiungono giusto due o tre personaggi di contorno.

      Tra l’altro, personalmente non posso fare a meno di ricondurre Sarah Michelle Gellar alla serie tv Buffy - L’ammazzavampiri e Lee Pace alla serie tv Pushing Daisies, rimanendo peraltro colpito dalla diversita dei personaggi interpretati. Ok, lo so, sono attori e interpretano di volta in volta caratteri diversi, ma quando nello spettatore un certo volto è stato fortemente associato a un determinato personaggio poi è difficile ricondurlo ad altri… e difatti solitamente i protagonisti di serie tv di grande successo non hanno molte offerte per nuovi ruoli, nonostante la grande fama (si pensi agli attori di serie televisive di grande successo come I Robinson, Friends, X-Files, Lost, etc).

      Ritornando a Possession, che peraltro ho visto in inglese con i sottotitoli in italiano, non mi è dispiaciuto: il film ha tenuto vivo il mio interesse per tutta la sua durata, anche se mi è sembrato semplicistico in alcuni punti (come ad esempio la rapida accettazione di Jess del suo “nuovo” compagno, senza quell’accuratissima verifica che normale integrità e intelligenza avrebbero voluto ci fosse).

      Tuttavia, un po' qualche dubbio nella sceneggiatura e un po’ la povertà generale del prodotto (cast in primis) non mi fanno dunque andare oltre la stretta sufficienza.
      Nel caso, buona visione. 

      Fosco Del Nero



      Titolo: Possession (Possession).
      Genere: drammatico, sentimentale, psicologico.
      Regista: Joel Bergvall, Simon Sandquist.
      Attori: Sarah Michelle Gellar, Lee Pace, Michael Landes, William B. Davis, Chelah Horsdal.
      Anno: 2009.
      Voto: 6.
      Dove lo trovi: qui.

      mercoledì 22 agosto 2012

      Nosso Lar - Wagner de Assis

      Nosso Lar è un film brasiliano girato nel 2009 e uscito al cinema nel 2010, ottenendo un grandissimo successo in Brasile e qualche consenso anche all’estero, dove però è rimasto in molti casi sconosciuto.
      Come in Italia, anche perché il film non è stato mai doppiato e difatti si trova solo sottotitolato.

      Tale grande differenza di fama è dovuta al fatto ch'esso si basa sull’omonimo libro di Chico Xavier, un famosissimo medium brasiliano autore di centinaia di libri.
      Come lo stesso Nosso Lar, che è considerato in patria un classico della letteratura spirituale.

      Giusto per precisione, il film in inglese è conosciuto anche col nome di The astral cityAstral city: a spiritual journey.

      Ecco in breve la sua trama, a dir poco ricca: André Luiz è un importante medico, nonché un uomo pieno di sé, il quale muore per una malattia improvvisa che lo sottrae alla moglie e ai due figli. Subito dopo la morte, si ritrova in una sorta di paesaggio dantesco, e con ciò intendo una sorta di purgatorio-inferno. In esso, vi sono ombra e tristezza (difatti il posto viene chiamato Umbral), dolore e anime in pena. Egli stesso soffre, e inoltre è perseguitato da degli esseri inquietanti che lo inseguono e gli urlano contro.
      Dopo qualche tempo, e dopo molte preghiere, tre uomini luminosi, palesemente fuori posto in quella selva triste, vengono a salvarlo e lo portano in una sorta di ospedale, da dove comincerà la “nuova vita” di Andre Luiz, fisicamente e soprattutto spiritualmente.

      Nosso Lar tecnicamente non sarebbe un film fantastico, ma il resoconto di quello che, secondo la testimonianza dell'autore e dell'entità che ha parlato con lui, ci aspetta dopo la morte (sperabilmente senza la “selva oscura”), tanto a livello visivo quanto a livello evolutivo (comprensivo di discorso di reincarnazione, karma, etc). Questo secondo è il punto centrale del film, e difatti lo spettatore del film parteciperà alla crescita spirituale di André, il quale faticherà un poco a staccarsi dal suo egoismo tipicamente terrestre.
      In effetti, semplicità e umiltà sono forse l'insegnamento maggiore della storia... ma c'è molto altro: il percorso evolutivo, la reincarnazione, la gestione delle energie interiori, il servizio agli altri, lo sforzo individuale, il non attaccamento, l'amore incondizionato, etc.

      Il film, interessantissimo nei contenuti, si giostra bene anche dal punto di vista visivo, con paesaggi e scenari spettacolari e molto ben realizzati, tanto nella sua parte oscura quanto nella sua parte luminosa (in questo, sia per i contenuti sia per l'aspetto visivo appariscente, mi ha ricordato l'altrettanto ottimo Al di là dei sogni). Anche a livello di recitazione l'opera si dimostra valida.

      Nosso Lar, essendo un film che propone sia bellezza esteriore che bellezza interiore, pur se inframmezzata da dolore e difficoltà emotiva, non può che meritarsi una valutazione elevata, nonché il mio spassionato consiglio di guardarlo, anche se con la “difficoltà” dei sottotitoli.

      Chiudo la recensione con svariate frasi tratte dal film, che ne illustrano immediatamente il tenore.

      "Le apparenze non sempre indicano la realtà. A volte il nostro lato oscuro è travestito da una falsa immagine di tranquillità. Ma un giorno tutto viene a galla, e non è mai  troppo tardi."

      "Tutte le tue domande avranno una risposta al momento giusto."

      "Succede l'impossibile: io muoio e mi sveglio in quel posto orribile, insieme a quei mostri."
      "Nostri fratelli: peccato che tu non li veda così."

      "La tua malattia è il risultato di una legge superiore."
      "Quale legge?"
      "Azione e reazione."

      "Lo stato mentale è determinante per la storia dell'essere umano. Come avresti potuto immaginare che la rabbia, l'odio, l'invidia, l'egoismo e l'intolleranza avessero fatto parte della diagnosi?
      Gli organi del corpo somatico hanno riserve incalcolabili, ma non  possono sopportare anno dopo anno il maltrattamento."

      "Ora, André, approfitta del riposo e acquieta il tuo spirito.
      L'afflizione non risolve i problemi.
      Il bene nella vita è sempre ricominciare."

      "La creazione mentale è pressoché tutto nella vita."

      "Cerca di cambiare i tuoi pensieri, amico mio."
      "Non è facile passare da quello che ho passato."
      "La tua guarigione dipende anche da questo: è la legge della sintonia. I nostri sentimenti e pensieri stabiliscono dove staremo."

      "La vita sulla Terra è come una "

      "Nascere, morire, rinascere di nuovo: molte volte, tante volte quanto è necessario: è la legge."

      "Poco a poco tutto iniziava ad avere senso: Nosso Lar era la vita reale, la nostra dimora, è la Terra solo un passaggio."

      "Tutto il merito si conquista attraverso il lavoro."

      "Tutti i modi di servire sono una benedizione."

      "Quando il servitore è pronto, il servizio appare a lui."

      "La volontà, la persistenza è il merito vanno di pari passo."

      "Non avrei mai potuto immaginare le potenzialità della nostra mente."

      "I pazienti possono aiutare i pazienti?
      Tu stai dando a lei fluidi che venivano dalla tua mente fragile."

      "C'è voluto tempo per accettare il destino che egli stesso ha creato. 
      È duro vedere i fratelli inciampare."

      "Gli esseri umani hanno bisogno di spiritualità, qualunque essa sia."

      "Nella casa di mio padre ci sono molte dimore."

      "Vuoi camminare come spirito libero o aspettare che il tempo passi?"

      "Calma, riceverai aiuto, calma.
      Tu sei protetto, protetto.
      Abbi fiducia, tutto andrà bene."

      "Anche se io cammino nelle valli delle ombre e della morte, non avrò niente da temere, perché il Signore è in me."

      "Bisogna vivere ancora per evolversi; ci sono lezioni che solo la vita sulla Terra può darci.
      La reincarnazione è la migliore scuola."

      "La vita non finisce e la morte è un gioco di illusioni."

      "Bisogna navigare nel proprio dramma e nella propria commedia fino a che avremo attraversato tutte le vie dell'evoluzione spirituale. Solo così incontreremo le acque dell'oceano divino."

      "Un'esistenza è un atto, un corpo è una veste, un secolo è un giorno, e la morte è il soffio rinnovatore."

      "Adesso la voce divina che parla al santuario della mia anima è solo perdono e amore."

      Fosco Del Nero



      Titolo: Nosso lar (Nosso lar).
      Genere: fantastico, esistenza, drammatico.
      Regista: Wagner de Assis.
      Attori: Renato Prieto, Fernando Alves Pinto, Rosane Mulholland, Rodrigo dos Santos, Werner Schünemann, Inez Viana, Clemente Viscaíno, Aracy Cardoso.
      Anno: 2010.
      Voto: 8.5.
      Dove lo trovi: qui.

      Il mondo dall'altra parte