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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 30 maggio 2017

Castaway on the moon - Hae-jun Lee

Come spesso mi capita, non mi ricordo come mai mi ero segnato il titolo del film recensito oggi, Castaway on the moon, ma sta di fatto che me lo sono prima segnato e poi visto, e ora ne scrivo la recensione.

Come prima cosa, la provenienza del film, che spesso già da sola è in grado di dare informazioni sul film stesso: Castaway on the moon è un film coreano… e come è ben noto, spesso i film orientali sono piuttosto strani, se non proprio fuori di testa.

L’ultima definizione, “fuori di testa”, risulta particolarmente adatta a questo film, e anzi andrebbe specificato il senso plurale, dal momento che, dei due protagonisti della pellicola, non si sa chi sia il più “fuori”.

Anzi, in un certo senso si sa, giacché uno sta molto “fuori”, vivendo su una specie di isola disabitata, mentre l’altra si è barricata in camera, e quindi sta molto “dentro”. 

Per chiarire meglio le cose, ecco la trama sommaria di Castaway on the moon: Kim Seung-geun è un giovane uomo che, evidentemente, non ne può più di vivere, e tenta il suicidio gettandosi da un ponte nel fiume di Seul, che per chi non lo sapesse è la capitale della Corea del Sud.
Essendo un fallito, come nota egli stesso, non gli riesce neanche di uccidersi, e il risultato che ottiene è quello di trovarsi da solo in un isolotto al centro del fiume, troppo lontano dalla città per poter essere sentito o visto da qualcuno.
Al contrario, Kim Jung-yeon è una ragazza disadattata che ha fatto la scelta singolare di barricarsi in camera sua e vivere lì, senza alcun contatto col mondo esterno, famiglia compresa, che non vede più e di cui sente appena le voci e i rumori (nel gergo giapponese codeste persone vengono chiamate “hikikomori”). Tra le passioni della ragazza c’è quella di osservare e fotografare la Luna con un telescopio… che un giorno punta per sbaglio sull’isolotto dove vive Kim, che comincia a osservare come se la cosa fosse una specie di reality show televisivo, e con cui a un certo punto comincia a interagire inviandogli dei messaggi chiusi in bottiglie di vetro, in pieno stile da naufrago. 

Abbiamo dunque da un lato la linea narrativa (se si può definir così) del naufrago Kim Seung-geun, che superato il primo momento di sconforto si accorge che vivere lì gli piace più che vivere nella società moderna, e che dunque sceglie di darsi da fare cacciando uccelli, pescando pesci, coltivando mais, trovando una dimora per la notte, etc.
E dall’altro lato la linea narrativa della disadattata Kim Jung-yeon, che un po’ fa le sue cose, al computer per esempio, e un po’ segue le vicende dell’altro Kim, l’uomo…

… fino a un epilogo davvero facile da indovinare e che certamente non fa onore a un film che avrebbe certamente voluto nelle sue intenzioni iniziali essere un film originale e a suo modo accattivante.

Sfortunatamente, non basta mettere su schermo qualcosa di strano per ottenere un film originale e brillante, e in questo sta il fallimento di Castaway on the moon, se lo si vuole guardare da questo punto di vista.

Se, invece, si rinuncia fin dall’avvio alla brillantezza, si può anche godere di qualche scena intensa o ispirata… pur all’interno di un film senza troppo senso. A meno che non si voglia vederne il senso-morale di fondo nel fatto che le cose importanti della vita sono quelle semplici, ma per tale morale non serviva certo metter su un film strano e disadattato come questo. 

Comunque, guardiamo la parte del bicchiere mezzo piena e a mio avviso siamo poco sotto la sufficienza.

Fosco Del Nero



Titolo: Castaway on the moon (Kimssi pyoryugi).
Genere: drammatico, grottesco, sentimentale.
Regista: Hae-jun Lee.
Attori: Min-hee Hong, So-yeon Jang, Jae-yeong Jeong, Ryeo-won Jeong, Gyo-hwan Koo, Jeong-won Lee, Sang-hoon Lee, Sang-il Lee, Kyeong-jin Min.
Anno: 2009.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 23 maggio 2017

Oxford murders - Teorema di un delitto - Alex de la Iglesia

Ho visto un solo film del regista spagnolo (basco) Alex de la Iglesia: il brillante Crimen perfecto, che mi era piaciuto molto per il suo essere al contempo originale e grottesco.
In lista d’attesa c’è peraltro La comunidad - Intrigo all’ultimo piano, ma per ora mi sono visto Oxford murders - Teorema di un delitto, film del 2008 che passa dallo stile spagnolo a quello inglese… pur mantenendo il senso del grottesco tipico del regista.

Il film mostra un’eccellente regia, e un cast davvero ben scelto: il protagonista centrale è Elijah Wood (l’indimenticabile Frodo de Il signore degli anelli, ma visto anche in Sin City e Ogni cosa è illuminata), il quale è affiancato dal bravissimo John Hurt (Alien, 1984, V per Vendetta, Harry Potter e la pietra filosofale, Hellboy, The elephant man, ) e dalla bella Leonor Watling (Paris, je t'aime, La stanza del bambino, A mia madre piacciono le donne). 

Personalmente non posso inoltre menzionare il francese Dominique Pinon, che incontro a ogni piè sospinto nei film francesi (Il favoloso mondo di AmelieUna lunga domenica di passioni, L’esplosivo piano di BazilDelicatessenLa città dei bambini perduti, e Jean Pierre Jeunet se lo era portato appresso persino in Alien - La clonazione)… e ora anche in quelli non francesi a quanto pare.

L’altra spiccata caratteristica di Oxford murders - Teorema di un delitto è la sua grande intellettualità, e non a caso i due protagonisti sono due matematici, studente e professore, alle prese con vari enigmi: matematici e investigativi.
E non a caso il regista è laureato in filosofia.

Il film dunque è film intellettuale, colto e citazionista, ma che non fa l’errore di avere un’impronta pedante e noiosa (non so, alla Umberto Eco), e anzi mescola alla cultura commedia e ironia, e anche sentimenti.

Inoltre ogni tanto spunta fuori qualche frase dal tono esistenziale, come le seguenti.

“Niente accade mai per caso.”

“- Tu sei felice. Basta guardarti per capirlo.
- Beh, ci provo.
- Come ci riesci?
- È facile, basta seguire la corrente.”

“Preferisco fallire che non agire.
È meglio sbagliare che perdere un’occasione.”

Insomma, Oxford murders - Teorema di un delitto è film ben girato, ben recitato, intrigante, dotto e intellettualmente vivace, e vivace anche in senso emotivo.
Come detto, il trio di attori protagonisti è scintillante, e il tutto scorre benissimo.

L’unica cosa: il finale è un po’ debole: il film si scioglie come una bolla di sapone che non mantiene le promesse attese… o almeno a me ha dato questa impressione.
E inoltre, pur non essendo pedante, ogni tanto si trastulla un po’ troppo nell’intellettualismo perdendo di veridicità e di mordente.

Ma, nel complesso, Oxford murders - Teorema di un delitto è un buon film, che sfiora il risultato ottimo.
E Alex de la Iglesia si conferma regista di talento.

Fosco Del Nero



Titolo: Oxford murders - Teorema di un delitto (The Oxford murders).
Genere: commedia, giallo.
Regista: Alex de la Iglesia.
Attori: Elijah Wood, John Hurt, Leonor Watling, Julie Cox, Anna Massey, Alex Cox, Dominique Pinon, Jim Carter, Burn Gorman, Alan David, Tim Wallers.
Anno: 2008.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 17 maggio 2017

The secret of Kells - Tomm Moore

The secret of Kells è uno dei motivi per cui continuo a guardare film: su tanti ogni tanto esce fuori un gioiello, e questo è uno di quelli.

Non a caso, il film, pur assai originale nello stile e quindi anticonvenzionale, ha ottenuto all’epoca della sua uscita una candidatura all’Oscar come miglior film d’animazione. 

Incredibilmente, il film non è mai stato portato in Italia, e infatti l’ho visto in inglese coi sottotitoli: ciò è un esempio di quanto attualmente la creatività italiana e la sensibilità alla bellezza sia ai suoi minimi storici… e infatti siamo in fondo alla lista dei paesi produttori di film d’animazione, settore che riflette la creatività e l’innovazione nel cinema e in generale in una cultura.

Ma partiamo dalla trama: siamo nell’IX secolo, nell’Abbazia di Kells. L’abate di Kells è Cellach ed è lo zio di Brendan, il protagonista della storia.
Mentre lo zio, uomo buono ma autoritario e severo, lo vorrebbe ligio al dovere e futuro abate, Brendan tende più alle avventure e alla creatività, e non a caso rimarrà affascinato dall’arrivo all’abbazia di Padre Aidan, famoso miniaturista, che gli insegnerà come produrre l’inchiostro verde… e che soprattutto gli parlerà dell’Occhio di Crom, strumento col quale è possibile eccellere nell’arte della miniatura.
Ma l’Occhio di Crom è andato perduto, ed ecco che il temerario Brendan, affiancato dal gatto Pangur Ban, andrà alla ricerca dell’artefatto; nel farlo conoscerà Aisling, una bambina-fata che rappresenta una sorta di spirito celtico della natura.

Abbiamo dunque un’abbazia cristiana, che sta costruendo delle mura per difendersi dai barbari, e abbiamo una sorta di druidismo, benché solo accennato e non spiegato (che si difende da sé, nella natura).
Inoltre abbiamo un’altra lotta, quella tra dovere-ragione e istinto-fantasia.

Ma soprattutto abbiamo un’opera visivamente bellissima: raramente ho visto un film così bello dal punto di vista visivo, animazione o meno che fosse. E poco importa che sia un’animazione vecchio stile, in bidimensione. Sembra di essere entrati in un quadro di Klimt… un quadro che parla di abbazie, natura, magia…

Il film è ugualmente intenso dal punto di vista emotivo… e tutto ciò, badate, rimanendo essenzialmente semplice: è semplice nella trama, è semplice nei dialoghi.
C’è solo l’essenza delle cose, e quella basta.

Anche il sonoro è molto bello: le voci (quelle inglesi che ho sentito) sono linde e pulite, adatte al tono fiabesco della storia, e il commento sonoro è anch’esso bello… e a tratti incantevole, vedasi la canzone di Aisling, per cui quasi non ci sono parole.

L’unica cosa che dispiace di The secret of Kells è che dura solo 70 minuti, e alla fine sembra come monco.
Ma probabilmente la scelta di non proporre qualcosa di più ampio, epico, e magari contornato anche di una morale più sostanziosa, è voluta: è stata proposta solo bellezza… e scusate se è poco.

Tra l’altro, il film si rifà a qualcosa di vero, giacché il Libro di Kells è un libro miniaturato reale, ritenuto una delle cose più meravigliose prodotte in quei decenni.

Se il film non si premura di fornirci morali o simili, contiene comunque qualche accenno interessante. 
A cominciare dalla frase “Mutare le tenebre in luce”, che è tutto un programma.
Viene citato inoltre il terzo occhio, per quanto in modo molto naif, e infatti l’oggetto della ricerca del giovane Brendan è un appunto un oggetto-occhio.

Ancora, nel film si vede una lotta contro un serpente che ha un occhio solo, centrale… e il protagonista per l’appunto glielo prende e se ne impossessa, giacché quell’occhio gli serve per vedere qualcosa. Inoltre, c’è un accenno anche ai segni-energie zodiacali.

Insomma, qualcosa buttato in mezzo c’è… ma comunque è un di più, magari solo ispirato e non meditato, e la bellezza prodotta da tale fiaba animata sarebbe stata bastevole per conto suo.

A questo punto mi vedrò qualunque film successivo del regista irlandese Tomm Moore, a cominciare dall’unico già uscito, Song of the sea.
Regista irlandese, cosa evidente nell’ambientazione britannica, ma film di produzione franco-belga… e ancora una volta la Francia si dimostra il paese più avanti in Europa riguardo al cinema di animazione, con The secret of Kells che si aggiunge ad altri splendori come I figli della pioggia o Azur e Asmar… ma anche ad La bottega dei suicidiKirikù e la strega Karabà, L’illusionista, Appuntamento a Belleville, Un gatto a Parigi, e tanti altri film di valore.

Fosco Del Nero



Titolo: The secret of Kells.
Genere: animazione, fantastico, fantasy.
Regista: Tomm Moore.
Anno: 2010.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 16 maggio 2017

Paprika - Sognando un sogno - Satoshi Kon

Avevo già visto Paprika - Sognando un sogno parecchi anni fa, talmente tanti che non avevo ancora aperto il blog Cinema e film, per cui Paprika ne era rimasto escluso.
Alla luce di un ricordo positivo, però, l’ho rivisto ora, ed ecco la recensione.

Intanto, si tratta di un film d’animazione, fatto assai normale in Giappone, laddove l’animazione è pane quotidiano e fa concorrenza ai film recitati, e anzi forse li supera persino, mentre in Occidente, e in Italia in particolare, il settore dei film d’animazione è parecchio carente.
Purtroppo, aggiungo io.

La seconda cosa che occorre dire è che Paprika appartiene a quel filone di film un po’ fuori di testa, di cui ugualmente il Giappone è ricco.
Tra i film recitati in carne e ossa, cito Yaji and Kita - The midnight pilgrims, probabilmente il film più bizzarro che abbia mai visto, mentre tra i film d’animazione cito Mind game, altro film che come Paprika si muove tra realtà e sogno, mischiando i due in modo non perfettamente chiaro.

E non mi metto a citare i film di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli, se no facciamo notte.
Anzi, no, almeno La città incantata lo cito, se no poi mi vengono i rimorsi.

In sintesi, ecco la trama di Paprika - Sognando un sogno: siamo in un non lontano futuro, in Giappone, quando viene inventata dal brillante ma un po’ disadattato Tokita una tecnologia in grado di far inserire le persone nei sogni altrui, la DC-Mini.
L’ambito dell’invenzione è la ricerca e la cura psicologica, ma presto la macchina viene rubata e utilizzata per fini negativi, mettendo a rischio la vita di tante persone.
Cercheranno di risolvere la situazione il detective Konakawa, e soprattutto Paprika, personaggio onirico che svolge la funzione di terapeuta dei sogni, aiutando le persone a superare i loro blocchi interiori… essenzialmente ciò che si voleva realizzare con la tecnologia suddetta.

Va da sé che un film con queste due premesse, ossia animazione e mondo onirico, si presta a una grande vivacità, sia di trama che visiva-uditiva-sensoriale, e difatti Paprika - Sognando un sogno è così… anche se, a dire il vero, si eccede perfino, risultando a volte un po’ confuso e poco ispirato, mentre d’altro canto la trama lineare, quindi quella del mondo di veglia, non convince appieno, e anzi pare un poco pretestuosa, ossia sembra un mero pretesto per metter su l’ambaradan degli effetti visivi-spettacolaristici dei sogni, piuttosto che una trama convincente e solida.

Insomma, il mio ricordo positivo di Paprika è stato in parte offuscato da questa nuova e probabilmente più matura visione.
Comunque, gli esperimenti filmici, seppur singolarmente possono non risultare graditissimi, spesso valgono la pena di esser visti, per cui nel caso fateci un pensierino.

Di mio, vedo che la valutazione attuale di Paprika coincide con quella dell’altro film di Satoshi Kon che avevo recensito, ossia The millennium actress, per cui probabilmente questo regista non fa per me… anche se ora che mi ricordo mi era piaciuto di più in Perfect blue, film però non recensito nel blog, per cui nel caso potrei dargli qualche altra chance.

Fosco Del Nero



Titolo: Paprika - Sognando un sogno (Paprika).
Genere: anime, animazione, fantastico, psicologico, drammatico.
Regista: Satoshi Kon.
Anno: 2006.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 9 maggio 2017

Shutter Island - Martin Scorsese

Spesso mi guardo film di cui so poco o niente, o perché me li ha consigliati qualcuno, o perché li trovo citati su internet.
È così che, a volte, capitano coincidenze strane, come quella per cui prima mi vedo un film con contenuti di tipo cospirazionistico, che cita apertamente l’esperimento Mk-Ultra, ossia Ipotesi di complotto, e poi pochi giorni dopo mi vedo un altro film che ha come tematica il controllo mentale, ossia Shutter Island, il quale è il film recensito quest’oggi nel blog.

Peraltro, entrambi i film vanno a sfumare l’argomento in questione, chi perché la butta sul ridicolo e sul grottesco, chi perché lo rigira sullo psicologico e sul psichiatrico. 

Vediamo comunque se a Shutter Island è andata meglio che a Ipotesi di complotto, il quale globalmente, al di là degli argomenti rilevanti, avevo ritenuto di scarso valore.

Intanto, il regista è di maggior fama, quel Martin Scorsese direttore di svariati film di successo che però personalmente non ho praticamente mai apprezzato. Davanti alla macchina da presa, invece, un big di Hollywood, ossia Leonardo Di Caprio, che personalmente ricordo soprattutto per The beach e per Inception (recensito anche in Revolutionary road, Django unchained e Celebrity).
Insieme a lui, Mark Ruffalo e Ben Kingsley, a loro volta visti il primo in Vizi di famiglia Nel paese delle creature selvagge, e il secondo in Medicus - The physician, Lezioni d’amorePrince of Persia - Le sabbie del tempo.

Ecco in breve la trama del film, perlomeno quella con cui il film parte: Edward “Teddy” Daniel, agente federale, viene mandato insieme al suo partner Chuck a investigare sulla scomparsa di una donna all’interno di un istituto psichiatrico, per persone autrici di gesti violenti, locato a Shutter Island, isola da cui non si può andare via se non col battello, ovviamente controllato dagli agenti penitenziari.
La donna, però, tale Rachel Solando (Emily Mortimer; Match point, Faccia a faccia), pare svanita nel nulla: uscita dalla cella chiusa a chiave da fuori, sparisce nell’isola, pur essendo scappata scalza, senza dare alcun segno di sé.
Mentre indagano, i due agenti federali scoprono qualcosa che sembra non quadrare, tanto che Teddy comincia a sospettare che l’isola sia teatro di qualcosa di ben più misterioso che non un normale istituto penitenziario… anche per via di visioni strane e possibili avvelenamenti ricevuti. In effetti ha una certa ragione nel pensarlo, anche se la realtà andrà ben oltre le sue aspettative.

Come accennato, il film propone dapprima l’indagine sulla persona scomparsa e poi la tematica del controllo mentale, mettendo di mezzo i soliti nazisti (cosa che ogni volta mi fa pensare ai film su americani ed inglesi che sarebbero stati proposti nell’Europa conquistata dai nazisti qualora questi avessero vinto la guerra)… e poi svariate altre tematiche drammatiche e violente, che non svelo per non rovinare la visione a eventuali spettatori che non avessero ancora visto il film.

Il quale procede in modo cupo e pesante, anche nei colori scelti, oscillanti tra i grigio e il color terra, con i colori vivaci che sono praticamente banditi.

Il risultato finale è quello di un’isola davvero cupa e pesante, e parlo tanto dell’isola esteriore, quella fisica, quanto dell'isola interiore, quella psicologica.

In effetti, Shutter Island non mette allegria, mettiamola così (come capita di solito con Martin Scorsese alla regia), tanto che non ve ne consiglio la visione se siete facilmente contagiabili da emozioni di paura, rabbia o tristezza.
Detto questo, Shutter Island è tecnicamente un buon film, con una buona sceneggiatura e una buona recitazione, da cui la buona valuazione… sempre ammesso che vi piaccia il genere psico-drammatico-thriller.

Quanto a me, il prossimo film sarà più vivace e colorato.

Fosco Del Nero



Titolo: Shutter Island (Shutter Island).
Genere: drammatico, psicologico, thriller.
Regista: Martin Scorsese.
Attori: Leonardo Di Caprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Patricia Clarkson, Max von Sydow, Emily Mortimer, Jackie Earle Haley, Elias Koteas, Ted Levine.
Anno: 2010.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

martedì 2 maggio 2017

L’amore bugiardo - David Fincher

La recensione odierna è dedicata al film L’amore bugiardo, girato nel 2014 e diretto dal’ottimo David Fincher (regista di film del calibro di Fight Club, The game - Nessuna regola, Il curioso caso di Benjamin Button, The social network, Seven… quasi una garanzia, in effetti), con protagonista Ben Affleck (Dogma, La vita è un sognoWill hunting - Genio ribelle) e Rosamund Pike (Il mondo dei replicanti, La fine del mondo).

Ecco la sua trama, perlomeno in grande sintesi, dato che si tratta di un film pieno di capovolgimenti di fronte e assai lungo, più di due ore e venti minuti: Amy e Nick Dunne sembrano una coppia modello: belli entrambi, brillanti entrambi, lei personaggio del mondo dello spettacolo e lui scrittore, anche se a dire il vero sono incappati in una situazione finanziaria difficile.
E inoltre sembrano avere qualche problema relazionale che a una prima occhiata non sembrava esserci.

Ed ecco l’essenza del film, col quale l’espressione “problema di coppia” assurge a un nuovo livello, decisamente inaspettato, oltre che improbabile.

Difatti, Nick si rivela non essere il maritino perfetto che sembrava… così come Amy mostra di avere qualche segreto da nascondere (giusto giusto qualcuno).

Il tutto tra sparizione di lei, indagini della polizia, ipotesi di rapimento, ipotesi di omicidio, indizi sparsi un po’ ovunque, misteriosi acquisti con carte di credito, violenze, sangue e assassini…
… e, quel che è ancora peggio, manipolazioni e finzioni mediatiche.

In effetti, se non si trattasse di un film, L’amore bugiardo sarebbe una specie di inferno sceso in terra, una sorta di incubo vivente.

A un certo punto del film, però, la storia si fa talmente tanto ingarbugliata e improbabile che l’atmosfera di tensione del film sparisce, si dissolve letteralmente, e tutta la sua credibilità – che fino a quel momento si reggeva su una sorta di partita a scacchi a distanza – evapora, e il film passa dall’essere un drammatico-giallo-thriller all’essere una sorta di film sentimental-grottesco.

Insomma, probabilmente L’amore bugiardo avrebbe giovato di un finale più semplice e di un minutaggio un poco più breve, anche se comunque va detto che scorre via facilmente, da film “di marca” qual è, e incuriosisce lo spettatore su come andrà a dipanarsi quella che diventava via via una matassa sempre più complicata…

… e che è stata srotolata troppo facilmente, con troppa faciloneria e in modo davvero poco credibile, a mio avviso.

Comunque, se volete un film per passare 165 minuti davanti allo schermo, e se magari amate le storie ingarbugliate o contorte, e anche un poco torbide, L’amore bugiardo potrebbe fare al caso vostro.

Per conto mio, poco men che sufficiente: da un film pretendo di più, specie se così tanto lungo… e specie se porta la firma impegnativa e brillante di David Fincher.

Fosco Del Nero



Titolo: L’amore bugiardo (Gone girl).
Genere: drammatico, thriller, sentimentale.
Regista: David Fincher.
Attori: Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Kim Dickens, Patrick Fugit, Carrie Coon, David Clennon, Missi Pyle, Sela Ward.
Anno: 2014.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

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