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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 26 ottobre 2022

Earwig e la strega - Goro Miyazaki

Earwig e la strega non è stato il disastro che temevo, considerando il passaggio dall’incantevole animazione tradizionale dello Studio Ghibli alla computer grafica, ma in ogni caso il film si è rivelato al di sotto degli standard dello Studio Ghibli… persino non considerando i film di Hayao Miyazaki.

Eppure Goro veniva da due buone prestazioni, non all’altezza di quelle del padre Hayao, ma comunque di rilievo: I racconti di Terramare e La collina dei papaveri, che personalmente ho apprezzato di più nelle seconde e terze visioni che nella prima… cosa che considero un buon segno.

La sceneggiatura di Earwig e la strega si basa sull’omonimo libro per ragazzi scritto da Diana Wynne Jones, ch’era l’autrice anche del romanzo da cui era stato tratto Il castello errante di Howl. In questo caso, però, il target di pubblico è nettamente più infantile: niente dilemmi esistenziali, niente scene potenzialmente impressionabili, niente tematiche adulte.

Tra questa deriva anagraficamente verso il basso e la realizzazione tecnica, ne è, come logica conseguenza, venuto fuori un prodotto più adatto al largo pubblico, bambini e famiglie, ma certamente meno adatto ai fan tradizionali dello Studio Ghibli e della famiglia Miyazaki.

Ecco la storia di Earwig e la strega: la piccola Erica Wig cresce nell’orfanotrofio St. Morwald Home for Children, in cui è una piccola regina: grazie alla sua abilità nel trattare le persone, che va molto vicino alla manipolazione (il che non è certamente molto didattico per i bambini… e nemmeno per gli adulti), riesce a ottenere sempre quello che vuole. Ha però un altro lato del carattere, questo indubbiamente buono: è una persona molto positiva, una di quelle che tende a far uscire il meglio dalle altre persone.
Ci riuscirà persino con Bella Yaga e Mandragora, due individui alquanto inquietanti che si presenteranno un dì all’orfanotrofio per adottare una bambina… e sceglieranno proprio lei, con sua grande disdetta. I due, peraltro, non sono due persone qualunque, ma una strega e un demone… e nemmeno una strega e un demone qualunque!

Senza i disegni fatti a mani, al film manca quell’atmosfera magica che viceversa era ben presente in tutti i lavori di Miyazaki senior (tranne forse l’ultimo), nonché in molte delle altre opere dello Studio Ghibli, che vi fosse connesso o meno un elemento magico-fantastico.
Il risultato visivo non è nemmeno così malvagio, e si vede che dietro c’è stata una grande cura, sia nei fondali che nell’animazione… ma è proprio un’altra cosa.

La storia è più naif, come detto: simpatica ma non memorabile. Spero che non sia stata fatta una scelta di campo e di pubblico, e che Earwig e la strega rappresenti solo un esperimento, magari utile ad “allargare il campo” del pubblico dello studio d’animazione… giacché altrimenti questo significherebbe la fine dello Studio Ghibli come lo abbiamo conosciuto sinora.

Earwig e la strega, di per sé, è un film d’animazione sufficiente-più che sufficiente… ma scompare rispetto al resto del catalogo dello studio che lo ha prodotto (ma anche rispetto ai due precedenti film di Goro Miyazaki).

Un ultimo appunto: proprio come in Kiki – Consegne a domicilio, anche in questo caso la giovane streghetta ha la compagnia di un gatto nero parlante.

Fosco Del Nero



Titolo: Earwig e la strega (Aya to majo).
Genere: animazione, fantasy.
Regista: Goro Miyazaki.
Anno: 2020.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 25 ottobre 2022

Maze runner - La rivelazione - Wes Ball

Se Maze runner - Il labirinto mi piacque moltissimo, sia per il film in sé che per le assonanze esistenziali della storia, il suo seguito, Maze runner - La fuga, mi deluse alquanto. Tutto quel che di buono aveva messo su il primo episodio, difatti, era stato letteralmente buttato nella tazza del bagno. Tolta l’originalità del primo film e tolti i simboli esistenziali (voluti o non voluti, non fa differenza), rimaneva un film d’azione in cui i nemici non facevano altro che cospirare e i buoni non facevano altro che correre e scappare. L’aggiunta degli zombie rendeva la pellicola banale quanto la prima era stata originale.

Per questo motivo non mi ero nemmeno addentrato nel terzo capitolo della saga, Maze runner - La rivelazione, che tuttavia di recente ho deciso di vedere per completare la visione della trilogia… pur senza attendermi nulla di che, dato l’andazzo.

Purtroppo avevo ragione: si continua da un lato a utilizzare la violenza e la cospirazione, e dall’altro a scappare e a fuggire. D’accordo che nel titolo della saga c’è la parola “runner”, ma insomma, c’è un limite a tutto.

Trama sommaria: Thomas e gli altri sopravvissuti del Braccio Destro, l’organizzazione di uomini liberi che si oppone a Wckd, progettano la fuga di alcuni dei ragazzi prigionieri, altrimenti diretti a Ultima Città, una megalopoli supertecnologica chiusa all’interno di possenti mura, dove vive la gente ricca, mentre i poveri stanno fuori, pericolosamente vicini agli “spaccati”, ossia gli esseri umani contagiati dal virus e diventati zombie (zombie molto prestanti e veloci, però, altrimenti non avrebbero potuto tenere il ritmo con i velocisti fuggiti dal labirinto).
Nel mentre, Teresa è tornata tra i ranghi di Wckd e cerca disperatamente una cura per tutta l’umanità.
Nel mentre, Janson cerca di fare più danno possibile in varie direzioni.

Maze runner - La rivelazione ha parecchi punti deboli nella sceneggiatura, un’eccessiva tendenza all’azione, dialoghi poco convincenti, personaggi poco convincenti, una certa predilezione per i gesti plateali e melodrammatici.
Non so se sia colpa dello scrittore da cui è stato tratto il film o dei produttori che lo hanno realizzato, ma la qualità è letteralmente crollata dal primo episodio, il quale probabilmente era l’unico contenente degli spunti validi, mentre il resto è stato portato avanti per inerzia e senza una visione di valore retrostante.
Purtroppo nell’ultimo quindicennio il cinema ha offerto sempre più prodotti adatti a un pubblico di basso spessore culturale ed emotivo, grossomodo adolescenziale (alle anagrafe o nella coscienza, il che è lo stesso a livello di target di pubblico); attendiamo pazientemente che la tendenza si ribalti.

Fosco Del Nero



Titolo: Maze runner - La rivelazione (Maze runner - The death cure).
Genere: fantascienza, drammatico, azione.
Regista: Wes Ball..
Attori: Dylan O'Brien, Kaya Scodelario, Thomas Brodie-Sangster, Nathalie Emmanuel, Giancarlo Esposito, Aidan Gillen, Walton Goggins, Barry Pepper, Will Poulter, Patricia Clarkson. 
Anno: 2018.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 19 ottobre 2022

Roswell - Jason Katims

Roswell era una delle mie serie preferite quando ero ragazzino… ma non ne vidi mai la conclusione, anche se non mi ricordo per quale motivo: forse a un certo punto la programmazione era cambiata, oppure non potevo per impegni personali, o forse la proiezione italiana era stata interrotta.
A ogni modo, credo che al tempo avessi visto la prima stagione o poco più, motivo per cui ho pensato di completare l’opera, pur se a distanza di ormai due decenni.

Le premesse: la serie, andata in onda dal 1999 al 2002, prende le mosse dalla serie di romanzi Roswell High, di Melinda Metz; si compone di tre stagioni per un totale di sessantuno episodi; come suggerisce il titolo, è ambientata a Roswell, località del New Mexico divenuta celebre nel 1947 per il presunto avvistamento e lo schianto di un’astronave aliena (che secondo i racconti sarebbe poi stata trasportata nell’altrettanto famosa Area 51, una zona militare inaccessibile grande più della Sardegna).

Ecco la trama sintetica della storia: Liz Parker, Maria DeLuca ed Alex Whitman sono tre ragazzi qualunque, compagni di scuola, che vivono a Roswell e che spesso si incontrano al Crashdown Café, il locale dei genitori di Liz. Un giorno, Liz viene ferita mortalmente da un proiettile sparato durante una rissa nel locale… se non fosse che Max Evans la salva imponendo una mano sulla ferita, tanto che la ragazza ne esce senza neanche un graffio. 
Dopo poco, scoprirà la verità: Max, la sorella Isabel e il comune amico Michael Guerin sono tre alieni in corpo umano, degli ibridi mandati sul pianeta Terra per motivi che i tre ancora non conoscono bene, essendosi infatti risvegliati da bambini ed essendo stati poi adottati da famiglie umane.
Da citare anche i personaggi dello sceriffo Valenti, del di lui figlio Kyle e dell’aliena Tess.
Durante la serie emergeranno i motivi dell’evento, nonché i vari sviluppi.

La serie, pur con l’elemento fantascientifico in primo piano, fa a metà col genere sentimental-adolescenziale, data la natura dei protagonisti e le relazioni che si intessono presto tra di loro. 

Roswell è davvero un peccato: la serie parte con un credito piuttosto notevole a livello di carisma, dal momento che il casting, l’atmosfera, anche la sigla iniziale, sono a dir poco azzeccati. Tuttavia, in breve tempo emerge il fatto che, oltre alla valida idea iniziale, nonché all’aspetto scenografico, nella serie non c’è molto altro… non so per la carenza dei romanzi che l’hanno ispirata o per le scelte dei produttori della serie televisiva.

Sta di fatto che l’eccellente abbrivio iniziale va sfumando e che nulla lo sostituisce, tanto che la serie si trascina letteralmente per le due stagioni successive, con notevoli punte di scarsità nella terza (per esempio l’episodio in cui Max muore e diviene polvere curando un uomo anziano… salvo poi ritrovarsi nel corpo dell’uomo anziano, ritornato giovane, con le fattezze di Max e con lo stesso Max al suo interno; ridicolo anche il momento in cui Max Valenti passa da sceriffo a cantante country).

Ci tengo a evidenziare due cose.
La prima è relativa alla scelta degli attori, che difficilmente avrebbe potuto essere migliore. Belli, bravi e in parte. Il cast femminile tra l’altro vanta ben due nomine nella classifica annuale di Maxim delle donne più belle del mondo: Katherine Heigl ed Emilie de Ravin (quest’ultima divenuta poi famosa per la sua parte nella serie Lost).

La seconda è che dopo la prima stagione i produttori avevano annunciato la cancellazione della serie, ma un nutrito gruppo di fan aveva fatto cambiare loro idea dando il via a una mobilitazione mai vista prima per una serie tv, a dimostrazione del fatto che in qualche modo il prodotto aveva colpito nel segno: i fan prima hanno inviato migliaia di email ai produttori, poi hanno speso una notevole cifra per acquistare una pagina sul Daily Variety, infine hanno inviato ai dirigenti della Warner Bros migliaia di bottigliette di tabasco (il condimento preferito dagli alieni nella serie tv) con la scritta “Roswell is hot” (un gioco di parole: “hot” significa sia eccitante che piccante). Ciò ha convinto i produttori a finanziare la seconda e la terza serie… ma forse sarebbe stato meglio se non lo avessero fatto, perché un prodotto incompleto di qualità è pur sempre meglio di un prodotto finito di valore scarso.

Fosco Del Nero



Titolo: Roswell (Roswell).
Genere: serie tv, drammatico, sentimentale, fantascienza.
Creatore: Jason Katims.
Attori: Shiri Appleby, Jason Behr, Katherine Heigl, Brendan Fehr, Majandra Delfino, Nick Wechsler (II), William Sadler, Colin Hanks, Emilie de Ravin, Mary Ellen Trainor, John Doe, Garrett M. Brown, Adam Rodriguez. 
Anno: 1999-2002.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



martedì 18 ottobre 2022

Una tomba per le lucciole - Isao Takahata

Avevo già visto Una tomba per le lucciole, come peraltro tutti gli altri film dello Studio Ghibli, ma non lo avevo gradito troppo per via dei temi che definire drammatici e crudi sarebbe eufemistico: il film d’animazione diretto nel 1988 da Isao Takahata, ossia il cofondatore dello Studio Ghibli insieme ad Hayao Miyazaki, si risparmia davvero poco in termini di drammaticità e di pesantezza.

Ma partiamo dalle basi: di Isao Takahata ho già recensito cinque film: Pom PokoLa grande avventura di HolsPioggia di ricordiLa storia della principessa splendente e I miei vicini Yamada. Curiosamente, tra i sei film suddetti, non ve ne sono due che si somiglino, né nel genere né nello stile d’animazione.

All’interno del lotto, primeggia senza alcun rivale Pom Poko, ch’è un capolavoro vero e proprio, mentre gli altri se la cavano benino, quale più e quale meno.

Una tomba per le lucciole, per valore oggettivo, è probabilmente il secondo della lista, anche se per quanto mi riguarda finisce sul fondo in quanto triste e pesante. Il film è del 1988, il che significa che, a livello tecnico, cede parecchio il passo rispetto ai film d’animazione recenti… ma è pur sempre meglio degli obbrobri in 3D che si vedono negli ultimi anni, e in fondo si presenta sempre gradevole alla vista e ben animato.

Ecco la trama sommaria del film, tratto da un racconto di Akiyuki Nosaka: la scena d’apertura mostra i momenti della morte di Seita, un adolescente che muore di fame e di stenti nel novembre del 1945 nella stazione ferroviaria di Kobe. Subito dopo, la scena si porta a qualche mese prima, nel giugno, allorquando un bombardamento americano sulla città, in gran parte costruita in legno, brucia il grosso degli edifici, oltre a mietere numerose vittime, tra cui la madre di Seita e di Setzuko, la sua sorellina. Quanto al padre, è arruolato in marina e per ora non se ne sa niente.
I due bambini si rifugiano da una zia presso un villaggio vicino,; essa, tuttavia, dopo l’accoglienza iniziale si dimostra un po’ fredda nei confronti dei due bambini, i quali a un certo punto decidono di andare a vivere da soli in una sorta di caverna abbandonata poco distante.
Come va a finire si sa già fin dall’avvio…

Una tomba per le lucciole è l’epitome della tristezza, concentrata in un’ora e venti circa.
Nonostante la storia sia molto dura, mostra scene di gioia e di spensieratezza.

Il film è certamente poco piacevole come trama… ma è utile a mostrare la stupidità umana e la stupidità delle guerre, di qualunque guerra: il problema di questo film è proprio che è fedele alla realtà storica, e che tante persone, in ogni parte del mondo, hanno in passato dovuto vivere situazioni quali quelle descritte dal film: morti, mutilazioni, bombardamenti, fame, perdita improvvisa di cari, etc.
In ciò, è un utile monito, affinché l’umanità vada nella direzione opposta... anche se temo che l'élite mondialista non accolga i moniti di film come questo.

Una curiosità: Una tomba per le lucciole, al tempo, venne presentato in contemporanea con Il mio vicino Totoro… quanto di più distante possa esistere come genere: il primo, crudo e terribilmente triste, il secondo deliziosamente giocoso e lieve. Forse è stato fatto apposta per controbilanciare le cose.
Entrambi, comunque, hanno ottenuto un successo notevole in madrepatria, e in minor misura anche nel resto del mondo.

Fosco Del Nero



Titolo: Una tomba per le lucciole (Hotaru no haka).
Genere: anime, drammatico, guerra.
Regista:  Isao Takahata.
Anno: 1988.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 12 ottobre 2022

Nine perfect strangers - David E. Kelley, John Henry Butterworth

A Nine perfect strangers assegno lo stesso voto simbolico di 1 assegnato a Le terrificanti avventure di Sabrina
Come mai? Le due serie televisive fanno così schifo?

Non è una questione di essere realizzate bene o male, ossia di forma, ma è una questione di sostanza: in ambo i casi, difatti, siamo di fronte a qualcosa che è prima di tutto propaganda, e anzi vera e propria manipolazione, e solo in un secondo momento una serie televisiva d’intrattenimento.

Che tipo di propaganda?
La solita del globalismo-mondialismo, ch’è oramai divenuto talmente palese, evidente e prevedibile che solamente le persone totalmente addormentate non se ne sono accorte. Persino quelle in dormiveglia hanno iniziato ad avere qualche dubbio e a notare qualcosa, il che è tutto dire.

Partiamo dalla trama della serie tv, ch’è in verità una miniserie televisiva dal momento che è composta da soli otto episodi e che è ispirata all’omonimo romanzo di Liane Moriarty: nove persone sono state ammesse, selezionate con cura, a un esclusivo ritiro spirituale di dieci giorni guidato da Masha Dmitrichenko e tenuto a Tranquillum House, una sorta di resort di lusso immerso nella natura e dotato di tutti i confort. Il focus dell’esperienza non è tuttavia la struttura in sé, comunque funzionale al programma, ma il programma stesso elaborato allo scopo di guarire i partecipanti dai loro mali psicologici, che in taluni casi son piuttosto intensi (figli suicidi, mogli tradite e abbandonate, truffe subite, etc).

Masha guida il gruppo, affiancata da Delilah, Yao e Glory, mentre il gruppo è composto dalla famiglia Marconi (Napoleon, Heather e Zoe), Frances Welty, Tony Hogburn, Carmel Schneider, Lars Lee, Ben e Jessica Chandler.
Si parte con attività canoniche per i resort di questo tipo, come la depurazione alimentare, la meditazione, il contatto con la natura, per poi sfociare in esperienze più intense come le droghe, gli allucinogeni, la paura della morte, etc.
 
Sulla carta Nine perfect strangers sembra un prodotto interessante… ma ci vuole veramente poco a scorgere la sua vera natura.

Per fare un breve elenco, abbiamo omosessualità, bisessualità, transgender, scambi di coppie, sesso di livello basso, squilibri psichici, violenza, uomini che partoriscono, coppie maschili che adottano un neonato, finte guide spirituali, finto percorso spirituale e altro ancora.
È tutto talmente pacchiano da risultare ridicolo a uno sguardo "spiritualmente allenato"… ma d’altronde questo non è un prodotto pensato per coloro che fanno davvero meditazione e lavoro interiore, ma per coloro che non ne sanno niente e che magari si dilettano anche nel vedere che la “guida spirituale” è messa male tanto quanto i suoi allievi.

È sempre il solito discorso: chi non sa nulla di evoluzione interiore ma ne parla, perché magari ha un budget messo a disposizione da Amazon o da Netflix (due nomi che fanno parte del mondo globalista di cui detto all’inizio), non potrà che fare disinformazione, se non vera e propria manipolazione. 

Menzione per la protagonista Nicole Kidman, nel mentre invecchiata malissimo. Non nel corpo, che pare ben tenuto, ma nel volto, ora disarmonico. Come sempre, la bellezza giovanile, se nel corso della vita non è accompagnata a un percorso interiore sano e spiritualmente equilibrato, col tempo mostra anche all’esterno una qualche forma di squilibrio… e non c’è palestra o intervento chirurgico che tengano.

Personalmente, peraltro, sono convinto che, a suo tempo, Stanley Kubrick non scelse la Kidman per caso per girare Eyes wide shut: le sue origini, suo padre, il matrimonio con Tom Cruise e con Scientology, i giri di Hollywood… tutte cose che si sposavano molto bene con i contenuti di Eyes wide shut.

Altra menzione, questa per Melissa McCarthy, che avevo visto nella sgraziata sit-com Mike & Molly, prodotta da Chuck Lorre, personaggio assai addentro a certi circuiti, che non a caso ora sta lavorando per Netflix. Sgraziata e rozza nella prima serie, sgraziata e rozza nella seconda (nonostante le arie da scrittrice intellettuale che le vengon date in entrambi i prodotti). Ma, d’altronde, tutto quanto Nine perfect strangers palesa un’energia piuttosto bassa.

Fosco Del Nero



Titolo: Nine perfect strangers (Nine perfect strangers).
Genere: serie tv, drammatico.
Creatore: David E. Kelley, John Henry Butterworth.
Attori: Nicole Kidman, Melissa McCarthy, Tiffany Boone, Bobby Cannavale, Luke Evans, Melvin Gregg, Regina Hall, Manny Jacinto, Asher Keddie, Michael Shannon (II).
Anno: 2021.
Voto: 1.
Dove lo trovi: qui.



martedì 11 ottobre 2022

Idiocracy - Mike Judge

Da solo probabilmente non sarei mai arrivato al film Idiocracy: un po’ per la sceneggiatura di fondo, un po’ per gli attori protagonisti (serie B, se non C), un po’ per il nome del regista che non mi diceva niente, e infatti non ha una gran carriera come regista avendo diretto pochi film e nessuno famoso.

Tuttavia, mi è stato segnalato come film simbolico della tendenza umana all’istupidimento… tendenza che i tempi contemporanei (anno 2020 e seguito) hanno largamente reso visibile.

Partiamo dalla trama sommaria di Idiocracy: il film parte dall’ipotesi per cui nel periodo attuale le persone intelligenti e responsabili tendono a fari pochi figli, mentre quelle più stupide, rozze e menefreghiste ne fanno molti, dando luogo a enormi genealogie di stupidi, mentre gli intelligenti tendono a estinguersi. Il secondo elemento di partenza del film è un esperimento di ibernazione dell’esercito statunitense per i quali vengono scelti un uomo e una donna assolutamente medi, e senza legami familiari, in modo da poter facilmente insabbiare la questione nel caso le cose fossero andate male.
Le cose, in verità, vanno persino più male di quanto ipotizzato dai militari: il responsabile dell’esperimento viene arrestato e i due volontari, Joe (Luke Wilson; Rushmore, La rivincita delle biondeUn colpo da dilettanti, I Tenenbaum) e Rita (Maya Rudolph; vista nella serie tv The good place) vengono dimenticati nelle loro capsule d’ibernazione… le quali si riaprono circa 500 anni dopo per via dello smottamento di un’enorme montagna di rifiuti.
A causa del progressivo dilagare della stupidità il quoziente intellettivo dell’umanità è precipitato a livelli di demenza, tanto che la civiltà umana rischia l’estinzione, non sapendo più gestire l’agricoltura, l’architettura, lo smaltimento dei rifiuti, etc. Il peggio di sé tuttavia l’umanità del futuro pare darlo nell’intrattenimento: i film, le trasmissioni televisive e gli spettacoli dal vivo sono infatti sconfortanti persino per l’essere umano medio ch’era stato Joe, il quale ora si ritrova a essere di gran lunga il più intelligente del mondo, tanto che gli viene assegnato il compito di risolvere i problemi degli Stati Uniti, a cominciare dal fatto che le piante non crescono più… forse perché, ipotizza Joe, i campi vengono irrorati con una specie di bevanda energetica al posto dell’acqua.

A prima vista Idiocracy parrebbe un film comico di basso profilo, sia nel budget che nelle ambizioni, e certamente può essere visto in tale ottica. Tuttavia, assume dei contorni persino inquietanti se lo si guarda come prodotto satirico delle tendenze attuali dell’umanità; non così marcate come descritte nel film, certo, ma comunque presenti e innegabili. 
Infatti, solo nell’ottica di una marcescenza della coscienza umana (e dell'intelligenza a seguito) si possono spiegare certi programmi televisivi, il ricorso a un certo tipo di alimentazione, di musica, di sessualità, etc. La lista potrebbe continuare all’infinito, fin quante sono le aree dell’esistenza umana, perché non è questione di singole aree, ma di consapevolezza: da essa tutto il resto discende a cascata.

Per esempio, la psicopandemia del 2020 si può spiegare solo con l’ottundimento delle coscienze avvenuto nell’ultimo mezzo secolo. In tal senso, Idiocracy non va visto come un film comico, ma come un documentario, e il suo valore sta nel suo monito, già in parte tristemente attuato.

Come prodotto artistico, dunque, è del tutto dimenticabile; come documentario, merita una menzione, oltre che la visione.

Fosco Del Nero



Titolo: Idiocracy (Idiocracy).
Genere: comico, fantascienza.
Regista: Mike Judge.
Attori: Luke Wilson, Maya Rudolph, Dax Shepard, Randal Reeder, Thomas Haden Church. 
Anno: 2006.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 5 ottobre 2022

Appuntamento a Belleville - Sylvain Chomet

Avevo visto il film d’animazione Appuntamento a Belleville molti anni fa… e a essere onesto non mi fece una buona impressione. Tuttavia, ho deciso di dare al film di Sylvain Chomet un’altra opportunità a distanza di oramai molto tempo.

Ma anche stavolta non mi ha convinto, pur non avendo difficoltà a riconoscere i punti di valore del film franco-belga-canadese.
Il primo e più rilevante è senza dubbio il disegno: se i personaggi umani, e in generale quelli animati, non son particolarmente gradevoli da vedere, gli sfondi, ossia i disegni a mano e i colori, son molto belli, e letteralmente proiettano lo spettatore decenni e decenni indietro, grossomodo nella Francia degli anni “50, anche se il tutto assume contorni non troppo storici e discretamente surreali, soprattutto quando si arriva nella città immaginaria di Belleville, un incrocio tra una città francese e una metropoli nordamericana.

Ecco la trama sommaria di Appuntamento a Belleville, film che inizia con uno spettacolo anni “30 aventi per protagoniste Les Triplettes de Belleville, un trio di donne che fa musica e canta, affiancate dalle esibizioni-caricature di Joséphine Baker, Fred Astaire e Django Reinhardt (i primi due li avevo riconosciuti per conto mio, il terzo non sapevo chi fosse), per poi saltare a una scena casalinga: Madame Souza è una vecchia signora che alleva da sola il nipote Champion, i cui genitori son tristemente morti. Il bambino pare piuttosto apatico e la donna le tenta tutte per vivacizzarlo un po’, regalandogli anche un cane, Bruno, che inizia piccolissimo e poi diviene enorme. Infine, la donna scopre la passione segreta del bambino, il ciclismo, e gli regala un triciclo: finisce che il giovane, cresciuto, diviene un ciclista importante, allenato dalla nonna stessa, e partecipa al Tour de France
… durante il quale, però, viene rapito insieme ad alcuni colleghi e portato a Belleville dalla mafia locale, al fine di sfruttarle lui e alcuni suoi colleghi per spettacoli e scommesse clandestine.
In qualche modo, però, la nonna riuscirà a seguirlo, insieme al cane Bruno, e si muoverà per ritrovarlo… aiutata da Les Triplettes, ora piuttosto anziane ma sempre arzille.

Appuntamento a Belleville è certamente un prodotto particolare: il tratto grafico può non piacere a tutti (specialmente nelle figure mobili); praticamente non vi sono dialoghi (ma il commento sonoro, musicale ed effetti, è notevole); è pervaso da un’atmosfera sia retrò che malinconica; offre squarci di povertà, tristezza e dolore non da poco; è colmo di riferimenti vari (difficili però da cogliere per un pubblico medio, e dunque de facto inutili); contiene vari elementi surreali (a cominciare dai sogni simbolici del cane Bruno).

Personalmente non mi sento molto affine al prodotto in questione, che valuto poco ispirante e anche discretamente rozzo e volgare. Però ne apprezzo al contempo gli elementi di valore, nonché lo spirito originale e innovativo, che gli ha permesso di mettersi in evidenza e di vincere dei premi.

Fosco Del Nero



Titolo: Appuntamento a Belleville (Les Triplettes de Belleville).
Genere: animazione, drammatico.
Regista: Sylvain Chomet.
Anno: 2003.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



martedì 4 ottobre 2022

That ‘70s show - Mark Brazill, Bonnie Turner, Terry Turner

Quando ero ragazzo guardavo spesso le puntate di That ‘70s show, una serie televisiva che in Italia non ha mai avuto un grande successo, ma che negli USA ha tirato dritto per ben otto stagioni e un totale di 200 episodi, invecchiando letteralmente insieme ai suoi spettatori.

Non avevo mai avuto però l’occasione di vedermi tutta la serie, per cui questa è stata la prima visione generale, nonché l’occasione per scrivere una recensione. 

Ebbene, a me That ‘70s show è sempre piaciuto e piace tuttora: i personaggi son ben caratterizzati e simpatici, l’atmosfera è frizzante e dinamica, vengono affrontate anche questioni serie ma sempre in modo positivo. Anche il casting originale si è rivelato di valore, giacché figurano giovani attori, come Ashton Kutcher e Mila Kunis, che poi avrebbero avuto una buona carriera cinematografica. Da citare anche il protagonista centrale Topher Grace e Kurtwood Smith, quest'ultimo presente in alcuni film famosi (L'attimo fuggente, 2013 - La fortezza).

Ecco la trama sommaria della serie televisiva: siamo in Wisconsin negli anni “70, e precisamente nella cittadina di Point Place. Siamo dunque nella periferia degli Stati Uniti, e a sua volta in una zona di periferia… anche se a dire il vero la storia avrebbe potuto essere ambientata quasi ovunque, visto che le scene si svolgono quasi tutte nei medesimi ambienti, ossia la casa, il seminterrato e il giardino dei Forman… più qualche rara ripresa in altro luogo (la cucina dei vicini, per esempio).
Al centro visivo della scena c’è dunque la famiglia Forman: il figlio Eric, il padre Red e la madre Kitty… cui si aggiunge ogni tanto la figlia maggiore Laurie (personaggio problematico sia nella storia che nella realtà).
Se il centro visivo è la casa dei Forman, in verità l’essenza della sit-com verte sul gruppo di amici di Eric: Fez, Michael Kelso, Steven Hyde, Jackie Burkhart e soprattutto Donna Pinciotti, la vicina e amica d’infanzia di Eric, nonché sua prima ragazza.

Per il resto abbiamo personaggi secondari di contorno: il grosso dell’opera sta qui e consiste in lunghe variazioni sul tema: studio, lavoro, musica, sesso, rapporti sentimentali e gli svaghi tipicamente giovanili di quei tempi (comprese birra e marijuana).

La cosa più importante non è tanto quel che avviene, ma come avviene: l’umorismo è sempre brillante e mai volgare, sono presenti valori umani, il tono generale è sempre positivo, pur senza ambire a chissà quali vette… ciò che rende That ‘70s show una buona compagnia, nonché una testimonianza degli anni “70, un periodo che in verità viene rappresentato assai meno di quel che l’ha preceduto, gli anni “60, e di quel che l’ha seguito, gli anni “80. Serie utile e dilettevole, quindi.

Fosco Del Nero



Titolo: That ‘70s show (That ‘70s show).
Genere: serie tv, umoristico.
Ideatore: Mark Brazill, Bonnie Turner, Terry Turner.
Attori: Topher Grace, Mila Kunis, Ashton Kutcher, Wilmer Valderrama, Danny Masterson, Laura Prepon, Debra Jo Rupp, Kurtwood Smith, Don Stark, Tanya Roberts, Tommy Chong, Lisa Robin Kelly.
Anno: 1998-2006.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.



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