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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 30 dicembre 2009

Coraline e la porta magica - Henry Selick

Nuovo film di animazione recensito su Cinema e film: stavolta è il turno di Coraline e la porta magica, uscito proprio quest’anno e diretto da Henry Selick, lo stesso regista del bellissimo Nightmare before Christmas (ideato e prodotto dal geniale Tim Burton).

Coraline e la porta magica è tratto da un racconto del 2002 di Neil Gaiman (che peraltro si è cimentato anche col cinema in presa diretta: si veda l’onirico e profondo Mirrormask, a metà tra recitazione e animazione).

Ecco in breve la trama del film: Coraline è una ragazzina sveglia e arguta, trasferitasi insieme ai suoi genitori in un villone di campagna per via del lavoro dei suoi, che sono botanici.
Si tratta però di una casa strana, come strani sono anche la zona in cui si trova e i vicini, dal ragazzino Wybie all’acrobata circense Bobinski.

Wybie racconta che sua nonna, proprietaria della casa in cui vive Coraline, gli ha proibito di recarvisi, e un giorno regala alla ragazza una bambola in tutto e per tutto somigliante a lei, che afferma avere trovato in un baule della nonna.
A quel punto Coraline inizia a perlustrare la villa, trovando una strana porticina…

La realizzazione tecnica del film (con la tecnica dello stop-motion) è impeccabile, con lo stile che è quello fumettoso di Nighmare before Christmas o de La sposa cadavere.

I personaggi sono ben caratterizzati, fatto non sorprendente data la provenienza letteraria della storia, mentre anche il commento audio svolge bene il suo lavoro.

Pure l’atmosfera generale, ciò che è più importante, coinvolge lo spettatore, per quanto limitata al microcosmo della villa di Coraline e delle immediate vicinanze.

Il giudizio dunque è nettamente positivo, anche se a Coraline e la porta magica manca qualcosa in termini di spessore e importanza per raggiungere i capolavori del cinema d’animazione, come per esempio lo stesso Nightmare before Christmas o, per cambiare continente, La città incantata di Hayao Miyazaki.

Comunque, è sicuramente un film meritevole di visione, ottimamente realizzato e dall'atmosfera accattivante... portante anche un messaggio di qualche interesse: da un lato l'accettazione di quello che si ha a disposizione e dall'altra la pericolosità dell'attaccamento e del bisogno.

Fosco Del Nero



Titolo: Coraline e la porta magica (Coraline).
Genere: animazione, fantastico.
Regista: Henry Selick.
Anno: 2009.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

domenica 27 dicembre 2009

Boston legal - David E. Kelley

La recensione di oggi è dedicata a una serie tv che un amico mi aveva consigliato di recente, evidentemente per via del suo parere positivo: si tratta di Boston legal, serie televisiva creata da David E. Kelley nel 2004 e conclusasi nel 2008 dopo cinque stagioni e centouno episodi.

Si tratta di una serie con ambientazione legale, peraltro spin off di The practice, altra serie televisiva a sfondo legale creata dal medesimo produttore e conclusasi in modo interlocutorio con la presentazioni dei personaggi che sarebbero poi stati i protagonisti di Boston legal (che originariamente avrebbe dovuto chiamarsi Fleet Street).

I principali attori protagonisti sono James Spader e William Shatner (ossia il capitano di Star Trek più famoso di tutti), interpretanti i personaggi di Alan Shore e Denny Crane, rispettivamente giovane e anziano socio dello studio legale Crane, Poole & Schmidt.

La serie ha goduto di un discreto successo, anche se non trascendentale, finendo per approdare anche sulle tv italiane, per quanto solo su quelle a pagamento (almeno per ora).

Nonostante l’ispirazione giuridico-legale, di fatto Boston legal è una commedia, e anzi possiede un’anima umoristico-ironica decisamente forte, con i suoi protagonisti più o meno tutti cinici e sarcastici uomini (e donne) di mondo.

Dunque, vanno in scena battaglie, tradimenti, colpi di fioretto e colpi di clava, dando vita a uno scenario forse anche abbastanza divertente, ma umanamente desolante.

Non certo il mio ideale per il tempo libero, anche perché non amo particolarmente le ambientazioni di tipo legale.
E, pur apprezzando enormemente ironia e umorismo, quello presente in Boston legal non è motivo sufficiente per continuare la visione di quella che comunque mi è sembrata una serie televisiva ben curata e con dei pregi.

Anche in tal caso, pur avendo visto solo l’inizio della serie, ho realizzato una recensione per dare il maggior numero di informazioni possibile ai miei lettori.

Fosco Del Nero



Titolo: Boston legal (Boston legal).
Genere: commedia, legale.
Ideatore: David E. Kelley.
Attori: James Spader, William Shatner, Candice Bergen, Lake Bell, Rhona Mitra, Monica Potter, René Auberjonois, Mark Valley, Justin Mentell, Ryan Michelle Bathe, Julie Bowen, Parker Posey, Christian Clemenson, Constance Zimmer.
Anno: 2004-2008.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 23 dicembre 2009

Severance - Tagli al personale - Christopher Smith

Il film che presento oggi è un film certamente particolare, che forse non piacerà ai puristi del genere horror, ma che personalmente ho gradito abbastanza: Severance - Tagli al personale, film del 2007 diretto da Christopher Smith.

Intanto, precisiamo il genere: si tratta di un horror-thriller con una decisa tendenza comico-grottesca, per certi versi dal sapore quasi satirico, a partire dal titolo, Tagli al personale, riferentesi tanto al contesto aziendale, quanto al tagliare fisico.

La storia, difatti, prende le mosse da un momento di formazione aziendale all’aperto, uno di quelli in cui il team lavorativo si riunisce in contesto non lavorativo per condividere un’esperienza di vita, nonché svariati esercizi, con lo scopo di cementare l’unione aziendale.

Il tutto, tuttavia, parte in modo decisamente risibile, poiché è evidente fin da subito che il viaggio aziendale piace poco alla comitiva e che il responsabile, Richard, ha veramente una scarsa presenza scenica e carismatica.

Ad ogni modo, sta di fatto che la missione nei Carpazi dei membri della Palisade Defense, società leader nella produzione di sofisticate armi (come l’ultimo ritrovato nel campo delle mine antiuomo), si trasforma ben presto in un evento di terrore, con il gruppo che dovrà difendersi da uno gruppo di pazzi serial killer.

Tecnicamente parlando, non siamo in presenza di una trama particolarmente originale, visto che la storia di un gruppo che finisce in un casolare sperduto e che viene poi attaccato da mostri o assassini non è certo nuova, ma è sicuramente apprezzabile lo stile con cui tutto è stato realizzato, visto che tutto il film è pervaso da un delizioso humor, molto british e molto poco (grazie a Dio) americano.

Tanto che, in effetti, Severance - Tagli al personale ha alla fine della fiera un sapore più grottesco che non orrorifico.

Numerose sono le scene memorabili o per efficacia visiva o semplicemente per sottigliezza ironica, dalla sovrapposizione ragazza mezzo anoressica-scheletro alla scena del kalashnikov.

Peraltro, tutta l’opera segue una rigida alternanza di fase thriller-fase umoristica, col sangue che scorre allo stesso ritmo degli spunti comici.
Si potrà assistere, per esempio, a una gamba mozzata da una tagliola, a una decapitazione, etc.
Salvo poi assistere subito dopo rispettivamente alla scena della gamba mozzata che non entra nel congelatore e a quella della battuta su Maria Antonietta ghigliottinata.

Oltre allo stile narrativo, anche il montaggio ha una sua originalità, risultando spesso efficace e divertente, e questo nonostante un budget piuttosto ridotto.

Originale e divertente anche il finale, che chiude la scena fatta vedere in apertura.

Insomma, Severance - Tagli al personale è un film che merita di essere visto, sia perché non banale, sia perché ottimo esempio di meticcio terrorifico-grottesco.
Buona visione.

Fosco Del Nero



Titolo: Severance - Tagli al personale (Severance).
Genere: horror, grottesco, thriller.
Regista: Christopher Smith.
Attori: Danny Dyer, Laura Harris, Tim McInnerny, Toby Stephens, Claudie Blakley, Andy Nyman, Babou Ceesay, David Gilliam.
Anno: 2007.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

domenica 20 dicembre 2009

I figli della pioggia - Philippe Leclerc

Evidentemente questo è periodo propizio per i film di animazione, considerato che ne sto vedendo parecchi, e peraltro con buoni risultati, data la qualità riscontrata in alcuni (penso per esempio ad Azur e Asmar, recensito di recente).

Anche in questo caso siamo di fronte a una produzione di origine francese, col regista dell’opera che risponde al nome di Philippe Leclerc.
L'opera, viceversa, porta il nome de I figli della pioggia, ed è un’opera che vale veramente la pena di essere vista.

Peraltro, mi stupisco ogni volta del fatto che, animazione o meno che sia, i film piatti e commerciali sono conosciuti da tutti (me compreso, nella gran parte dei casi, perché è quasi impossibile non aver mai sentito nominare qualcosa che viene molto reclamizzato), mentre molti film di valore passano inosservati, probabilmente perché troppo profondi o ricercati per mietere successi al botteghino.

Azur e Asmar è uno di questi ultimi esempi, così come lo è I figli della pioggia, una storia dal sapore epico veramente bene eseguita.

Ecco la trama: i Pyross e gli Hydross sono due popoli in guerra, con la natura stessa che pare averli messi l’uno contro l’altro per via delle loro specificità: i primi adorano il sole e il fuoco, e muoiono a contatto con l’acqua (infatti vivono all’interno di un’enorme città-stato); i secondi invece adorano pioggia e acqua, mentre la luce del sole li pietrifica in statue.

Tutto scorre su questi binari, apparentemente immutabili, fino a quando Skan, giovane pyross, si innamora di Kallisto, bella e giovane hydross.
Sembra ripetersi la storia di Romeo e Giulietta, finché…

I figli della pioggia è una storia con diverse anime: si parla d’amore, si parla di razzismo, si parla di diversità e cooperazione (interessante come molti film d'animazione francesi, si vedano per esempio Kirikù e la strega Karabà o lo stesso Azur e Asmar, abbiano dentro di sé dei forti messaggi contro il razzismo; probabilmente per via della società francese, assai meticciata per contingenze storiche con Maghreb e isole centroamericane), e si parla in generale di dualità che si riuniscono, che siano dualità micro (il maschio e la femmina) o dualità macro (due razze, due mondi diversi e apparentemente opposti, giorno e notte, luce e buio, fuoco e acqua).

Per andare ancora più nello specifico, nel film si parla di un'energia originaria unitaria, simboleggiata da un drago, che poi si scinde in due, creando un mondo duale. 

Non a caso, il film è bello fuori ed è bello dentro, tanto apprezzabile a livello di animazione quanto a livello di trama e valore educativo.
E, ripeto, sorprende che prodotti di tale qualità passino sotto silenzio, mentre il successo di altri sia dettato non dal loro valore intrinseco, quanto dal tamtam mediatico.

Una curiosità: I figli della pioggia non tratta tematiche cospirazionistiche, ma la citazione di draghi, divinità primigene, serpenti, manipolazione mediatica, gruppo elitario di sacerdoti-politici definito come "casta degli “Illuminati”, la figura del "ladro di anime" (chiamato anche "il grande separatore", ciò che praticamente è la traduzione della parola greca "diábolos", il diavolo, "colui che separa"... che infatti nella storia è la causa di tutti i problemi, in primis la separazione e l'inimicizia tra le due razze), lascia intendere che gli autori abbiano qualche interesse o conoscenza in tale direzione.
A proposito, il suddetto "grande separatore", un umanoide dalla fattezze di rettile, a un certo punto vien detto che "è posseduto".

Altra curiosità: praticamente è citato anche Il profeta di Kahlil Gibran: dal "popolo di Orfalese" al "popolo di Orphales", con pronuncia quasi identica, il passo è molto breve, ulteriore indizio del fatto che chi ha creato l'opera aveva degli interessi di genere esistenziale.

Curiosità finali: viene mostrato un simbolo che ricorda molto quello del tao, con i due opposti che si contrappongono ma che al contempo si intersecano anche; la riunificazione finale ha luogo quando i due elementi opposti del gioco della dualità si riuniscono; la statua che simboleggia la riunione dei due opposti che si riuniscono rappresenta una figura umanoide ma serpentesca seduta nella posizione del loto... e che peraltro dopo la riunificazione si eleva in cielo, con tanto di ali di luce, con l'energia serpentesca kundaliniana finalmente risvegliata (e difatti dabbasso le energie yin e yang si stanno baciando-unendo).

La suddetta statua serpente parla anche, e a un certo punto dice: "È il vostro amore impossibile che ha sconfitto il ladro di anime. È la congiunzione dei contrari che vi ha liberato. Essa libererà anche voi, Figlio della Luce, Figlia della Pioggia. Questo lago d'oro è il vostro futuro: entrandovi, ristabilirete l'ordine cosmico". 
Poi viene detto anche: "Allora il grande drago cosmico ritroverà il suo posto fra le stelle".
Tutto piuttosto chiaro, e persino oltre il simbolo, dal momento che viene detto a voce alta.
Altro dettaglio: dopo che la riunificazione viene effettuata, le debolezze delle rispettive razze-energie spariscono: il Figlio della Luce non ha più paura dell'acqua, e la Figlia della Pioggia non ha più paura del fuoco... ossia, l'elemento solare-maschile non teme più l'elemento femminile, e l'elemento lunare-femminile non teme più l'elemento maschile, proprio perché i due poli opposti sono stati ormai riuniti, esattamente come il simbolo simile al tao mostrava all'inizio della storia. Nel momento in cui si ottiene l'unità, i problemi spariscono, letteralmente.
Siamo vicini alla magnificenza.

Insomma, I figli della pioggia è a dir poco un eccellente prodotto, una di quelle eccellenze valide sia come opera d'intrattenimento, sia come opera educativa, e per gli adulti e per i piccoli. Difficile immaginare un prodotto d'animazione più valido e bello.

Fosco Del Nero



Titolo: I figli della pioggia (Les enfants de la pluie).
Genere: animazione, sentimentale, fantastico.
Regista: Philippe Leclerc.
Anno: 2003.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 18 dicembre 2009

Dollhouse - Joss Whedon

Questa è la seconda serie televisiva che recensisco avendo visto un solo episodio, dopo True blood.
Se è vero che un solo episodio non è bastevole per giudicare una serie nel suo complesso, è pur vero che il relativo parere può essere d’aiuto ai lettori per decidere se secondo loro vale la pena visionarla o meno.

È proprio con l’intento di essere utile che procedo a tali recensioni (l’ho fatto anche per i manga e per le serie animate, ossia per quei prodotti che hanno una loro durata secondo episodi, e la cui visione integrale occuperebbe molto tempo… a mio avviso troppo in relazione alla qualità del prodotto).

Stavolta è il turno di Dollhouse, una serie da cui mi attendevo di più, esattamente come per True blood peraltro.
Ma se per True blood l’aspettativa era dovuta ad alcuni pareri positivi che avevo ricevuto, per Dollhouse essa era dovuta al fatto di conoscere già il suo ideatore e regista, quel Joss Whedon già creatore di Buffy l’ammazzavampiri.

Tra l’altro, anche la protagonista principale di Dollhouse è una vecchia conoscenze di Buffy, ossia quella Eliza Dushku che per un certo periodo della serie aveva costituito l’anti-Buffy, sotto forma di cacciatrice di vampiri cattiva.

Ecco in breve la trama: Echo (Eliza Dushku) è una di quelle persone che, nel prossimo futuro, sono chiamate “Attivi” oppure “Bambole”, giovani uomini e donne sottoposti, si presume volontariamente, a una forma di cancellazione totale dei vecchi ricordi.

La cosa particolare è che essi vengono di volta in volta “riprogrammati” con i ricordi di altre persone allo scopo di completare alcune missioni.
A gestire tali programmazioni e missioni è l’organizzazione chiamata Dollhouse, appunto.

Peraltro, questi due spunti della cancellazione e dell’inserimento di memorie sono stati già sfruttati da film come Se mi lasci ti cancello e Atto di forza (e da chissà quanti altri), per cui non sono particolarmente innovativi.

Nel primo episodio, Echo è alle prese con i ricordi di una ragazza molestata da un pedofilo… e col pedofilo stesso…

Rispetto a Buff the vampyre slayer, che nonostante argomenti e vicende aveva un tessuto molto forte da commedia, in Dollhouse è assente qualsiasi tipo di umorismo o anche solo di alleggerimento, dando vita a un prodotto triste, ma non intenso e coinvolgente.

E forse non è un caso che la serie è durata solo due stagioni, venendo poi soppressa dai suoi produttori (in Italia hanno cominciato a mandarla inonda su Fox lo scorso settembre).
Il mio voto è un 5; e proprio in tal senso giudico utile la recensione anche di un solo episodio di una serie tv… perché può farvi risparmiare molto tempo, indirizzando lo stesso tempo, viceversa, verso prodotti più meritevoli.

Magari dateci un’occhiata se siete dei fan sfegatati di Joss Whedon e Eliza Dushku (confesso di esserlo di entrambi), ma non aspettatevi un capolavoro.

Fosco Del Nero



Titolo: Dollhouse (Dollhouse).
Genere: fantastico, drammatico, serie tv.
Ideatore: Joss Whedon.
Attori: Eliza Dushku, Harry Lennix, Fran Kranz, Tahmoh Penikett, Enver Gjokaj, Dichen Lachman, Olivia Williams.
Anno: 2009-in corso.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 16 dicembre 2009

Azur e Asmar - Michel Ocelot

La classe non è acqua.

Cinematograficamente parlando, è un concetto su cui mi sono trovato a riflettere in passato per alcuni registi che apprezzo molto, per quanto per motivi e generi filmici differenti (tra gli altri, Hayao Miyazaki, David Cronenberg, Stanley Kubrick, David Fincher, Francis Veber, o per esempio il nostro Paolo Virzì), e che mi trovo a ripercorrere anche stavolta, per un film d’animazione che si è rivelato un vero gioiello.

Il regista in tal caso è Michel Ocelot, che avevo avuto modo di apprezzare per il delizioso e caratteristico Kirikù e la strega Karabà e che mi sono ritrovato di fronte anche questa volta, peraltro in modo non programmato; solo durante i titoli di coda, difatti, mi sono reso conto della paternità dell’opera.

Come per il caso precedente (tra l’altro di Ocelot ho recensito da poco anche Kirikù e gli animali selvaggi, tuttavia meno bello del suo predecessore), anche Azur e Asmar è un prodotto sui generis, sia per il tratto grafico, molto lontano dai modelli di animazione tipici, tanto all’occidentale (si vedano Disney e Pixar) quanto all’orientale (si veda lo Studio Ghibli), sia per la sceneggiatura, ambientata in un non meglio precisato luogo dell’Africa settentrionale (dopo un'introduzione "europea").

Azur e Asmar comincia un po’ in sordina, se devo essere sincero, con la storia che non avvince da subito e una grafica che ci mette un po’ a risultare familiare e godibile allo spettatore.
Inoltre, anche gli antefatti con protagonisti la nutrice e i suoi due piccoli, Azur e Asmar (il secondo suo vero figlio e il primo figlio di un ricco signorotto europeo cui lei fa da balia), non ispirano particolarmente.

Le vicende, tuttavia, si vivacizzano dopo l’incipit, con Azur ormai grande, diviso da lungo tempo dal fratello adottivo e dalla nutrice e ora impegnato in un viaggio alla ricerca della Fata dei Jinn, della quale la nutrice aveva parlato a lui e ad Asmar quando erano bambini.
In tale viaggio, più simile in realtà a un’epopea, egli incontrerà alcuni personaggi, come il mendicante Rospu o la principessa Shamsus, entrambi a loro modo memorabili.
Il suo viaggio acquisirà un senso quando…

Azur e Asmar è uno dei migliori film di animazione che abbia mai visto, e anzi dalla frase si potrebbe pure togliere il complemento di specificazione, data la qualità del prodotto, vera e propria fiaba messa su schermo, tra colori, magia, morale e avventura.

C’è tutto, ed è tutto messo bene, compreso un finale veramente scintillante e divertente, che tra l’altro rappresenta un bellissimo messaggio contro il razzismo e più in generale può essere visto come un invito alla riconciliazione delle dualità opposte (bianco/nero, Oriente/Occidente, maschio/femmina), vero motore centrale del film.
Che il film abbia un significato di tipo educativo/esistenziale si nota poi in tanti simboli che appaiono di quando in quando nel film: piramidi, porte gemelle, chiavi e serrature, occhi di profilo, il simbolo del quarto chakra (oltre che simbolo evolutivo in generale... anche se qua appare formalmente nella veste di simbolo della nazione di Israele, fatto che peraltro è un paradosso storico), draghi, colonne appaiate, pavimento a scacchi, tenebre che diventano luce, e c'è persino il volto di Gesù... senza contare che il film si conclude precisamente con l'unione degli opposti, obiettivo di qualunque percorso evolutivo.

In tutto ciò, fa sorridere pensare che il film è stato osteggiato per una lievissima scena di nudo, con la nutrice che allatta i due piccoli, disavventura peraltro capitata anche a Kirikù e la strega Karabà.
Come fa sorridere il fatto che Azur e Asmar non ha avuto il successo che avrebbe meritato (certamente più dei pur discreti Wall-E e compagnia bella).

Insomma, il mio consiglio spassionato è di non perdervi questo piccolo gioiello del cinema, gioiello tanto nell'estetica quanto nell'intrattenimento e nell'insegnamento.

Chiudo con alcune frasi tratte dal film.

"Dando la colpa agli altri non farete molta strada."

"Quando un cavallo si comporta male, la colpa non è mai del cavallo, ma sempre del cavaliere."

"Ma insomma, tu sei cieco e devi farti guidare."
"Ma è quando non vengo guidato che scopro le cose."

"Ti avrà mentito e derubato e insultato il paese che lo ospita, per farti smarrire la via come lui ha smarrito la sua."

"Ognuno ha il proprio turno per vivere e per rendersi utile."

"Gli ostacoli erano previsti: accrescono la mia determinazione."

"Avete fatto presto a trasformarvi in schiavi."

Fosco Del Nero



Titolo: Azur e Asmar (Azur et Asmar).
Genere: fantastico, avventura, animazione.
Regista: Michel Ocelot.
Anno: 2006.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

domenica 13 dicembre 2009

True blood - Alan Ball

Finora nel sito non ho recensito molte serie tv, per un motivo molto semplice: spesso sono opere molto lunghe, e francamente non ho il tempo di seguirne tante, e magari sino alla loro conclusione (per problemi di incompatibilità di orario, per esempio, avevo tagliato persino una serie che mi piaceva molto, ossia Desperate Housewives).

Tuttavia, ho ritenuto servizio utile ai miei lettori il recensire serie non visionate per intero, e finanche per una sola puntata, secondo l’ottica di scegliere sempre il meglio…
… laddove una recensione negativa può essere utile quanto una positiva, e anzi a volte lo è molto di più, perché ci fa risparmiare parecchio tempo.

E non me ne vogliano i fan della serie presentata oggi, True blood, di cui peraltro mi avevano parlato bene diverse persone, ma a cui a mio avviso manca l’appeal della grande serie televisiva (non so, alla X-Files o alla Lost).

Ma veniamo alla recensione in sé: True blood è una serie tv cominciata nel 2008 e tuttora in corso, basata sui romanzi della Serie di Sookie Stackhouse, scritti da Charlaine Harris.
La regia è di Alan Ball, lo stesso autore di Seex feet under, guarda caso un'altra serie che non mi ha mai convinto.

Il genere è una sinergia tra fantastico, horror, splatter, commedia e drammatico.
Un mix decisamente variopinto.

Il luogo centrale della narrazione è il paese di Bon Temps, piccolo centro della Louisiana, nel quale si fa subito la conoscenza di Sookie Stackhouse (Anna Paquin), una giovane cameriera capace di leggere nel pensiero della gente.
E questa non è l’unica cosa bizzarra, posto che esistono anche i vampiri, e che, peraltro, essi sono usciti allo scoperto, rivendicando un’esistenza pacifica accanto agli esseri umani (con tanto di dibattiti televisivi sul fatto che la cosa sia giusta o meno).
Sta di fatto che Sookie una sera conosce Bill Compton (Stephen Moyer), un affascinante vampiro di cui essa si invaghisce immediatamente.

Il titolo della serie si deve al “true blood”, prodotto preconfezionato venduto ai vampiri, consistente in un tipo sangue sintetico inventato da una ditta farmaceutica e capace di soddisfare le esigenze nutritive dei vampiri, che così avrebbero smesso di dare la caccia agli uomini.

D’altro canto, si viene a sapere anche che alcuni umani dissanguano i vampiri per vendere il loro, di sangue, che si è scoperto avere proprietà medicamentose nonché un peculiare utilizzo come droga.

Dico subito tutto, senza giri di parole.
Il casting a mio avviso non è all’altezza, protagonisti principali compresi.
La vicenda d’amore tra la giovane umana e il vampiro forse redento sa di già visto (Buffy in tal senso ha fatto storia, ma il tutto risale fino ai tempi di Dracula di Bram Stoker, senza contare il recente filone di Twilight).
Il sapore delle vicende sta a metà tra le pretese orrorifiche e la commedia, anche se quest’ultimo elemento sembra prevalente, nonostante le numerose scene crude per cui la serie è stata criticata, dai nudi allo splatter. 

Insomma, per quanto True blood non mi sembri del tutto pessimo, non mi pare nemmeno tanto buono da continuarne la visione, considerato che in giro è pieno di ottimi film e serie televisive, e anzi personalmente ho trovato quel poco che ho visto (il primo episodio, quello che dovrebbe presentare la serie e invogliare a seguirla) piuttosto grezzo e pacchiano.

Fosco Del Nero



Titolo: True blood (True blood).
Genere: fantastico, commedia, horror, serie tv.
Ideatore: Alan Ball.
Attori: Anna Paquin, Stephen Moyer, Sam Trammell, Ryan Kwanten, Rutina Wesley, Alexander Skarsgard, Nelsan Ellis.
Anno: 2008-in corso.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 11 dicembre 2009

Kirikù e gli animali selvaggi - Michel Ocelot, Bénédicte Galup

Tempo fa avevo recensito un film di Michel Ocelot, ossia Kirikù e la strega Karabà, delizioso film di animazione diretto nel 1998 da e vincitore di diversi premi internazionali…

… nonostante diverse difficoltà distributive a causa del tentativo di censura che ha subito a causa della mise perfettamente realistica dei personaggi femminili della storia, tutti a seno nudo come si conviene a delle donne di tribù africane.

Quest'oggi bissiamo con il suo seguito: Kirikù e gli animali selvaggi.

Kirikù è un bambino speciale: piccolissimo, è tuttavia dotato di grande rapidità, nonché di un’intelligenza di diverse spanne al di sopra di qualunque altro abitante del villaggio.
Tale sua diversità (fisica e mentale), peraltro, gli provoca qualche derisione, che tuttavia egli supera di slancio a furia di prodezze, spesso fondamentali per la sopravvivenza stessa del villaggio.

Alla fine del primo film, avevamo lasciato Kirikù mano per mano con l’ex strega Karabà, e improvvisamente cresciuto fino ad altezze normali.
Giocoforza, un eventuale secondo film su Kirikù avrebbe dovuto tornare indietro nel tempo, pena la perdita del vero Kirikù, ossia il bambino-nanetto.

Kirikù e gli animali selvaggi, dunque, si situa, temporalmente parlando, durante la storia del primo film, di fatto raccontando vicende marginali rispetto alla prima storia, col piccolo Kirikù stavolta alle prese non tanto con la strega, quanto con diversi animali che turbano la pace sua o del villaggio.
Abbiamo così a che fare con una iena, con un bufalo, con una giraffa… oltre che ovviamente con la solita strega Karabà e i suoi feticci.

Pure Kirikù e gli animali selvaggi, come il suo predecessore Kirikù e la strega Karabà, si dimostra fresco e gradevole, anche se alcuni fattori lo penalizzano rispetto all’ottimo predecessore:
- come quasi tutti i “numeri due”, è meno originale,
- ha un’ottica “micro”, laddove invece Kirikù e la strega Karabà raccontava una trama quasi epica, col confronto diretto tra Karabà e il villaggio… qua invece siamo di fronte a piccole sventure come un racconto andato a male, dei vasi di terracotta rotti, etc,
- sconta qualcosa anche a livello di particolari, che poi particolari non sono, come per esempio la colonna sonora, meno brillante rispetto al primo film.

Insomma, con Kirikù e gli animali selvaggi siamo sempre sopra la sufficienza, ma stavolta in modo meno netto.
Se avete visto il primo episodio, tuttavia, difficilmente resisterete alla tentazione di vedere anche il secondo.

Fosco Del Nero



Titolo: Kirikù e gli animali selvaggi (Kirikou et les bêtes sauvages).
Genere: animazione, commedia, surreale.
Regista: Michel Ocelot, Bénédicte Galup.
Anno: 2005.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 9 dicembre 2009

E venne il giorno - M. Night Shyamalan

Curioso come un film orrorifico fatto male finisca non per far paura, ossia il suo scopo originario, ma per risultare ridicolo, ossia il suo esatto opposto.

Un effetto simile lo avevo riscontrato di recente in Drag me to hell, il quale film aveva tuttavia perlomeno la scusante di essere diretto da Sam Raimi, regista noto per il suo gusto per il grottesco (si veda l’ottimo L’armata delle tenebre), e l’ho riscontrato stavolta in E venne il giorno

… che tuttavia non ha tale scusa: semplicemente, è un film fantastico-orrorifico fatto male, che fa ridere in molte occasioni per le sue scelte discutibili.

E stavolta dietro la cinepresa non c’era un regista noto per il suo senso del bizzarro, ma un regista celebrato, e giustamente, per film di grande tensione e atmosfera quali Il sesto sensoThe village e Signs: M. Night Shyamalan.

Il quale, tuttavia, di recente aveva fatto un notevole buco nell’acqua (mi si perdoni il gioco di parole), con il suo fantasy metropolitano, a dir poco mal riuscito, Lady in the water.

Sfortunatamente, il talentuoso regista indiano ha raddoppiato, con questo E venne il giorno, che non a caso ha ottenuto veramente poco successo in tutto il mondo.

Ecco in sintesi la trama: un bel giorno, a New York, e precisamente a Central Park, la gente manifesta strani segnali: smette di muoversi, inizia a camminare all’indietro, pare intontita… ma soprattutto si suicida.
Il fenomeno si ripete in altre zone della città, per poi estendersi all’hinterland.

Non si sa nulla del perché la gente perda il suo istinto di sopravvivenza, e anzi cerchi un’immediata morte, peraltro spesso spettacolare e violenta.
Si pensa a un virus diffuso da alcuni terroristi, ma sono solo supposizioni.
Va da sé, inizia il fuggi fuggi generale.

Il film segue le vicende di Elliot Moore (Mark Wahlberg; Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie, Boogie nights - L'altra Hollywood, The italian job) e sua moglie Alma (Zooey Deschanel; Guida galattica per autostoppisti, Un ponte per Terabithia, Yes man), con la fuga che avviene durante un periodo di crisi della coppia.

L’iter del film sostanzialmente vede i due, che viaggiano con un loro amico e una figlia, alla ricerca di una zona sicura dal virus, che nel mentre si sta estendendo al resto della costa est statunitense, ricordando in questa fuga quella di altri film fantastico-orrorifici, come per esempio 28 giorni dopo... solo che al posto di fuggire dagli zombie, qua si fugge dal virus…

L’inizio di E venne il giorno è ottimo, veramente di buon impatto, ma poi il progetto iniziale si perde nei suoi numerosi difetti: la recitazione non è all’altezza, i dialoghi sono decisamente banali, non vi è neanche uno spunto interessante, persino la colonna sonora non si fa apprezzare.

E, quel che è peggio, in generale permea su tutto il film un’aura di ridicolo che certo non aiuta a coinvolgere lo spettatore…

Insomma, veramente una pessima prova da parte di M. Night Shyamalan, che, forse non a caso, ha avuto qualche problema e qualche ritardo in fase di produzione.
Il prossimo film andrà sperabilmente meglio.

Fosco Del Nero



Titolo: E venne il giorno (The happening).
Genere: horror, fantastico.
Regista: M. Night Shyamalan.
Attori: Mark Wahlberg, Zooey Deschanel, Betty Buckley, Frank Collison, John Leguizamo, Ashlyn Sanchez, Robert Bailey Jr., Spencer Breslin, Jeremy Strong, Alison Folland, Alan Ruck, Victoria Clark, M. Night Shyamalan.
Anno: 2008.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.

domenica 6 dicembre 2009

Heroes - Tim Kring

Dopo diverso tempo, torno a recensire una serie tv, di cui peraltro non ho visionato tutte le puntate, fermandomi per ora alle prime 23, ossia alla prima serie.
Parlo tra l’altro non di una serie qualunque, ma di un fenomeno televisivo diventato culto nel giro di pochissimo tempo, e praticamente in tutto il mondo: Heroes.

Heroes ha cominciato le danze nel 2006, registrando poi il record di share negli Usa per la medesima fascia.
Sostanzialmente, il genere si situa tra il fantastico e il drammatico, con la gran parte dei protagonisti che, fedelmente al titolo del prodotto, è dotata di superpoteri.

E tali “superdotati” non sono pochi, ma molti, sospettati di essere una sorta di evoluzione genetica del genere umano, secondo il noto principio della sopravvivenza del più forte.
Tale, perlomeno, è la tesi del professor Chandra Suresh, il cui figlio Mohinder, anch’egli genetista, è uno dei protagonisti della storia.

I protagonisti sono però tanti, dal simpatico Hiro Nakamura (distorce lo spazio e il tempo) al politico Nathan Petrelli (può volare), dalla cheerleader Claire Bennet (può risanare il proprio corpo) alla spogliarellista Niki Sanders (diventa fortissima secondo una doppia personalità), da Micah Sanders (ripara le cose rotte) a Matt Parkman (legge nel pensiero).

Per finire con i due big: Sylar-Gabriel Gray e Pether Petrelli, rispettivamente cattivo e buono, i quali hanno il potere speciale di acquisire i poteri altrui, seppur in modo molto diverso.
La differenza, non da poco, è che il primo lo fa uccidendoli, mentre il secondo con la vicinanza e la condivisione.

Heroes si apre secondo storie e filoni separati (in cinematografia si parla di “film corali”), che tuttavia non tarderanno a intrecciarsi in modi vivaci e spesso sorprendenti.
La serie, peraltro, si mantiene interessante per tutti gli episodi, coinvolgendo lo spettatore, sinceramente incuriosito.
In tal senso, non è difficile spiegarsi il successo planetario.

Tuttavia, non sono tutte rose e fiori.
L’incipit, per esempio, è un poco debole, e non avrei né cominciato né continuato la visione se un amico non mi avesse prestato il dvd con tutti i suddetti 23 episodi.

Anche il finale è debole, e, nella confusione generale di un frenetico intersecarsi di personaggi e situazioni, non convince (magari non leggete oltre se dovete vedere ancora la prima serie), sia dal lato del cattivo (ha la vittoria a portata di mano e si distrae sul più bello?) sia da quello dei buoni (hanno sconfitto il cattivo e non ne approfittano per eliminarlo pur essendo ko… col risultato che lui fugge di nascosto?).

Inoltre, nonostante il casting globalmente parlando risulti efficace, non è indimenticabile, come sarebbe potuto forse essere, e come è stato per altre serie (sia di genere simile, come per esempio Lost o X-Files, sia di genere differente, come Friends).

In definitiva, a mio avviso Heroes è una serie televisiva che merita la visione e che propone buon intrattenimento e spunti interessanti, anche di genere esistenziale, cosa che la arricchisce, ma che forse non merita in pieno l'entusiasmo suscitato.

In futuro, peraltro, similmente a quanto ho fatto per anime e manga, recensirò anche serie tv di cui ho visto pochi o anche un solo episodio, non giudicandole degne di prosieguo: difatti, un consiglio negativo spesso vale più di un voto positivo, visto che ci permette di risparmiare molto tempo.

Fosco Del Nero

AGGIORNAMENTO del 20/10/17: dopo parecchio tempo ho ripreso la visione della serie e l'ho terminata. Purtroppo a Heroes capita quello che capita a tante serie, da Lost a Fringe: dopo una prima stagione brillante e promettente, la qualità media decade fino a sfiorare il ridicolo. Non solo perché a un certo punto tutti hanno poteri, ma perché da un momento all'altro le persone passano dall'essere buone all'essere cattive, e a ristrutturare alleanze opposte al passato, sovente in modo forzato.
Anche i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi peggiora in modo netto, ma in generale è proprio la sceneggiatura che oscilla tra il forzato e il ridicolo. Peccato anche in questo caso.



Titolo: Heroes (Heroes).
Genere: serie tv, fantastico.
Ideatore: Tim Kring.
Attori: Ali Larter, Hayden Panettiere, Adrian Pasdar, Milo Ventimiglia, Masi Oka, Santiago Cabrera, Leonard Roberts, Sendhil Ramamurthy, Jack Coleman, Zachary Quinto, Noah Gray-Cabey, Greg Grunberg, Malcolm McDowell, Kristen Bell.
Anno: 2006-2010.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 4 dicembre 2009

Bagliori nel buio - Robert Lieberman

Mi ero segnato il titolo di Bagliori nel buio in quanto lo avevo trovato consigliato in un sito internet, segnalato come un eccellente esempio del suo genere (ossia tra fantascienza e horror).

Probabilmente, però, non lo avrei guardato se mi avessero detto che si trattava di un film su ufo e rapimenti alieni (“abduction”, in inglese).
E non perché non trovi interessante l’argomento (lo è molto, e importante pure), quanto perché si tratta di un sottogenere stra-abusato, e spesso con prodotti finali meno che mediocri.

Tuttavia, ho dovuto riconoscere alla fine che Bagliori nel buio, diretto da Robert Lieberman nel 1993, è proprio un bel film.

Non un film recente, dunque, ma un film che vale senz’altro la pena vedere, specialmente se si è appassionati di fantascienza o di ufologia.

Peraltro, il film è ispirato a una storia vera, che ha fatto molto scalpore data la quantità di indizi e prove a sostegno dei fatti descritti.

Ed ecco la storia di Bagliori nel buio: nel settembre del 1975 cinque taglialegna dell’Arizona si recano come sempre a lavoro col loro camioncino.
A differenza del solito, tuttavia, stavolta scorgono delle fortissime luci tra gli alberi e, una volta giunti in prossimità di ciò che emanava tali luci, scoprono che si tratta di una navicella sospesa una ventina di metri sopra una radura.

Travis Walton, incuriosito e noncurante degli avvisi dei compagni, scende dal furgoncino e si porta sotto il disco volante, il quale, a sua volta, emette un raggio che lo fa crollare a terra.

Gli altri taglialegna, a questo punto, scappano terrorizzati, per poi tornare indietro dopo alcuni minuti, preoccupati per l’amico.
Tuttavia, nella radura non trovano niente di niente: né Travis, né la navicella, né alcuna prova di quanto successo.

Nei giorni seguenti, la scomparsa del ragazzo crea molto scompiglio in paese, tanto che la gente si divide su quanto pensa sia accaduto, coi cinque che finiscono per essere sospettati di omicidio… finché…

Come detto, dietro c’è una storia vera, con tanto di macchina della verità, ipnosi regressiva, numerosi testimoni oculari e indagini ufficiali.

Quanto al film, tutto è riprodotto con abilità, e il film stesso scorre liscio, appassionante e coinvolgente, per tutta la sua durata.
La sceneggiatura non è eccezionale (visto che le storie di contatti con alieni e ufo sono centinaia di migliaia e dunque è anche difficile essere particolarmente innovativi), ma la realizzazione tecnica è certamente positiva, col giudizio finale su Bagliori nel buio che è anch'esso positivo.

Fosco Del Nero



Titolo: Bagliori nel buio (Fire in the sky).
Genere: drammatico, fantastico, fantascienza, horror.
Regista: Robert Lieberman.
Attori: D.B. Sweeney, Craig Sheffer, Robert Patrick, Peter Berg, Henry Thomas, James Garner, Wayne Grace, Georgia Emelin, Kathleen Wilhoite, Scott Macdonald.
Anno: 1993.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 2 dicembre 2009

D-Gray man - Osamu Nabeshima

Quest’oggi vi presento un altro anime, con la precisazione che, come per casi precedenti di manga e anime (per esempio, Black Lagoon e Honey and Clover), ho visionato solamente il primo episodio, non essendo per ora andato oltre nell’opera.

Le mie impressioni si basano solo su codesto primo numero, anche se, da buon vecchio appassionato di fumetti e animazione orientale, spesso mi basta poco per intuire il valore di un’opera, manga o anime che sia, potendola paragonare alle molte altre con cui ho avuto a che fare.

Il candidato di oggi è D-Gray man, serie animata realizzata tra il 2006 e il 2008 da Osamu Nabeshima sulla base del precedente manga di Katsura Hoshino.

D-Gray man, dalle forti tinte gotiche, è ambientato in un’Europa ottocentesca assai cupa e triste, oltre che pericolosa…

Difatti, il mondo è minacciato dagli Akuma, sorta di demoni che, approfittando della tristezza e dei drammi umani, si impossessano delle anime di uomini e donne sofferenti per spargere morte e distruzione.

Per opporsi a tale minaccia, il Vaticano ha costituito un ordine di persone specializzate nella lotta agli Akuma, denominate Esorcisti (nome un poco fuori luogo, probabilmente, almeno per noi occidentali).

Tra questi, il giovane Allen Walker, un ragazzino che ha fatto di una maledizione ricevuta il suo punto di forza, finendo per diventare uno dei più talentuosi cacciatori di demoni, come chiarito fin dal primo episodio.

Il mio giudizio su questo anime non è entusiastico, nonostante io ami il genere fantastico e anche gli elementi gotico-orrorifici.
Forse per il tratto grafico, per certi versi secondo me poco maturo, o forse per il connubio stile gotico-scene comiche, difficilmente sostenibile a meno di realizzare un prodotto capolavoro.

Inoltre, anche la storia del cacciatore di demoni è assai poco originale, e la mancanza di personaggi particolarmente carismatici chiude il cerchio.

Devo aggiungere tuttavia che la serie animata (che si compone di ben 70 episodi) conta numerosi estimatori, e che quindi in buona sostanza è una questione di gusti.

Riferite le caratteristiche dell’opera, a voi decidere se vederla; io, di mio, dubito che andrò avanti, pur non ritenendo D-Gray man un prodotto pessimo (dovendo però decidere a cosa dedicare il mio tempo, difficilmente andrà a questo anime).

Fosco Del Nero



Titolo: D-Gray man (Di gurei-man).
Genere: fantastico.
Regista: Osamu Nabeshima.
Anno: 2006-2008.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

domenica 29 novembre 2009

Scandalo a Filadelfia - George Cukor

I lettori fedeli del sito sanno che ogni tanto ripesco qualche classico del passato, laddove con classico non intendo un film visto in un’infanzia di decine di anni fa, ma qualche importante film degli anni "50 o "60 che non avevo mai visto (per motivi anagrafici, per l’appunto, dato che io sono del "79).

Stavolta, andando a ritrosi addirittura fino al 1940, è toccato a Scandalo a Filadelfia, il quale, per inciso, è il terzo film di Cary Grant che recensisco, dopo Operazione sottoveste e Susanna.
La prima delle due commedie, peraltro, vivace e spigliata, mi era piaciuta parecchio.

Come mi è piaciuta molto questa, tecnicamente un film sentimentale, ma di fatto irresistibile commedia letteralmente stracolma di umorismo e ironia.

Ecco la trama di Scandalo a Filadelfia: Tracy Samantha Lord (Katharine Hepburn) è una giovane vedova, nonché nobile e ricca, divisa tra passato e futuro.
Il passato, segnatamente, si chiama C.W. Dexter Haven (Cary Grant), e coincide col suo ex marito, uomo brioso e brillante.
Il futuro, invece, porta il nome di George Hidderidge, suo fidanzato e promesso sposo, uomo più posato e serio, ottimo rappresentante dell’upper class americana degli anni "30.
A confondere le idee, giunge anche Macauley Connor, un giornalista in incognito mandato dal suo boss per ficcanasare in quelle che sono le nozze più attese della regione.

Trama non ce n'è molta, a dirla tutta, come non vi è molta originalità in una pellicola che non è nient’altro che un canovaccio su relazioni, amore e gelosia, il cui punto forte però, sta nel come esso è affrontato, ossia con un’ironia deliziosa, praticamente onnipresente, e con dialoghi fitti, vivaci, ispirati e pungenti.

Come dico sempre, quando non si brilla per innovazione, occorre brillare per lo stile esecutivo, se non si finisce inevitabilmente nella mediocrità.

Scandalo a Filadelfia ha optato per la seconda ipotesi e, non a caso, il film ha avuto sei nomination per gli Oscar, vincendone poi due.
Eccellente connubio di eleganza e divertimento, per un classico che merita assolutamente di essere ripescato dal cilindro dei cinema del passato.

Fosco Del Nero



Titolo: Scandalo a Filadelfia (The Philadelphia story).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: George Cukor.
Attori: Cary Grant, Katharine Hepburn, Ruth Hussey, James Stewart, John Howard, Virginia Weidler, Henry Daniell, Roland Young, John Halliday, Mary Nash, Lionel Pape, Rex Evans
Anno: 1940.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 27 novembre 2009

La spina del diavolo - Guillermo Del Toro

La spina del diavolo è un film di difficile classificazione, composto com’è da una sinergia di fattori.
Si presenta, anche se forse sarebbe più opportuno dire è stato presentato, come un horror, e in effetti specie nel suo incipit vi è qualche elemento orrorifico, ma poi si dispiega come una storia di formazione giovanile dal contenuto essenzialmente drammatico.

E non poteva essere altrimenti, posto che in essa confluiscono due elementi: la guerra civile spagnola dell’anno 1939 e un orfanotrofio.

Proprio in quest’ultimo finisce Carlos, ragazzino che, pur non sapendolo ancora, ha appena perso il padre in guerra, e che viene per l’appunto portato nella struttura per orfani.

Intorno ad essa gravitano losche figure: da Jacinto (Eduardo Noriega, protagonista del bellissimo Apri gli occhi di Alejandro Amenabar) al “Sospiroso”, che pare essere un fantasma che infesta l’orfanotrofio…

Se il film ha un sapore meticcio, in pari misura lo ha, e sarebbe stato strano il contrario, il suo regista, che risponde al nome di Guillermo Del Toro, che ha diretto prodotti tanto diversi tra loro come Hellboy e Il labirinto del fauno.

Io propendo per questo secondo filone, e difatti ho assai apprezzato Il labirinto del fauno, film triste ma contemporaneamente bellissimo ed evocativo.

La spina del diavolo, che lo precede di qualche anno, si situa proprio in questo spazio narrativo, per quanto, a mio avviso, con esiti nettamente inferiori.
E non tanto per sua deficienza, visto che si tratta di un film più che sufficiente, quanto per l’eccellenza del dirimpettaio.

Di suo, La spina del diavolo è un film discreto, con una trama sostanzialmente semplice, e peraltro in buona parte abusata (la presenza spiritica che infesta un certo posto), una location anch’essa poco originale (sono numerosi i film ambientati in un orfanotrofio; tra gli altri, ricordo i recenti El orfanato e Saint Ange, con quest’ultimo che secondo me è il migliore della triade), una buona recitazione dei protagonisti e una certa cura per fotografia e montaggio.

Insomma, a mio avviso vale la pena di vederlo, per quanto non siamo di fronte a un prodotto che ha fatto o che farà la storia del cinema.

Fosco Del Nero



Titolo: La spina del diavolo (El espinazo del diablo).
Genere: drammatico, fantastico, horror.
Regista: Guillermo Del Toro.
Attori: Federico Fernando Tielve, Luppi, Eduardo Noriega, Marisa Paredes, Inigo Garcés, Irene Visedo.
Anno: 2001.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 25 novembre 2009

Indigo - Neale Donald Walsch

Indigo è un film del 2005 girato da Neale Donald Walsch avente per argomento, come suggerisce il titolo, la questione dei bambini indaco.

Una piccola chiosa è necessaria per coloro che non sono particolarmente vicini a tematiche di tipo spirituale-new age-esistenzialistico: i bambini indaco sarebbero dei bambini, nati negli ultimi decenni, particolarmente intelligenti, svegli e profondi, che costituirebbero, diciamo così, la nuova evoluzione del genere umano.

Se la definizione è nata in ambito spiritual-energetico, esistono peraltro numerosi studi su bambini “particolari” (per esempio con un maggior numero di codoni del dna attivi rispetto a quello che si credeva fosse il dato umano fisso e immutabile), tanto da aver generato un intero filone di studio… nonché questo film, diretto peraltro da un celebre scrittore di tipo spirituale, quel Neale Donald Walsch autore di Conversazioni con Dio, nonché attore dell’omonimo film tratto dal suo libro, e nonché attore e regista di questo Indigo, film mai portato in Italia, che infatti mi sono visto in inglese, con l’aiuto di sottotitoli.

Ecco in breve la trama di Indigo: Ray (Neale Donald Walsch) è un uomo freddo e rigido, decisamente più portato agli affari che alla cura della propria famiglia.
Capita così che egli veda allontanarsi da lui, una alla volta, ogni persona importante della sua vita: la moglie, il figlio e la figlia, per quanto in tempi e modi diversi.
La figlia, peraltro, lo aveva già reso nonno, con la piccola Grace (Meghan McCandless), bambina assai sveglia e precoce, che finisce in un orfanotrofio a seguito dell’ingiusto arresto della mamma.
E proprio i due, nonno e nipote, saranno i protagonisti centrali del film, sorta di fuga-avventura che per Ray coincide anche con un periodo di risveglio mentale-spirituale, scosso anche dalle doti della piccola Grace.

Dico subito che Indigo non mi è piaciuto molto: se il genere risultava di mio interesse, col film peraltro arricchito la presenza preziosa di Neale Donald Walsch, il dispiegamento di trama e personaggi non mi ha convinto.

A partire dal casting, tipico di un film di basso spessore; in particolare, la scelta dell’attrice che ha interpretato Grace mi è parsa a dir poco pacchiana, col personaggio che avrebbe dovuto emanare fascino e carisma e che invece è stato ridotto a una bizzarra macchietta.

Mediocri anche fotografia, scenografia e montaggio, ma in fin dei conti non ci si aspettava molto da questo punto di vista, quanto da quello di sceneggiatura e dialoghi, ugualmente carenti, tuttavia.

Quel che rimane è dunque un lodevole tentativo (lodevole perché i film di genere spirituale certamente non costituiscono un fattore commerciale attrattivo), ma in definitiva assai mediocre.
Del medesimo genere ho preferito lo stesso Conversazioni con Dio, come (il comunque non eccelso) La profezia di Celestino, anche se a mio avviso occorrerebbe leggere i rispettivi libri prima di vedere i film.

Fosco Del Nero



Titolo: Indigo (Indigo).
Genere: drammatico, esoterico, spirituale.
Regista: Neale Donald Walsch.
Attori: Neale Donald Walsch, Meghan McCandless, Sarah Rutan, Gregory Linington, Dane Bowman.
Anno: 2005.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

    domenica 22 novembre 2009

    Le folli avventure di Rabbi Jacob - Gérard Oury

    La recensione di oggi è dedicata a un film un po’ particolare…
    … anzi, a un film del tutto fuori di testa, ad essere sincero.

    Comincio dalla genesi: si tratta di un film consigliatomi poco tempo fa da un amico francese, e per l’appunto è un film francese ((ma di coproduzione italiana), peraltro non recente, essendo datato 1973.

    Il suo titolo è Le folli avventure di Rabbi Jacob, e il suo regista Gérard Oury.

    Anche se, sempre ad onor del vero, il protagonista indiscusso della pellicola è Louis De Funés, un attore che non avevo mai sentito né visto.
    Un peccato, perché dotato di una mimica facciale e corporale incredibile, e che fa ridere al solo guardarlo.

    Ecco in breve la trama di Le folli avventure di Rabbi Jacob, composto di due filoni che poi vanno a intersecarsi: da un lato, abbiamo Victor Picchio (Louis de Funès), industriale parigino che, mentre sta andando al matrimonio della figlia insieme al suo autista, si trova coinvolto nel rapimento di un leader politico arabo, tale Mahamed Slimane.

    Dall’altro lato, invece, abbiamo il rabbino Jacob e il suo assistente Samuel, tornati a Parigi da New York dopo molti anni di assenza per assistere al bar mitzvah del nipote del primo.

    Come detto, i destini dei due gruppi si confonderanno, nel senso stretto della parola, con Victor Picchio e Mahamed Slimane costretti a una difficoltosa fuga dagli attentatori arabi, desiderosi di eliminare entrambi.

    Il film, stringi stringi, non costituisce niente di particolarmente originale, essendo una normalissima e lunghissima commedia degli equivoci.
    Inoltre, non si distingue certo per fotografia, scenografia o costumi.

    Si distingue, invece, per la sua verve, veramente notevole, con alcuni spunti davvero irresistibili.
    Il tutto, sostanzialmente, si regge sulle doti comiche di Louis De Funés, fatto che, comunque, alla fine della fiera risulta bastante per generare un film comico godibile e divertente, a tratti davvero folle, come suggerisce il titolo stesso, che meriterebbe di essere guardato anche solo per vedere e sentire come Victor Picchio commenta il suo cognome quando si presenta alla gente.

    Simpatica la colonna sonora.

    Fosco Del Nero



    Titolo: Le folli avventure di Rabbi Jacob (Les aventures de Rabbi Jacob).
    Genere: comico.
    Regista: Gérard Oury.
    Attori: Louis De Funès, Marcel Dalio, Henry Guybert, Janet Brandt, Claude Giraud, Suzy Delair, Josy Eisenberg, Renzo Montagnani, André Falcon, Xavier Gelin.
    Anno: 1973.
    Voto: 7.
    Dove lo trovi: qui.

    Il mondo dall'altra parte