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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 23 luglio 2024

Terminator - James Cameron

Con la recensione odierna si fa un tuffo negli anni Ottanta, con uno dei suoi film più rappresentativo: Terminator.

Siamo nel 1984 quando il regista James Cameron, che divenne famoso proprio grazie alla pellicola in questione (già presente nel blog per i film Aliens - Scontro finale e Avatar), fa uscire il primo Terminator, ottenendo tanto successo da generare un vero e proprio franchise, fatto di altri film, serie tv, fumetti e videogiochi.

Ecco la trama del film, che all’epoca era piuttosto originale (oggi sarebbe considerata banale): in una giornata (non proprio) qualunque nella Los Angeles del 1984, due creature arrivano dal 2029, una umana e una robotica.

Quella umana è Kyle Reese, un soldato della Resistenza; quella robotica è il famoso cyborg interpretato da Arnold Schwarzenegger, una macchina inviata dal futuro per uccidere Sarah Connor, la futura madre di John Connor, colui che nel futuro avrebbe portato la resistenza umana alla vittoria contro le macchine che nel frattempo avevano preso il potere, scatenato una guerra nucleare e ridotto di molto il numero degli esseri umani sul pianeta.

Sia l’uomo che la macchina hanno la missione di trovare Sarah Connor: il primo per proteggerla, la seconda per ucciderla. Ne deriva una battaglia senza esclusione di colpi… e con molte sparatorie e inseguimenti.

Forse Terminator ha fatto presa su una parte del pubblico di allora soprattutto per l’aspetto tecnologico e per quello adrenalinico, ma la parte più interessante del film, quella che certamente gli ha dato spessore, è quella umana: il delicato triangolo che si instaura tra il leader del futuro John Connor, il suo fedele soldato Kyle Reese e la futura madre Sarah Connor… la quale, nel 1984, è ovviamente ignara di tutto quello che sta per succedere.

Ben eseguito come lavoro cinematografico, all’epoca innovativo, Terminator, come altri film di genere simile mette in allarme sui pericoli di affidarsi troppo alla tecnologia, oramai giunta a livello di IA piuttosto elaborata. Quello che in passato era uno spunto narrativo, in effetti in un qualche futuro potrebbe diventare un problema vero e proprio, nel momento in cui qualcuno decidesse di affidare a una IA il governo di una città, di una regione o di una nazione (suppongo che si inizierà, come esperimento, con singoli centri abitati, dapprima piccoli).

Si spera con esiti migliori di Terminator, con tutto il rispetto per un film che è stato iconico, all’epoca, e che ha un suo senso ancora oggi.

Fosco Del Nero



Titolo: Terminator.
Genere: fantascienza, drammatico.
Regista: James Cameron.
Attori: Michael Biehn, Arnold Schwarzenegger, Linda Hamilton, Lance Henriksen, Paul Winfield, Bill Paxton, Rick Rossovich, Earl Boen, Dick Miller, Bess Motta, Bruce M. Kerner. 
Anno: 1984.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui



martedì 16 luglio 2024

Un affare di famiglia - Hirokazu Kore'eda

Spesso guardo film che mi ero segnato in passato, senza ricordarmi per quale motivo: è stato così per Un affare di famiglia, di cui non rammentavo né la ragione dell’appunto, né il genere o la provenienza del film.

È stato comunque tutto chiaro una volta visto il film. Il motivo per cui me lo ero segnato era probabilmente il fatto che avesse vinto la Palma d’Oro a Cannes nel 2018, anno di uscita del film.

Il genere oscilla tra la commedia e il drammatico. 
La provenienza è quel Giappone che mi piace tanto… pur se mi piace più nell’animazione che non nella recitazione.

Ad ogni modo, andiamo a tratteggiare la trama di Un affare di famiglia, film diretto da Hirokazu Kore'eda (che non conosco e che leggo essere specializzato nel ritrarre i rapporti familiari): nella grande Tokyo, una famiglia vive in grandi difficoltà economiche, in un piccolo e modesto appartamento, sbarcando il lunario come può, tra lavoretti e furti: c’è la vecchia Hatsue, c’è la coppia composta da Osamu e Nobuyo, c’è la più giovane e disinibita Aki, che lavora in un sex club, c’è il ragazzino Shota… e arriva anche la piccola Yuri, che di fatto viene sottratta a una coppia che la maltrattava.

In tutto ciò, c’è un dettaglio: non si tratta di una famiglia, ma di un’accozzaglia di persone, dal momento che le uniche due con un rapporto di parentela sono la nonna Hatsue e la nipote Aki.

Pur senza essere una famiglia in senso legale, il gruppo è molto unito a livello umano e si sostiene vicendevolmente, pur nelle ristrettezze della sua umile vita, non mancando di apprezzare i bei momenti, come una gita al mare.

L’arrivo della piccola Yuri, ribattezzava Rin e cambiata nell’aspetto per sottrarla alle eventuali attenzioni di conoscenti, poliziotti e assistenti sociali, vivacizza la situazione… come la vivacizza anche un incidente occorso a Shota.

Devo dire la verità: ho apprezzato Un affare di famiglia. Il film non ha alcuna pretesa morale, concettuale o culturale, ma è interessante nel tratteggiare uno scenario umano alternativo, che per quanto ci riguarda è sia quello della “famiglia” in questione, ma anche quello della società giapponese.
Pur con le loro debolezze, assai evidenti e non edulcorate, ci si affeziona ai personaggi, e non si fa fatica a solidarizzare con lo sguardo finale della piccola Yuri/Rin.

Detto questo, se penserò al cinema giapponese continuerò a pensare a Otomo, Miyazaki od Hosoda, non al pur interessante Un affare di famiglia, giacché l’afflato e l’ampiezza sono ben diversi.

Fosco Del Nero



Titolo: Un affare di famiglia (Manbiki kazoku).
Genere: commedia, drammatico.
Regista: Hirokazu Kore'eda.
Attori: Lily Franky, Sakura Andô, Mayu Matsuoka, Kirin Kiki, Jyo Kairi, Miyu Sasaki, Kengo Kora, Chizuru Ikewaki, Naoto Ogata, Sôsuke Ikematsu, Yôko Moriguchi, Moemi Katayama, Yuki Yamada, Akira Emoto
Anno: 2018.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 9 luglio 2024

Weathering with you - La ragazza del tempo - Makoto Shinkai

Weathering with you - La ragazza del tempo è il sesto film di Makoto Shinkai che vedo, dopo Oltre le nuvole, il luogo promessoci5 cm per secondYour nameIl giardino delle paroleViaggio verso Agartha.

Il motivo per cui ho visto quasi tutti i suoi film (mi manca solo l’ultimo: Suzume) è molto semplice: sono bellissimi da vedere, letteralmente una gioia per gli occhi.

Il motivo per cui nessuno di essi ha avuto una valutazione ottima è presto detto: le sceneggiature non sono granché, palesando sempre il medesimo difetto… nonostante il regista non sia più ai suoi primi lavori, il che suggerisce che si tratti di una carenza strutturale mai affrontate. 

Nel dettaglio, i film di Shinkai sono melodrammatici e tendenzialmente infantili-adolescenziali, ben lontani dalle vette di Miyazaki, a cui è stato (indegnamente) accostato. Più di Shinkai, personalmente accosto ad Hayao Miyazaki Mamoru Hosoda… se non proprio il figlio Goro Miyazaki (ma saremmo comunque in ambito Studio Ghibli, come pure per Takahata o per Yonebayashi).

Ma andiamo alla trama di Weathering with you - La ragazza del tempo: Hodaka, un ragazzo sedicenne, va a Tokyo scappando dalla famiglia e s’imbatte subito nelle prime difficoltà… dove dormire, come mantenersi, dove trovare lavoro. Dopo un empasse iniziale, si sistema presso Keisuke e Natsumi, i quali portano avanti una piccola casa editrice, e poi conosce Hine, nonché il di lei fratellino Nagi, la quale ha la capacità di modificare il clima portando il sereno…

… capacità ovviamente molto richiesta sul mercato, che i due cercheranno di sfruttare mettendo su una piccola attività in proprio.
Tuttavia, le donne con tale capacità, si scopre strada facendo, sono attese da un destino infausto.

Shinkai ci mette dentro un po’ di tutto: vita cittadina, amicizie, lavoro, amore, tematiche fantastiche, come peraltro fatto anche nei suoi lavori precedenti… ma il risultato è il solito: un eccellente opera dal punto di vista visivo; una storia piuttosto deludente, per non dire del tutto mediocre, dal punto di vista narrativo.

Il punto dolente è sempre la tendenza melensa che il regista giapponese mette nelle sue storie, a cui vorrebbe dare, forse scimmiottando altri registi suoi colleghi, un afflato epico, senza però riuscirsi e anzi risultando stucchevole.

Probabilmente farebbe meglio a basarsi su sceneggiature altrui, o su romanzi di successo, e attenersi strettamente a quanto vi trova, limitandosi a curare la parte tecnica, in cui viceversa eccelle (specie nei colori e nei giochi di luce).

Mi vedrò anche Suzume, e poi avrò finito, per ora almeno, con i film d’animazione di Makoto Shinkai (a cui farebbe bene probabilmente un po’ di apprendistato allo Studio Ghibli, almeno relativamente alla parte “interiore-emotiva” delle produzioni).
 
Fosco Del Nero



Titolo: Weathering with you - La ragazza del tempo (Tenki no ko).
Genere: animazione, anime, drammatico, sentimentale. 
Regista: Makoto Shinkai.
Anno: 2019.
Voto: 6. 
Dove lo trovi: qui.





martedì 2 luglio 2024

Men in black 2 - Barry Sonnenfeld

Su Cinema e Film finora erano stati recensiti Men in black e Men in black 3, ma mancava Man in black 2… carenza che viene colmata con la recensione di oggi.

Men in black 2 è uscito nel 2002, a distanza di cinque anni dal suo predecessore, che fu un prodotto di grande successo. Il sequel propone praticamente lo stesso schema, in tutto: il regista è sempre Barry Sonnenfeld, i due attori principali sono sempre Will Smith e Tommy Lee Jones… pur se cambia il personaggio secondario femminile, che passa da Linda Fiorentino a Rosario Dawson.

Viene tuttavia introdotto un antagonista femminile (per modo di dire), interpretato da Lara Flynn Boyle, indimenticabile protagonista della serie tv I segreti di Twin Peaks, una delle serie televisive più importanti di tutti i tempi.

Passiamo alla trama sommaria di Men in black 2: la cattiva Serleena vuole impadronirsi della Luce di Zartha, lasciata dagli Zarthiani sulla Terra alcuni decenni prima. L’Agente J, ora non più novellino e decisamente più pratico, richiama dalla sua “pensione” l’Agente K, che si suppone essere l’unico a sapere come andarono le cose tempo addietro con il prezioso manufatto.
Comincia così un nuovo turbinio di azione, effetti speciali, umorismo e gag.

Men in black 2 applica alla lettera il motto “Squadra che vince non si tocca”… e non tocca quasi niente, compresi vermoni e cane parlante. Il risultato, quasi inevitabile, è che il film risulta poco originale, per quanto ben eseguito, fatto evidente anche nel riscontro della critica: da un lato premi, dall’altro nomination come film deludente. 

La cosa si spiega facilmente: il film è piacevole, ma prevedibile, ben diretto ma affatto indimenticabile… tanto che lo avevo visto una volta molti anni fa (prima di aprire il blog), ma per l’appunto mi ero dimenticato praticamente tutto.

Ne esce fuori una sufficienza stiracchiata, forse più di stima. 
È andata comunque meglio che con Men in black 3, che ho viceversa recensito e che mi ricordo essere ancora peggio del secondo film della serie.

Fosco Del Nero



Titolo: Man in black 2
Genere: commedia, fantascienza.
Regista: Barry Sonnenfeld.
Attori: Tommy Lee Jones, Will Smith, Rosario Dawson, Lara Flynn Boyle, Rip Torn, Johnny Knoxville, Tony Shalhoub, Patrick Warburton, Jack Kehler, David Cross, Colombe Jacobsen-Derstine. 
Anno: 2002.
Voto: 6. 
Dove lo trovi: qui.



martedì 18 giugno 2024

Usagi drop - Kanta Kamei

Mi ero segnato da un po’ di tempo la serie Usagi drop, una breve serie anime datata 2011, che a suo tempo avevo visto segnalata online come prodotto di buon valore.

Lo è, per certi versi, a cominciare dalla sigla d’apertura, molto stilosa nella grafica e molto orecchiabile nella parte audio… forse, a dirla tutta, si tratta dell’elemento di maggior pregio di  Usagi drop.
Anche la sigla di chiusura, differente, è caruccia.

Da segnalare che, dopo la sigla di chiusura, ogni episodio propone una scena finale, cosa che costringe a vedersi ogni volta anche la seconda sigla… oppure a saltarla manualmente, secondo preferenza.

Quanto al genere, si tratta di una serie tendente alla commedia, pur se affronta il tema serissimo dei genitori single, pur facendolo da un punto di partenza alquanto originale. 

Ecco la trama sommaria di Usagi drop: un dì, Daikichi, trent’enne che vive in città, si reca nella casa di campagna del nonno, appena morto a circa ottant’anni. Che muoia un ottantenne non è una cosa insolita… mentre è insolito che lasci una figlia piccola di 7 anni: Rin, figlia dell’anziano uomo e della sua amante-badante, una giovane donna che sparisce ben presto abbandonando la figlioletta, che peraltro non sapeva nemmeno che la donna fosse sua madre.

L’evento pone in grave imbarazzo il resto della famiglia, che vorrebbe disfarsi della piccola mandandola in qualche istituto, sino a che proprio Daikichi decide di prenderla a vivere con sé, con ciò modificando di netto la sua vita come orari, impegni e conoscenze.
Finirà per familiarizzare con altri genitori single (per quanto single per motivi più classici: dal divorzio alla morte del coniuge), anch’essi impegnati nel difficile compito di conciliare lavoro, bambino e vita personale. 

La serie si compone di undici episodi di circa 22-23 minuti circa ciascuno.

Il tratto grafico è gradevole, tra disegni a mano e acquerelli, mentre il comparto audio è buono, tra musiche e voci. A proposito delle voci, il prodotto non è mai stato importato in Italia, per cui è disponibile solo tramite sottotitoli realizzati da appassionati (non professionisti, quindi).

Usagi drop è un prodotto gradevole: tra la sigla d’avvio molto ben fatta (video e audio) e i due personaggi principali, non si fa fatica a provare simpatia per tutto quanto… tuttavia è ben lontano dall’essere un prodotto memorabile.
Si limita a eseguire un buon compitino evidenziando la questione e le sue problematiche, e poi finisce lì, senza nemmeno avviare sottotracce o giungere a un qualche tipo di conclusione quantomeno parziale (come avrebbe potuto essere, per esempio, una storia d’amore andata a buon fine).

Pazienza, prendiamo quello che c’è.

Fosco Del Nero



Titolo: Usagi drop (Usagi doroppu).
Genere: anime, serie tv.
Regista: Kanta Kamei.
Anno: 2011. 
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



martedì 11 giugno 2024

Un amore senza tempo - Steven Moffat

Non ricordo come mai mi fossi segnato la serie tv Un amore senza tempo: forse per il genere fantastico, legato ai viaggi nel tempo… forse per la presenza come attrice principale di Rose Leslie, già apprezzata ne Il trono di spade e in Downton Abbey (per quanto in ruoli secondari in ambo i casi)… forse per l’essere assai corta, giacché la serie è stata cancellata dopo la prima stagione, peraltro piuttosto breve con i suoi sei episodi.

Veniamo alle origini di Un amore senza tempo: si tratta di una serie televisiva anglo-statunitense basata su un romanzo precedente: La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger. Si può dunque ipotizzare che si basi su una sceneggiatura solida, com’è (quasi) sempre quando film o serie tv sono basate su prodotti letterari e non avviate sul momento.

Ecco la trama sommaria, ch’è piuttosto originale, occorre dirlo, nonostante il tema dei viaggi nel tempo sia piuttosto inflazionato: Henry DeTamble viaggia nel tempo sin da quando è un adolescente, pur se involontariamente… egli finisce, infatti, in contesti a forte vissuto emotivo, indipendentemente dalla sua volontà e dai suoi desideri. È così costretto a rivivere numerose volte determinate scene, da tante angolazioni, come quella in cui, da bambino, ha assistito alla morte della madre in un terribile incidente stradale.

Per fortuna non tutti i viaggi sono così drammatici: spesso egli è mandato dalla sua futura moglie, Clare Abshire, che visita sin da quando essa era bambina… tanto che la cosa è divenuta per i due un appuntamento fisso. 

Dal punto di vista di Clare, della Clare bambina, quell’uomo maturo era sia il suo segreto, giacché non poteva raccontare a nessuno delle sue apparizioni e sparizioni, sia il suo primo e unico amore, giacché di fatto se n’era invaghita sin da piccola, sapendo che a un certo punto lo avrebbe incontrato nella realtà, al di fuori dei viaggi nel tempo, e che ne sarebbe divenuta moglie.

Il problema è che, quando lo incontra, incontra la sua versione giovane e immatura, tanto che tra i due è subito maretta, pur sapendo entrambi (la ragazza perché lo sa sin da bambina e il ragazzo perché viene informato della cosa al primo incontro) quale sarà il loro destino, ossia il matrimonio e una lunga e felice vita insieme.

In mezzo, alcuni personaggi secondari, non molti, e tanti incontri tra i vari Henry, più o meno giovane o vecchio: i paradossi spazio-temporali di Ritorno al futuro qua non sono nemmeno presi in esame… e i vari Henry, quello della linea temporale e il visitatore momentaneo, non solo possono incontrarsi, ma possono chiacchierare, aiutarsi, persino far sesso tra di loro (ennesima serie tv in cui viene inserito, a forza e in modo ridicolo, il tema omosessuale).

Questo spunto di fondo avrebbe potuto dare alla serie spunti quasi infiniti, e persino di gran valore psicologico, etico, relazionale, spirituale e quant’altro, ma purtroppo Un amore senza tempo rimane sul semplice, tendente al banale, se non proprio al pacchiano…

… non a caso ha chiuso i battenti dopo solo una stagione.
Forse, se gli sceneggiatori e i produttori si impegnassero di più nell’elaborare opere di valore, anziché portare avanti la solita propaganda mondialista-globalista (omosessualità, materialismo, mescolanza delle razze con sostituzione etnica, anti-spiritualismo, femminismo becero e ottuso, lotta al patriarcato da malati di mente, menu a base di insetti, etc), forse le loro serie tv sarebbero migliori, sarebbero più seguite e potrebbero andare avanti per più stagioni.

Se ne conoscete qualcuno, suggeriteglielo pure (anche se temo che non siano liberi di scegliere quali "contenuti" inserire nelle serie prodotte).

Fosco Del Nero



Titolo: Un amore senza tempo (The time traveler's wife).
Genere: serie tv, fantastico, sentimentale.
Ideatore: Steven Moffat.
Attori: Rose Leslie, Theo James, Everleigh McDonell, Caitlin Shorey, Peter Graham, Jason David.
Anno: 2022.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 5 giugno 2024

Chaos - Coline Serreau

Devo essere onesto: dopo aver letto la trama di Chaos, film francese del 2001, non lo avrei guardato… se non fosse che la regista era quella Coline Serreau che avevo molto apprezzato tra Il pianeta verde (capolavoro del genere) e La crisi! (interessante film serio-umoristico sulla società moderna).

A dire il vero, anche Chaos mischia tragedia e commedia… ma pende decisamente più sul primo versante, dati i temi che affronta, e in modo rude: prostituzione, sfruttamento, violenza fisica e morale, sottomissione delle donne nell’islam, degrado della società contemporanea, materialismo ed edonismo. Il programma è piuttosto ampio, occorre dire.

Passiamo alla trama di Chaos, film che vede come protagonisti Vincent Lindon (La crisi!, Il costo della vita, Il costo della vita), Catherine Frot (Lezioni di felicità, La cena dei cretini) e Rachida Brakni (quest’ultima mai vista): una sera/notte la coppia in crisi Paul-Hélène s’imbatte, in auto, in tre balordi che picchiano in malo modo una prostituta, lasciandola incosciente sul selciato nel momento in cui si sono accorti che vi era qualcuno nei paraggi.

La donna, nei giorni successivi, si sente in colpa per la mancanza di compassione dimostrata e va a trovare la ragazza in ospedale, finendo per assisterla persino più delle infermiere, avendo da un lato il marito e il figlio che si lamentano per il fatto che sta trascurando la casa e dall’altro i protettori della giovane, i quali evidentemente hanno ancora un conto aperto con lei, volendo ucciderla o rapirla.

Le cose andranno in modo imprevedibile su praticamente ogni versante, comprese le varie relazioni sentimentali del figlio Fabrice, sorta di Don Giovanni senza scrupoli (e anche senza ritegno… pur se i suoi colleghi coetanei non è che siano molto meglio).

Perché Chaos non mi è piaciuto molto?

Intanto, perché è davvero pesante.
In secondo luogo, perché in buona sostanza pare dichiarare che tutti gli uomini o sono violentatori o sono sfruttatori, mentre le donne sono buone e vittime… un modo di ragionare propagandistico che sta rovinando gli equilibri tra il maschile e il femminile (esattamente come desiderano certi poteri).
Infine, è davvero molto, molto fantasioso: la prostituta esperta di borsa (ma anche super-seduttrice, investigatrice e poliziotta) è praticamente ai limiti della narrativa fantastica.

Il pianeta verde e La crisi! erano ben più ispirati e puliti, come prodotti, e difatti hanno avuto un esito assai più fortunato, soprattutto il primo, divenuto una sorta di emblema del cinema spirituale.

Altro dettaglio, nemmeno tanto dettaglio: il film non mi è piaciuto nemmeno dal punto di vista meramente registico: la ripresa ravvicinata e manuale forse voleva rappresentare i ritmi frenetici e sconclusionati del grosso della popolazione occidentale moderna, ma, per quanto mi riguarda, è risultata solamente fastidiosa e antiestetica. 

Al prossimo lavoro di Coline Serreau… si spera migliore. 

Fosco Del Nero



Titolo: Chaos.
Genere: drammatico.
Regista: Coline Serreau.
Attori: Vincent Lindon, Catherine Frot, Rachida Brakni, Line Renaud, Aishwarya Rai Bachchan, Aurélien Wiik, Chloé Lambert, Wojciech Pszoniak. 
Anno: 2001.
Voto: 5. 
Dove lo trovi: qui



martedì 28 maggio 2024

Nell’anno del Signore - Luigi Magni

Non avevo mai recensito un film di Luigi Magni, regista italiano che nemmeno conoscevo, nonostante un discreto pedigree, fatto soprattutto di film d’ambientazione storica e poco popolari, per dir così.

La sua prima comparsa avviene con Nell’anno del Signore, il film che gli ha dato fama e su cui ha costruito la sua carriera, che ha compreso anche i due “seguiti concettuali” del film in questione, ossia In nome del Papa Re e In nome del popolo sovrano, con cui ha anche vinto dei premi (e che mi vedrò in seguito, giacché Nell’anno del Signore si è rivelato film intelligente e interessante). 

Passiamo dunque alla trama di Nell’anno del Signore: siamo a Roma nel 1825, nel periodo del pontificato di Leone XII, caratterizzato da una politica reazionaria, comprendente coprifuoco, polizia nelle strade e processi sommari, diretti dal Cardinal Rivarola (Ugo Tognazzi). 
Il protagonista centrale della storia è Cornacchia (Nino Manfredi), un calzolaio dall’aria umile e disincantata, che in realtà è il poeta Pasquino, colui che appende per la città manifesti-poesie dissacranti tesi a criticare e umiliare il potere costituito.

Se Cornacchia agisce dietro le quinte, con l’arma della parola, i carbonari hanno scelto l’arma pubblica dell’azione e degli omicidi mirati: tra questi, Leonida Montanari e Angelo Targhini, i quali entrambi s’invaghiranno di Giuditta Di Castro (Claudia Cardinale), bella giudea che sarebbe in teoria la compagna di Cornacchia, pur all’interno di un rapporto piuttosto elastico.

I due uomini tentano di uccidere il carbonaro traditore Filippo Spada, sul cui tentato maldestro assassinio indagherà il Colonnello Nardoni (Enrico Maria Salerno).
Da citare anche la figura del frate prete confessore (Albero Sordi)… anche se probabilmente è le meno riuscita del film, caciara e invadente.

Il film si basa su una storia reale, pur se modificata, ho letto, in tanti punti.

Nell’anno del Signore è l’esempio di un vecchio cinema all’italiana che, col tempo, è sparito, per far posto a spazzatura popolana di vario tipo: il film, pur senza praticamente alcun mezzo tecnologico, e probabilmente anche un budget risicato, destinato presumibilmente ad attori, costumi e poco altro, riesce a proporre molto: un’ambientazione interessante (la Roma del periodo della Restaurazione), dei personaggi ben tratteggiati e accattivanti, dialoghi interessanti, umorismo garbato. Che differenza con i tempi moderni e la media delle produzioni contemporanee!

Molto bella la coppia Manfredi-Cardinale, pur nel suo essere spuria e particolare. 
Tra gli altri, si è intravisto anche un giovane Pippo Franco, nei panni dell’allievo del poeta Pasquino.

Davvero curioso che, finora, non avessi mai sentito parlare di questo film e che me lo sia cercato dopo averne intercettato alcuni dialoghi per puro caso.
 
Fosco Del Nero



Titolo: Nell’anno del Signore.
Genere: storico, drammatico, sentimentale.  
Regista: Luigi Magni.
Attori: Nino Manfredi, Robert Hossein, Claudia Cardinale, Enrico Maria Salerno, Britt Ekland, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Pippo Franco, Stelvio Rosi, Renaud Verley, Marco Tulli, Emilio Marchesini, Stefano Oppedisano
Anno: 1969.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 21 maggio 2024

Harmony - Michael Arias, Takashi Nakamura

Harmony è il terzo film ispirato alle opere di Project Itoh, dopo L’impero dei cadaveri e L'organo genocida, film che mi erano piaciuti abbastanza, sia nella tecnica che nei contenuti, nonostante una certa tendenza cerebrale…

… che ha anche Harmony, film lungo circa due ore, piuttosto lento e parecchio introspettivo.

Quanto ai due registi, avevo già incontrato Michael Arias per il particolarissimo (e molto simbolico, oltre la facciata del film d'animazione e d'azione fantastico) Tekkonkinkreet - Soli contro tutti.

Cominciamo con la trama sommaria di Harmony: in un futuro post-bellico, dopo l’evento disastroso chiamato Maelstrom, la società si è profondamente frammentata.

La parte dominante della società si è estremamente medicalizzata e socializzata, tramite una forte pressione sociale sul versante psicologico e una medicalizzazione con nanotecnologia (denominata “watch me”) sul versante fisico. In pratica, tutti sono equilibrati, controllati e moderati, salvo avere episodi radicali di vario tipo. 

La protagonista è Tuan Kirie, la quale, tredici anni prima, aveva organizzato una protesta con le amiche Miach Mihie e Cian Reikado che avrebbe dovuto sfociare in un suicidio di gruppo. Però, solamente Miach si uccide, mentre le altre due amiche non hanno il coraggio e proseguono la loro vita in modo molto differente.
Tuan lavora ora per l'Organizzazione Mondiale della Sanità (a proposito di medicalizzazione forzata...), nei corpi di polizia internazionali.
Ma il passato tornerà a farsi sentire, compresa una minaccia alla salute pubblica.

Harmony è molto bello da vedere, nonostante ogni tanto la computer grafica si metta in mezzo ad abbassare la qualità media dell’animazione e degli sfondi disegnati a meno. La cosa non stona molto, comunque, dal momento che l’armonizzazione tra i due tipi di disegni è ottimizzata discretamente bene.
I dialoghi e i temi sono molto seri. Non c’è tuttavia molto divertimento, per usare un eufemismo.
Il ritmo è lento e introspettivo.

Nel film vi è una certa bellezza, nonché argomenti interessanti (società medica, controllo sociale, pressione psicologica, distopia, felicità apparente e reale, etc), anche se il prodotto non convince del tutto, specialmente per uno sviluppo poco coerente e fluido.
Peccato, perché il materiale di partenza c’era ed era buono, forse persino ottimo. Anche lo stile scelto è valido ad esteticamente accattivante. Il tutto però, sia visivamente sia emotivamente, risulta molto freddo e asettico e coinvolge poco.

Harmony rimane comunque un buon film d’animazione, di sufficiente-buon valore, come i suoi due colleghi citati a inizio recensione.

Fosco Del Nero



Titolo: Harmony (Harmony).
Genere: anime, fantascienza, drammatico.   
Regista: Michael Arias, Takashi Nakamura.
Anno: 2015. 
Voto: 6.5. 
Dove lo trovi: qui



mercoledì 15 maggio 2024

Old - M. Night Shyamalan

E così ho dato un’altra occasione (l’ultima?) a M. Night Shyamalan guardando Old, suo recente film datato 2021.
Si tratta dell’adattamento cinematografico della graphic novel Castello di sabbia… ed è un’opera piuttosto originale nella sostanza, per quanto difettosa su più fronti.

Partiamo dalla trama: Guy e Prisca Cappa, marito e moglie, si recano in un resort all’avanguardia, ai tropici, con i figli Trent e Maddox, rispettivamente bambino e ragazzina… come ultima vacanza insieme prima della separazione, di cui i piccoli ancora non sanno niente. 
Su suggerimento del direttore del resort, visitano una spiaggia molto isolata, nella quale conoscono altre due coppie (Jarin e Patricia, Charles e Crystal), un famoso rapper, nonché vari altri congiunti tra figli e madri.

Iniziano subito a succedere cose strane: viene trovato il cadavere di una ragazza, al rapper sanguina continuamente il naso e soprattutto i bambini iniziano a crescere in modo rapidissimo. Il gruppo giunge subito alla conclusione che, per qualche fenomeno misterioso, in quella radura assai protetta il tempo scorra più velocemente… e che quindi debbano andarsene altrettanto velocemente.
Purtroppo, però, non ce la fanno, visto che pare esservi una forza che impedisce l’uscita dal passaggio attraverso cui sono giunti (un cunicolo tra pareti rocciose).

Prima di giungere al finale e alla spiegazione del tutto, in mezzo c’è un po’ di tutto: invecchiamento precoce, morte, tumori rapidissimi, operazioni chirurgiche, assassinii, incidenti mortali, concepimenti e parti. Forse persino un po’ troppo, ma d’altronde il fim va di fretta come suo assunto di base.

Nessuna riflessione interiore, nessun contenuto psichico degno di nota (se non forse la domanda, molto attuale, sul punto a cui può arrivare la “scienza” in nome dello studio e del progresso “medico”): Old è un mero intrattenimento cinematografico.

Dal canto mio, non ha aiutato rivedere attori che mi ricordavano da vicino altre serie tv (di qualità ben maggiore rispetto a quella di Old), come Lost o L’uomo nell’alto castello.

In conclusione, Old è anche discretamente interessante nella sua originalità, ma non è niente di notevole: siamo sempre anni luce dagli ormai datati e migliori lavori di Shyamalan: di mio, metto in cima The village e Il sesto senso… e gli altri tutti sotto, alcuni di un po’ e altri di molto.
Quanto a Old, pur non essendo un prodotto disastroso, avrei potuto tranquillamente non guardarlo e non vedo motivi per riguardarlo in futuro.

Fosco Del Nero



Titolo: Old.
Genere: fantascienza, thriller.  
Regista: M. Night Shyamalan.
Attori: Gael García Bernal, Vicky Krieps, Rufus Sewell, Ken Leung, Nikki Amuka-Bird, Abbey Lee, Aaron Pierre, Thomasin McKenzie, Alex Wolff, Eliza Scanlen, Embeth Davidtz, Emun Elliott
Anno: 2021. 
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui



martedì 7 maggio 2024

La regina degli scacchi - Scott Frank

Avevo letto ottime cose sulla serie tv La regina degli scacchi, miniserie da una sola stagione composta da sette episodi che un paio d'anni fa ha avuto un buon successo, persino alimentando l’interesse per il gioco degli scacchi, di moda secoli fa ma poi finito sempre più fuori dai radar delle generazioni moderne, probabilmente perché richiede attenzione, concentrazione, studio e tempo… fattori che stanno diventando sempre più rari, precari e instabili nei tempi recenti.

Partiamo da un elemento negativo, il titolo: se il film è la trasposizione del romanzo di Walter Tevis The queen’s gambit (letteralmente, "il gambetto di regina", una mossa di apertura degli scacchi), vi erano già un film e alcuni libro intitolati La regina degli scacchi: si poteva dunque scegliere qualcosa di meglio, o semplicemente mantenere il titolo originale.

Altro elemento negativo, questo assai più importante; lo evidenzio subito anche perché è praticamente la scena di apertura della serie, cui si torna poi percorrendo l’intera vita della protagonista: è la solita propaganda omosessuale del mondo globalista, di cui Netflix e altri produttori costituiscono il braccio diseducativo nell’intrattenimento. Su relativamente pochi personaggi, difatti, l’omosessualità ricorre varie volte: si tratta di rappresentazione della realtà quando si dipinge la realtà così come è; si tratta di propaganda quando si intende orientare le masse facendo credere che sia normale, o desiderabile, qualcosa che invece non è normale affatto.
A tale fattore si accompagna anche un antimaschilismo di fondo, anche questo cavallo di battaglia del Nuovo Ordine Mondiale: la protagonista ha un padre naturale (cattivo) che abbandona lei e la madre, ha un padre adottivo (cattivo) che ugualmente se ne frega, ed è continuamente delusa dagli uomini (inaffidabili o incapaci, in definitiva inutili)… quando peraltro è sempre lei a comportarsi male a causa di un’evidente misantropia e anaffettività di fondo!

Terzo elemento negativo, anche questo ricorrente in buona parte dell’intrattenimento: l’abbinamento tra l’eroe protagonista e sostanze come droga e/o alcol e/o farmaci e/o fumo. A quanto pare non è di moda oggigiorno proporre un protagonista veramente eroe, ossia capace di rifiutare… la manipolazione propagandistica di certi ambienti/gruppi/poteri umani (come anche lo stile di vita che vogliono imporre).
Quello sì che sarebbe un eroe… ma d’altronde chi diseduca le masse deve proporre finti eroi, magari carismatici, che in realtà pubblicizzano comportamenti antievolutivi: è esattamente questo il profilo della protagonista di questa serie.

Ma lasciamo perdere questo punto (che comunque è bene conoscere per “sapere a cosa si va incontro” quando si guardano le opere provenienti da certi ambienti) e passiamo a un commento più tecnico, cominciando dalla trama de La regina degli scacchi: siamo negli anni “50, quando la piccola Beth Harmon si trova improvvisamente orfana… anche di madre, dopo che il padre le aveva abbandonate anni prima. L’abbandono della madre avviene sotto forma di suicidio automobilistico, cosa che conduce la bambina, piuttosto silenziosa e introspettiva, in un orfanotrofio, dove, pur nella sua riservatezza, fa amicizia con Jolene. Anni dopo, ormai ragazzina, viene adottata da una coppia… che si disfa ben presto: l’uomo se ne va (ancora una volta) lasciando la moglie e la figlia (adottiva, in questo caso).

A questo punto, anche per guadagnare dei soldi, Beth inizia a partecipare a tornei di scacchi, essendo divenuta assai brava sin da quando, nell’orfanotrofio, il custode Shaibel la aveva iniziata al gioco, trovando in lei un vero e proprio fenomeno.
La ragazza inizia a farsi un nome nell’ambiente, che è tuttora molto maschile e al tempo lo era quasi esclusivamente… ma insieme alle vittorie si affacciano alcuni problemi: una certa incapacità sociale, nonché la dipendenza da droghe prima e alcol poi.

Ora un commento più ravvicinato alla serie tv: La regina degli scacchi è ottimamente realizzata. D’altronde, trattandosi di un’opera di appena sette episodi, di circa tre quarti d’ora ciascuno, ci si è certamente potuti concentrare. L’ambientazione e la scenografia sono eccellenti: sembra davvero di assistere a uno spaccato, molto bello a vedersi peraltro, degli anni “50. La scenografia la fornisce il romanzo di Travis ed è solida. I personaggi e i dialoghi sono interessanti, e alcuni discretamente memorabili. La protagonista è stata interpretata da Anya Taylor-Joy, divenuta famosa con quel ruolo (ma già fattasi notare da ragazzina per l’horror The witch), caratterizzato davvero bene, non a caso premiato; a dirla tutta, buca letteralmente lo schermo, come si diceva un tempo.
Interessante anche il personaggio di Benny, rivale-collega americano della ragazza.

Tra gli altri attori, da citare Harry Melling (il Dudley Dursley di Harry Potter) e Thomas Brodie-Sangster (visto nel film Maze runner - Il labirinto e nella serie Il trono di spade). Anche se, a onor del vero, la presenza magnetica di Anya Taylor-Joy attira su di sé praticamente tutte le attenzioni.

Validi anche la colonna sonora, la fotografia e il montaggio. 
Tolgo mezzo punto alla La regina degli scacchi per via della propaganda manipolatoria di cui si è detto a inizio articolo. 

Fosco Del Nero



Titolo: La regina degli scacchi (The queen’s gambit).
Genere: serie tv.
Ideatore: Scott Frank. 
Attori: Anya Taylor-Joy, Harry Melling, Chloe Pirrie, Marielle Heller, Marcin Dorocinski, Patrick Kennedy (II), Rebecca Root, Millie Brady, Michel Diercks, Murat Dikenci, Rebecca Dyson-Smith, John Hollingworth, Tim Kalkhof, Steffen Mennekes, Alberto Ruano, Julia Schneider.
Anno: 2020.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 30 aprile 2024

The mandalorian - Jon Favreau

Per ora, al momento di questa recensione, sono state prodotte tre stagioni di The mandalorian, che ho visto tutte e tre.
Come noto, la serie si inserisce nell’universo di Star wars, pur non toccando le vicende principali della saga. Cronologicamente, siamo tra i due film Il ritorno dello jedi e Il risveglio della forza, ossia tra la prima trilogia e l’ultima.

In pratica, per collocarci a livello di eventi, l’Impero è stato sconfitto, ma i suoi agenti ancora agiscono nell’ombra, mentre la Repubblica non governa tutta la galassia, per cui vi sono molte zone intermedie, con pianeti autogestiti, mercenari, pirati, sceriffi e via discorrendo.

Il protagonista della storia è Mando, un mandaloriano che lavora come mercenario, per l’appunto, e che a un certo punto si imbatte, per lavoro, in Grogu, un cucciolo appartenente alla stessa specie di Yoda. Anziché sacrificarlo come avrebbe dovuto da contratto, lo difende e inizia a proteggerlo, ciò che orienterà decisamente la sua vita.

Altri personaggi importanti sono Greef Karga, il suo “datore di lavoro”, Cara Dune, un’ex-ribelle, la meccanica Peli Motto, l'ugnaught Kuill, la mandaloriana "alternativa" Bo-Katan Kryze, il cattivo Moff Gideon.

I vari episodi della serie, della durata di circa 45 minuti ciascuno, seguono più o meno lo stesso canovaccio e sono ciascuno una piccola storia a sé stante, pur all’interno di una storia più grande: arrivo in un luogo, problemi sul posto, missione assegnata a Mando, Mando il pistolero sbaraglia tutti.
Alla lunga, è un poco noioso, nonostante la realizzazione tecnica del prodotto sia impeccabile (è pur sempre un prodotto Star wars!).

Presumo che la serie andrà avanti ancora, anche perché finora sono stati realizzati solo ventiquattro episodi, pur se, personalmente, non la considero imperdibile.
Ma, d’altronde, lo stesso Star wars ha smesso di esser imperdibile da un certo punto in poi e, anzi, la trilogia recente per certi versi è imbarazzante.

Tornando a noi, The mandalorian di Jon Favreau è un buon prodotto, con una sceneggiatura solida, benché non troppo originale, e una realizzazione tecnica eccellente. Ottima l’idea della sigla di chiusura con delle illustrazioni davvero belle: un modo per dare valore alla parte di un’opera visiva altrimenti trascurata (sigla e titoli finali, per l'appunto).

Una curiosità: l’ideatore della serie, Jon Favreau, è un volto a me noto sin dai tempi di Friends, in cui partecipò ad alcuni episodi. Evidentemente poi ha fatto carriera dall’altra parte della cinepresa.

Fosco Del Nero 



Titolo: The mandalorian.
Genere: fantascienza, azione.
Ideatore: Jon Favreau
Attori: Pedro Pascal, Kyle Pacek, Brendan Wayne, Alexandra Manea, Gina Carano, Tait Fletcher, Bernard Bullen, Luis Richard Gomez, Jamal Antar, Carl Weathers, Werner Herzog, Omid Abtahi, Nick Nolte, Taika Waititi, John Beasley, Horatio Sanz, Giancarlo Esposito, Sasha Banks, Rio Hackford, Emily Swallow, Mysti Rosas, Chris Bartlett.
Anno: 2019-in corso.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui



martedì 23 aprile 2024

Paper girls - Stephany Folsom

Avevo letto cose molto positive sulla serie tv Paper girls, tratta dall’omonimo fumetto di successo, per cui l’ho guardata, ma senza ricavarne l’entusiasmo di altri recensori.

Partiamo dalle basi: si tratta di una serie tv di una sola stagione, peraltro breve. Con otto episodi è finito tutto. La serie non ha ottenuto una seconda stagione, nonostante il discreto successo di pubblico della prima.

La quale peraltro finisce senza alcun tipo di conclusione, ma anzi nel pieno di un flusso narrativo, anticipando eventi che evidentemente contava di sviluppare nella stagione successiva. Questo, come dico sempre, denota una grandissima mancanza di rispetto di una casa di produzione per i suoi spettatori: significa che a chi decide non importa niente della soddisfazione dei telespettatori, né importa niente della bellezza e della completezza di un’opera creativa.
Per loro non è arte o bellezza: sono semplicemente lavoro e denaro.

Questo spiega anche come mai i vari prodotti Netflix o Amazon (questa è una serie Amazon) spesso mettano in mezzo la loro tipica propaganda mondialista: volgarità, sessualità anche giovanile (qua assistiamo a discorsi pre-puberali, come anche a un discorso su come si devono mettere nella cavità femminile di una dodicenne gli assorbenti interni: evidentemente ai loro padroni piace questo tipo di tematica), omosessualità, etc. Sono le solite cose che suppongo stiano stancando anche il pubblico mediano, quello poco attento ai fenomeni collettivi… ma che comunque a un certo punto sente puzza di bruciato anche lui. 

Ad ogni modo, ecco la trama di Paper girls: quattro ragazzine (Tiff, Erin, Mac e KJ) escono, la notte di Halloween, per eseguire il loro lavoro di consegne di giornali, che notoriamente negli USA avviene in orari notturni e a opera di ragazzini in cerca dei primi lavori e delle prime paghe. Senonché le quattro si imbattono, oltre che in bulli di vario genere (a cui misteriosamente riescono a tenere testa pur essendo ragazzine esili), in viaggiatori nel tempo che li coinvolgono nei loro viaggi e li portano nel futuro.

Nel futuro, le quattro conosceranno alcune versioni adulte di sé, ricevendo notizie buone e meno buone. 
Poi torneranno indietro, faranno alcuni giri per cercare di salvarsi la vita e di sistemare le cose in modo decente… visto che di mezzo c’è un’organizzazione del futuro la quale a quanto pare elimina i viaggiatori nel tempo che cercano di modificare quanto è avvenuto.

Paper girls è essenzialmente puerile e infantile, oltre che poco originale nella tematica: abbiamo quattro dodicenni che parlano da pari a pari con gli adulti (un po’ perché loro sono sovradimensionate, un po’ perché gli adulti sono sottodimensionati a livello mentale e coscienziale), che parlano in modo ultravolgare (specialmente una delle quattro, letteralmente inascoltabile), che danno di matto ogni dieci minuti… e che per di più a tratti si trovano alle prese con le loro versioni adulte. Adulte si fa per dire, visto che regnano sempre l’immaturità e l’egocentrismo.

La propaganda globalista, con in mezzo sessualità infantile e omosessualità precoce, fa il resto, abbassando ulteriormente il valoro di un prodotto già mediocre di suo.

Come sia stata segnalata in quanto serie tv di valore francamente è un mistero… risolvibile forse nello scarso livello qualitativo cui è abituata la recente audience televisiva, probabilmente quella meno scafata.

Fosco Del Nero 



Titolo: Paper girls.
Genere: serie tv.
Ideatore: Stephany Folsom.
Attori: Camryn Jones, Ali Wong, Riley Lai Nelet, Sofia Rosinsky, Fina Strazza, Adina Porter, Nate Corddry, Kellee Stewart, Daniel Rashid, Maren Lord, Marika Engelhardt.
Anno: 2022.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.



martedì 16 aprile 2024

Friends - The reunion - Ben Winston

Ho guardato Friends - The reunion esattamente il giorno dopo la morte di Matthew Perry, il famoso Chandler di Friends, avvenuta peraltro in circostanze anomale: diciamo solo che Perry era un noto sostenitore dei sieri sperimentali e che è stato una delle tante vittime dei malori improvvisi (dopo uno sforzo fisico, nello specifico una pratica sportiva).

Peraltro, alcuni giorni prima avevo appena finito di rivedere l’intera serie tv… per l’ennesima volta, giacché amo Friends sin da quando uscì nel 1994, quando ero adolescente. La serie mi ha letteralmente accompagnato nella mia giovinezza, ma anche nell’età adulta, date le continue revisioni dei 236 episodi totali.

Solitamente nel blog Cinema e Film recensisco film, per l’appunto, ma per Friends - The reunion ho fatto un’eccezione. 
Il film-documentario è strutturato in questo modo: nei suoi circa 100 minuti (che volano via in modo rapidissimo) si vede qualcosa degli episodi della serie, si assiste a qualche dialogo tra gli attori adulti, nel 2021, si vedono varie guest star, evidentemente anche loro appassionate di Friends, e si assiste a una sort di show guidato da un presentatore americano che personalmente non conosco.

Nel mezzo, tanti ricordi, tanti retroscena e anche qualche spiegazione, come il feeling evidentissimo tra “Ross e Rachel”… non solo nella serie tv, ma anche nella realtà, tra Jennifer Aniston e David Schwimmer. Quest’ultimo peraltro non solo recitava come attore, ma ha anche diretto numerosi episodi del programma, che avveniva dal vivo, davanti a un pubblico reale, e poi registrato e montato a beneficio del pubblico televisivo.

Personalmente ho gradito molto vedere Friends - The reunion, pur nella tristezza della recente morte di Perry… peraltro, anche gli altri attori non erano più giovanissimi: la più vecchia di loro, Lisa Kudrow, all’epoca del documentario in questione aveva ormai sessanta anni.

Mi riguarderò certamente questo film-documentario sulla sit-com più importante e divertente di tutti i tempi (il cui primato è minacciato solamente da The Big Bang Theory, ugualmente divertente ma a cui manca tremendamente la profondità emotiva di Friends, i cui attori erano amici stretti anche nella vita reale, come fossero una famiglia, elemento che traspirava con chiarezza anche nello show televisivo).

Va da sé che mi rivedrò ancora anche la serie tv vera e propria… nonostante, ogni volta che termina, mi fa sentire la mancanza di quei sei “amici”.

Ne approfitto per evidenziare che, come ogni buon prodotto, Friends è invecchiato molto bene: gli unici che non lo gradiscono sono i giovani abituati a prodotti di qualità inferiore, le persone senza senso dell'umorismo e i cultori della cultura woke (termine che vorrebbe identificare quelli che "stanno all'erta e vigili", ma che di fatto identifica invece i più addormentati e manipolabili).

Fosco Del Nero 



Titolo: Friends - The reunion.
Genere: serie tv, documentario. 
Regista: Ben Winston.
Paetecipanti: James Corden, Marta Kauffman, David Crane, Kevin S. Bright, Jennifer Aniston, Courteney Cox, Lisa Kudrow, Matt LeBlanc, Matthew Perry, David Schwimmer, David Beckham, Justin Bieber, Cindy Crawford, Cara Delevingne, Kit Harington, Lady Gaga, Tom Selleck, Reese Witherspoon.
Anno: 2021.
Voto: 8. 
Dove lo trovi: qui.



martedì 9 aprile 2024

Il sesto senso - M. Night Shyamalan

Non ho visto molte volte Il sesto senso, il film che ha lanciato M. Night Shyamalan alla ribalta cinematografica… forse due, ma entrambe prima di aprire il blog Cinema e film. Questa è la prima volta da quando l'ho aperto, per cui ecco qui la recensione del film in questione, che oramai è discretamente datato, essendo del 1999.

Il genere oscilla tra il drammatico, il thriller, il fantastico e l’horror, ma più che un genere specifico va evidenziata l’atmosfera cupa e desolata, formalmente metropolitana eppure pregna di solitudine e di angoscia esistenziale.

Ecco la trama sommaria de Il sesto senso: Malcolm Crowe (Bruce Willis; L'esercito delle dodici scimmieIl mondo dei replicantiFBI - Protezione testimoniIl quinto elementoLa morte ti fa bella) è uno psicologo infantile che fa del suo meglio per aiutare i bambini con problemi di vario tipo: abusi, schizofrenia, generiche paure, disadattamento sociale, etc.

Nonostante sia molto in gamba, tanto da aver appena ricevuto un prestigioso riconoscimento nel settore, non sempre riesce ad aiutare il bambino affidatogli… com’è stato per esempio con Vincent, il quale da adulto, una sera, penetra nella casa del dottore e gli spara un colpo di pistola nell’addome, prima di togliersi la vita. 

Otto mesi dopo, la scena riprende lo stesso Malcolm Crowe alle prese con un bambino problematico, Cole (Haley Joel Osment; Un sogno per domani), il quale afferma di vedere i morti com’erano al momento della loro morte, cosa che ovviamente lo terrorizza. Né la madre, né i vari assistenti son mai riusciti a confortarlo, ma pensa che potrebbe riuscirci Malcolm, il quale dal canto suo vede in Cole la possibilità di fare ammenda per il fallimento di tanti anni prima con Vincent.

Intorno ai due protagonisti, vari comprimari compongono lo sfondo della storia, pur se posti in secondo piano: la moglie di Malcolm, la madre di Cole e pochi altri. In effetti, Il sesto senso, per l’esiguo numero di protagonisti e di scenari, sembra quasi un’opera teatrale.

Il film non può che essere elogiato per la trovata originalissima che lo caratterizza, che non riporto in recensione per quei pochi che non avessero ancora visto il film di Shyamalan, pur se, a parte l’elemento in questione, non risulta essere altro che una sorta di film psicologico-drammatico con sporadici elementi orrorifici… e con un Bruce Willis particolarmente in parte, dal momento che il suo volto ben si attanagliava con la sceneggiatura del film, pur con i limiti della sua monoespressione.

Più di Willis, al tempo colpì l’interpretazione del giovanissimo Osment, il quale tuttavia non ha poi proseguito con la carriera brillante che ci si aspettava…

… curiosamente, la medesima cosa si può dire anche per il regista M. Night Shyamalan, che, dopo il buon abbrivio preso con Il sesto sensoUnbreakable - Il predestinato, Signs e The village, pare essersi smarrito (o aver finito le buone sceneggiature), producendo uno dopo l’altro buchi nell’acqua come Lady in the water, E venne il giorno, L'ultimo dominatore dell'aria e altri film ancora… che ho smesso di guardare visto che la qualità media era drasticamente calata. Con l’unica eccezione di After Earth, per me interessante sia per l’ambientazione fantascientifica, sia per i contenuti di tipo esistenziale (che in effetti ogni tanto fanno capolino nei film del regista indiano).

In effetti, non ho visto gli ultimi suoi cinque film: magari, su cinque, ce n’è almeno uno buono… indagherò.

Tornando a Il sesto senso, il film ha un suo valore oggettivo, accresciuto dal fatto che, a proposito di contenuti esistenziali, esso potrebbe essere considerato anche una sorta di metafora dell’addormentamento collettivo.
La frase che il bambino dice al dottore pare presa da un testo di genere esistenziale-evolutivo.

“Vanno in giro come persone normali.
Vedono solo quello che vogliono vedere.
Non sanno di essere morti.
Sono dappertutto”

Nei Vangeli si parla a lungo di vegli e di addormentamento, come pure nel Dhammapada di Buddha o praticamente ovunque nel settore: “essere addormentati è essere come morti”, lessi tempo fa in un libro.
Ecco, il film in questione potrebbe essere considerato in tale senso e, considerando gli interessi spirituali del regista indo-statunitense, la cosa non è affatto da escludere.

Interessante anche la frase sul magnetismo energetico tra persone e oggetti.

“Secondo me quando le persone possiedono degli oggetti, una parte di sé stessi viene impressa su quegli oggetti.”

Fosco Del Nero 



Titolo: Il sesto senso (The sixth sense).
Genere: psicologico, drammatico, fantastico, horror.
Regista: M. Night Shyamalan.
Attori: Bruce Willis, Haley Joel Osment, Toni Collette, Olivia Williams, Mischa Barton, Donnie Wahlberg, Peter Anthony Tambakis, Jeffrey Zubernis, Bruce Norris, Glenn Fitzgerald, Greg Wood.
Anno: 1999.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui



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