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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

giovedì 26 febbraio 2015

L’ombra del vampiro - E. Elias Merhige

Da ragazzino ero un appassionato, oltre che in generale di film horror, in particolare di film sui vampiri, tanto che non mi facevo sfuggire il Dracula di turno...
… con gli anni, però, la cosa mi è un po’ passata, e difatti il blog scarseggia decisamente di film di questo genere.

Oggi colmo almeno in parte la lacuna con il film L’ombra del vampiro, che tuttavia non è un vero e proprio film horror, ma qualcosa che sa decisamente più del documentario o del film grottesco, che non del film dell’orrore.

Molti, se non tutti, conosceranno il film di Murnau Nosferatu Il vampiro, ispirato al romanzo di Bram Stoker Dracula, ma con i nomi cambiati per questione di diritti di autore: il Conte Dracula in esso diventava il Conte Orlok.

Il film in questione, datato 1922, entrò nella leggenda anche per via delle voci che lo circondarono: secondi alcuni a interpretare il conte Orlok era lo stesso Murnau, pesantemente truccato, mentre secondi altri a interpretare il vampiro fu un vero vampiro… mentre l’ipotesi più “tranquilla” è che il ruolo andò a tale Max Schreck, attore di teatro.

Il film peraltro subì comunque la denuncia degli eredi di Stoker, che vinsero la causa e riuscirono a toglierlo dal mercato.

Decenni dopo, nel 1979, Werner Herzog ne trasse spunto per un remake, intitolato Nosferatu, principe della notte.

Tuttavia, il film recensito quest’oggi non è un remake dell’originale film di Murnau, bensì un film sul processo di lavorazione del film stesso.

La trama è quindi quella della storia reale, nella sua variante più fantastica: nel 1921, Friedrich Wilhelm Murnau (John Malkovich; Essere John Malkovich, Rounders - Il giocatore, Ombre e nebbia, Burn after reading, Le stagioni del cuore), regista tedesco, lavora alla regia del film Nosferatu il vampiro, insieme alla sua troupe di collaboratori e attori.
Si reca nei Carpazi, dove la troupe sarà raggiunta dall’attore tedesco che interpreterà il conte Orlock, tale Max Schreck (interpretato da un irriconoscibile Willem Dafoe… che infatti non avevo riconosciuto!), il quale è fedele alla dottrina interpretativa per cui occorre immedesimarsi il più possibile nel personaggi: egli dunque gira sempre truccato, sempre in costume, parla sempre in modo strano come il suo personaggio, dorme in una bara, etc.
Quasi subito iniziano a verificarsi strani incidenti, e man mano la verità viene a galla… 

Il cast peraltro è stato fatto in modo curioso: oltre ai due attori già citati, abbiamo anche Udo Kier, presente in tanti film orrorifici o comunque soprannaturali, nonché Cary Elwes, il quale dal canto suo era presente proprio in Dracula di Francis Ford Coppola (oltre che nell’indimenticabile La storia fantastica).

L’ombra del vampiro ha conquistato numerose nomination e vari premi, anche se, in fin dei conti, si tratta semplicemente di un buon divertissement: ben girato, ben curato, ma nulla di più.

Fosco Del Nero



Titolo: L’ombra del vampiro (Shadow of the vampire).
Genere: drammatico, horror.
Regista: E. Elias Merhige.
Attori: John Malkovich, Willem Dafoe, Catherine McCormack, Cary Elwes, Eddie Izzard, Udo Kier.
Anno: 2000.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 25 febbraio 2015

La ragazza delle balene - Niki Caro

Quest’oggi recensisco un film di qualche anno fa, del 2004 per la precisione, e che ha ottenuto un buon successo internazionale, tanto da far emergere la sua regista Niki Caro: parlo de La ragazza delle balene.

Il film è tratto dal romanzo The whale rider di Witi Ihimaera, vincitore di tanti premi internazionali… in parte bissato dalla conversione cinematografica, che ha conquistato una nomination agli Oscar.

Quella per la miglior attrice protagonista, cosa che peraltro ha coinciso con il debutto cinematografico di Keisha Castle-Hughes, che all’epoca aveva 12 anni, e che buca letteralmente lo schermo con la sua sola presenza.
In effetti, metà del valore del film è suo e del suo volto a metà strada tra broncio e poesia.

Ma ecco la trama sommaria de La ragazza delle balene: Porourangi, figlio di Koro Apirana, capo di una tribù maori della Nuova Zelanda, ha la sventura di vedere sua moglie e il suo primogenito maschio morire durante il parto. Viceversa, sopravvive la bambina, gemella di quello che avrebbe dovuto essere il futuro capotribù, guida predestinata del loro popolo.

Alla bambina vien messo il nome di Paikea, e le immagini ci portano subito a quando lei è ragazzina, poco più che bambina, senza il padre che è andato a vivere in Europa, e alle prese con l’atteggiamento ambivalente del nonno Koro, che da un lato le vuole bene, ma dall’altro la discrimina in quanto femmina, visto il suo desiderio di trovare la guida del suo popolo, cosa per cui inizia anche un addestramento dei bambini della tribù per individuare il futuro capotribù.
Ignorando nel mentre che la piccola Paikea sembra più dotata di tutti i suoi coetanei maschi: nella parola, nel carisma, nella presenza, nel canto, e persino nell’uso del bastone da guerra.
Alla fine, però, arriverà un segnale, tanto grande che neppure oro potrà ignorarlo.

La ragazza delle balene è un film particolare: un po’ film d’autore, un po’ film documentario, un po’ film drammatico, un po’ film surreale, non sfonda da nessuno di questi punti di vista, ma è pur vero che li rappresenta tutti bene, e nel suo complesso possiede una sua bellezza, un fascino davvero poetico.
Sia per la bellezza dei panorami, sia per la bellezza della cultura maori, sia per la bellezza della protagonista, davvero azzeccata.

Oltre alla bellezza visiva, il film ha anche qualcosa da dire su destino, vocazione, intuizione e segnali della vita, anche se la sua parte prevalente è proprio la narrazione, che culmina in un finale davvero bello, anch’esso particolare e ispirato.

Fosco Del Nero



Titolo: La ragazza delle balene (Whale rider).
Genere: surreale, drammatico.
Regista: Niki Caro.
Attori: Keisha Castle-Hughes, Rawiri Paratene, Vicky Haughton, Cliff Curtis, Grant Roa, Mana Taumaunu, Rachel House, Taungaroa Emile.
Anno: 2002.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 19 febbraio 2015

Balzac e la piccola sarta cinese - Dai Sijie

Quest’oggi vi propongo un film davvero interessante e particolare, a cominciare dall’ambientazione: la Cina. E non la Cina urbana e contemporanea, ma la Cina rurale del 1970, nella sua curiosa commistione maoista del post-rivoluzione culturale.

Parlo di Balzac e la piccola sarta cinese, film girato da Dai Sijie nel 2002 sulla base del romanzo omonimo… da lui stesso scritto: quindi scrittore e regista.

Nonché adolescente rieducato dal regime maoista, dal momento che la storia assume contorni autobiografici, essendo ambientata proprio nei luoghi dove il regista, da ragazzino, è stato mandato per essere rieducato sotto la visione di un fedele dirigente del partito comunista, con lo scopo di fargli dimenticare gli influssi “capitalisti”.
Laddove con influssi capitalisti si intendeva anche la lettura di romanzi europei di secoli prima.

Ecco in grande sintesi la trama di Balzac e la piccola sarta cinese: i due amici Luo e Ma vengono mandati in una remota provincia cinese, tra vallate e montagne vicino al Tibet, con lo scopo di eliminare le pericolose influenze occidentali cui sono soggetti, a cominciare dai genitori, moderni e istruiti (dentisti, scrittori, lettori di romanzi europei, etc).

Subito si scontrano con la realtà del posto, davvero arretrata dal punto di vista culturale: la gente del luogo non conosce altro se non i propri mestieri e quelle poche cose arrivate da Pechino: Mao, Marx, Lenin, il proletariato, etc.
Il resto è tutto un sentito dire passato per pregiudizi e sospetti.

Il film, che sul principio sembra essere un film di denuncia della cultura del tempo (che peraltro è è andata avanti negli anni), fortunatamente evolve poi in modo meno politico e decisamente più poetico, finendo per essere una storia di formazione e di emancipazione.

Soprattutto quella della "Piccola sarta", che i due ragazzi chiamano così, che passa da analfabeta ad amante di Balzac e di Dumas.

Il film ha una sua spiccata bellezza, sia per i paesaggi davvero incantevoli, sia per le tradizioni locali, sia per la sensazione di libertà che si respira… e ciò, contando che si tratta della libertà di tre adolescenti che leggono un romanzo “qualunque” di nascosto in una grotta della campagna cinese e che per questo si sentono dei privilegiati, fa decisamente riflettere (sia sul coraggio altrui, che sulla fortuna propria).

Ottimi i tre protagonisti e la fotografia, ma in generale Balzac e la piccola sarta cinese è un film che certamente si farà ricordare con affetto.

Fosco Del Nero



Titolo: Balzac e la piccola sarta cinese (Xiao cai feng).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Dai Sijie.
Attori: Zhou Xun, Liu Ye, Chen Kun, Wang Shuangbao, Cong Zhijun, Wang Hong Wei.
Anno: 2002.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 18 febbraio 2015

Love Hina - Ken Akamatsu

Nell’ultimo periodo ho approfittato di un po’ di tempo libero per ri-leggermi alcuni manga comprati ormai tanti anni fa, da ragazzino o poco più.
Uno è stato il giù recensito Orion, di Masamune Shirow, mentre un altro è stato Love Hina, di Ken Akamatsu

Stiamo grandemente cambiando genere, dal fantasy-fantastico di Shirow alla commedia sentimentale di Akamatsu… che peraltro pende più decisamente dal lato comico.

Ecco la trama di Love Hina, manga di 14 volumetti, da cui è stato tratto anche un anime, entrambi di discreto successo sia in Giappone che in Italia: il diciannovenne Keitaro è un ronin, ossia uno studente bocciato agli esami di ammissione all’università che continua a studiare con l’obiettivo di essere ammesso nella successiva sessione d’esame.
Il suo obiettivo peraltro è molto ambizioso, visto che si chiama Todai, l’università di Tokio tra le più ambite tra tutte.

In attesa di essere finalmente uno studente della Todai, egli finisce nel dormitorio Hinata, che tecnicamente è un dormitorio femminile, di cui dovrebbe essere l’erede, tanto che per il momento ne diventa l’amministratore.

L’Hinata si distingue per due cose, peraltro connesse tra di loro: delle bellissime terme all’aperto, e delle bellissime ragazze come ospiti, di età variabile dai 13 anni di Shinobu ai 19 di Mitsune. Passando per Kaolla (13 anni), Motoko (15 anni), Naru (17 anni). Come extra si aggiunge la zia di Keitaro, Haruka, anche lei molto bella, giusto per non sbagliare.

Più avanti peraltro si aggiungeranno altri personaggi: la bella e svampita Mutsumi, l’archeologo Seta, sua figlia Sarah, la sorella adottiva di Keitaro, Kanako, ed altri personaggi minori…

… tutti simpatici, occorre dire, tanto che il manga non ha personaggi negativi o fastidiosi.

Love Hina rientra in quella categoria di manga definita shonen, ossia indirizzata a un pubblico maschile (solitamente giovanile), per via sia del protagonista maschile, con il quale si tende ad immedesimarsi, sia delle numerose scene di semi-nudo femminile, di cui il fumetto è letteralmente invaso (la categoria opposta è invece detta shojo, ed è caratterizzata invece da situazioni sentimentaloidi tradizionalmente abbinate alle lettrici femminili).
Tuttavia, è tutto assolutamente lieve e pulito, e quasi sempre connesso all’umorismo, tanto che è impossibile anche solo pensare a Love Hina come a un fumetto erotico, e anzi esso propone le sue più importanti qualità in due direzioni: l’umorismo, come detto, e l’affetto-amore-amicizia, visto che praticamente tutto il manga è pervaso dai rapporti d'amicizia tra i vari protagonisti, nonché dalla potenziale storia d’amore tra Keitaro e Naru, entrambi davvero tenerissimi.
Anche se poi lo stesso Keitaro ogni tanto sbanda nella direzione di una delle altre belle protagoniste della storia.

Nel complesso, Love Hina è un manga di buona fattura, divertente e variegato, che, seppure non ambisce a segnalarsi come un capolavoro senza tempo (penso, per esempio, a Video Girl Ai), fa bene il suo lavoro.

Fosco Del Nero



Titolo: Love Hina (Rabu Hina).
Genere: manga, commedia, sentimentale.
Autore: Ken Akamatsu.
Anno: 1998-2001.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 12 febbraio 2015

La profezia delle ranocchie - Jacques-Rémy Girerd

Il film che recensisco stavolta è un film d’animazione prodotto in Francia: La profezia delle ranocchie.
Si tratta di un film del 2003 con alcune caratteristiche peculiari…

… come peraltro capita sempre con i film d’animazione francesi, davvero poco allineati con le produzioni d’animazione occidentali: si pensi a opere come Kirikù e la strega Karabà, Azur e Asmar o I figli della pioggia, peraltro tutti quanti bellissimi.

Bellissimi non tanto per le meraviglie tecniche, per quanto affascinanti nei loro stili peculiari, ma soprattutto per i loro contenuti, avendo tutti un forte tessuto educativo, introspettivo, di scoperta o di formazione personale.

La profezia delle ranocchie non fa eccezione: intanto si presenta, nell’era della computer grafica, con tutti i disegni fatti a mano, tanto che sembra di trovarsi in un enorme acquerello animato. Molto naif, da un certo punto di vista, ma comunque graziosissimo.
In secondo luogo, abbiamo una storia praticamente didattica, rivolta al contempo ai piccoli e ai grandi… e forse, anzi, più a questi ultimi che non ai primi, ma comunque valida in generale.

Ecco in sintesi la trama: Ferdinand è un marinaio in pensione, un omone grande e grosso, sposato con Juliette. I due hanno adottato il piccolo Tom, figlio orfano di due amici di Ferdinand, e momentaneamente si prendono cura anche di Lici, figlia di altri amici (questi vivi, che vanno a fare un safari un po’ avventuroso e quindi preferiscono lasciare la figlia ai vicini di casa).

Il problema è che di lì a poco… arriva un nubifragio delle dimensioni del diluvio universale, che alla famigliola viene anticipato dalle ranocchie, col risultato che il gruppo riesce a organizzarsi ricreando una sorta di moderna arca di Noè nel loro granaio, provvisto peraltro di tonnellate di patate.

Come se il diluvio non bastasse da solo, ci si mettono anche le intemperanze degli animali carnivori, stufi delle patate e viceversa vogliosi di qualche polletto…

Essenzialmente, La profezia delle ranocchie affronta i temi del rispetto, della fratellanza, dell’aiuto reciproco, della speranza e della positività, e lo fa in modo leggero e allegro, tanto che il film scorre via in modo assai piacevole e, per l’appunto, leggero.
A proposito di significati, la questione degli animali carnivori è facilmente riscrivibile in senso psicologico: le persone tendenti alla violenza e a varie intemperanze son facilmente sviabili e, perciò, non vanno emarginate, ma al contrario coinvolte e ispirate per il meglio.

In alcuni punti sembra un po’ semplicistico-facilone, ma comunque la sensazione è che il suo regista non intendesse creare un capolavoro immortale del cinema, quanto, “semplicemente”, allietare i suoi spettatori, soprattutto i più piccoli, con una storia bella e dai contenuti positivi e volti ai valori della collaborazione reciproca e della fratellanza.

In questo senso, la missione è stata perfettamente compiuta.

Fosco Del Nero



Titolo: La profezia delle ranocchie (La prophétie des grenouilles).
Genere: animazione, fantastico, commedia.
Regista Jacques-Rémy Girerd.
Anno: 2003.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 11 febbraio 2015

L’onore dei Prizzi - John Huston

Come ogni tanto mi capita, mi trovo a guardare un film che mi ero segnato senza ricordarmi perché me lo ero segnato. Ad ogni modo, dando fiducia al me stesso di allora, me lo guardo…
… e questa volta è il turno de L’onore dei Prizzi, film diretto da John Huston nel 1985.

Come intuibile dal titolo, siamo in zona mafia, per quanto, cosa intuibile questa dal casting, il tutto è affrontato in modo leggero, da commedia.

Ecco in grande sintesi la trama de L’onore dei Prizzi: Charley Partanna (Jack Nicholson; Le streghe di Eastwick, Qualcosa è cambiato, L’ultima corvéShining) è un luogotenente della famiglia Prizzi, killer di fiducia e figlioccio dell’anziano boss Corrado Prizzi
Il caso vuole che egli, proprio ad un matrimonio in “famiglia”, incontri si innamori di Irene Walker (Kathleen Turner; All'inseguimento della pietra verde, Brivido caldo, La guerra dei Roses), bella bionda dall’apparenza ingenua, che però in realtà è un abile sicario. Tra i due scoppia l’amore, ma ognuno ha le sue esigenze professionali, e la famiglia stessa si mette di mezzo…

L’onore dei Prizzi ha fatto incetta di premi e nomination tra Oscar, Golden Globe, Bafta. Tra tutti spicca l’oscar per la miglior attrice non protagonista, l’ex fidanzata di Charley, assegnato ad Anjelica Huston (La famiglia AddamsLe nebbie di AvalonI Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Il treno per il Darjeeling, Crimini e misfatti), che effettivamente anche a me è piaciuta… e che ho scoperto poi essere la figlia del regista John Huston, oltre che compagna storica proprio di Jack Nicholson (per lei film davvero in famiglia, quindi).
Bene anche l’eclettico Jack Nicholson, nonché i vari Prizzi, tutti abbastanza divertenti.

Svariate scene del film fanno sorridere per il loro senso del grottesco e la bizzarria, come ad esempio quella in cui l’avvocato di famiglia (espressione questa da prendere in senso letterale!) illustrava a Dominic, figlio di Corrado Prizzi, i termini della questione legata a un rapimento.

Nel complesso, L’onore dei Prizzi non mi è dispiaciuto, nel senso che non mi ha annoiato e che si fa seguire abbastanza volentieri.
Tuttavia, non sfonda, dal mio punto di vista, e non propone nulla di davvero bello (quello che ti va venire voglia di riguardarlo), da cui la valutazione un po’ tiepida.

Comunque, adatto se si vuole passare un paio d’ore in modo lieve.

Fosco Del Nero



Titolo: L’onore dei Prizzi (Prizzi’s honor).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: John Huston.
Attori: Jack Nicholson, Kathleen Turner, Anjelica Huston, Robert Loggia, John Randolph, William Hickey, Lee Richardson.
Anno: 1985.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 5 febbraio 2015

Orion - Masamune Shirow

Come intuibile dal nome, Cinema e film è un blog dedicato al mondo del cinema… pur tuttavia ogni tanto recensisco anche qualcos’altro: musica, fumetti, video o altro ancora (a dirla tutta, in origine vi recensivo anche libri, che poi però ho dirottato nel blog Libri e romanzi per suddividere meglio le cose).
Oggi è per l’appunto il momento di un fumetto, e per la precisione di un manga, e peraltro di un autore giapponese storico nel panorama dei manga: Masamune Shirow.

Oggetto della recensione però non è il suo capolavoro Appleseed, né gli altrettanto famosi Dominion o Ghost in the shell, ma il meno noto Orion, datato 1993.

Si tratta di un manga in due volumi di grandi dimensioni, di genere fantastico, in cui, pur essendo quegli elementi fantascientifici cari a Shirow, a prevalere sono gli elementi fantasy.

Ecco in grande sintesi la trama: in un lontano passato, quando la Terra era ancora popolata dai dinosauri, in essa era presente l’Impero Galattico, che aveva il suo centro nella costellazione di Orione.
Il karma negativo accumulato nell’impero era tuttavia talmente tanto, che lo stava portando alla decadenza e alla scomparsa, cosa che i sacerdoti dei rituali Tendai stavano cercando di scongiurare risvegliando una sorta di concentratore psichico in grado di assorbire il karma negativo e quindi di cancellarlo.

A far da contraltare ad antichi riti mistico-spirituali, la nuova disciplina della psico-scienza, con le due che si contrappongono nelle figure di Fuzen, Gran Sacerdote Tendai, e di Hebime, esperto di psico-scienza incaricato dell’Imperatore di risolvere la questione.

Le cose si complicano, ammesso che non fossero già complicate, quando l’antico dio della guerra, Susano, viene richiamato sul piano terrestre per compiere una missione, cosa che si intersecherà con le vicende di Seska, figlia di Fuzen.

Orion è letteralmente un pandemonio: succede di tutto e a ritmi altissimi.
Tuttavia, Shirow, sempre molto attento all’ambientazione di fondo e alle spiegazioni di ciò che capita, non commette l’errore di disegnare solo spettacolo visivo, che anzi è sempre funzionale alle motivazioni di quanto accade nella storia.

Storia che, peraltro, riesce nel raro obiettivo di avere sia uno scenario di fondo grandioso ed epico, sia di risultare interessante nel racconto del dettaglio...
… nonché mi miscelare sapientemente azione, bellezza lirica ed umorismo.

Tanto che, alla fine della lettura dei due volumetti, sorge la solita considerazione che accompagna i prodotti ben riusciti: “peccato, è già finito”.

Insomma, Orion è un eccellente manga fantastico-fantasy, e Masamune Shirow un gran disegnatore… ma questo già si sapeva.

Fosco Del Nero



Titolo: Orion (Orion).
Genere: manga, fantastico.
Autore: Masamune Shirow.
Anno: 1993.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 4 febbraio 2015

Pioggia di ricordi - Omohide poro poro - Isao Takahata

Chi mi legge da tempo sa già che con me i film di Hayao Miyazaki vanno lisci, e che, più in generale, va abbastanza liscio anche lo Studio Ghibli… tanto che questo è il primo loro film che mi è piaciuto meno di molto.
Laddove “questo” sarebbe Pioggia di ricordi, film d’animazione diretto nel 1991 da Isao Takahata.

Intanto, un poco di storia: Isao Takahata è il cofondatore dello Studio Ghibli nel 1985 insieme ad Hayao Miyazaki, e nel corso degli anni si è dedicato più all’attività di produttore, spesso dei film del suo più blasonato collega, che non all’attività di regista. 

Purtuttavia, qualcosa ha diretto lui stesso (e in questi casi spesso ha fatto da produttore Miyazaki, con un perfetto scambio di ruoli), tanto che di lui ho già visto qualche film: l’ottimo Pom Poko, per esempio, il meno buono La grande avventura di Hols, il discreto Una tomba per le lucciole (che sarebbe anche molto buono se il genere fortemente drammatico non me lo rendesse meno appetibile).
Quanto al suo ruolo da produttore, abbiamo nomi eccellenti: Nausicaa della Valle del vento, Laputa - Castello nel cieloPrincipessa Mononoke.

Ma veniamo a Pioggia di ricordi (titolo giapponese: Omohide poro poro; titolo inglese: Only yesterday), il quale peraltro è tratto da un manga, disegnato da Hotaru Okamoto e Yuko Tone, e vediamone la trama in grande sintesi: siamo nel 1982 e Taeko è una giovane donna di poco meno di trent’anni, lavoratrice e single, la quale decide di fare una vacanza estiva presso la tenuta di campagna del fratello del cognato, sfuggendo così alla città (Tokyo).
Alla stazione viene a prenderla un cugino del cognato, Toshio, il quale in seguito gli farà da guida durante la sua permanenza in campagna.

Il film in realtà non ha una linea temporale unica, ma procede secondo salti in avanti e indietro nel tempo, presentandoci anche la Taeko bambina, e anzi iniziando proprio da questa ambientazione, che viene spesso richiamata sotto forma di ricordi dalla Taeko adulta, confermando così in pieno il titolo del film.

Pioggia di ricordi è un anime decisamente particolare, che peraltro ha fatto storia in Giappone, visto che per una volta non si dedicava un film d’animazione a ragazzini o ragazzine, come consuetudine, ma a una giovane donna già adulta, alle prese con problemi adulti: nubilato e matrimonio, lavoro, il luogo in cui vivere, etc.

Manco a dirlo, nel film sono inserite alcune tematiche care agli amici dello Studio Ghibli, come la natura e l’ecologia… e anzi questo film, anche per via dell’ambientazione, insiste su di essi in modo particolare, proponendo, oltre che la bellezza della natura e di uno stile di vita sano e semplice, e persino un panegirico dell’agricoltura biologica.

Oltre a ciò, che già basterebbe come contenuto di valore culturale, il film propone altri contenuti di valore: il cambiamento, il giudizio, le aspirazioni personali, fare ciò che si ama e per cui si ha predisposizione, il seguire la propria voce interiore… cosa che si vedrà grandemente proprio nel finale, assai originale poiché non contiene dialoghi, ma è accompagnato nelle scene animate dalla canzone di chiusura, risultando così una parte integrante del film, e una parte davvero bella sia per le scene, sia per la sonorità, sia per il testo della canzone.

Detto della bellezza, veniamo ora a ciò che non mi è piaciuto, a cominciare dalla scelta di segnare sui visi delle persone le presunte rughe o linee delle espressioni facciali, fatto che non aggiunge nulla al realismo del film, ma semplicemente rende i volti antiestetici nella maggior parte dei casi… e se l’esperimento non è stato più ripetuto dal 1991 a oggi, né era mai stato tentato prima, un motivo ci sarà.
Anche la traduzione in italiano pare un po' balbettante, ma questo non è un difetto del film in sé, ma piuttosto una cattiva prova dei traduttori (tra le altre cose, c'è un abuso smodato dell'avverbio "infatti").

Inoltre, va detto che il film a tratti rischia di essere un po’ noiosetto: scordatevi quindi la verve dei film di Miyazaki, o dello stesso Pom Poko di Takahata (che in quanto a verve è, onestamente, difficilmente battibile).
Nella lentezza-noia generale, comunque, non mancano i momenti ispirati, alcuni anzi ispiratissimi, come la scena in cui Takao bambina cammina dietro alla madre nella via cittadina al suono di una marcia.

Curioso poi il fatto che uno dei protagonisti del film, un contadino di campagna, sia appassionato di musica folk straniera, ungherese in particolare... e, poco dopo che lo dice, tra le altre musiche si sente quella del Pippero. Perché un agricoltore giapponese ascolti musica ungherese non viene svelato, ma in compenso più tardi si ascolta anche un'aria italiana, il che è già più comprensibile, considerando la tradizione musicale nostrana.

Nel complesso, Pioggia di ricordi è un film che ha qualcosa di bello, che più che bello è istruttivo,  ma che a mio avviso in generale non regge il confronto con i più valenti dirimpettai dello Studio Ghibli.

Chiudo la recensione con qualche frase del film.

"Anche noi contadini avremmo proprio dovuto impuntarci di più. Continuando ad affidarci ai potenti, sempre a seguire la scia della città, abbiamo finito per smarrire noi stessi. Per questo, riflettendo su cosa sia la vera prosperità, bisogna provare a impuntarsi ancora una volta con l'agricoltura dei tempi passati."

"All'orizzonte della terra rotonda qualcosa ci starà di certo aspettando.
Ci saranno anche cose dolorose, ci saranno anche cose tristi, eppure noi non ci avviliremo.
Non ci va di piangere, mettiamoci a ridere e avanziamo."

"L'amore è un fiore, il fiore della vita, e tu ne sei il seme."

"Nel timore di venire rubato, il tuo animo non si dona.
Nel timore di morire non si riesce a vivere."

Fosco Del Nero



Titolo: Pioggia di ricordi - Only yesterday (Omohide poro poro).
Genere: animazione, commedia, psicologico.
Regista: Isao Takahata.
Anno: 1991.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

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