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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 30 marzo 2016

Hellboy - Guillermo Del Toro

Hellboy è uno di quei film che già in partenza dovrebbe piacermi, per via di tutti gli elementi in esso presenti, tra spunti esoterici, elementi fantastici, elementi visivi, ironia e buoni sentimenti. Difatti è stato così, anche se senza esagerare…

Partiamo subito dalla trama: nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, i nazisti, che come noto erano estremamente interessanti al mondo dell’occulto, facevano parte agli alti livelli di logge segrete ed effettuavano ricerche “esoteriche” in tutto il mondo, stanno cercando di aprire un portale per richiamare su questo piano d’esistenza una creatura sovrannaturale che possa distruggere i loro nemici.
A compiere l’operazione (un rito magico chiamato “ragnarok”) in un’isoletta della Scozia, nientemeno che Rasputin, il famoso mago occultista russo (che evidentemente non riusciva proprio a stare dalla parte dei “buoni”, passando dai russi ai tedeschi), reincarnato per l’occasione (il vero personaggio è morto nel 1916), che viene tuttavia contrastato dai buoni americani, in tale occasione assistiti da Trevor Bruttenholm, esperto di materie esoteriche, il quale in pratica diverrà il padre adottivo di Hellboy, sorta di piccolo demonietto fuoriuscito dal portale in quel breve tempo in cui era stato aperto.

La scena si sposta poi decenni più avanti, con Hellboy ora grande e grosso (Ron Perlman, l’indimenticabile eretico pazzo de Il nome della rosa, che mi ricordo volentieri anche nel francese La città dei bambini perduti, oltre che nel più recente Conan il barbaro) e il professore ormai anziano.
Al gruppo si aggiungono Elizabeth "Liz" Sherman (Selma Blair; Cruel intentions, Cose da maschi) e John Myers (Rupert Evans), il quale, appena entrato nella sezione speciale dell’FBI del B.P.R.D. (in italiano “Ufficio Ricerche e Difesa Paranormale”), che gestisce, oltre al vivace Hellboy, anche l’uomo anfibio Abe Sapien.
Tutto sembra essere relativamente tranquillo (per quanto può essere definita "tranquilla" una situazione del genere), fino a che il ruspante Rasputin torna per l’ennesima volta… la prima volta dalla morte e stavolta dall’altra dimensione/al di là.

Hellboy è tratto dal fumetto omonimo di Mike Mignola, fenomeno di grande successo nel settore, tanto da avere dato luogo a due film (questo e il seguito Hellboy - The golden army) e due film d’animazione.

Gli elementi presenti nel film sono tanti: i nazisti e la società Thule, la lancia di Longino, occultismo e magia nera, apertura di portali dimensionali, crocifissi, antiche chiese, linee di energia della Terra, portali dimensionali, rinascite, grandi antichi in stile Chtulhu…

… tuttavia il tutto è affrontato in modo cinematografico, senza alcuna pretesa di ricostruzione fedele, e in modo assai leggero, giusto per dire che gli argomenti sono quelli.

In questo senso, ad emergere nel film è l’elemento spettacolaristico dell’azione fornita da Hellboy e compagnia, nonché l’elemento umoristico che onnipervade la pellicola, che sovrasta persino quello sentimentale del legame tra Hellboy e Liz, che poi emotivamente dovrebbe essere la spina dorsale della storia (Hellboy si muove per lei, essenzialmente).

Nel complesso, il film si fa vedere con sufficiente interesse, discreto persino, ma non sfonda mai. E anzi mostra diverse crepe nella sceneggiatura, che comunque salta di slancio tra azione e battute.
In generale, comunque, ho preferito gli altri due film di Guillermo Del Toro che ho visto, ossia Il labirinto del fauno (che vince nettamente il triangolare) e La spina del diavolo (con cui invece Hellboy se la può giocare, pur tra generi diversissimi).

Chiudo la recensione con una frase che illustra il motivo d’essere della componente speciale dell’FBI che si occupa di cose paranormali e con il suo motto:
“Esistono cose che complottano nella notte, non farti illusioni in proposito. Noi siamo quelli che… controcomplottano.”

E con una frase, latina, che è il motto dell’organizzazione sopra menzionata:
“In absentia luci tenebrae vincunt”

Fosco Del Nero



Titolo: Hellboy (Hellboy).
Genere: fantastico, drammatico, commedia, sentimentale.
Regista: Guillermo Del Toro.
Attori: Ron Perlman, Selma Blair, John Hurt, Rupert Evans, Karel Roden, Jeffrey Tambor, Doug Jones, Brian Steele, Ladislav Beran, Biddy Hodson.
Anno: 2004.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 23 marzo 2016

Mirrormask - Dave McKean

Questa è la terza volta che vedo Mirrormask, ma è la prima volta che lo guardo da quando ho aperto il blog, da cui questa recensione.  
Mirrormask è un film semisconosciuto, nonostante sia un piccolo gioiello, e personalmente gli sono molto affezionato, tanto da averlo visto diverse volte, sia in lingua originale (le due precedenti) sia in italiano (questa volta: meglio in inglese, devo dire).

Intanto, il suo pedigree: il film è tratto da un romanzo scritto da Neil Gaiman, celebre scrittore di opere tendenzialmente per ragazzi, come Nessun dove, Stardust (da cui è stato tratto l’omonimo film fantasy), Coraline (da cui è stato tratto l’omonimo film d’animazione), e questo stesso Mirrormask (film fantasy in parte animato).

Mirrormask peraltro era nel mentre divenuto un fumetto, disegnato da Dave McKean… che è anche il regista del film Mirrormask… il quale peraltro ha un’aria semifumettistica, quindi tutto torna.

I due, inoltre, sono anche i creatori del fumetto di successo Sandman, a confermare la loro grande verve creativa.

A tale “cast” si aggiunge il nome della Jim Henson Company, il gruppo creatore dei Muppets, nonché di meraviglie cinematografiche come Labyrinth (che considero uno dei film più belli e ispirati di tutti i tempi) e Dark crystal (non all’altezza di Labyrinth, ma comunque bello e originale).

Ma torniamo a Mirrormask, e vediamo in sintesi la sua trama: Helena (Stephanie Leonidas) è un’adolescente un po’ particolare, per il semplice fatto che la sua vita è particolare. Figlia di due artisti circensi, ha la sua camera in una roulotte, e si giostra tra i suoi bellissimi disegni e le apparizioni al circo come giocoliera ed equilibrista.
Un giorno, però, proprio durante uno spettacolo, sua madre si sente male e viene ricoverata d’urgenza in ospedale, con la prognosi di un cancro da operare e, si spera, da asportare, cosa che non solo getta nella disperazione la figlia e il marito, ma che manda all’aria anche i programmi di quest’ultimo relativamente al circo che dirige.

Il momento dell’attesa di notizie dall’ospedale diventa un momento di fuga dalla realtà sotto forma di sogno: Helena, sempre in pigiama e babbucce, finisce in una sorta di mondo fantasy dai toni in parte luminosi e in parte oscuri (come sembra essere la stessa ragazza), nel quale conosce presto il vivacissimo Valentine, anch’egli giocoliere, con cui intraprende la ricerca della cosiddetta “maschera sogno” ("mirrormask", un nome che simbolicamente parlando è tutto un programma), la quale serve a salvare il reame del sogno, minacciato dal Nulla e dagli sgherri della Regina Nera.

Se la sceneggiatura di Mirrormask è fantasy, dai toni spesso cupi ma a volte attraversato da luci scintillanti e irresistibili (e suoni pure), la sostanza della storia è psicologica: il film in pratica racconta la crescita interiore di Helena, che si divide tra la brava bambina che era stata in passato e i desideri da adolescente ribelle e deviata che rischia di diventare, tra desideri personali, interesse nascente per i ragazzi (surreale a tal riguardo la scena dell’astronave di Valentine, suo completamento maschile, di forma perfettamente fallica). Il finale del film fornirà una sorta di soluzione intermedia.

C’è da dire che la battaglia interiore della ragazza, scatenata anche dalla malattia della madre, ci dona un film bellissimo e ispirato, nonché particolarissimo, che forse non ha avuto troppa diffusione proprio per la sua particolarità.

Oltre all'elemento della dualità tra luce e ombra, centrale nel film, da citare anche quello dell'addormentamento: la "regina luminosa" si è addormentata, e così le forze dell'oscurità hanno potuto avanzare. Esattamente quello che accade all'essere umano: quando si assopisce la luce, avanzano le tenebre: questo, da solo, è un insegnamento di grande portata.

A proposito di "addormentamento", l'essenza centrale del film è un sogno, e la cosa viene spesso sottolineata: anche questo può esser facilmente letto in senso simbolico.
A proposito di simboli: dal sogno si esce trovando e imparando a utilizzare la "maschera di specchio". Un nome che è assai probabile che nasconda a sua volta un simbolo (la maschera della personalità, il rispecchiamento del mondo esterno, la connessione tra mondo interiore e mondo esteriore).

Ancora: nella storia riveste un ruolo importante una certa chiave, che prima va trovata e poi va inserita in una serratura, anch'essa da individuare. Andiamo di simbolo in simbolo: ogni essere umano è chiamato a trovare la "chiave della propria esistenza", ossia il proprio percorso.

Chiudo la recensione con alcune citazioni. La prima illustra perfettamente l’energia di fondo del film. A cominciare il dialogo è Helena, a cui risponde la Regina, che poi è l’alter ego di sua madre nel sogno. 
Tale dialogo, oltre a fornirci una chiave di lettura del film, nella sua formulazione semplice ci fornisce un grande insegnamento su attaccamento-amore condizionato da un lato e libertà-amore incondizionato dall’altro.

“- Tua figlia non è un cagnolino. Non è neanche più una bambina ormai. Tu devi lasciarla crescere!
- Cioè lasciare che scelga cosa mangiare, come vestire, prendere le sue decisioni… amarla ma senza possederla?
- Sì, è esattamente ciò che intendo.
- Assolutamente impossibile!”

"Le ombre mi hanno quasi divorato la casa ieri."
"E nessuno fa niente per questo?"
"Da quando la Regina si è addormentata non possono fare molto."

"Queste ombre da dove vengono?"
"Dalla terra delle tenebre."

"Questo è solo uno stupido sogno."

"Questa è la Città della Luce.
Oltre il confine c'è la Terra delle Ombre."

"Questo è un fatto assodato: questo è un sogno."

"Questa maschera di specchio... ci deve essere un modo di usarla per uscire di qui."

Ultimo appunto, questo di tipo tecnico: il commento sonoro, anch'esso originale, a tratti è eccessivamente invadente o dissonante con le scene cui è stato abbinato.

Fosco Del Nero



Titolo: Mirrormask (Mirrormask).
Genere: fantastico, fantasy, drammatico, psicologico.
Regista: Dave McKean.
Attori: Stephanie Leonidas, Jason Barry, Gina McKee, Rob Brydon, Dora Bryan, Robert Llewellyn, Andy Hamilton, Fiona Reynard.
Anno: 2005.
Voto: 7.5
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 16 marzo 2016

Gli onorevoli - Sergio Corbucci

Ogni tanto mi faccio un tuffo nel passato e mi rivedo un vecchio film: stavolta mi sono visto Gli onorevoli, film del 1963 dal cast molto ricco: Totò, Peppino De Filippo, Gino Cervi, Walter Chiari, Franca Valeri, Franco Fabrizi, Aroldo Tieri, etc.

Peraltro, la regia è di Sergio Corbucci, che mi è ben noto per aver diretto alcuni film del duo Bud Spencer e Terence Hill (Chi trova un amico trova un tesoro, Pari e dispari).

Ma andiamo subito alla trama de Gli onorevoli, che peraltro risplende di un ottimo bianco e nero: siamo alla vigilia delle elezioni per il Parlamento, e cinque candidati di vari partiti si apprestano ai loro comizi conclusivi.

Il primo di essi è Antonio La Trippa (Totò), nostalgico del vecchio regime, il quale non perde mai occasione di promuoversi (“Vota Antonio, vota Antonio, vota Antonio”).
Il secondo è Rossani Breschi (Gino Cervi), senatore del Partito Liberale, editore benestante molto a suo agio con la classe ricca e ugualmente benestante.
Il terzo è del Partito Comunista, curiosamente edito dallo stesso Rossani Breschi, suo rivale in politica: parlo di Saverio Fallopponi (Aroldo Tieri), scrittore e intellettuale di sinistra, acerrimo nemico degli Usa… ma non dei loro dollari.
Il quarto è il Professor Mollica, del Partito Socialista, che si rende ridicolo durante una ripresa televisiva per la trasmissione Tribuna Politica.
La quinta e ultima è una donna, assai emancipata, sorta di femminista dell’epoca, Bianca Sereni (Franca Valeri), la quale deve difendersi da un agguato sotto forma di corteggiatore e di fotografi piazzati intorno a casa sua.

Intorno a tali personaggi, che peraltro sono del tutto indipendenti l’uno rispetto all’altro e non si incrociano mai, con l’eccezione di editore e scrittore, si muovono numerosi altri personaggi secondari, tra i quali spiccano per intensità i ruoli interpretati da Franco Fabrizi e Walter Chiari… nonché da un nugolo di ragazzini pestiferi.

L’intento de Gli onorevoli era probabilmente quello di dare uno spaccato dell’Italia di allora, tutta tesa al successo sociale, politico, personale ed economico, con poco spazio per valori come l’onore, il rispetto, l’onestà.
In questo senso, il film è piuttosto deprimente, giacché non vi è un solo personaggio di spessore morale (tranne forse quello interpretato da Totò, che però mostra squilibri di altro tipo), ma solo un lungo elenco di macchiette.

Alcune scene del film sono ispirate, e peraltro spesso è un bel vedere, tra vecchi attori e vecchia Italia…
… ma al contrario alcune scene sono proprio ridicole, come quella del trucco di Peppino De Filippo. 

Il finale peraltro è vuoto, praticamente senza conclusione, cosa che ulteriormente debilita una storia già di per sé non troppo meritevole.

In sintesi, alcuni attori nobilitano il film (Totò su tutti, ma non solo lui), così come alcuni scorci dell’Italia di allora, mentre certe trovate lo affossano; nel complesso, Gli onorevoli si può guardare, ma senza attendersi uno tra i migliori prodotti dell’Italia di quegli anni.

Fosco Del Nero



Titolo: Gli onorevoli.
Genere: commedia, comico.
Regista: Sergio Corbucci.
Attori: Peppino De Filippo, Walter Chiari, Gino Cervi, Totò, Franca Valeri, Agostino Salvietti., Aroldo Tieri, Franco Fabrizi, Anna Campori, Memmo Carotenuto, Carlo Lombardi, Franco Giacobini, Riccardo Billi, Alberto Sorrentino, Linda Sini, Luciano Salce.
Anno: 1963.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui

mercoledì 9 marzo 2016

L’uomo bicentenario - Chris Columbus

Avevo già visto una volta L’uomo bicentenario, ma molti anni fa, tanto che non mi ricordavo quasi nulla.
Tuttavia, mi ricordo che all’epoca mi piacque discretamente, anche se non mi convinse troppo l’incedere temporale, che valutai troppo frettoloso.

Pure stavolta, seppur di meno, ho avuto questa sensazione, anche se va detto che una storia lunga circa 200 anni va suddivisa in qualche modo, il che vuol dire forzatamente dedicare tot minuti a svariate epoche, coprendo così l’intero arco temporale della trama.

La quale, in grande sintesi, è la seguente: nei primi anni del ventesimo secolo Richard Martin (Sam NeillMerlinoDaybreakers - L’ultimo vampiroIl seme della folliaJurassic Park) compera per sé e per la sua famiglia uno dei primi prototipi di robot positronico, al quale viene dato il nome di Andrew (Robin Williams; Al di là dei sogni, L'attimo fuggenteLa leggenda del re pescatoreWill hunting - Genio ribelleJumanjiGood morning, Vietnam, Mrs. Doubtfire).

Andrew, tuttavia, oltre all’efficienza tipica dei robot, dimostra ben presto di avere qualcosa in più, tanto da sviluppare in breve tempo creatività, emozioni, e persino una forma di umorismo. Quanto poi svilupperà nel corso degli anni e delle decadi era certamente al di fuori dei programmi iniziali, nonché di ogni aspettativa, e lo renderà praticamente un essere umano, tra lavoro, guadagni, amicizia, amore… e continui aggiornamenti del suo corpo fisico.

L’uomo bicentenario è tratto da un omonimo racconto di Isaac Asimov (le cui tre leggi della robotica peraltro sono citate a inizio film), poi ampliato a quattro mani da Robert Silverberg e dallo stesso Isaac Asimov (Robot NDR 113).

Il film ha un sapore da favola fantastica, e difatti dietro la camera da presa c’è Chris Columbus, specializzato in film per bambini e ragazzi. C’è la sua firma, come regista o sceneggiatore, in film come Piramide di paura, I Goonies, GremlinsHarry Potter e la pietra filosofale, Harry Potter e la camera dei segreti, Mamma, ho perso l’aereo, Mrs. Doubtfire

In effetti, anche L’uomo bicentenario mantiene quel sapore da film educativo, e persino di formazione… anche se in questo caso la formazione di un robot.

Nel complesso, L’uomo bicentenario è un buon film, che si fa vedere bene, ben sceneggiato e ben recitato, con attori cui ci si affeziona facilmente…

… anche se in alcuni punti è parecchio semplicistico e decisamente poco plausibile, persino senza contare le rapide meraviglie tecnologiche nel giro di relativamente pochi anni.

Ad ogni modo, è poca cosa all’interno di una storia dolce, ispirata e a tratti commovente.

Fosco Del Nero



Titolo: L’uomo bicentenario (Bicentennial man).
Genere: fantascienza, drammatico, commedia, sentimentale.
Regista: Chris Columbus.
Attori: Robin Williams, Sam Neill, Embeth Davidtz, Oliver Platt, Wendy Crewson, Kiersten Warren, Hallie Kate Eisenberg, Lindze Letherman, Angela Landis.
Anno: 1999.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 2 marzo 2016

10.000 a.C. - Roland Emmerich

Ormai si sa: il regista Roland Emmerich si dedica solo a colossal molto movimentati e spettacolari, e questo al di là che di mezzo vi siano alieni, disastri naturali o guerre: ecco così i vari StargateIndependence Day, Godzilla, The day after tomorrow - L'alba del giorno dopo, 2012… o il film recensito oggi, 10.000 a.C. (100 milioni di dollari di budget per quest'ultimo). 

Personalmente, non amando i film su disastri e panico, ma amando viceversa le tematiche fantastiche, ho apprezzato molto i primi Stargate e Independence day, mentre non ho nemmeno visto gli ultimi… con l’eccezione per l’appunto di 10.000 a.C., che peraltro si iscrive nel primo gruppo e non nel secondo.

E andiamo subito a vedere la trama allora: siamo parecchio indietro nel tempo, s’immagina all’epoca descritta dal titolo, e veniamo proiettati nella vita di una tribù di cacciatori che vive in una zona piuttosto fredda, con tanto di neve tutta intorno e di mammuth che ogni anno arrivano nei dintorni, segnando la stagione della caccia.

Il protagonista della storia è il giovane D'Leh, il quale vuole uccidere il mammuth sia per conquistare il potere all’interno della tribù, sia per poter scegliere come sposa la bella Evolet, la quale peraltro anni prima era giunta nella tribù in modo misterioso, e che si distingue da tutti gli altri per via del suoi brillanti occhi azzurri.
Il caso vuole però che il villaggio sia depredato dai “demoni a quattro zampe”, che poi non sono altro che uomini armati a cavallo, e che molte persone siano portate via come schiave, tra cui anche Evolet.

D’Leh però non si arrende a tale sfortuna, e inizia un inseguimento che lo porterà a conoscere altre tribù, fino alla terra degli Dei, ossia l’antico Egitto, nel quale a regnare è un uomo considerato divino, probabilmente perché giunto da un altrove molto più tecnologico (si presume sia un riferimento all’allora recentemente sommersa Atlantide), il quale sta costruendo delle immani opere architettoniche (le piramidi), avvalendosi della manodopera gratuita di tutti gli schiavi catturati. 

10.000 a.C. è un film assai facile da leggere: da un lato, non propone molto a livello di dialoghi o di contenuti, e questo si sa o si intuisce già fin dall’inizio, però, se è carente dal punto di vista delle idee, è assai generoso dal punto di vista della bellezza visiva che offre, nonché degli effetti speciali, nonché della tensione emotiva che permea praticamente tutto il film.

Inoltre è molto chiaro negli schieramenti, del tipo bene-male e buoni-cattivi, per cui non c’è alcun dubbio su chi tifare e cosa sperare.
Tutto molto semplice, in effetti, il che non è necessariamente un male.
Certo, se chi guarda si attende il capolavoro del secolo, verrà inevitabilmente deluso. Ma se chi guarda lo fa con animo lieve, disponendosi semplicemente a vedere la bellezza che gli passa davanti agli occhi (e tra paesaggi innevati, ricostruzioni di mammuth e di tigri dai denti a sciabola, di antiche tribù più o meno improbabili, nonché la storia fantastica della costruzione delle piramidi di Giza, la bellezza è molta), allora dal film si riceverà senza dubbio di più.

E pazienza se la ricostruzione storicamente lascia ovviamente il tempo che trova, se tribù diversissime per usanze, cultura, lingua e persino colore della pelle si incontrano a breve distanza di cammino (cosa senza molto senso), se si passa in poco tempo dalla neve al deserto, con cambi di clima che richiederebbero molti mesi di viaggio a piedi (ammesso che si riuscisse a farli), se si incontrano animali molto più anziani del relativamente recente 10.000 a.C., se il grande impero egiziano viene sorpreso alle spalle e bistrattato senza che nessuno si accorga di niente.
Come detto: guardatelo come spettacolo incoerente e probabilmente vi piacerà.

Detto ciò, chiudo la recensione con una bella citazione dal film.
“Un uomo buono traccia un cerchio intorno a sé e si occupa di quelli che ci sono dentro: la sua donna, i suoi figli.
Altri uomini tracciano un cerchio più ampio, il quale abbracci anche fratelli e sorelle.
Ma ci sono uomini che hanno un grande destino: essi tracciano intorno a sé stessi un cerchio che include molte, molte più persone.”

Fosco Del Nero



Titolo: 10.000 a.C. (10.000 BC).
Genere: drammatico, storico.
Regista: Roland Emmerich.
Attori: Camilla Belle, Steven Strait, Cliff Curtis, Joel Virgel, Ben Badra,Mo Zainal, Nathanael Baring, Mona Hammond, Marco Khan.
Anno: 2008.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

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