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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 28 febbraio 2023

Atlantis - L’impero perduto - Gary Trousdale, Kirk Wise.

Avevo già visto, in un ormai lontano passato, il film d’animazione Atlantis - L’impero perduto… evidentemente, prima di aprire il blog Cinema e film.
Così, pur essendo il film del 2001, la recensione arriva più di vent’anni dopo.

Ecco la trama sommaria: Milo Thatch è un giovane studioso, archeologo e linguista, il quale, all’inizio del XX secolo, sogna di ripercorrere le orme del nonno esploratore, il quale sosteneva l’esistenza di Atlantide e aveva lasciato al nipote degli indizi per trovare il famoso continente.
Un dì, contro tutte le aspettative, il sogno di Milo di poter avviare una missione di ricerca si avvera, grazie a Preston Whitmore, un eccentrico miliardario il quale aveva una simpatia per il nonno di Milo, nonché un debito da saldare
Ecco che Milo parte per l'Islanda, dove comincia la ricerca, insieme a un folto numero di persone e a ingenti mezzi tecnici. Tra i personaggi più memorabili, vi sono la soldatessa Helga Sinclair, la meccanica  Audrey Ramirez, l’esperto di esplosivi  Vincenzo Santorini, il geologo/scavatore Gaetan Molière, il dottore Joshua Dolce. A cui si aggiunge la bella atlantidea Kida.

Evidenzio subito una cosa: il film è molto inclusivo, nel senso che ogni personaggio ha una provenienza e un accento specifico. C’è il personaggio di origine francese, quello di origine italiana, quello di origine ispanica, quello di origina africana, etc. Ci sono un po’ di cliché, ma fa niente.

La storia è al contempo semplice ma interessante: è un misto tra il mito di Atlantide e Viaggio al centro della Terra di Verne (a occhio, anche qualcosa della serie animata Nadia - Il mistero della pietra azzurra).

L’animazione è ottima… ed è ancora ottima dopo oltre vent’anni; d’altronde, si trattava di una produzione Disney, inserita nel “canone ufficiale” della casa d’animazione statunitense.

I personaggi sono ben caratterizzati e i dialoghi validi, tanto che il prodotto è godibile sia dai bambini, che ne apprezzeranno soprattutto le ambientazioni e le animazioni, sia dai grandi, che comprenderanno molti sottintesi tra le parole e nella gestualità, ciò che fa di Atlantis un ottimo esempio di film per famiglie.

Serbavo un ricordo positivo di Atlantis - L’impero perduto, e tale ricordo positivo è stato confermato: avventura, dinamismo, buoni sentimenti… nonché l’interrogativo sulle antiche civiltà che certamente hanno preceduto quelle “storiche” (di cui peraltro esistono resti ovunque).

Fosco Del Nero



Titolo: Atlantis - L’impero perduto (Atlantis – The lost empire).
Genere: animazione, fantascienza, azione, commedia.
Regista:  Gary Trousdale, Kirk Wise. 
Anno: 2001.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 22 febbraio 2023

Matrix resurrections - Lana Wachowski

Avevo delle forti remore nell’accostarmi a Matrix resurrections, il quarto film della saga girato a grande distanza dagli ultimi due… i quali a loro volta avevano seguito il primo non nell’immediato, ma sulla scia del grandissimo successo che Matrix aveva maturato negli anni successivi alla sua uscita, tanto da “imporre” due seguiti non previsti.
Un discorso simile si è verificato per Matrix resurrections: seguito non previsto, con l’aggravante di essere prodotto con un budget assai più limitato, nonché con idee ed energie assai più modeste, col risultato finale che è vicino al disastro completo.

Ecco la trama di Matrix resurrections: Thomas Anderson (Keanu Reeves) non si ricorda più di essere stato Neo ed è un programmatore di videogiochi famoso a livello mondiale; egli, infatti, ha realizzato “Matrix”, un videogioco in cui in pratica è riportata la trama del primo film, che egli si ricorda sotto forma di ricordi, che tuttavia tende a confondere con la realtà. Anche per questo, va da uno psicoterapeuta, il quale poi sarà chiamato l’Analista (Neil Patrick Harris).
Quanto a Trinity (Carrie-Anne Moss), è una madre di famiglia con due figli.
Stante il suo nuovo addormentamento, Neo dovrà essere risvegliato di nuovo: ci penseranno tale Bugs e un redivivo Morpheus (interpretato però da un altro attore, come pure l’Agente Smith, anch’egli redivivo e reinterpretato).
Nel corso della storia si scoprirà che è stato l’Analista a resuscitare sia Neo che Trinity, avendo scoperto che erano utili alla sua matrix rivisitata.
Tra gli altri personaggi ricomparsi, si vede anche il Merovingio… ridicolo come tutto il resto.

Riferita la trama per sommi capi, veniamo al commento dell’opera.
Il secondo e il terzo film della saga avevano già perso parecchio rispetto al primo, il quale infatti era stato concepito come film unico, poi “allungato” per sfruttare l’enorme successo del primo Matrix.
Matrix resurrections è talmente lontano dal primo film, ma anche dai due seguenti, da non poter nemmeno essere considerato parte della saga, la quale dal canto mio rimane una trilogia (anzi, un film unico con due seguiti eventuali che lo allargano a trilogia). È lontanissimo sia come qualità cinematografica, ma anche e soprattutto come qualità coscienziale.

Le possibilità sono due: nel realizzare la prima opera i due fratelli, poi divenute sorelle, o hanno avuto un colpo di genio artistico, accogliendo l’ispirazione loro venuta a suo tempo, per poi perderla senza essere più capaci di riproporla, come spesso capita agli artisti… oppure nel mentre si sono venduti al lato oscuro della forza, iniziando a produrre opere di basso tenore coscienziale, tendenti anzi alla ben nota propaganda globalista: sessualità confusa, materialismo, fisicità e adrenalina in luogo di introspezione e coscienza. 

Con lo studio e l’età che avanza le persone interessante ad argomenti “interiori” solitamente diventano più sagge, mentre in questo caso si è assistito a uno spettacolare salto all’indietro: dunque, o ci si è persi nel successo mondano oppure ci si è fatti corrompere per abbandonare quanto si era realizzato in precedenza e anzi divenire gli emblemi di qualcos’altro.

Tra le altre cose, in questo film abbiamo due tipi di mezz’età che ancora giocano con i combattimenti di arti marziali e i giubbotti di pelle, dei personaggi tra il marketing e i social media, un’analista dall’aria sadica che nella realtà è un emblema del mondo omosessuale, una coppia lesbica, una Miss Mondo, azione e combattimenti a non finire… e del discorso (e della sostanza) di Matrix, sull’addormentamento di massa e la necessità di risvegliarsi, non c’è quasi niente.

In verità qualcosina c’è, ed è lo stesso Analista a riferirlo a fine film. Sembra tuttavia quasi una dichiarazione di sconfitta del genere umano e di resa di chi ha prodotto il film: “I pecoroni non saranno con voi: a loro piace il mio mondo. Loro non voglino libertà o emancipazione: loro vogliono essere controllati”. A proposito, la figura di Neil Patrick Harris (in dimenticabile in How I met your mother) fa tendere il prodotto al comico, o comunque al grottesco.

La suddetta frase finale fa passare in sordina il poco che c’è stato in precedenza, che comunque riporto per dovere di cronaca. 

“Più uno cerca, più uno trova.”

“Questo non è il mondo reale.”

“Chi sei e che cosa devi fare?”

“Ho smesso di combattere.”

Un ultimo commento: l’autocitazionismo è quasi imbarazzante. Sono moltissimi gli spezzoni dei precedenti film riportati in questo, tipo "taglia e incolla", forse per carenza di idee o forse per mettere su schermo certi attori che non hanno partecipato a questo quarto film. Sta di fatto che, più che portare valore, tale auto citazionismo non fa altro che evidenziare, per contrasto, la pochezza di Matrix resurrections.

Fosco Del Nero



Titolo: Matrix resurrections.
Genere: fantascienza, azione.
Regista:  Lana Wachowski.
Attori:  Keanu Reeves, Carrie-Anne Moss, Neil Patrick Harris, Yahya Abdul-Mateen II, Jessica Henwick, Jonathan Groff, Priyanka Chopra, Ellen Hollman, Jada Pinkett Smith, Daniel Bernhardt, Christina Ricci.
Anno: 2021.
Voto: 3.
Dove lo trovi: qui



martedì 21 febbraio 2023

Rosemary's baby - Roman Polanski

Questa è la seconda volta che vedo Rosemary's baby, film del 1968 diretto da Roman Polanski, uno dei registi più controversi di tutti i tempi.
Probabilmente, non avrei rivisto il film se non fosse stato per l’esigenza di presentarlo all’interno di un libro che sto scrivendo… ma il libro lo sto scrivendo, per cui ecco qua la recensione.

Di Roman Polanski ho recensito anche La nona porta: entrambi i film hanno come tema di fondo il diavolo e certe pratiche rituali di tipo satanico… e qualcosa vorrà pur dire (ricordo anche il suo film sul vampirismo intitolato Per favore, non mordermi sul collo!, nonché L'inquilino del terzo piano, anch'esso alquanto inquietante in quanto a tematiche).

Passiamo alla trama di Rosemary's baby, considerato uno dei film dell’orrore più efficace di tutti i tempi: Rosemary (Mia FarrowCrimini e misfattiHannah e le sue sorelleLa rosa purpurea del CairoOmbre e nebbia, Alice, Mariti e mogliUna commedia sexy in una notte di mezza estateBroadway Danny Rose) e il marito Guy (John Cassavetes) si trasferiscono in un appartamento in un palazzo di New York, nonostante la sua pessima fama. Difatti, pare che in passato avessero vissuto in quel palazzo diversi assassini, mangiatori di bambini e persino adoratori del demonio.
I due non danno molto peso alla cosa, ma, una volta trasferiti, non tarderanno a giungere i primi segnali negativi: una ragazza, apparentemente felice, si butta da una finestra e muore nel marciapiede sottostante, si sentono strane litanie… e la giovane donna inizia a fare degli strani sogni, di cui ha una memoria più o meno carente, in cui quasi invariabilmente è nuda e in cui le capitano cose strane.
La più strana di tutte è un rituale in cui, guardata da un folto gruppo di persone nude, è legata, anch’essa nuda, su un tavolo, mentre una sorta di demone-mostro la possiede.
Si dà il caso che lei e Guy stanno cercando di avere un bambino… e per l’appunto la donna rimane incinta, in ciò subito presa in simpatia dai suoi vicini, a cominciare da Minnie Castevet (Ruth Gordon, la protagonista di Harold e Maude).
Tuttavia, non sarà una gravidanza molto felice… con la donna che viene avvelenata poco a poco (fisicamente e psichicamente).

Il tema di fondo di Rosemary's baby è il satanismo: c’è un gruppo di adoratori del demonio, dediti a rituali vari, sessualità compresa, il quale ha lo scopo di corrompere la genia umana, dapprima facendo ingravidare una donna ignara da parte dello stesso demonio, opportunamente convocato per l’occasione, e poi utilizzando la sua progenie per spargere orrore e dolore sulla Terra.

A ciò si aggiungano vari altri elementi inquietanti: l’anno successivo all’uscita del film, ossia nel 1969, c’è stata la famosa strage in casa Polanski a opera di Charles Manson e di alcuni suoi complici (pazzi, seguaci, esecutori, vendicatori o qualunque cosa fossero). In tale strage, la moglie di Polanski viene uccisa, mentre era incinta. 
Il parallelismo con Rosemary's baby è assai facile da fare.

Evidentemente, ai registi non porta bene parlare nei loro film di sette sataniche dedite a riti sessuali e a pratiche cannibalistiche: Kubrick ci ha perso la vita… mentre a Polanski è andata meglio, visto che ci ha perso “solo” la moglie e il figlio.

Altro elemento sospetto: Mia Farrow è stata a lungo moglie di Woody Allen, al centro di scandali e voci di abusi e pedofilia (compresa la loro figlia Dylan… chiamata con un nome maschile, a proposito di squilibri psichici).

Ancora: magari è un caso, ma sembra fatto apposta per indurre a ipotizzare. I seguaci del demonio del film, i Castevet (a proposito, lei si chiama Minnie, sembra dolce e carina, ma in realtà è un mostro: il riferimento alla Disney pare più che evidente) hanno un cognome molto simile a quello di John Cassavetes, l’attore scelto per la parte del marito corrotto (che ha venduto sia la moglie che il futuro primogenito in cambio della fama e del successo). Giacché nel film si parla di anagrammi tra parole e cognomi stessi, pure questo non pare casuale.

Ricordo che anche in Eyes wide shut la scelta dei due attori principali non fu affatto casuale (uno un membro di una pericolosa setta e l’altra la figlia di un pedofilo).

Curiosa anche la copertina di una rivista che viene inquadrata a un certo punto e in cui è scritto “Dio è morto”.

A proposito, ecco la lista di inquilini “celebri” del palazzo suddetto: due sorelle che uccidevano, cucinavano e mangiavano bambini, un adoratore/evocatore del diavolo… nonché un Kennedy (su questo non mi esprimo). In un certo anno trovarono nello scantinato il cadavere di un neonato. L’edificio in questione era chiamato “La casa del diavolo”.

Passiamo ad alcune frasi tratte dal film, che ne danno il tenore in diversi sensi.

“Non legga libri.
Non se ne ricava niente di utile.” 
(dice il finto dottore per mantenere la donna nell’ignoranza)

“Come mi sento brutta.”
(dice la donna che ormai è stata contaminata dalle energie infere… e che infatti alla fine compie una scelta “bassa”)

“Al 1966, all’anno Uno!”

“Usano il sangue per i loro riti, e il sangue che ha più potere è quello dei bambini.
E non usano soltanto il sangue: usano anche la loro carne.”

“Io credo che abbiano fatto una specie di patto con Guy: gli hanno garantito il successo e lui gli ha promesso il nostro bambino, da usare nei loro riti.”

“Mostri, siete tutti mostri!”

Il film, come realizzazione, è molto bello, ma è portatore di energie assai basse.
Ha senso guardarlo solo a titolo informativo, come film di denuncia; altrimenti, è meglio passare oltre.

Fosco Del Nero



Titolo: Rosemary's baby (Rosemary's baby).
Genere: horror, drammatico.
Regista: Roman Polanski.
Attori: Mia Farrow, John Cassavetes, Ruth Gordon, Sidney Blackmer, Maurice Evans, Ralph Bellamy, Victoria Vetri, Patsy Kelly, Elisha Cook Jr., Emmaline Henry, Hanna Landy, Phil Leeds, D'Urville Martin.
Anno: 1968.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 15 febbraio 2023

Il racconto dell’ancella - Volker Schlondorff

Mi fa veramente specie d’essere arrivato all’età che ho senza che in precedenza nessuno mi avesse mai parlato de Il racconto dell’ancella, romanzo o film; il primo del 1985 e il secondo del 1990.
Certamente in quel periodo le storie di genere distopico non avevano il grande successo che hanno oggi (periodo in cui hanno anticipato le tendenze distopiche della società reale), ma, come contraltare, i film del suddetto genere eran pochi, per cui avrebbero dovuto essere ben noti.

A titolo d’esempio, conosco già da molti anni opere come La fuga di Logan Brazil, senza contare i classici come Fahrenheit 451 o Orwell 1984.

Ma veniamo a noi e a Il racconto dell’ancella, tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood, da cui è stata tratta anche una recente serie tv (datata 2017): in un futuro immaginario descritto come prossimo, gli Stati Uniti non esistono più, e al loro posto si è imposta la cosiddetta Repubblica di Gilead, una sorta di regime totalitario fondamentalista di stampo protestante e fortemente patriarcale, nel quale le donne sono trattate come oggetti o poco più.
A causa di guerre e di catastrofi ecologiche, quasi tutte le persone sono diventate sterili, per cui il bisogno primario della società è quello di generare il più possibile bambini. Così, le giovani donne sono rapite da qualunque contesto (distruzione della precedente famiglia, monasteri cattolici o altre situazioni non riconosciute dalle stato) e, a seguito di un processo di “rieducazione-manipolazione”, trasformate in “ancelle”, ossia concubine destinate all’accoppiamento e alla procreazione assegnate ai comandanti, i leader sociali maschili, i quali non riescono a procreare con le loro mogli e quindi necessitano di nuovi “supporti”. Se l’ancella non funziona, o perché non rimane incinta o perché crea problemi, semplicemente ce ne si disfa e se ne prende una nuova. 
Oltre alle categorie delle Mogli (le compagne ufficiali di coloro che hanno diritto di sposarsi e di procreare) e delle Ancelle (le concubine legalizzate finalizzate alla riproduzione), vi sono le Marte (ossia le serve domestiche) e le Zie (le donne di mezz’età responsabili della morale e dell’educazione delle nuove leve di ancelle)… oltre che le prostitute, le quali però ufficialmente non esistono e che parimenti sono destinate agli uomini di alto rango, seppur in contesti non ufficiali.

La storia segue le vicende di Kate, la quale, dopo l’uccisione del marito e il rapimento e la “ridistribuzione” della sua piccola figlia, essendo sana e fertile viene avviata a essere una futura ancella, e poi assegnata a un comandante, tale Fred: lei, quindi, diviene Offred (“of Fred”: proprietà di Fred).
Segue la difficile convivenza: con la moglie gelosa da un lato, con l’uomo dall’altro lato, con le altre ancelle, che spesso spariscono e vengono sostituite senza che si sappia che fine hanno fatto le vecchie, con l’autista-amante Nick e col regime intero, che mostra il suo lato disumano in varie circostanze. Nelle cerimonie di “accoppiamento assistito”, per esempio, o negli assassini pubblici (di donne accusate di qualche reato o di politici sospettati di tradimento).

Il racconto dell’ancella, pur senza utilizzare grandi mezzi tecnici, fa alla grande il suo lavoro, dipingendo una società credibile da un lato e inquietante e disturbante dall’altro.
Ho letto che il romanzo originario è un poco diverso: nell’evoluzione e nel finale, ma non conosco i dettagli. Certamente l’autrice non deve essere una grande fan del genere maschile, visto il tipo di società e di uomini che ha tratteggiato.

Non che le donne ne escano molto meglio, tra le entusiaste collaborazioniste di regime (quasi tutte) e quelle che si adattano allo squallore per paura di ribellarsi (le poche rimanenti).

In conclusione, valutazione molto buona per Il racconto dell’ancella; forse vedrò anche la serie televisiva… e potrebbe valer la pena di leggere anche il romanzo.

Fosco Del Nero



Titolo: Il racconto dell’ancella (The handmaid's tale).
Genere: distopico, drammatico.
Regista: Volker Schlondorff.
Attori: Faye Dunaway, Robert Duvall, Natasha Richardson, Aidan Quinn, Elizabeth McGovern, Victoria Tennant, Blanche Baker, Traci Lind, Zoey Wilson, Kathryn Doby.  
Anno: 1990. 
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 14 febbraio 2023

Don’t look up - Adam McKay

Mi avevano consigliato di vedere Don’t look up per i suoi contenuti e, peraltro, il film partiva con un eccellente pedigree: da un lato il ricco cast, dall’altro lato la pletora di nomine ottenute nei vari concorsi cinematografici…

… ma, onestamente, devo dire che il film è di livello veramente basso, da quasi ogni punto di vista.

Ecco la trama: la dottoranda Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) e il suo docente di astrofisica, il Dottor Randall Mindy (Leonardo Di Caprio), un giorno fanno una scoperta incredibile, oltre che parecchio preoccupante: una cometa di larghe dimensioni si sta dirigendo dritta verso la Terra e vi impatterà da lì a sei mesi.
I due contattano subito il governo statunitense, il quale tuttavia, tra presidente e subordinati, sottostima la faccenda, dicendo di voler aspettare. Poi entrano in gioco questioni politico-elettorali, nonché economiche, e la situazione si movimenta alquanto.
Finisce che, tra politica e stampa, si creano due movimenti, polarizzati e tendenzialmente fanatici: uno crede alla minaccia della cometa (movimento “Look up”, ossia “guarda in alto”), mentre l’altro crede che sia tutta un’esagerazione (movimento “Don’t look up”, ossia “non guardare in alto”).

Passiamo ora al commento del film.
La disamina della società contemporanea in un’ottica comunicativa, legata all’apparenza e alla gestione di quel che appare piuttosto che di quel che è, alla convinzione personale piuttosto che ai fatti, agli interessi sommariamente politici e finanziari, il tutto per evidenziare la superficialità se non l’ottusità della civiltà attuale, sarebbe anche un intento lodevole, e in alcuni tratti questo traspare dalla pellicola, soprattutto nel momento in cui si formano i due movimenti… e quando la cometa diviene visibile a occhio nudo, tanto che a quel punto non la si può più nascondere come “teoria complottista” (altro tema molto attuale, considerando che questo è il modus agendi del potere dominante per tutto ciò che non vorrebbe che si sapesse: prima viene negato, poi ridicolizzato, e quando non si può più nascondere viene narrato in modo alternativo).

Tuttavia, il film esegue davvero male il suo compito: già solo dopo otto minuti, c’è gente che dà in escandescenze… rinomati scienziati, peraltro, non i pescivendoli del mercato. Da lì in avanti, per circa 140 minuti di film, è un’escalation di volumi alti, di esclamazioni forzate, di posizioni umane insensate, di personaggi deboli e ridicoli, compresi presidenti di nazione e generali dell’esercito.

Oscilliamo tra il surreale e il ridicolo: se l’intento del film poteva essere interessante (ciò che lo salva da una valutazione ancora più bassa), lo stile esecutivo scelto è pacchiano e davvero poco interessante (ciò che rende l’intera pellicola di scarsissimo valore cinematografico).

Peraltro, il continuo ricorso al concetto di “scienza” appare alquanto debole, nei tempi attuali dove si è visto che anch’essa non è altro che uno strumento connesso al potere e all’apparenza comunicativa… e che il 99% di quello che oggi viene spacciato per scienza non è oggettivo-scientifico per nulla.

Anche il finale del film è davvero ridicolo, oltre che volgare: se voleva far ridere, non c’è riuscito. 
Se voleva farsi ridere dietro, invece, allora sì, ma son due cose ben diverse.

I premi e le candidature si spiegano solo con l’abbassamento progressivo del livello culturale e cinematografico generale... o con il clientelismo e la corruzione, scegliete pure voi.

Per fortuna, tuttavia, esistono ancora film belli, di valore interiore ed esteriore… ma, se pure non ne producessero più di validi, si può sempre andare a cercare e riguardare quelli vecchi: sempre meglio di certi scempi psico-estetici.

Fosco Del Nero



Titolo: Don’t look up.
Genere: drammatico, grottesco.
Regista: Adam McKay.
Attori: Leonardo Di Caprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Timothée Chalamet,  Cate Blanchett, Melanie Lynskey, Jonah Hill, Matthew Perry, Ariana Grande, Himesh Patel, Kid Cudi, Rob Morgan, Ron Perlman.
Anno: 2021. 
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 8 febbraio 2023

Apri gli occhi - Alejandro Amenabar

Non mi ricordo se, oramai molti anni fa, abbia visto prima Apri gli occhi oppure Vanilla sky, il suo rifacimento americano di quattro anni dopo.
Mi ricordo tuttavia che i due film mi piacquero molto entrambi, così simili eppure così diversi.

Simili perché la trama è esattamente identica; di più, il ruolo della protagonista femminile è svolto in ambo i casi da Penelope Cruz.
Diversi perché si passa dall’ambientazione di Madrid, e dalla cultura spagnola, a New York e allo stile statunitense… non è un passaggio da poco, anche se la trama rimane identica.

Ecco per l’appunto la trama di Apri gli occhi, film diretto da Alejandro Amenabar (di cui ho recensito anche Mare dentro e che, tra Apri gli occhi e Mare dentro, ha diretto un film di grandissimo successo internazionale, ossia The others, e in seguito altri film interessanti e di buon successo come Agora e Regression): Cesar è un giovane uomo di successo; ha successo negli affari e ha successo con le donne, come gli ricorda continuamente il suo amico Pelayo. Un giorno, Pelayo porta la bella Sofia a una festa tenuta a casa di Cesar… il quale attacca subito bottone, cogliendo come scusa le attenzioni eccessive della sua amante Nuria, di cui vorrebbe in verità liberarsi e che si è imbucata alla festa, pur non invitata.
Nuria, per quanto cerchi di non darlo a vedere, è molto gelosa e finirà per scatenare un orrendo incidente automobilistico, in cui lei perde la vita e da cui Cesar esce pesantemente sfigurato al volto. Anche la sua personalità ne esce menomata ed egli diventa ombroso e pesante.
In seguito le cose sembrano raddrizzarsi… ma poi cominciano ad avvenire cose strane.

Apri gli occhi è un film piuttosto brillante come concezione; l’unico prodotto che in qualche modo lo ricorda è il film di fantascienza Atto di forza, in cui vi era una simile confusione tra realtà e illusione indotta, nonché, anche lì, una società specializzata in sogni e ricordi fittizi.
In effetti, tecnicamente, Apri gli occhi è un film di fantascienza, che affronta, per quanto a distanza, i temi della crionizzazione, della sospensione della vita, della costruzione di ricordi e di realtà illusorie, e dunque dell’ambivalenza tra la veglia e il sonno, ch’è il motore centrale del film, anche se molti spettatori certamente si faranno distrarre dalle relazioni sentimentali e amicali del protagonista.

Ciò rende la pellicola interessante anche dal punto di vista esistenziale, oltre che cinematografico… anche se, a onor del vero, da questo punto di vista il suo rifacimento americano risulta più d’impatto, con numerose frasi dal sapore simbolico. 
Nel film di Amenabar, viceversa, ne ho trovate di meno, comunque in numero discreto e interessante. Le propongo di seguito.

“Apri gli occhi.”

“Che succederebbe se ti dicessi che stai sognando?”

“Io so cos’è reale, e questo è reale.”
“E tu come lo sai? I sogni non si scoprono finché uno non si sveglia.”

“Nessun sogno è semplice. Guarda quella gente: sembra che parlino delle loro cose, vero? Eppure, potrebbero essere lì perché tu lo hai voluto. Anzi, puoi fare in modo che si mettano al tuo servizio, o al contrario che ti distruggano.”

“La verità forse non la sopporteresti.”

“Faremo in modo che lui non ricordi di essere morto.”

“Questo è un sogno: è l’unica spiegazione.”

“Non importa quello che tu vedi; importa quello che vedo io.”

“Voglio svegliarmi.
Voglio svegliarmi.”

“Hai pagato per vivere quello che volevi: noi abbiamo solo fornito la scenografia e i personaggi.
Il tuo inferno te lo sei inventato tu.”

“Tutto dipende dalla tua mente.”

“Non ascoltarlo: non è reale”

“Non continuare a soffrire: è tutto nella tua testa, è solo immaginazione.”

Fosco Del Nero


Titolo: Apri gli occhi (Abre los ojos).
Genere: drammatico, psicologico, esistenziale, fantascienza.
Regista: Alejandro Amenabar.
Attori: Eduardo Noriega, Penélope Cruz, Chete Lera, Fele Martínez, Najwa Nimri,  Gérard Barray, Jorge de Juan, Miguel Palenzuela, Pedro Miguel Martínez, Ion Gabella, Joserra Cadiñanos, Tristán Ulloa, Jaro.
Anno: 1997.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.



martedì 7 febbraio 2023

Dragon’s dogma - Shinya Sugai

Conoscevo il marchio “Dragon’s dogma” per la fama del videogioco, per quanto solo di nome.
Avendo saputo che ne era stata tratta una serie animata, consigliatami peraltro da un amico, ho deciso di vedermela.

L’aspetto più rilevante non era tanto che si trattasse di una serie animata di genere fantasy, cosa comunque che apprezzo, quanto che l’opera mi era stata descritta come interessante nei suoi contenuti.

Effettivamente, la serie, piuttosto breve con i suoi sette episodi di circa venticinque-ventisei minuti cadauno, è riferita ai sette vizi capitali, presentati in quest’ordine: ira, gola, invidia, accidia, avidità, lussuria, superbia.

Nell’episodio di esordio di Dragon’s dogma, un drago devasta l’intero villaggio di Cassardis, uccidendo praticamente tutti, compresa Olivia, l’amata moglie di Ethan, la quale peraltro era in attesa del loro primogenito. Anche Ethan viene ucciso, col drago che gli strappa letteralmente il cuore dal petto… ma viene resuscitato da Hannah, una cosiddetta “pedina”, ossia colei che assiste l’“arisen” nella sua caccia/vendetta verso il drago. A sua volta, l’arisen è colui a cui il drago ha rubato il cuore, chiamato per l’appunto alla missione di uccidere il drago, il quale nel frattempo sta continuando a seminare morte, distruzione e terrore.
E non è il solo, visto che a ogni angolo si incontrano altri mostri, di stampo prevalentemente mitico: idre, ciclopi, etc.
In questo, l'eroe dai poteri speciali che combatte contro i mostri, mi ha ricordato The witcher, opera che però ho gradito maggiormente.

Dragon’s dogma ha evidenti punti forti, ma altrettanto evidenti punti deboli.

Tecnicamente parlando, va bene nei disegni e nelle animazioni tradizionali, ma quando si mette di mezzo la computer grafica, per drago e mostri vari, le cose iniziano a diventare quasi imbarazzanti, sia per la qualità scarsa, sia per il forte contrasto col resto dell’animazione. Davvero senza senso.

Riguardo a storia e contenuti, è interessante la trama di fondo, per quanto un po’ scontata, come è interessante la proposizione dei sette vizi capitali, molto più attuali di quanto non pensi l’essere umano comune, (più che) semiaddormentato dalla televisione e dalla (dis) educazione contemporanea… tuttavia, il tutto è davvero semplicistico, dovuto probabilmente anche ai tempi brevi (una ventina di minuti per un vizio capitale: davvero poco).

Per di più, i personaggi e i dialoghi sono piuttosto banali e piatti.

L’esito finale di Dragon’s dogma è quello di un’opera globalmente sufficiente ma priva di valore ulteriore; una buona idea di fondo tuttavia eseguita male, o quantomeno non bene come avrebbe potuto.

Menzione per un paio di frasi esistenzialmente interessanti.

“Quando tu scruti dentro l’oscurità, l’oscurità scruta dentro di te.”

“Non consentire alla tua furia di consumarti; produrrà soltanto più angoscia.”

“Sei stato sconfitto dai tuoi stessi desideri: adesso devi pagarne il prezzo.”

Fosco Del Nero



Titolo: Dragon’s dogma.
Genere: serie tv, animazione, fantasy, drammatico.
Ideatore: Shinya Sugai.
Anno: 2020.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 1 febbraio 2023

Equals - Drake Doremus

Mi son guardato Equals, film del 2015, essenzialmente per il genere distopico, dal momento che, ormai da un paio di decenni, non mi perdo un film di tale genere… 

… persino quelli aventi commenti non entusiasmanti, come lo stesso Equals; al di là della bellezza cinematografica del film, infatti, osservo da tempo il genere sia come fenomeno di costume, sia come aspetto contenutistico (c’è gente che sa e che anticipa, gente che non sa per certo ma intuisce, etc).

Ecco la trama di Equals: in una società distopica di un futuro imprecisato vivono gli Eguali, individui facenti parte del Collettivo… ma in verità non tanto individui, giacché, tramite opportuni esperimenti farmaco-genetici (ancora farmaci, sieri ed esperimenti “medici”: un elemento spesso presente nel filone cospirazioni stico… e da ben prima della psicopandemia, a proposito di informazioni privilegiate o di intuizione), essi sono stati del tutto privati dell’elemento emozionale, sempre col fine “nobile” di eliminare la violenza e le guerre, ottenendo così una convivenza pacifica.
Purtroppo, alcune persone, nonostante tali esperimenti e nonostante quella sorta di vita ospedaliera che conducono (tutto bianco, tutto lindo, tutto uguale), danno segnali di reazioni emotive: sono perciò considerati dei malati, sottoposti a cure farmacologiche aggressive e persino invitati al suicidio.
Capita anche a Silas e Nia, due giovani “uguali”, i quali iniziano a provare attrazione, e poi amore, l’uno per l’altra, naturalmente ostacolati in molteplici modi.

Veniamo al commento del film.
Esteticamente, Equals è molto ben congeniato: la scenografia e la fotografia sono ottimi. 
A livello di storia, non si assiste a nulla di clamoroso: una società distopica con dei protagonisti ribelli… tutto piuttosto semplice, con l’unica variante per cui il centro della vicenda non è tanto la ribellione contro il sistema, quanto la storia d’amore tra i due protagonisti. Diciamo che Equals è il Twilight del genere distopico, nel senso che Twilight sta al vampirismo come Equals sta alla distopia. 
Curiosamente, ma forse neanche tanto, l’attrice protagonista è la stessa: Kristen Stewart.

Non c’è una grande profondità, né nei contenuti né nei dialoghi: è tutto piuttosto patinato, oltre che discretamente lento.
A riprova di ciò, mi sono segnato solamente una frase interessante, laddove al contrario in film del medesimo genere si trova solitamente molto di più.

“Da quando siamo bambini ci insegnano che il nostro scopo è solo quello di esplorare l’universo: lo spazio è il luogo in cui troveremo le risposte… le risposte al perché siamo qui e da dove veniamo.
Tutti cercano queste risposte a ottocento milioni di miglia di distanza, ma la verità è che le risposte sono di fronte a noi.”

In definitiva, Equals è senza infamia e senza lode: è bene sapere di che si tratta prima di guardarlo.

Fosco Del Nero



Titolo: Equals (Equals).
Genere: drammatico, distopico, sentimentale.
Regista: Drake Doremus.
Attori: Kristen Stewart, Nicholas Hoult, Guy Pearce, Jacki Weaver, Kate Lyn Sheil, Aurora Perrineau, Claudia Kim, Bel Powley, Toby Huss, Rebecca Hazlewood, David Selby.
Anno: 2015. 
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



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