“Questo film è solo una lagna: bambini che si lagnano, pecore che si lagnano, strumenti musicali che lagnano, canti che sono delle lagne, perfino la natura con il suo vento sembra lagnarsi.
E i cammelli? Non vi preoccupate, si lagnano anche loro.
Si vede proprio che questo film è stato girato con occhi occidentali: alla fine desidererete vivere in una grossa metropoli.”
In rete ho trovato questo commento-recensione al film proposto quest’oggi, ossia La storia del cammello che piange, film documentario che è stato anche la prova di laurea del regista, Luigi Falorni, ad una scuola di cinema tedesco.
Il commento è un po’ ingeneroso, però occorre ammettere due cose: intanto, che è divertente (il commento, non il film), e in secondo luogo che sintetizza abbastanza bene il film, che in effetti è costituito da un’ora e mezza di lamenti e rumori più o meno strazianti.
Persino i dialoghi tra i protagonisti, già rari e poco intensi per conto loro, sono sottotitolati solo in parte, col risultato che allo spettatore rimane solo ciò che vede e ciò che sente.
Sì, giacché il film, che è più un documentario che un film, non ha una trama, se non il poco che segue: siamo nel Deserto del Gobi, nella Mongolia del sud. Una famiglia di allevatori di cammelli aiuta una giovane cammella a partorire il suo primo figlio… che però lei poi non accetterà, negandogli il suo latte, perché albino.
La famiglia cerca allora in tutti i modi di far accettare il figlio alla madre, e alla fine ricorrerà ai servigi di un violinista fatto arrivare da una città lontana, il quale… giustificherà il titolo del film.
Se non c’è quasi trama, e se non ci sono che pochi dialoghi, e privi essenzialmente di significato, e ovviamente senza colonna sonora o altre frivolezze, rimane per l’appunto un prodotto-documentario, che forse interesserà gli appassionati dell’Estremo Oriente, o della vita desertica, ma che rischia di annoiare seriamente lo spettatore medio.
Con tutto che anche il panorama proposto, molto polveroso e monotono, non aiuta lo spettatore per quel poco che era rimasto…
Si dica che, alla fine, la cosa più vivace (e forse più riuscita, ciò che è inquietante) è la carrellata finale dei personaggi… che però dura pochissimo.
Insomma, non me ne voglia il regista, ma La storia del cammello che piange, e lo dico da appassionato del mondo orientale che, giusto per dirne una, si è appena letto un libro sugli ultimi decenni di Cina e dintorni, proprio non mi ha preso per nulla: e forse, pur a parità di trama e ritmo, sarebbe stato meglio rinunciare a un poco dell’aspetto documentaristico per introdurre un po’ di aspetto poetico, quasi del tutto assente anch'esso.
Fosco Del Nero
Titolo: La storia del cammello che piange (Die geschichte vom weinenden kamel).
Genere: documentario.
Regista Luigi Falorni, Byambasuren Davaa.
Attori: Janchiv Ayurzana, Chimed Ohin, Amgaabazar Gonson, Zeveljamz Nyam, Ikhbayar Amgaabazar, Odgerel Ayusch, Enkhbulgan Ikhbayar,Uuganbaatar Ikhbayar.
Anno: 2003.
Voto: 4.
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