Luther mi era stato consigliato come film dai contenuti esistenziali, e per tale motivo l’ho guardato, laddove altrimenti molto probabilmente lo avrei ignorato, giacché non amo molto i film biografici o comunque descrittivi di un certo evento.
Il motivo è semplice: quando una certa persona o un certo evento sono accompagnati da punti di vista e convinzioni di fondo è molto facile, per non dire quasi scontato, che venga persa per strada l’obiettività e che l’opera risulti fortemente faziosa.
Ad esempio, parlando di Luther, dubito che il versante cristiano-cattolico concordi molto con la ricostruzione fatta dal regista Eric Till, che dipinge Martin Lutero come un vero e proprio eroe, limpido e senza macchia, e tutto l’apparato ecclesiale romano come una vera e propria sentina di nefandezze.
Il che può anche corrispondere a verità storica, beninteso: il punto è sempre l’oggettività, il punto di vista, le fonti, e via discorrendo.
Fatta questa premessa legata a una mia preferenza individuale, passiamo a commentare Luther come film in se stesso, lasciando da parte le questioni storico-dottrinali e anche le questioni esistenziali, giacché il film in realtà ne è praticamente sprovvisto, a parte generici richiami alla bontà, alla non violenza, alla fede pura scevra da vendita di indulgenze, riti e strutture sociali portate avanti da uomini, etc.
Siamo nel 1505, ed è un periodo turbolento, politicamente e culturalmente: da una parte abbiamo l’imperatore, dall’altra i vari regnanti, e poi c’è il Papato, che è un regno esso stesso.
La storia segue la formazione personale di Martin Lutero, giovane uomo che si fa sacerdote dopo una promessa fatta durante un temporale in cui ha temuto di morire; la cosa fa sorridere, ma uno dei più grandi scismi culturali e religiosi nasce proprio da un evento accidentale di questo tipo. Sta di fatto che Lutero tiene fede alla promessa e va avanti nel suo percorso personale, pur con una fede vacillante… che vacilla ancora di più quando vede il marciume che c’è a Roma e in generale nella Chiesa Cattolica.
Tanto vede, e tanto al contrario sente dentro di sé, che, nel suo predicare, incorre proprio nell’ira di Roma, e il suo rifiuto di rinnegare le sue opere e le sue convinzioni porterà per l’appunto allo scontro e alla separazione dal Papato.
Detto che il film non propone tematiche esistenziali vere e proprie, o perlomeno di una certa profondità, oltre a semplici questioni di morale e di buon comportamento, del film rimane solo il film in senso stretto, ossia il prodotto d’intrattenimento.
Che è buono, occorre dire: la ricostruzione generale tiene e interessa, scenografie e costumi fanno la loro parte, ed è ben recitato.
Paga un po’ il fatto che lo spettatore inizia a guardarlo sapendo già come andrà a finire, ma nel complesso Luther si lascia seguire bene e, al netto delle criticità esposte nella recensione, è un discreto film.
Che non rivedrò una seconda volta, con tutta probabilità, ma che può valer la pena vedere almeno una prima.
Fosco Del Nero
Titolo: Luther (Luther).
Genere: drammatico.
Regista: Eric Till.
Attori: Joseph Fiennes, Peter Ustinov, Alfred Molina, Bruno Ganz, Claire Cox, Jonathan Firth.
Anno: 2003.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.