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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 28 maggio 2024

Nell’anno del Signore - Luigi Magni

Non avevo mai recensito un film di Luigi Magni, regista italiano che nemmeno conoscevo, nonostante un discreto pedigree, fatto soprattutto di film d’ambientazione storica e poco popolari, per dir così.

La sua prima comparsa avviene con Nell’anno del Signore, il film che gli ha dato fama e su cui ha costruito la sua carriera, che ha compreso anche i due “seguiti concettuali” del film in questione, ossia In nome del Papa Re e In nome del popolo sovrano, con cui ha anche vinto dei premi (e che mi vedrò in seguito, giacché Nell’anno del Signore si è rivelato film intelligente e interessante). 

Passiamo dunque alla trama di Nell’anno del Signore: siamo a Roma nel 1825, nel periodo del pontificato di Leone XII, caratterizzato da una politica reazionaria, comprendente coprifuoco, polizia nelle strade e processi sommari, diretti dal Cardinal Rivarola (Ugo Tognazzi). 
Il protagonista centrale della storia è Cornacchia (Nino Manfredi), un calzolaio dall’aria umile e disincantata, che in realtà è il poeta Pasquino, colui che appende per la città manifesti-poesie dissacranti tesi a criticare e umiliare il potere costituito.

Se Cornacchia agisce dietro le quinte, con l’arma della parola, i carbonari hanno scelto l’arma pubblica dell’azione e degli omicidi mirati: tra questi, Leonida Montanari e Angelo Targhini, i quali entrambi s’invaghiranno di Giuditta Di Castro (Claudia Cardinale), bella giudea che sarebbe in teoria la compagna di Cornacchia, pur all’interno di un rapporto piuttosto elastico.

I due uomini tentano di uccidere il carbonaro traditore Filippo Spada, sul cui tentato maldestro assassinio indagherà il Colonnello Nardoni (Enrico Maria Salerno).
Da citare anche la figura del frate prete confessore (Albero Sordi)… anche se probabilmente è le meno riuscita del film, caciara e invadente.

Il film si basa su una storia reale, pur se modificata, ho letto, in tanti punti.

Nell’anno del Signore è l’esempio di un vecchio cinema all’italiana che, col tempo, è sparito, per far posto a spazzatura popolana di vario tipo: il film, pur senza praticamente alcun mezzo tecnologico, e probabilmente anche un budget risicato, destinato presumibilmente ad attori, costumi e poco altro, riesce a proporre molto: un’ambientazione interessante (la Roma del periodo della Restaurazione), dei personaggi ben tratteggiati e accattivanti, dialoghi interessanti, umorismo garbato. Che differenza con i tempi moderni e la media delle produzioni contemporanee!

Molto bella la coppia Manfredi-Cardinale, pur nel suo essere spuria e particolare. 
Tra gli altri, si è intravisto anche un giovane Pippo Franco, nei panni dell’allievo del poeta Pasquino.

Davvero curioso che, finora, non avessi mai sentito parlare di questo film e che me lo sia cercato dopo averne intercettato alcuni dialoghi per puro caso.
 
Fosco Del Nero



Titolo: Nell’anno del Signore.
Genere: storico, drammatico, sentimentale.  
Regista: Luigi Magni.
Attori: Nino Manfredi, Robert Hossein, Claudia Cardinale, Enrico Maria Salerno, Britt Ekland, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Pippo Franco, Stelvio Rosi, Renaud Verley, Marco Tulli, Emilio Marchesini, Stefano Oppedisano
Anno: 1969.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.



martedì 21 maggio 2024

Harmony - Michael Arias, Takashi Nakamura

Harmony è il terzo film ispirato alle opere di Project Itoh, dopo L’impero dei cadaveri e L'organo genocida, film che mi erano piaciuti abbastanza, sia nella tecnica che nei contenuti, nonostante una certa tendenza cerebrale…

… che ha anche Harmony, film lungo circa due ore, piuttosto lento e parecchio introspettivo.

Quanto ai due registi, avevo già incontrato Michael Arias per il particolarissimo (e molto simbolico, oltre la facciata del film d'animazione e d'azione fantastico) Tekkonkinkreet - Soli contro tutti.

Cominciamo con la trama sommaria di Harmony: in un futuro post-bellico, dopo l’evento disastroso chiamato Maelstrom, la società si è profondamente frammentata.

La parte dominante della società si è estremamente medicalizzata e socializzata, tramite una forte pressione sociale sul versante psicologico e una medicalizzazione con nanotecnologia (denominata “watch me”) sul versante fisico. In pratica, tutti sono equilibrati, controllati e moderati, salvo avere episodi radicali di vario tipo. 

La protagonista è Tuan Kirie, la quale, tredici anni prima, aveva organizzato una protesta con le amiche Miach Mihie e Cian Reikado che avrebbe dovuto sfociare in un suicidio di gruppo. Però, solamente Miach si uccide, mentre le altre due amiche non hanno il coraggio e proseguono la loro vita in modo molto differente.
Tuan lavora ora per l'Organizzazione Mondiale della Sanità (a proposito di medicalizzazione forzata...), nei corpi di polizia internazionali.
Ma il passato tornerà a farsi sentire, compresa una minaccia alla salute pubblica.

Harmony è molto bello da vedere, nonostante ogni tanto la computer grafica si metta in mezzo ad abbassare la qualità media dell’animazione e degli sfondi disegnati a meno. La cosa non stona molto, comunque, dal momento che l’armonizzazione tra i due tipi di disegni è ottimizzata discretamente bene.
I dialoghi e i temi sono molto seri. Non c’è tuttavia molto divertimento, per usare un eufemismo.
Il ritmo è lento e introspettivo.

Nel film vi è una certa bellezza, nonché argomenti interessanti (società medica, controllo sociale, pressione psicologica, distopia, felicità apparente e reale, etc), anche se il prodotto non convince del tutto, specialmente per uno sviluppo poco coerente e fluido.
Peccato, perché il materiale di partenza c’era ed era buono, forse persino ottimo. Anche lo stile scelto è valido ad esteticamente accattivante. Il tutto però, sia visivamente sia emotivamente, risulta molto freddo e asettico e coinvolge poco.

Harmony rimane comunque un buon film d’animazione, di sufficiente-buon valore, come i suoi due colleghi citati a inizio recensione.

Fosco Del Nero



Titolo: Harmony (Harmony).
Genere: anime, fantascienza, drammatico.   
Regista: Michael Arias, Takashi Nakamura.
Anno: 2015. 
Voto: 6.5. 
Dove lo trovi: qui



mercoledì 15 maggio 2024

Old - M. Night Shyamalan

E così ho dato un’altra occasione (l’ultima?) a M. Night Shyamalan guardando Old, suo recente film datato 2021.
Si tratta dell’adattamento cinematografico della graphic novel Castello di sabbia… ed è un’opera piuttosto originale nella sostanza, per quanto difettosa su più fronti.

Partiamo dalla trama: Guy e Prisca Cappa, marito e moglie, si recano in un resort all’avanguardia, ai tropici, con i figli Trent e Maddox, rispettivamente bambino e ragazzina… come ultima vacanza insieme prima della separazione, di cui i piccoli ancora non sanno niente. 
Su suggerimento del direttore del resort, visitano una spiaggia molto isolata, nella quale conoscono altre due coppie (Jarin e Patricia, Charles e Crystal), un famoso rapper, nonché vari altri congiunti tra figli e madri.

Iniziano subito a succedere cose strane: viene trovato il cadavere di una ragazza, al rapper sanguina continuamente il naso e soprattutto i bambini iniziano a crescere in modo rapidissimo. Il gruppo giunge subito alla conclusione che, per qualche fenomeno misterioso, in quella radura assai protetta il tempo scorra più velocemente… e che quindi debbano andarsene altrettanto velocemente.
Purtroppo, però, non ce la fanno, visto che pare esservi una forza che impedisce l’uscita dal passaggio attraverso cui sono giunti (un cunicolo tra pareti rocciose).

Prima di giungere al finale e alla spiegazione del tutto, in mezzo c’è un po’ di tutto: invecchiamento precoce, morte, tumori rapidissimi, operazioni chirurgiche, assassinii, incidenti mortali, concepimenti e parti. Forse persino un po’ troppo, ma d’altronde il fim va di fretta come suo assunto di base.

Nessuna riflessione interiore, nessun contenuto psichico degno di nota (se non forse la domanda, molto attuale, sul punto a cui può arrivare la “scienza” in nome dello studio e del progresso “medico”): Old è un mero intrattenimento cinematografico.

Dal canto mio, non ha aiutato rivedere attori che mi ricordavano da vicino altre serie tv (di qualità ben maggiore rispetto a quella di Old), come Lost o L’uomo nell’alto castello.

In conclusione, Old è anche discretamente interessante nella sua originalità, ma non è niente di notevole: siamo sempre anni luce dagli ormai datati e migliori lavori di Shyamalan: di mio, metto in cima The village e Il sesto senso… e gli altri tutti sotto, alcuni di un po’ e altri di molto.
Quanto a Old, pur non essendo un prodotto disastroso, avrei potuto tranquillamente non guardarlo e non vedo motivi per riguardarlo in futuro.

Fosco Del Nero



Titolo: Old.
Genere: fantascienza, thriller.  
Regista: M. Night Shyamalan.
Attori: Gael García Bernal, Vicky Krieps, Rufus Sewell, Ken Leung, Nikki Amuka-Bird, Abbey Lee, Aaron Pierre, Thomasin McKenzie, Alex Wolff, Eliza Scanlen, Embeth Davidtz, Emun Elliott
Anno: 2021. 
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui



martedì 7 maggio 2024

La regina degli scacchi - Scott Frank

Avevo letto ottime cose sulla serie tv La regina degli scacchi, miniserie da una sola stagione composta da sette episodi che un paio d'anni fa ha avuto un buon successo, persino alimentando l’interesse per il gioco degli scacchi, di moda secoli fa ma poi finito sempre più fuori dai radar delle generazioni moderne, probabilmente perché richiede attenzione, concentrazione, studio e tempo… fattori che stanno diventando sempre più rari, precari e instabili nei tempi recenti.

Partiamo da un elemento negativo, il titolo: se il film è la trasposizione del romanzo di Walter Tevis The queen’s gambit (letteralmente, "il gambetto di regina", una mossa di apertura degli scacchi), vi erano già un film e alcuni libro intitolati La regina degli scacchi: si poteva dunque scegliere qualcosa di meglio, o semplicemente mantenere il titolo originale.

Altro elemento negativo, questo assai più importante; lo evidenzio subito anche perché è praticamente la scena di apertura della serie, cui si torna poi percorrendo l’intera vita della protagonista: è la solita propaganda omosessuale del mondo globalista, di cui Netflix e altri produttori costituiscono il braccio diseducativo nell’intrattenimento. Su relativamente pochi personaggi, difatti, l’omosessualità ricorre varie volte: si tratta di rappresentazione della realtà quando si dipinge la realtà così come è; si tratta di propaganda quando si intende orientare le masse facendo credere che sia normale, o desiderabile, qualcosa che invece non è normale affatto.
A tale fattore si accompagna anche un antimaschilismo di fondo, anche questo cavallo di battaglia del Nuovo Ordine Mondiale: la protagonista ha un padre naturale (cattivo) che abbandona lei e la madre, ha un padre adottivo (cattivo) che ugualmente se ne frega, ed è continuamente delusa dagli uomini (inaffidabili o incapaci, in definitiva inutili)… quando peraltro è sempre lei a comportarsi male a causa di un’evidente misantropia e anaffettività di fondo!

Terzo elemento negativo, anche questo ricorrente in buona parte dell’intrattenimento: l’abbinamento tra l’eroe protagonista e sostanze come droga e/o alcol e/o farmaci e/o fumo. A quanto pare non è di moda oggigiorno proporre un protagonista veramente eroe, ossia capace di rifiutare… la manipolazione propagandistica di certi ambienti/gruppi/poteri umani (come anche lo stile di vita che vogliono imporre).
Quello sì che sarebbe un eroe… ma d’altronde chi diseduca le masse deve proporre finti eroi, magari carismatici, che in realtà pubblicizzano comportamenti antievolutivi: è esattamente questo il profilo della protagonista di questa serie.

Ma lasciamo perdere questo punto (che comunque è bene conoscere per “sapere a cosa si va incontro” quando si guardano le opere provenienti da certi ambienti) e passiamo a un commento più tecnico, cominciando dalla trama de La regina degli scacchi: siamo negli anni “50, quando la piccola Beth Harmon si trova improvvisamente orfana… anche di madre, dopo che il padre le aveva abbandonate anni prima. L’abbandono della madre avviene sotto forma di suicidio automobilistico, cosa che conduce la bambina, piuttosto silenziosa e introspettiva, in un orfanotrofio, dove, pur nella sua riservatezza, fa amicizia con Jolene. Anni dopo, ormai ragazzina, viene adottata da una coppia… che si disfa ben presto: l’uomo se ne va (ancora una volta) lasciando la moglie e la figlia (adottiva, in questo caso).

A questo punto, anche per guadagnare dei soldi, Beth inizia a partecipare a tornei di scacchi, essendo divenuta assai brava sin da quando, nell’orfanotrofio, il custode Shaibel la aveva iniziata al gioco, trovando in lei un vero e proprio fenomeno.
La ragazza inizia a farsi un nome nell’ambiente, che è tuttora molto maschile e al tempo lo era quasi esclusivamente… ma insieme alle vittorie si affacciano alcuni problemi: una certa incapacità sociale, nonché la dipendenza da droghe prima e alcol poi.

Ora un commento più ravvicinato alla serie tv: La regina degli scacchi è ottimamente realizzata. D’altronde, trattandosi di un’opera di appena sette episodi, di circa tre quarti d’ora ciascuno, ci si è certamente potuti concentrare. L’ambientazione e la scenografia sono eccellenti: sembra davvero di assistere a uno spaccato, molto bello a vedersi peraltro, degli anni “50. La scenografia la fornisce il romanzo di Travis ed è solida. I personaggi e i dialoghi sono interessanti, e alcuni discretamente memorabili. La protagonista è stata interpretata da Anya Taylor-Joy, divenuta famosa con quel ruolo (ma già fattasi notare da ragazzina per l’horror The witch), caratterizzato davvero bene, non a caso premiato; a dirla tutta, buca letteralmente lo schermo, come si diceva un tempo.
Interessante anche il personaggio di Benny, rivale-collega americano della ragazza.

Tra gli altri attori, da citare Harry Melling (il Dudley Dursley di Harry Potter) e Thomas Brodie-Sangster (visto nel film Maze runner - Il labirinto e nella serie Il trono di spade). Anche se, a onor del vero, la presenza magnetica di Anya Taylor-Joy attira su di sé praticamente tutte le attenzioni.

Validi anche la colonna sonora, la fotografia e il montaggio. 
Tolgo mezzo punto alla La regina degli scacchi per via della propaganda manipolatoria di cui si è detto a inizio articolo. 

Fosco Del Nero



Titolo: La regina degli scacchi (The queen’s gambit).
Genere: serie tv.
Ideatore: Scott Frank. 
Attori: Anya Taylor-Joy, Harry Melling, Chloe Pirrie, Marielle Heller, Marcin Dorocinski, Patrick Kennedy (II), Rebecca Root, Millie Brady, Michel Diercks, Murat Dikenci, Rebecca Dyson-Smith, John Hollingworth, Tim Kalkhof, Steffen Mennekes, Alberto Ruano, Julia Schneider.
Anno: 2020.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



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