Chi mi legge da tempo sa già che con me i film di Hayao Miyazaki vanno lisci, e che, più in generale, va abbastanza liscio anche lo Studio Ghibli… tanto che questo è il primo loro film che mi è piaciuto meno di molto.
Laddove “questo” sarebbe Pioggia di ricordi, film d’animazione diretto nel 1991 da Isao Takahata.
Intanto, un poco di storia: Isao Takahata è il cofondatore dello Studio Ghibli nel 1985 insieme ad Hayao Miyazaki, e nel corso degli anni si è dedicato più all’attività di produttore, spesso dei film del suo più blasonato collega, che non all’attività di regista.
Purtuttavia, qualcosa ha diretto lui stesso (e in questi casi spesso ha fatto da produttore Miyazaki, con un perfetto scambio di ruoli), tanto che di lui ho già visto qualche film: l’ottimo Pom Poko, per esempio, il meno buono La grande avventura di Hols, il discreto Una tomba per le lucciole (che sarebbe anche molto buono se il genere fortemente drammatico non me lo rendesse meno appetibile).
Quanto al suo ruolo da produttore, abbiamo nomi eccellenti: Nausicaa della Valle del vento, Laputa - Castello nel cielo, Principessa Mononoke.
Ma veniamo a Pioggia di ricordi (titolo giapponese: Omohide poro poro; titolo inglese: Only yesterday), il quale peraltro è tratto da un manga, disegnato da Hotaru Okamoto e Yuko Tone, e vediamone la trama in grande sintesi: siamo nel 1982 e Taeko è una giovane donna di poco meno di trent’anni, lavoratrice e single, la quale decide di fare una vacanza estiva presso la tenuta di campagna del fratello del cognato, sfuggendo così alla città (Tokyo).
Alla stazione viene a prenderla un cugino del cognato, Toshio, il quale in seguito gli farà da guida durante la sua permanenza in campagna.
Il film in realtà non ha una linea temporale unica, ma procede secondo salti in avanti e indietro nel tempo, presentandoci anche la Taeko bambina, e anzi iniziando proprio da questa ambientazione, che viene spesso richiamata sotto forma di ricordi dalla Taeko adulta, confermando così in pieno il titolo del film.
Pioggia di ricordi è un anime decisamente particolare, che peraltro ha fatto storia in Giappone, visto che per una volta non si dedicava un film d’animazione a ragazzini o ragazzine, come consuetudine, ma a una giovane donna già adulta, alle prese con problemi adulti: nubilato e matrimonio, lavoro, il luogo in cui vivere, etc.
Manco a dirlo, nel film sono inserite alcune tematiche care agli amici dello Studio Ghibli, come la natura e l’ecologia… e anzi questo film, anche per via dell’ambientazione, insiste su di essi in modo particolare, proponendo, oltre che la bellezza della natura e di uno stile di vita sano e semplice, e persino un panegirico dell’agricoltura biologica.
Oltre a ciò, che già basterebbe come contenuto di valore culturale, il film propone altri contenuti di valore: il cambiamento, il giudizio, le aspirazioni personali, fare ciò che si ama e per cui si ha predisposizione, il seguire la propria voce interiore… cosa che si vedrà grandemente proprio nel finale, assai originale poiché non contiene dialoghi, ma è accompagnato nelle scene animate dalla canzone di chiusura, risultando così una parte integrante del film, e una parte davvero bella sia per le scene, sia per la sonorità, sia per il testo della canzone.
Detto della bellezza, veniamo ora a ciò che non mi è piaciuto, a cominciare dalla scelta di segnare sui visi delle persone le presunte rughe o linee delle espressioni facciali, fatto che non aggiunge nulla al realismo del film, ma semplicemente rende i volti antiestetici nella maggior parte dei casi… e se l’esperimento non è stato più ripetuto dal 1991 a oggi, né era mai stato tentato prima, un motivo ci sarà.
Anche la traduzione in italiano pare un po' balbettante, ma questo non è un difetto del film in sé, ma piuttosto una cattiva prova dei traduttori (tra le altre cose, c'è un abuso smodato dell'avverbio "infatti").
Anche la traduzione in italiano pare un po' balbettante, ma questo non è un difetto del film in sé, ma piuttosto una cattiva prova dei traduttori (tra le altre cose, c'è un abuso smodato dell'avverbio "infatti").
Inoltre, va detto che il film a tratti rischia di essere un po’ noiosetto: scordatevi quindi la verve dei film di Miyazaki, o dello stesso Pom Poko di Takahata (che in quanto a verve è, onestamente, difficilmente battibile).
Nella lentezza-noia generale, comunque, non mancano i momenti ispirati, alcuni anzi ispiratissimi, come la scena in cui Takao bambina cammina dietro alla madre nella via cittadina al suono di una marcia.
Curioso poi il fatto che uno dei protagonisti del film, un contadino di campagna, sia appassionato di musica folk straniera, ungherese in particolare... e, poco dopo che lo dice, tra le altre musiche si sente quella del Pippero. Perché un agricoltore giapponese ascolti musica ungherese non viene svelato, ma in compenso più tardi si ascolta anche un'aria italiana, il che è già più comprensibile, considerando la tradizione musicale nostrana.
Nel complesso, Pioggia di ricordi è un film che ha qualcosa di bello, che più che bello è istruttivo, ma che a mio avviso in generale non regge il confronto con i più valenti dirimpettai dello Studio Ghibli.
Chiudo la recensione con qualche frase del film.
"Anche noi contadini avremmo proprio dovuto impuntarci di più. Continuando ad affidarci ai potenti, sempre a seguire la scia della città, abbiamo finito per smarrire noi stessi. Per questo, riflettendo su cosa sia la vera prosperità, bisogna provare a impuntarsi ancora una volta con l'agricoltura dei tempi passati."
"All'orizzonte della terra rotonda qualcosa ci starà di certo aspettando.
Ci saranno anche cose dolorose, ci saranno anche cose tristi, eppure noi non ci avviliremo.
Non ci va di piangere, mettiamoci a ridere e avanziamo."
"L'amore è un fiore, il fiore della vita, e tu ne sei il seme."
"Nel timore di venire rubato, il tuo animo non si dona.
Nel timore di morire non si riesce a vivere."
Fosco Del Nero
Titolo: Pioggia di ricordi - Only yesterday (Omohide poro poro).
Genere: animazione, commedia, psicologico.
Regista: Isao Takahata.
Anno: 1991.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.