Quest’oggi recensisco il quinto film di Hal Ashby che ho visto, dopo Oltre il giardino, Harold e Maude, L’ultima corvè e Shampoo: Questa terra è la mia terra, film tratto dall’omonima autobiografia di Woodrow Wilson Guthrie, chiamato Woody Guthrie, noto cantante folk statunitense attivo negli anni “30 e “40.
Siamo difatti nel 1936: gli Stati Uniti stanno vivendo il dramma economico e sociale successivo alla grande depressione, e Woody, come tante altre persone, è alle prese con la povertà.
A differenza di molti, però, sembra prendere la vita con grande leggerezza e filosofia. In positivo, ciò gli permette di procedere senza drammi; in negativo, lo porta a dimenticarsi di avere moglie e figli, che trascura per proseguire il suo peregrinare negli Stati Uniti.
Un bel giorno gli viene l’idea di tentare la fortuna in California: molla tutto e parte. In treno da abusivo, peraltro, rischiando a più riprese botte e spari di fucile…
… vizio che non perde nemmeno quando le cose sembrano andargli meglio più avanti, per il semplice fatto che egli non è uno che mette radici, ma una persona che ama il viaggio, con la sua avventura e i suoi rischi, come esplicita bene anche una sua frase che appare in sovrimpressione a fine film, praticamente a chiuderlo.
Come sempre (almeno, per i film che ho visto io), ad Ashby piace tratteggiare personaggi che sono fuori dal mondo.
Non solo perché sono strani (e i suoi personaggi principali lo sono invariabilmente, da Chance di Oltre il giardino passando per Maude di Harold e Maude), ma perché sono proprio fuori dal mondo: ossia, vivono nel mondo, ma non sono del mondo in senso stretto, e sembrano come camminare per una loro via a se stante, fuori da ogni logica comune e obiettivo tipico mondano.
Così è per Woody, il protagonista di Questa è la mia terra, sorta di avventuriero sereno e composto, che non va alla ricerca di ricchezza o di gloria personale, ma che cammina per il semplice gusto di camminare, e difatti egli stesso a un certo punto ci dice che non riesce a stare fermo e che deve sempre muoversi... per la gioia di moglie, figli e amici.
In effetti, Questa terra è la mia terra (titolo che sembra messo al contrario, nel senso che Woody non prova attaccamento per nessun luogo o nessuna persona; difatti a metà film canta una canzone intitolata "Io non ho una casa") è un film sul cammino, sul percorso personale, sulla ricerca e sulla libertà sopra ogni cosa… anche e soprattutto su rapporti personali, denaro e sicurezza.
E in questo senso è bello vedere la fiducia nella vita con cui Woody Guthrie, pur tra difficoltà e anche batoste, pur nel suo senso di insoddisfazione.
Anche se, a dire il vero, forse i quasi 140 minuti del film sono eccessivi, e alla lunga rischiano di annoiare.
Curioso notare come i film di Ashby terminino sempre in modi un po’ particolari, che sembrano alludere a concetti esistenziali o a simboli esoterici: per esempio, Oltre il giardino si concludeva con Chance che camminava sull’acqua, e ciò poco dopo la simbologia massonica della tomba, mentre Questa terra è la mia terra in modo meno clamoroso, ma comunque con una delle simbologie massoniche per eccellenza: Woody se ne va via da un edificio con il pavimento a scacchi, rifiutando ancora una volta la società moderna e le sue proposte allettanti in favore della libertà e del proprio cammino personale (lascia il pavimento a scacchi di un palazzo in cui gli avevano appena proposto un ricco contratto, soldi e fama e ritorna al suo cammino solitario).
In questo senso, il film è persino didattico, per quanto non entusiasmante come ritmo, dialoghi e personaggi. Ma comunque ha ricevuto parecchi premi, segno che un qualche segno lo ha lasciato.
Chiudo la recensione di Questa terra è la mia terra con due frasi estrapolate dal film: la prima sul camminare e la seconda sul possesso materiale, che poi sono i due filoni conduttori del film, per un verso o per quello opposto.
“Camminare è meglio che sostare.
Con chi stai a parlare?
Uno sta camminando, perché sta parlando?
Continua a camminare, continua a camminare…”
“Io non ci riesco a starmene qui dentro.
Sento sempre che dovrei essere da qualche altra parte, qualsiasi altra parte.”
“Quando ero diretto qui ho conosciuto gente di ogni tipo: c’erano vagabondi, scrocconi, c’erano famiglie che erano state sfasciate, povera gente che cercava un qualsiasi lavoro, e uomini che cercavano di arrivare in qualche posto, qualsiasi posto.
Avevano tutti una cosa in comune, ed era che ognuno di loro aveva qualcosa da darmi.
Trovi poi l’uomo che ha un po’ di soldi, ed è sempre tutto teso, ansioso: la sua umanità se n’è andata, e se n’è andata perché lui ha paura. Ha paura che gli tolgano la sua roba.
Ha persino paura di sorridere perché qualcuno potrebbe strappargli i denti di bocca.”
Siamo difatti nel 1936: gli Stati Uniti stanno vivendo il dramma economico e sociale successivo alla grande depressione, e Woody, come tante altre persone, è alle prese con la povertà.
A differenza di molti, però, sembra prendere la vita con grande leggerezza e filosofia. In positivo, ciò gli permette di procedere senza drammi; in negativo, lo porta a dimenticarsi di avere moglie e figli, che trascura per proseguire il suo peregrinare negli Stati Uniti.
Un bel giorno gli viene l’idea di tentare la fortuna in California: molla tutto e parte. In treno da abusivo, peraltro, rischiando a più riprese botte e spari di fucile…
… vizio che non perde nemmeno quando le cose sembrano andargli meglio più avanti, per il semplice fatto che egli non è uno che mette radici, ma una persona che ama il viaggio, con la sua avventura e i suoi rischi, come esplicita bene anche una sua frase che appare in sovrimpressione a fine film, praticamente a chiuderlo.
Come sempre (almeno, per i film che ho visto io), ad Ashby piace tratteggiare personaggi che sono fuori dal mondo.
Non solo perché sono strani (e i suoi personaggi principali lo sono invariabilmente, da Chance di Oltre il giardino passando per Maude di Harold e Maude), ma perché sono proprio fuori dal mondo: ossia, vivono nel mondo, ma non sono del mondo in senso stretto, e sembrano come camminare per una loro via a se stante, fuori da ogni logica comune e obiettivo tipico mondano.
Così è per Woody, il protagonista di Questa è la mia terra, sorta di avventuriero sereno e composto, che non va alla ricerca di ricchezza o di gloria personale, ma che cammina per il semplice gusto di camminare, e difatti egli stesso a un certo punto ci dice che non riesce a stare fermo e che deve sempre muoversi... per la gioia di moglie, figli e amici.
In effetti, Questa terra è la mia terra (titolo che sembra messo al contrario, nel senso che Woody non prova attaccamento per nessun luogo o nessuna persona; difatti a metà film canta una canzone intitolata "Io non ho una casa") è un film sul cammino, sul percorso personale, sulla ricerca e sulla libertà sopra ogni cosa… anche e soprattutto su rapporti personali, denaro e sicurezza.
E in questo senso è bello vedere la fiducia nella vita con cui Woody Guthrie, pur tra difficoltà e anche batoste, pur nel suo senso di insoddisfazione.
Anche se, a dire il vero, forse i quasi 140 minuti del film sono eccessivi, e alla lunga rischiano di annoiare.
Curioso notare come i film di Ashby terminino sempre in modi un po’ particolari, che sembrano alludere a concetti esistenziali o a simboli esoterici: per esempio, Oltre il giardino si concludeva con Chance che camminava sull’acqua, e ciò poco dopo la simbologia massonica della tomba, mentre Questa terra è la mia terra in modo meno clamoroso, ma comunque con una delle simbologie massoniche per eccellenza: Woody se ne va via da un edificio con il pavimento a scacchi, rifiutando ancora una volta la società moderna e le sue proposte allettanti in favore della libertà e del proprio cammino personale (lascia il pavimento a scacchi di un palazzo in cui gli avevano appena proposto un ricco contratto, soldi e fama e ritorna al suo cammino solitario).
In questo senso, il film è persino didattico, per quanto non entusiasmante come ritmo, dialoghi e personaggi. Ma comunque ha ricevuto parecchi premi, segno che un qualche segno lo ha lasciato.
Chiudo la recensione di Questa terra è la mia terra con due frasi estrapolate dal film: la prima sul camminare e la seconda sul possesso materiale, che poi sono i due filoni conduttori del film, per un verso o per quello opposto.
“Camminare è meglio che sostare.
Con chi stai a parlare?
Uno sta camminando, perché sta parlando?
Continua a camminare, continua a camminare…”
“Io non ci riesco a starmene qui dentro.
Sento sempre che dovrei essere da qualche altra parte, qualsiasi altra parte.”
“Quando ero diretto qui ho conosciuto gente di ogni tipo: c’erano vagabondi, scrocconi, c’erano famiglie che erano state sfasciate, povera gente che cercava un qualsiasi lavoro, e uomini che cercavano di arrivare in qualche posto, qualsiasi posto.
Avevano tutti una cosa in comune, ed era che ognuno di loro aveva qualcosa da darmi.
Trovi poi l’uomo che ha un po’ di soldi, ed è sempre tutto teso, ansioso: la sua umanità se n’è andata, e se n’è andata perché lui ha paura. Ha paura che gli tolgano la sua roba.
Ha persino paura di sorridere perché qualcuno potrebbe strappargli i denti di bocca.”
Titolo: Questa terra è la mia terra (Bound for glory).
Genere: biografia, commedia, drammatico, avventura.
Regista: Hal Ashby.
Attori: David Carradine, Ronny Cox, Melinda Dillon, Randy Quaid, Gail Strickland, Wendy Schaal, Ji-Tu Cumbuka, Ted Gehring, John Lehene, Elizabeth Macey, Susan Vaill.
Anno: 1976.
Voto: 6.5.
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