Avevo trovato il film The congress in un elenco dei migliori film d’animazione di sempre e, fiducioso, me lo sono in seguito visto.
In realtà, non si tratta di un classico film d’animazione, giacché l’opera parte come un normale film recitato, per poi passare all’animato dopo circa tre quarti d’ora di film (sulle due ore totali).
Tale anomalia è bissata da un’altra forte originalità: l’attrice protagonista, Robin Wright (indimenticabile ne La storia fantastica, ma vista anche in Unbreakable - il predestinato, La leggenda di Beowulf, La vita segreta della signora Lee), impersona la se stessa di un ipotetico futuro in cui la sua carriera è ormai agli sgoccioli, anche a causa del suo carattere bizzoso, e in cui la Miramount (mix tra le reali Paramount e Miramax) le propone un contratto assai innovativo: la cessione totale dei diritti d’immagine di Robin, la quale sarebbe stata renderizzata totalmente e utilizzata in qualsivoglia film futuro, senza che la Wright avrebbe dovuto e potuto mai più recitare.
Insomma, finiva la carriera reale dell’attrice, e cominciava una carriera fittizia, con la donna che avrebbe potuto dedicarsi nel mentre a ciò che più le piaceva… o semplicemente prendersi cura del figlio Aaron, affetto dalla grave sindrome di Usher, che deteriora udito e vista in modo progressivo, fino a sordità e cecità totali.
La donna infine accetta, e passano così i vent’anni di cessione dei diritti previsti dal contratto posto in essere, che in effetti sono molto proficui e fanno di lei una delle attrici più note al mondo.
Dopo tali vent’anni, Robin è invitata a un congresso della Miramount, per entrare nel quale viene costretta a bere una sostanza da una fiala: trattasi di un composto liquido che porterà Robin in una sorta di allucinazione personale ma anche collettiva.
Durante il congresso, all’attrice vien proposto di cedere nuovamente i suoi diritti di immagine, e stavolta in modo ancora più totale: grazie ai progressi della chimica, chiunque berrà certi composti potrà non solo partecipare a un mondo virtuale come già possibile, ma persino divenire chi o cosa vuole… compresi gli attori famosi, elemento che vien proposto di inserire nel nuovo contratto.
Robin rifiuta, e in un modo o nell’altro finisce che passano altri vent’anni, stavolta sotto ibernazione.
Si risveglia, ormai anziana, e deve affrontare la decisione di dove vuole continuare a vivere, se nell’allucinazione fittizia (fittizia, ma comunque riflettente la sua coscienza, quindi per lei molto reale) o nella realtà fisica, nella quale sono rimaste ormai poche persone.
I film sulla dicotomia tra realtà e finzione sono ormai molti, e alcuni di grande valore cinematografico e storico (cito al volo Matrix, Existenz, Il tredicesimo piano, Dark City), tanto che è difficile farsi notare in questo ambito.
A questo elemento, The congress aggiunge però dell’altra originalità: la parte animata, nonché l’elemento semibiografico, nonché i soliti luoghi comuni sulle società del futuro ipertecnologicizzate e in questo caso anche iperchimicizzate.
Però… non sfonda, semplicemente il tutto non va.
Un po’ perché è fortemente disomogeneo, un po’ perché in taluni punti è poco chiaro e occorre fermarsi per chiedersi cosa è successo, un po’ perché la parte animata non è particolarmente bella, fatto piuttosto grave per un film del 2013, che si fa surclassare da film più vecchi.
Il tutto sa molto di artefatto, di finto, e manca un spessore vero alla storia.
Insomma, The congress non mi ha né entusiasmato né convinto, e son ragionevolmente certo che passerà nel dimenticatoio degli esperimenti falliti abbastanza presto.
Non riescono a risollevarlo nemmeno alcune frasi dal sapore esistenziale, come la seguente:
“È andata via la luce. Tutto questo ha un senso, o è solo nella mia mente?”
“In realtà, tutto ha un senso, e tutto è nella nostra mente.”
Poi bissata da quest’altra:
“Ralph, è buio qui o è solo nella mia mente?”
“Tutto è nella tua mente. Se tu vedi il buio, è perché hai scelto il buio.”
Non basta, però… e forse non è un caso che l’altro film di Ari Folman che avevo visto, Valzer con Bashir, non mi sia piaciuto esso stesso. Evidentemente Folman non è il regista che fa per me.
Fosco Del Nero
Titolo: Il quarto tipo (The fourth kind).
Genere: fantascienza, animazione, drammatico.
Regista: Ari Folman.
Attori: Robin Wright, Harvey Keitel, Sami Gayle, Kodi Smit-McPhee, Danny Huston, Paul Giamatti, Jon Hamm, Michael Stahl-David, Michael Landes, Sarah Shahi, Ed Corbin.
Anno: 2013.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.
Genere: fantascienza, animazione, drammatico.
Regista: Ari Folman.
Attori: Robin Wright, Harvey Keitel, Sami Gayle, Kodi Smit-McPhee, Danny Huston, Paul Giamatti, Jon Hamm, Michael Stahl-David, Michael Landes, Sarah Shahi, Ed Corbin.
Anno: 2013.
Voto: 5.
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