Sarò sincero: per un discorso di mio gradimento, non avrei mai guardato L’inquilino del terzo piano, sia per la trama sia per la fama del regista, quel Roman Polanski famoso per opere torbide come Luna di fiele, La nona porta, Rosemary’s baby… e chissà quante che non conosco.
Dall’altro lato, tuttavia, ho visto L’inquilino del terzo piano proprio perché, dalla descrizione, sembrava uno di quei film inquietanti del regista polacco, che ho guardato quindi più per “dovere professionale”, diciamo così.
Due parole sui temi affrontati dal regista nei suoi vari film: magia nera, sacrifici umani, logge oscure, patti col diavolo, persino l’unione col diavolo, squilibri e violenza fisica e morale di ogni tipo.
L’inquilino del terzo piano in verità sembra più un prodotto psicologico-grottesco che non un manifesto di certi ambienti, diciamo così, ma anch’esso contiene numerosi elementi di squilibrio psichico.
Non è probabilmente un caso che il gruppo di Charles Manson abbia scelto proprio la casa e la moglie di Roman Polanski per il proprio efferato assassinio. Ricordo anche che il regista polacco ha ricevuto numerose accuse di stupro, nonché una condanna, con tanto di prigionia in un carcere statunitense, per aver fatto sesso con una tredicenne, peraltro dopo l’uso di stupefacenti (quando lui aveva quarantaquattro anni)... giusto per inquadrare meglio il personaggio.
Il film recensito quest’oggi, datato 1976, non fa altro che confermare gli squilibri psichici che animavano il regista nelle altre sue opere: dietro una sceneggiatura a metà tra psicologico, drammatico e orrorifico, si nascondono infatti varie disarmonie... mentali, emotive, sessuali, il pacchetto completo.
Tra l’altro, il film ha una chiara impronta autobiografica: non solo perché Roman Polanski interpreta il protagonista, ma anche perché riarrangia il romanzo originario, L'inquilino stregato di Roland Topor, passando da un protagonista di origine russa a un polacco naturalizzato francese, com’era per l’appunto Polanski.
Ecco la trama: un giovane impiegato di origini polacche, Trelkowski, cerca appartamento a Parigi… e lo trova in uno stabile che sulle prime sembra del tutto rispettabile, e anzi molto attento nella scelta degli inquilini, ma che a lungo andare si rivela essere un covo di persone quantomeno bizzarre, se non proprio squilibrate (son tutti anziani dall’aria e dai modi inquietanti).
Anche se, a onor del vero, parte dello squilibrio mostrato pare essere frutto della psiche malata del protagonista, il quale, man mano che la storia procede, si convince che gli abitanti del palazzo son tutti in congiura contro di lui e che, addirittura, stanno cercando di farlo suicidare, com’era accaduto alla precedente coinquilina dell’appartamento affittato dall’uomo.
Difatti, tutti quanti, compreso il barista del locale di fronte, lo trattano come trattavano la povera ragazza, cercando di convincerlo a mangiare le cose che mangiava lei, a fumare le sigarette che fumava lei e così via.
A un certo punto, sull’onda della deriva psichica ormai imboccata, l’uomo comincia a truccarsi e a vestirsi come la ragazza.
Il finale del film lo fa passare dal genere psicologico-surreale al genere letteralmente fantastico: l’uomo pare completare la sua identificazione progressiva con la ragazza morta, trovandosi infine, dopo che egli stesso ha cercato di suicidarsi, nel letto d’ospedale, interamente bendato, nel corpo della ragazza, e vedendo sé stesso che era andato a vedere come stava, a inizio storia.
A rafforzare la direzione “fantastica”, l’ipotesi che si sia accennato a una qualche forma di reincarnazione, nonché il luogo della toilette comune dell’abitato, piena di disegni egiziani e simboli esoterici… ciò che peraltro conferma l’interesse del regista per l’argomento, per quanto un interesse oscuro e non luminoso, elemento peraltro evidente dall’impronta energetica dei suoi film.
A proposito, in una scena a una donna spunta dalla bocca una lingua da serpente… sempre a proposito di certi argomenti.
In conclusione, L’inquilino del terzo piano sarebbe anche un buon film, come realizzazione tecnica, ma non propone niente di valore, e anzi risulta basso e volgare, psichicamente e fisicamente, da cui la mia valutazione mediocre (e quella "essenziale" sarebbe ancora più bassa).
Fosco Del Nero
Titolo: L’inquilino del terzo piano (Le locataire).
Genere: drammatico, psicologico, grottesco.
Regista: Roman Polanski.
Attori: Roman Polanski, Isabelle Adjani, Melvyn Douglas, Bernard Fresson, Jo Van Fleet, Claude Piéplu, Shelley Winters, Lila Kedrova, Jacques Monod, Michel Blanc, Rufus, Vanessa Vaylord, Helena Manson.
Anno: 1976.
Voto: 5.
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