Ormai parecchio tempo fa avevo visto e scritto la recensione di Allucinazione perversa, solo che per problemi tecnici avevo perso la recensione, cosa che mi dispiacque per il valore del film e per quanto il testo poteva essere utile, così a distanza di un po’ di tempo me lo sono rivisto e l’ho ri-recensito.
Cominciamo partendo dal titolo: chi ha modificato l’originale “Jacob’s ladder” nell’italiano “Allucinazione perversa” andrebbe radiato da qualunque lavoro comunicativo, nel cinema o nell’editoria.
Non gli dovrebbero nemmeno far aprire un blog, per quanto il titolo svia l’attenzione e fa sembrare una cosa come un’altra.
Diciamo poi che non ci si aspetterebbe certo un film così simbolico, al contempo così oscuro e così pieno di luce, dal regista di film patinati e sensuali come Flashdance, Nove settimane e mezzo, Lolita e Proposta indecente… film che non ho mai visto ma che ovviamente conosco di fama.
Veniamo ora al film, che prima riassumerò a livello di trama, e poi riassumerò a livello di contenuti e simbolismi.
Jacob Singer, ex caporale dei Marines, è un reduce del Vietnam, ed è uno di quei reduci messi male: dopo la guerra, nonostante una laurea in filosofia e una mente brillante (dai suoi commilitoni veniva chiamato “il professore”), si mette a fare il postino per non dover utilizzare il cervello, giacché ha ricordi brutti e confusi riguardo alla guerra… specialmente di un giorno in cui successe una carneficina e lui stesso fu gravemente ferito.
Dopo la guerra, inoltre, ha lasciato la moglie Sarah, nonché i due figli Jed ed Elia, e si è messo con Jezebel, sua collega alle poste.
All’improvviso, egli sta male, sia fisicamente che interiormente, e inizia a vedere demoni ovunque, anche nel volto della sua compagna Jezebel e, dopo aver scoperto che la stessa cosa è successa anche ai suoi ex commilitoni, inizia a indagare su cosa il governo degli USA ha loro somministrato durante la guerra… ma in questo viene “scoraggiato” da alcuni uomini dall’aria di gangster.
Detto così, Jacob’s ladder (mi rifiuto di chiamarlo col nome italiano) sembra un film drammatico di genere antimilitarista e con qualche contenuto orrorifico-spaventoso causato dalle turbe psicologiche derivanti dalle sostanze psicotrope assunte durante la guerra…
… ma l’antimilitarismo è solo una scusa, e in realtà il film ha contenuti esistenziali e simbolici.
Tanto che ricorda il più brillante Cronenberg, quello di Existenz o Il pasto nudo, e se è forse meno immaginifico, è decisamente più simbolico.
Quasi tutto, anzi, nel film ha una sua simbologia, e andiamo a vedere.
Partiamo dal titolo: “Jacob’s ladder”, ossia "la scala di Giacobbe", riferimento biblico a un sogno di Giacobbe e riferimento esistenziale al percorso spirituale di ascesa… e infatti lo stesso protagonista si chiama Jacob.
Le due protagoniste femminili invece sono Jezebel, anch’esso nome biblico, Gezabele, di origini incerte ma comunque associato a qualcosa di maligno o di insinuante (e infatti la donna del film è scura di carnagione, bruna di capelli e sensuale), e Sarah, sorella e moglie di Abramo, madre anziana e miracolata di Isacco, uno dei grandi patriarchi (la quale infatti è chiara di pelle, bionda e decisamente più rassicurante e materna: questo corrisponde sia alla tradizione popolare, sia ad alcune immagini archetipiche, come quella dei tarocchi, nei quali nell'arcano degli Amanti, in cui l'uomo è chiamato a una scelta, figurano per l'appunto una donna bruna e sensuale, che non a caso posa fisicamente una mano sull'uomo, ciò che è simbolo delle attrazioni materiali, e una giovane donna bionda virginale). La prima è amante, mentre la seconda è moglie e madre.
I figli di Jacob, inoltre, si chiamano Jed (Jedidiah, “amato da Yahweh”), Elia (il noto profeta), e Gabe (Gabriel, l’arcangelo), a conferma che l’ambientazione biblico-esoterica non è casuale.
Cosa peraltro certificata dal nome dello sceneggiatore: Bruce Joel Rubin, che leggo su internet essersi interessato a spiritualità e meditazione, essere andato in Tibet ed India, e aver vissuto per un certo tempo in un monastero nepalese.
Quanto al protagonista della storia, Jacob, egli è laureato in filosofia, e anche qui siamo in tema conoscenza-sapienza-mondo interiore.
Il film chiarisce subito che si sta parlando di percorso evolutivo, ossia di risveglio, e infatti i primi personaggi che si scorgono, a parte il protagonista Jacob, sono persone mezzo addormentate, che paiono sonnambule: sono nel vagone di un metropolitana (un oggetto che percorre un percorso nel buio, e in cui poco dopo manca la luce, due simbologie in una) e sembrano mezzi morti… come peraltro è lo stesso Jacob, e infatti sono sue proiezioni, come si capirà dopo.
In quel vagone di metropolitana, peraltro, Jacob si risveglia: prima era addormentato, e ora vede mezzo addormentati quelli che ha intorno, a cominciare da una signora il cui volto assente è tutto un programma.
A certificare la cosa, poco dopo Jacob dice: “Mi sono addormentato”.
Sempre sul tema veglia-sonno, Jacob torna a casa e dice al cane: “Ciao, Chester, torna a dormire. Hai di nuovo l’insonnia?”.
Più avanti, invece, in una scena si sente una voce che dice, parlando di Jacob: “Sta sognando”.
Ancora, Jezebel gli chiede “C’è nessuno in casa?”, e poi esclama “Se ci siete rispondete!”.
Non è finita, perché a un certo punto Jacob stesso si chiede: “Sono morto, vero?”.
E poco più vanti una voce glielo conferma: “Tu sei morto”.
Veniamo ora al settore “diavoli”.
Si comincia inquadrando, a inizio film, una mela e l’inferno, riferimento al mito dell’Eden e del serpente-diavolo. Non per nulla, compare in bella evidenza la scritta "Hell", ossia "inferno".
Nel vagone della metropolitana Jacob vede che un barbone sdraiato ha una specie di coda rettiloide-demoniaca.
Poi, persosi nei tunnel della metropolitana (se non era chiara la metafora del vagone che percorre il cammino-tunnel tenebroso della metro, ecco che Jacob scende a piedi proprio in quei tunnel e ci si perde) vede passare un vagone con tante persone addossate ai vetri, anch’esse tipo zombie, e una di queste, dagli occhi illuminati-diabolici, gli fa un segno con il braccio.
Più avanti una macchina tenta di investirlo, e dentro ci sono quegli stessi individui demoniaci del vagone della metropolitana (non so se fossero proprio gli stessi, ma vi somigliavano).
Lo stesso Jacob, parlando di loro, dirà in un momento di sconforto a Jezebel: “Sembrano dei diavoli”.
Ancora, egli vede una donna con delle escrescenze in testa tra i capelli, simili a piccole corna.
E soprattutto, durante una festa, precisamente durante un ballo di gruppo abbastanza scatenato, si intravedono strani figuri, alcune persone palesano strane espressioni, volano corvi, molti sembrano impegnati in una specie di orgia collettiva, Jezebel compresa, alcuni divengono mostri-demoni… e Jacob infine sviene, ossia perde coscienza (e il film in sintesi riguarda proprio il suo stato di coscienza).
A contorno del tutto, si inquadrano libri su sabbath, su demoni, sul male, su pentacoli e riti, nonché la Divina Commedia con le classiche illustrazioni di Gustave Dorè (lo so, va di moda metterla in mezzo, ma in effetti è stata scritta da un “addetto ai lavori”).
In un altro momento, la donna-diavolo brucia tutte le foto che possono ricordare a Jacob la sua vecchia famiglia, moglie e figli, gettando tutto in un inceneritore (diavolo, fuoco, inferno). Ancora: Jezebel è sempre vestita di nero, mentre Sarah dà sul chiaro-bianco.
Passiamo ora al lato opposto, quello “angelico”.
Il massaggiatore-fisioterapista di Jacob è Louis, che gli sistema la schiena ma in realtà sembra più sistemargli l’anima e fungere da angelo custode… raggi di luce compresi.
Peraltro, notate che nella schiena risiedono i vortici dei chakra, e che sistemare l’una significa sistemare gli altri… e che nella stessa Bibbia c’è scritto di “preparare la via del Signore e di raddrizzare i suoi sentieri”, con riferimento proprio al percorso d'illuminazione e d'ascesa dei chakra (essi stessi una scala).
Jacob dice all’amico che sembra il suo angelo: “Lo sai, Louis, che sembri un angelo?”.
E non a caso a conferma della cosa più avanti Louis gli dice “Alleluia”.
E, sempre non a caso, è Louis a salvarlo dall’“ospedale” in cui era finito.
Un salvataggio impegnativo: l'angelo gli dice che "Ho dovuto far forte per arrivare in profondità".
Sempre non a caso, è proprio Louis che rivela a Jacob il senso di quello che stava vivendo, e a noi il senso del film, ben prima che il finale lo mostri con chiarezza per quelli che non lo avevano capito in modo più sottile: Jacob’s ladder parla del purgatorio interiore e del passaggio dall’inferno al paradiso, che sono essi stessi interiori, ossia stati di consapevolezza.
Ergo, anche gli abitanti del primo, i diavoli, e del secondo, gli angeli, sono nostre proiezioni, e dipendono da noi.
Il film intero rappresenta la battaglia interiore, una sorta di battaglia energetica, di salto di consapevolezza, del protagonista, che si dibatte nei suoi demoni e nelle sue paure personali, in primis l’attaccamento.
Louis glielo dice citando Meister Eckhart, il teologo mistico tedesco del 1300: “La sola cosa che brucia all’inferno è la parte di te che rimane aggrappata alla vita.”
E Louis aggiunge: “I ricordi, gli affetti… ti bruciano via tutto. Non lo fanno per punirti, ma per rivelarti l’anima. Se abbiamo paura di morire e ci aggrappiamo di più alla vita, vedremo i diavoli strapparcela via.
Ma se raggiungiamo la pace, i diavoli diventeranno degli angeli, e ci liberano dalle cose umane. È solo un problema di approccio”.
Si sta parlando dunque di eventi interiori, di uno scatto di consapevolezza interiore: il resto è tutta sceneggiatura dello spirito, potremmo dire... proprio come ci è sempre stato riferito che è la vita materiale che vive il genere umano.
La scena finale lo mostra con chiarezza: Jacob è stato per tutto il tempo sdraiato sul lettino di un ospedale da campo in Vietnam, mentre un dottore cercava di salvarlo; ma invano, giacché muore lì.
E che il resto sia stato tutto un suo percorso interiore è mostrato anche dalla scena precedente in cui Jacob e suo figlio Gabe, quello morto, salgono al piano di sopra di un appartamento, tra raggi di luce.
Gabe dice al padre: “Ora saliamo, papà”.
Salire per l’appunto sulla scala di Giacobbe, la scala evolutiva, dopo che Jacob-Giacobbe si è distaccato dai suoi attaccamenti terreni… e quindi può salire di livello, per così dire, passando dalle tenebre alla luce.
Jacob’s ladder è un gran film… e non a caso a posteriori è quello di Adrian Lyne che si è conservato meglio e che è stato apprezzato alla distanza, mentre gli altri hanno perso ben presto il loro patinato successo del momento: questo perché Jacob’s ladder-Allucinazione perversa ha un suo senso interiore ed energie significative.
Anche le scene disturbanti del film, che sono abbastanza (il finto ospedale, il ballo durante la festa, i volti degli uomini-demoni sulla metro o in macchina, l’amante il cui volto si trasfigura), non sono fini a se stesse, ma funzionali a dipingere il quadro interiore del protagonista, che si agita tra le tenebre e la ricerca dalla luce, che trova alla fine.
In conclusione, si tratta di un film ben fatto con contenuti importanti, la cui visione è davvero raccomandata.
In verità, Allucinazione perversa è uno dei film più "alchemici" che esistano: molto piombo, molto oro... naturalmente, se si è in grado di affrontarlo senza distogliere lo sguardo. Esattamente come capita nella vita. Tale valore aggiunto gli fa guadagnare qualcosa, in termini di valutazione, che il prodotto meramente cinematografico non meriterebbe.
Fosco Del Nero
Titolo: Allucinazione perversa (Jacob’s ladder).
Genere: drammatico, thriller, psicologico, esistenziale, grottesco.
Regista: Adrian Lyne.
Attori: Tim Robbins, Elizabeth Peña, Danny Aiello, Pruitt Taylor Vince, Matt Craven, Jason Alexander, Macaulay Culkin, Ving Rhames, Eriq La Salle.
Anno: 1990.
Voto: 8.5.
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