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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

giovedì 29 maggio 2008

I sospiri del mio cuore - Kondo Yoshifumi

I sospiri del mio cuore è un altro di quei prodotti, che siano animazione o film non ha importanza, che mi fa riflettere sul trend culturale in Italia: questo bellissimo film dello Studio Ghibli, diretto da Yoshifumi Kondo e sceneggiato da Hayao Miyazaki (di cui ho già recensito Nausicaa della valle del vento, Il castello errante di Howl, La città incantata, Lupin III - Il castello di Cagliostro) non è mai sta importato in Italia, tanto che lo si trova solo sottotitolato (se va bene in italiano, se no ci si deve accontentare del'inglese, del francese o della lingua straniera che si conosce), mentre al cinema e in tv è pieno di robaccia immonda per ragazzini decerebrati o adulti dalla mente ottenebrata.

Forse ho esagerato... o forse no?
Comunque, questo per dire che I sospiri del mio cuore è un ottimo film... come peraltro capita sempre quando di mezzo c'è lo Studio Ghibli.

Ma andiamo a vedere la storia: Shizuku è una ragazzina che vive in una tranquilla cittadina giapponese, e ha due grandi passioni: la lettura e l'arrangiamento in giapponese di canzoni straniere.
Una di queste, che peraltro fa da sigla di apertura al film, è la nota "Country road" di John Denver, che per l'appunto Shizuku sta cercando di arrangiare nella sua lingua madre.
Durante una delle sue ricerche bibliografiche (suo padre tra l'altro fa il bibliotecario), la ragazza si accorge che nella lista di coloro che hanno preso in prestito i medesimi libri che ha preso lei c'è sempre un certo Asegawa... chi sarà mai?

Questo in sostanza è l'avvio di I sospiri del mio cuore, un film di animazione molto tenero e dolce che si fa guardare con grande piacere e che contiene degli spunti sia narrativi sia esistenziali di spessore.

Tra i primi, cito alcuni episodi particolarmente efficaci: la rincorsa del gatto Moon (chiamato così perché talmente grasso da sembrare una luna piena), che inizia dalla metropolitana e finisce in un curioso negozietto; la scena del bellissimo orologio a pendolo; la piccola orchestra che si viene a creare spontaneamente tra Shizuku, il suo amico violinista Seiji e altre persone; i viaggi fantastici della ragazza con il Barone (che si rincontrerà poi nel seguito del film, La ricompensa del gatto).

Tra i secondi, ne cito uno, di non poco valore: Shizuku, nel sentir parlare Seiji, che ha deciso di volersi specializzare nella costruzione di violini nella città italiana di Cremona, si rende conto che al contrario lei non ha un simile sogno e che anzi deve ancora decidere che fare nella sua vita.

Per non parlare del fatto che l'intero film è un invito a seguire il flusso della vita, che sia tramite le sincronicità esterne o tramite le sensazioni interiori.
Nonché un incoraggiamento a coltivare con coraggio i propri talenti e la propria essenza; come si dice nel film: "Si tratta di trovare le gemme grezze dentro se stessi e di impiegare tempo nel raffinarle: un lavoro oneroso".

Ma forse un film di animazione la cui realizzazione tecnica è impeccabile, originale, pieno di momenti profondi e coinvolgenti, in cui ancora si respira aria di innocenza e di possibilità, non è abbastanza per il pubblico italiano... e allora, torniamo a guardare il Festival di Sanremo o il Grande fratello.

Scherzi a parte (beh, non scherzavo poi tanto in realtà), io il film ve l'ho consigliato, ora eventualmente tocca a voi.
Nel caso, buona visione.

Fosco Del Nero



Titolo: I sospiri del mio cuore (Mimi wo sumaseba).
Genere: anime, animazione, commedia.
Regista: Yoshifumi Kondo.
Anno: 1995.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

Getta la mamma dal treno - Danny De Vito

Getta la mamma dal treno è sostanzialmente una commedia degli equivoci basata sulle incomprensioni tra i due protagonisti, Larry Donner (Billy Crystal), ex scrittore e professore in un corso di scrittura, e Owen Lift (Danny De Vito), un bizzarro personaggio che frequenta proprio il corso del primo, che si è messo in testa di scrivere dei romanzi gialli pur essendo evidentemente privo di talento.

Ma Owen è una persona semplice, e non si rende conto di piccolezze come letteratura e talento, e insiste nel suo proposito, stressando a più riprese il suo professore, che, un po' per suggerimento e un po' per toglierselo di torno, gli consiglia di trarre spunto dai film di Alfred Hitchcock.

E Owen lo farà davvero, prendendo spunto dal film in cui i due protagonisti si "scambiano" i rispettivi omicidi in modo che il movente fosse del tutto assente, mentre gli alibi dei diretti interessati di ferro.

E già, perché sia Larry sia Owen hanno qualcuno che odiano: lo scrittore fallito l'ex moglie, che guarda caso gli ha rubato il suo romanzo facendone un caso editoriale di successo, e il piccolo ometto la madre, donna prepotente e insopportabile (che tra l'altro è interpretata dalla stessa attrice che ha fatto la mamma Fratelli ne I Goonies).

Da qui iniziano la vicende tragi-comiche di questo film.
In realtà, il film si dimostra poco divertente, con molti sketch forzati.

Senza contare che il professore interpretato da Billy Crystal, improvvisamente sospettato per l'omicidio dell'ex moglie (che non ha commesso), pare agire cercando a tutti i costi di sembrare lui il colpevole: appena saputa la cosa da una fonte privata (il presunto assassino ;), come prima cosa telefona a casa di lei, poi va da amici e fidanzata balbettando qualcosa sulla morte dell'ex moglie, poi inizia a mettere le sue impronte dappertutto (soprattutto dove non dovrebbe), poi si dà alla macchia, etc.

Stringi stringi, l'unico momento di Getta la mamma dal treno che mi ha fatto ridere è l'episodio delle telefonate dalle Hawai.
Altro momento rimarchevole, ma non per essere divertente, bensì per la sua tenerezza, è quello della collezione di monete.

Un'altra cosa riuscita del film è il personaggio della signora Lift, la madre iper-possessiva di Owen: se l'intento era creare un personaggio fastidioso e irritante, beh, è stato raggiunto in pieno... spesso veniva anche a me voglia di ucciderla...

In conclusione, Getta la mamma dal treno è un filmetto con pochi spunti di qualità, ma che tuttavia non è del tutto pessimo.

Fosco Del Nero



Titolo: Getta la mamma dal treno (Throw momma from the train).
Genere: commedia.
Regista: Danny De Vito.
Attori: Danny De Vito, Billy Crystal, Anne Ramsey, Kim Greist, Bruce Kirby, Kate Mulgrew, Rob Reiner, Brandford Marsalis.
Anno: 1987.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

I Goonies - Richard Donner

Un altro film cult degli anni 80, vera e propria icona cinematografica di quel periodo: I Goonies.
Era da molto che non vedevo questo film, che ho riguardato proprio per l'occasione della recensione.

Partiamo dalle basi: la sceneggiatura è di Chris Columbus (regista di Mamma ho perso l'aereo, Mrs. Doubtfire, L'uomo bicentenario, Harry Potter e la pietra filosofale, Harry Potter e la camera dei segreti, nonché produttore di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, diretto invece da Alfonso Cuaròn).

La produzione, invece, è di Steven Spielberg (tra regia, produzione e sceneggiatura sono veramente troppi i suoi film: come regista cito Incontri ravvicinati del terzo tipoIndiana Jones e i predatori dell'Arca perdutaLo squaloPoltergeistE.T. l'extra-terrestre, Jurassic Park, Schindler's list); come produttore cito Gremlins, Ritorno al futuro, Piramide di paura, Men in black).

La regia, infine, è meno nota, per quanto anch'essa di spessore: dietro la macchina da presa c'è Richard Donner (il bellissimo Ladyhawke, la serie di Arma letale, il sorprendente S.O.S. fantasmi, Superman, l'inquietante Omen - Il presagio).

Quanto ai protagonisti, invece, tutti assai giovani, nessuno di loro è diventato col tempo un attore importante; da segnalare solamente Sean Astin (ossia lo hobbit Sam de Il signore degli anelli).

Immagino che la storia sia nota ai più; comunque, la sintetizzo: i Goonies sono una banda di ragazzini che vivono in una zona dell'Oregon nota come "Goon Docks", da cui il nome del gruppo. Gruppo che, seguendo le tracce di un'antica mappa del tesoro del leggendario pirata Willy l'Orbo, si avventura alla ricerca di oro e dobloni.
I giovani avventurieri avranno però la disavventura di incrociare il cammino della famiglia Fratelli (di chiara inflessione siciliana), che peraltro apre il film con un inseguimento automobilistico successivo alla fuga da prigione di uno di loro.
Seguiranno trabocchetti (anzi, "tracobbetti", come alcuni dei Goonies dicono a più riprese), sotterranei, navi, etc.

Dopo produzione e storia, eccoci arrivati al giudizio: il film è senza dubbio caruccio e si fa guardare volentieri. Inoltre i ricordi infantili-adolescenziali (li dico entrambi perché non mi ricordo a quanti anni l'ho visto per la prima volta :) aiutano a farlo considerare con più benevolenza.

Rimane il fatto, però, che si tratta di un prodotto destinato palesemente a un target anagraficamente basso, e che di certo non si distingue né per originalità di trama, né per spessore concettuale.
I Goonies, in conclusione, è un piacevole film per famiglie, dunque, e nulla più.

Menzione negativa per il bacio, l'intimità e la dichiarazione d'amore tra il bambino paffutello e l'uomo mostro.

Fosco Del Nero



Titolo: I Goonies (The Goonies).
Genere: avventura.
Regista: Richard Donner.
Attori: Sean Astin, Josh Brolin, Jeff Cohen, Corey Feldman, Kerri Green, Jonathan Ke Quan, John Matuszak, Robert Davi.
Anno: 1885.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 27 maggio 2008

Existenz - David Cronenberg (film fantastico)

Mi sono stufato di recensire film con Jude Law: questo infatti è già il terzo a breve distanza dopo Sleuth - Gli insospettabili e Alfie.

Se i primi due mi erano piaciuti, come ho scritto, Existenz è andato persino oltre e mi è parso uno dei film più sottovalutati di sempre, forse semplicemente perché diretto da un regista non addentro ai circuiti commerciali e molto controverso, ossia David Cronenberg.

Anni fa, quando passavo di fronte a un'edicola vicino a casa, vedevo una copia di Existenz all'interno di una di quelle riviste di cinema con una videocassetta allegata (eh sì, erano molti anni fa...): l'immagine mi aveva sempre incuriosito, ma per molto tempo non approfondii.

Un bel giorno lo feci, e trovai una sorpresa lietissima: Existenz è un film strepitoso, originale, appassionante e per certi versi conturbante (nel senso che induce lo spettatore a porsi delle domande).
È un gioco di specchi, in cui sia i protagonisti che gli spettatori non sono mai certi di quello che succede (dentro e fuori di loro).

Il cast è ottimo: oltre al bravo Jude Law, vi sono Jennifer Jason Leigh (sensuale più che bella, vista anche in Mister Hoola Hoop e ne Il matrimonio di mia sorella), Willem Dafoe (uno degli attori più caratterizzati che abbia mai visto, incontrato in tanti film, come L'ombra del vampiro, Daybreakers - L'ultimo vampiro, Il luogo delle ombre, Grand Budapest Hotel, C'era una volta in Messico), Ian Holm (attore della vecchia guardia, presente in film del calibro di Alien di Ridley Scott, Il pasto nudo dello stesso Cronenberg, Brazil di Terry Gilliam, Il quinto elemento di Luc Besson, Il signore degli anelli di Peter Jackson).

Vi accenno in breve la trama: il film si apre con una riunione di appassionati di videogiochi, alle prese, in un prossimo futuro, con una nuova piattaforma di realtà virtuale: Existenz, per l'appunto.
A essa si accede attraverso la connessione tra una specie di joystick esterno e un'apertura, chiamata bioporta, che le persone si installano sulla schiena alla base della colonna vertebrale. Sia il pod-joystick, sia la bioporta sono chiaramente allusivi in senso sensuale-sessuale (sia maneggiare il pod, sia inserire il cavo nella bioporta).
Il gioco consiste in una realtà virtuale in cui ogni giocatore ha un personaggio e un obiettivo da portare avanti. Il problema, per i protagonisti Allegra Geller e Ted Pikul, è che le cose non sono così lineari come sembrano.

All'interno di un film così innovativo e coinvolgente, l'unica controindicazione che intravedo è quella di una certa ruvidità in determinate scene: sangue, smembramenti di strani (e un poco disgustosi) esseri, pallottole di denti sparate in piena faccia, etc.
Ma è veramente poca roba, e sarebbe un peccato non vedere per tale motivo un film di questo calibro, il quale fa riflettere sull'ambivalenza tra la realtà e la finzione, e quindi per converso tra il sonno e la veglia (sia in senso letterale che in senso esistenziale). In tal senso, il film di Cronenberg ha davvero un sapore metafisico... e non a caso si intitola "Existenz". Titolo bissato dall'altro gioco citato nel film, intitolato "Trascendenz": nomi che parlano da soli.

Allego in tal senso alcune frasi estratte dal film.

"Il mondo dei giochi è come uno stato di trance."

"È questa la gabbia che ti sei costruito, che ti tiene intrappolato e ti obbliga a muoverti per sempre nel più piccolo spazio concepibile?
Rompi la tua gabbia, rompila adesso."

"E le batterie dove sono?"
"È collegato con te: sei tu l'alimentazione. Il tuo sistema nervoso, il tuo metabolismo, la tua energia."

"Qual è esattamente lo scopo del gioco a cui stiamo partecipando adesso?"
"Devi partecipare al gioco per scoprire perché partecipi al gioco."

"Non opporti, lasciati andare."

"Cerchi di ricordare chi sei?"

"Non sono sicuro che qui dove siamo sia una situazione reale..."

"Anche qui sembra un gioco, e tu stai cominciando a sembrare un personaggio del gioco."

"Il libero arbitrio non si può dire che sia un fattore rilevante in questo nostro piccolo mondo."
"Come nella vita reale: giusto per quel tanto per renderla interessante."

"Non mi piace qui, non sto che sta succedendo. Procediamo improvvisando continuamente, in questo informe mondo le cui regole e obiettivi sono sconosciuti, apparentemente indecifrabili. Per non dire che forse nemmeno esistono, sempre sul punto di essere uccisi da forze di cui ignoriamo il senso."

"Ma questo non è possibile: come può un gioco avere effetti nella vita reale?"

"E se ora non ci trovassimo più in un gioco?"

Il film si chiude con uno dei personaggi che chiede:
"Ditemi la verità... siamo ancora nel gioco?".

Un plauso a David Cronenberg per averci regalato Existenz... che fu un insuccesso clamoroso a livello commerciale. 
Che pazienza che ci vuole con l'umanità.

Fosco Del Nero



Titolo: Existenz (Existenz).
Genere: fantastico, surreale.
Regista: David Cronenberg.
Attori: Jennifer Jason Leigh, Jude Law, Ian Holm, Willem Dafoe, Don McKellar, Callum Keith Rennie, Sarah Polley, Christopher Eccleston.
Anno: 1999.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

Qualcuno verrà - Vincente Minnelli

Titolo: Qualcuno verrà (Some came running).
Genere: commedia, drammatico.
Regista: Vincente Minnelli.
Attori: Frank Sinatra, Shirley MacLaine, Dean Martin, Arthur Kennedy, Martha Hyer.
Anno: 1958.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


Lo confesso: prima di vedere Qualcuno verrà, non avevo idea di che faccia avesse Frank Sinatra.
E nemmeno, se vogliamo dirla tutta, Shirley MacLaine.

Ora invece lo so.

Ad ogni modo, andiamo subito al film: Dave (Frank Sinatra) è uno scrittore reduce dall'esercito che torna nel suo piccolo paesello, da cui se n'era andato essendo un signor nessuno e a cui ritorna da persona famosa.

Insieme a lui c'è anche Ginny (Shirley MacLaine), una donna dall'aria assai frivola (che si lascia intendere essere una prostituta o semi-tale), che Dave mostrerà da subito di volersi togliere di torno... anche perchè si invaghisce di Gwen, maestrina educata e morigerata.

Aggiungiamo al gruppetto anche Fischio (Dean Martin), amico di Dave e suo compagno di gioco e di bisboccia.

Dave è un individuo interessante: schietto, sarcastico, cinico, cosa che, unita a un'ambientazione piccolo borghese e assai moralista, ne fa una sorta di pecora nera, personaggio assai fuori contesto.

In effetti, questa è la variabile più interessante di Qualcuno verrà, che ebbe peraltro un buon successo all'epoca (con tanto di sei nomination all'Oscar).

A essere onesti, tuttavia, la storia è più coinvolgente nella sua prima parte che non nella seconda (il film dura circa due ore), laddove anzi sembra perdere di incisività.

Comunque, Qualcuno verrà secondo me è un buon prodotto, e anzi spesso mi sorprendo di come vi siano bei film o bei libri del passato che nessuno si è mai dato la pena di suggerire o di citare, e che spesso si trovano per puro caso (un altro bel film dei quegli anni che ho trovato per coincidenza, e che anzi mi è piaciuto assai più di questo è Come sposare una figlia, con Sandra Dee come protagonista, guarda caso dello stesso regista, Vincente Minnelli).

Ma forse è meglio così: le cose belle bisogna sudarsele...

Fosco Del Nero

lunedì 26 maggio 2008

Jeff Dunham - Peanut e José

Ritorna su Cinema e film il favoloso Jeff Dunham, ventriloquo di rare doti comunicative e comiche.

Dopo Achmed e Walter, stavolta è il turno del pupazzo Peanut, un esserino violastro dalla grande e irriverente verve (che spesso si sfoga sullo stesso Dunham, come in una sorta di bizzarra autoironia).

A Peanut si affianca poi José, un peperoncino messicano infilzato su una stecca di legno.
Ecco a voi il primo spezzone del numero comico.



Scommetto che anche voi avete iniziato a dire Dun-haaam e Dot-cooom!
Il mio preferito rimane sempre Achmed il terrorista, ma anche Peanut è divertentissimo!

Buona visione con il secondo e ultimo spezzone.

Fosco Del Nero

sabato 24 maggio 2008

Nessuna notizia da Dio - Agustin Diaz Yanes

Un altro film di genere meticcio, come piace a me...

Tecnicamente Nessuna notizia da Dio è una storia fantastica, come vedrete tra poco, ma le altre due anime del film (termine scelto non a caso), la commedia e il dramma, fanno la loro importante parte.

Ma veniamo a noi: negli ultimi anni il numero di anime che ha avuto accesso al Paradiso è calato drasticamente, mentre al contrario l'Inferno pullula di (ex) persone.
Le sorti della battaglia sembrano dunque pendere dal lato dell'Inferno (il cui amministratore è Davenport, ben interpretato da Gael Garcia Bernal, protagonista di importanti film come La mala educacion o I diari della motocicletta), ma il Paradiso (governato da Marina D'Angelo, ossia Fanny Ardant, attrice francese assai navigata; citiamo, tra gli altri, il divertente musical 8 donne e un mistero), non si arrende. Per un particolare caso, la guerra sembra giocarsi sul "possesso" di una particolare anima, quella di Many, un pugile dal passato turbolento e dal presente altrettanto incerto.

Ognuno dei due schieramenti manda dunque il proprio inviato: dal lato della fiamme la cinica Carmen Ramos (Penelope Cruz, attrice protagonista dell'ottimo Volver e del bellissimo Apri gli occhi), un ex gangster misogino che ha avuto la pena del contrappasso di reincarnarsi in una donna; da quello del cielo la dolce Lola Nevado (Victoria Abril).

Da qui, si scatenano le danze, con mosse e contromosse da ambo i lati.

La storia di Nessuna notizia da Dio, come si è intuito, è vivace, oltre che assai originale, fattori entrambi da premiare.
Spirito drammatico e commedia si alternano, generando un film intrigante e gustosissimo, con una sempre ottima e notevole Penelope Cruz (che qua recita la difficile parte di un uomo reincarnato in una donna).

Guardatelo e vedrete che vi conquisterà.
Concludo con uno spezzone di Nessuna notizia da Dio (non molto rappresentativo del film stesso, in realtà, ma non ho resistito).

Fosco Del Nero



Titolo: Nessuna notizia da Dio (Sin noticias de Dios).
Genere: fantastico, commedia, drammatico.
Regista: Agustin Diaz Yanes.
Attori: Penelope Cruz, Victoria Abril, Fanny Ardant, Gael Garcia Bernal, Demian Bichir, Juan Echanove, Emilio Gutierrez Caba, Bruno Bichir, Cristina Marcos, Luis Tosar.
Anno: 2001.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



venerdì 23 maggio 2008

Trainspotting - Danny Boyle

Quando decido di vedere Trainspotting (l'avrò visto tre o quattro volte) lo faccio con uno stato d'animo allegro, considerando il film alla stregua di una commedia.

E il tono della pellicola è davvero allegro è scanzonato: la droga, argomento principale del film, è vissuta come una gioia, senza pudori o risentimenti.
Il protagonista, Mark Renton (Ewan McGregor, la cui carriera nel cinema ha preso il volo proprio da qui), e i suoi amici, Sick Boy, Spud, Tommy e Francis Begbie, sono tutti a loro modo coinvolti e ossessionati dalla droga in tutte le sue forme: siringa, acidi, pastiglie, etc.
Tutti, tranne Francis, che viceversa odia le droghe ma che, paradossalmente, è il più squilibrato di tutti.

Se il film si apre e per una buona parte della sua durata procede su binari disincatati e frivoli, non mancano i momenti drammatici: la scena del neonato è particolarmente triste, così come è drammatica la scena di Mark bloccato a letto e in crisi di astinenza.

Trainspotting può vantare, oltre a delle scene di ilarità e di dramma, anche degli episodi decisamente disgustosi. Due momenti, in particolare, si giocano questo poco onorevole primato: Mark dentro la "latrina più sporca di tutta la Scozia" e Spud all'indomani di una nottata di eccessive bevute.
Vedete, tratto il film quasi come se fosse un film comico...

Ma non è esattamente così, e infatti con l'andare avanti della storia il regista Danny Boyle (28 giorni dopo) propone dei momenti sempre più difficili: uno del gruppo che muore (molto triste anche la scena del gatto rimasto da solo nell'appartamento lurido), le difficoltà della vita a Londra, il tradimento di uno di loro...

E Trainspotting, tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh, finisce così, senza alcun moralismo o spirito etico.

Da sottolineare la splendida colonna sonora dei Pulp.
Molto bello anche l'incipit del film, sorta di sintetico manifesto di vita dei suoi protagonisti (con dietro le note di Lust for live di Iggy Pop).

Fosco Del Nero



Titolo: Trainspotting (Trainspotting).
Genere: commedia, drammatico.
Regista: Danny Boyle.
Attori: Ewan McGregor, Robert Carlyle, Ewen Bremner, Kelly MacDonald, Jonny Lee Miller, Kevin McKidd, Peter Mullan, James Cosmo.
Anno: 1996.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

Ushio e Tora - Kazuhiro Fujita

Ushio e Tora è il quinto manga recensito, dopo Video Girl Ai, Berserk, Maison Ikkoku e Kimagure Orange Road.

A differenza degli altri quattro, assai famosi anche in Italia e apprezzati da un pubblico di appassionati di manga sempre crescente, Ushio e Tora non è poi così famoso, benché esso sia celebre in patria e sia noto anche tra i nostri appassionati.

Da segnalare anche il premio Shogakukan Manga Award che Kazuhiro Fujita vinse con questo fumetto nel 1992.

La storia è semplice: Ushio è un adolescente liceale che vive col padre nella loro casa vicino a un tempio buddista, di cui il padre è per l'appunto il custode.
Un giorno il ragazzo si imbatte in una botola in un vecchio magazzino, la apre e ci si cala dentro. E dentro lo aspetta una sorpresa, sotto forma di antico demone rinchiuso là sotto da 500 anni: Tora, per l'appunto ("tora" significa tigre, animale che il mostro ricorda di aspetto).

Il demone gli chiede di liberarlo dalla lancia che lo tiene imprigionato nel tempio, ma il ragazzo saggiamente diniega.

Salvo poi cambiare idea una volta visto che tutta l'area si riempie di spiriti mostruosi, richiamati evidentemente dall'aura di Tora: il ragazzo, che non sa che altro fare visto anche che il padre è fuori, accetta allora di liberarlo dietro la promessa di scacciare gli spiriti.

Tora mantiene la promessa, ma poi cerca di mangiare il ragazzo (leit motiv di tutto il manga, anche se inizialmente in versione seria e poi comica), che però a contatto con la lancia si trasforma in un guerriero fortissimo.
La lancia, peraltro, è l'antica e nota "lancia della bestia", e legherà sia Ushio sia Tora a un compito gravoso ma appassionante.

Iniziano qui le avventure dei due, che costituiranno presto una bizzarra coppia.
Da questo momento, nella vita del ragazzo si affacceranno molte domande.

Chi è Tora?
Cosa è la Lancia della Bestia?
I mostri dunque esistono?
E vi sono diversi tipi di mostri?
Chi era il monaco che ha impriginato Tora?

E ancora, che relazione ha con tutto ciò la famiglia di Ushio?
E cosa è chiamato a fare Ushio stesso?

La risposta a queste domande porterà Ushio a compiere un lungo e difficile viaggio per tutto il Giappone.

Ushio e Tora è un fumetto di grande spessore: c'è inventiva, c'è azione, c'è riflessione, c'è umorismo, c'è sofferenza, ci sono personaggi (e mostri!) carismatici e interessanti.
La serie peraltro è discretamente lunga (inzialmente stampata in Italia dalla Granata Press, è stata poi ultimata dalla Star Comics dopo il fallimento della prima), e vi terrà incollati alle sue pagine fino alla fine.

Fosco Del Nero



Titolo: Ushio e Tora (Ushio to Tora).
Genere: fantastico, commedia, drammatico, horror.
Autore: Kazuhiro Fujita.
Anno: 1990.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 22 maggio 2008

L'esercito delle dodici scimmie - Terry Gilliam

Gli ultimi anni dello scorso millennio sono stati un periodo piuttosto florido per i film di genere fantastico-simbolico-esistenziale.

Se la pellicola che più ha colpito l'immaginario collettivo è stata senza dubbio Matrix, altri film hanno proposto affrontato in modo brillante il tema della dualità tra realtà e finzione, tra sonno e veglia. 
Tra questi, gli ottimi Il tredicesimo piano, Existenz, Fight Club, e anche il film recensito oggi: L'esercito delle dodici scimmie, un incrocio tra film di fantascienza, thriller e film psicologico diretto dall'ottimo Terry Gilliam (già regista di Brazil... il quale anch'esso ha tematiche non dissimili, per quanto con ambientazioni molto differenti).

Il protagonista principale de L'esercito delle dodici scimmie è Bruce Willis, un uomo del futuro, un galeotto del futuro per la precisione, il quale si trova costretto ad andare nel passato per indagare su un virus che nel frattempo ha devastato la popolazione terrestre.
Ebbene, nel passato, ossia nel nostro presente, egli ci va, ma gli viene il dubbio di essere un pazzo che si è immaginato tutto (in effetti, il dubbio viene anche a chi guarda...).
Certo non gli giova l'essere stato rinchiuso in un manicomio, in cui peraltro fa la conoscenza di un Brad Pitt che così squilibrato non si era mai visto (in realtà lo si era visto parecchio fuori di testa anche in Kalifornia).

La trama si sviluppa così su tre diversi livelli spazio-temporali, contribuendo non poco alla confusione del protagonista e dello spettatore, incuriosito dagli eventi.

Oltre alle recitazioni di Brad Pitt e Bruce Willis, entrambe ottime (Pitt in particolare dà prova di essere un grande attore), vale la pena di segnalare la regia di Terry Gilliam, regista noto per i suoi lavori bizzarri e ingegnosi; si pensi per esempio al già citato Brazil, ma anche a Le avventure del Barone di Munchausen o a Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo.

Questo stesso L'esercito delle dodici scimmie non mancherà di sorprendere chi ne avrà acquistato il dvd, con le sue numerose trovate, comprendenti anche tematiche cospirative, e persino frasi dal forte sapore esistenziale, il tutto confezionato in un prodotto dalla trama fantastica e piuttosto contorta.

Aggiungo, in chiusura di recensione, alcune frasi interessanti estrapolate dal film, che ne evidenziano bene il sottofondo esistenziale, per quanto il focus sia sulla trama e non su tale sfondo, e questo nonostante le frasi "incriminate" siano cospicue per numero ed evidenti per sostanza.

"Non sapete da dove venite, né perché.
Non sapete dove andate, né perché."

"Sei qui a causa del sistema.
Vedi la televisione? È tutta lì la questione: guarda, ascolta, inginocchiati prega, la pubblicità."

"Quando smetterò di immaginarmi altrove, sarò guarito."

"Lo sai che cos'è pazzo?
Pazzo è quello che impone la maggioranza."

"Io sono riuscito a contattare certi subalterni, spiriti maligni segretari di segretari e altri assortiti tirapiedi."

"Mio padre è Dio."

"Esperimenti di tortura: tutti quanti siamo scimmie."

"Devi riprendere il controllo.
Svegliati. Svegliati. Svegliati."

"Cosa?"
"Non cosa? Quando. Adesso."

"Una valanga di opportunità ti si aprirà adesso.
È il momento in cui gli uomini di buona volontà colgono l'attimo."

"Avanti, uomini di buona volontà, fatevi sotto."

"Ragazzo pipistrello trovato in una caverna."

"Stai in guardia, mi raccomando, occhi aperti."

"Non c'è mai la certezza di niente."

"Tu hai creato tutto questo nella tua mente: è una realtà illusoria."

"Non puoi nasconderti."

"Strani esperimenti segreti: è questo quello che fanno, non solo con gli animali, ma anche con gli esseri umani."

"Loro ascoltano ogni cosa."

"Quello che ci sta accadendo è come rivedere un film. Il film rimane sempre lo stesso, eppure cambia.
Ogni volta che lo vedi ti sembra diverso, perché tu sei diverso, e ci vedi dentro delle cose diverse."

Fosco Del Nero



Titolo: L'esercito delle dodici scimmie (Twelve monkeys).
Genere: fantascienza, thriller, psicologico.
Regista: Terry Gilliam.
Attori: Bruce Willis, Brad Pitt, Madeleine Stowe, Christopher Plummer, Jon Seda, Frank Gorshin, Bill Raymond, David Morse.
Anno: 1995.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 21 maggio 2008

I due superpiedi quasi piatti - E.B. Clucher

Ecco un'altra delle mie grandi passioni: i film con Bud Spencer (vero nome Carlo Pedersoli) e Terence Hill (all'anagrafe Mario Girotti).

La coppia, che è stata a lungo protagonista del cinema italiano, ha girato assieme ben diciassette film, con questo I due superpiedi quasi piatti che è stato il decimo della serie.

Peraltro, ne approfitto in tale sede per citare anche chi si è "preso la briga" non solo di scoprire e lanciare il duo, ma anche di scrivere i film di maggior successo cui Bud e Terence hanno partecipato, a cominciare da Lo chiamavano Trinità (1970) e Continuavano a chiamarlo Trinità (1971), quest'ultimo, semplicemente, il film italiano che ha incassato di più al mondo (e scusate se è poco): il regista e sceneggiatore in questione è E. B. Clucher (nome d'arte di Enzo Barboni).

Se devo essere onesto, tuttavia, i film della coppia Bud & Terence che preferisco non sono quelli del cosiddetto "spaghetti western", ma quelli metropolitani, e guarda caso i miei favoriti in assoluto li ha diretti proprio E. B. Clucher: parlo di I due superpiedi quasi piatti (1976) e di Nati con la camicia (1983).

Finita la lezione di storia, veniamo al film: chiunque lo abbia visto non potrà che ricordarsi dell'introverso Wilbur Walsh - Bud Spencer ("Dì al vescovo che il grande drago ha già seguito il consiglio della puzzola... e c'è rimasto fregato"), del guascone Matt Kirby - Terence Hill ("C'ho il crimine nel sangue, io"), del mitico capitano McBride ("Fortuna la chiama? Io dico buon addestramento!"), di John Philip Forsythe detto Geronimo ("Ricordatevi di Alamo!"), di Galina Kocilova ("Ruspa, Galina, ruspa!") o della dolce Susy Lee ("Il mio onorevole nonno dice che è difficile leggere nei vostri grandi occhi bovini e inespressivi, ma sente che il grande drago è buono, e il tigrotto è furbo e svelto") .

E che dire delle scene dello storpio e del sordomuto ("Grazie omone"), dell'incidente stradale ("Ma quello è matto! Io c'ho lo stop, lui c'ha la precedenza e pretende di passare prima di me"), del tipo sospetto di fronte alla gioielleria sulla ventiquattresima strada ("Una telefonata di un cittadino ci ha avvertito che c'era un tipo sospetto di fronte alla gioielleria della 24esima strada: lo abbiamo beccato col sorcio in bocca!"), di tutte le volte in cui il capitano McBride mostra di preferire Terence Hill a Bud Spencer ("Kirby capo pattuglia"), o di quando Terence Hill entra in una casa cinese dicendo "banzai" (parola giapponese che letteralmente significa "diecimila anni" e che è usata come auguri di una vita lunga: più o meno come se qualcuno entrasse in casa nostra dicendo "mille di questi giorni" in portoghese)?
Semplicemente mitico.

Ecco in breve la trama de I due superpiedi quasi piatti: Wilbur e Matt, conosciutisi al molo 16, sono due disoccupati alla ricerca del colpo della vita, individuato in una rapina alle buste paga di un supermercato.
Ma qualcosa va storto, e i due si ritrovano in pochi secondi da potenziali criminali ad allievi del corso poliziotti, che peraltro, nonostante i loro generosi tentativi di venire cacciati, superano con successo.
E, nel mentre, indagano al caso di un cinese che avevano entrambi incontrato al porto proprio il giorno in cui si erano conoscuti.

I due superpiedi quasi piatti è semplicemente un film imperdibile.
E, tra l'altro, mi stavo dimenticando di citare le splendide musiche di Guido e Maurizio De Angelis (gli Oliver Onions)!

Fosco Del Nero



Titolo: I due superpiedi quasi piatti (I due superpiedi quasi piatti).
Genere: commedia, comico.
Regista: E.B. Clucher (Enzo Barboni).
Attori: Bud Spencer, Terence Hill, David Huddleston, Luciano Catenacci, Riccardo Pizzuti, Jill Flanter, April Cloud, Laura Gemser, Claudio Ruffini, Luciano Rossi.
Anno: 1976.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 20 maggio 2008

Brazil - Terry Gilliam

Quando ho visto questo film (dietro suggerimento di una mia amica) non ho creduto ai miei occhi: come poteva un tale capolavoro filmico e concettuale essere (essermi) rimasto sconosciuto per così tanto tempo?

Com'è possibile che tanta spazzatura sia sotto gli occhi di tutti, pompata da marketing e mass media, mentre della vera arte/bellezza non ci si accorga o passi sotto silenzio?

Vabbè, meglio tardi che mai...

Una cosa comunque l'ho imparata: anziché comprarsi il libro pubblicizzato qui e là dalla Mondadori o andare a vedere il film di cassetta che danno in 14 delle 15 sale del multisala vicino a casa, è molto meglio andare alla ricerca delle opere di quegli scrittori o di quei registi che ci sono piaciuti in passato.

Faccio un esempio: ho letto un libro meraviglioso di Orson Scott Card (Il gioco di Ender) e poi, pur essendo egli un autore da noi sconosciuto, ne ho letti altri sei, andandoli a cercare col lumicino... ed erano tutti molto belli.

Ancora: vedo un bel film di David Fincher (Seven) e poi vado a vedermi anche un altro paio dei suoi (Fight Club e The game), e guarda a caso sono bellissimi anche gli altri due.
Idem per David Lynch, Hayao Miyazaki, Michael Ende, etc.

Gli americani hanno un detto molto bello: "follow your bliss". Sarebbe a dire: segui la tua estasi, le tue passioni. In sostanza, è quello che faccio con libri e film.

Ma torniamo a Brazil.
In primis, il regista è Terry Gilliam, che ha diretto, tra gli altri, i vari Le avventure del Barone di MunchausenL'esercito delle dodici scimmie.

Originariamente Gilliam voleva chiamare il film 1984 & 1/2 , omaggiando così sia George Orwell (per 1984) che Federico Fellini (per 8 e 1/2).

Infine lo ha chiamato Brazil, prendendo spunto dalla canzone Aquarela do Brasil di tale Ary Barroso, che è praticamente l'intera colonna sonora del film e che funge da tragicomica contrapposizione tra il suo tono melodico e confortante e gli eventi claustrofobici e opprimenti della storia.
Ma non equivocate: nonostante esso dipinga una società futura in cui la burocrazia ha preso il sopravvento e la creatività umana praticamente è scomparsa (salvo piccole - ma neanche tanto - sacche di resistenza), il tono di Brazil non è pessimistico o cupo, ma anzi ironico e dissacrante, ben rappresentato del protagonista, Sam Lawry, un uomo disincantato poco interessato al potere e alle poltrone e più propenso invece al sogno.

Il sogno ricorrente di Lawry, dall'ambientazione fantasy, sorta di effetto speculare della sua vita, sarà per l'appunto una componente importante del film: particolarmente emblematico, peraltro, nel frangente in cui egli si trova a lottare contro un samurai che poi si rivelerà avere la sua stessa faccia ("samurai" in inglese si legge come "Sam you're I", ossia "Sam, tu sei me").

Ad ogni modo, lo grottesche disavventure della storia prendono il via da un banale errore di una stampante, causato semplicemente da un insetto, che darà via a tutta una serie di fraintendimenti e problemi che in qualche modo coinvolgeranno proprio Sam.

Una curiosità: al casting prese parte anche una giovane Veronica Ciccone, che tuttavia fu scartata; allora non era ancora la Madonna che conosciamo oggi.
Tra gli attori, invece, troviamo Robert De Niro (Taxi driver) e Bob Hoskins (Chi ha incastrato Roger Rabbit), nonché Michael Palinil mitico prefetto romano di Brian di Nazareth.

Altre due curiosità, che confermano la natura "esistenziale" del film: a un certo punto campeggia in bella vista la scritta "realtà; dopo, invece, compare la scritta "io sono qui".

Tirando le somme, Brazil è un film straconsigliato: è un po' lungo, ma tra la società distopica, la visione ironica del consumismo, dell'apparenza e della burocrazia, e il principio analogico-speculare dei sogni del protagonista, oltre che per la mole di intrattenimento che offre, vale decisamente la pena.

Fosco Del Nero



Titolo: Brazil (Brazil).
Genere: fantastico, commedia, utopia.
Regista: Terry Gilliam .
Attori: Jonathan Pryce, Robert De Niro, Katherine Helmond, Ian Holm, Bob Hoskins, Michael Palin, Jim Broadbent, Kim Greist, Ian Richardson, Peter Vaughan.
Anno: 1985.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

Ragazze interrotte - James Mangold

Come linea di principio io non amo i film drammatici che si estrinsecano in suicidi, squilibri mentali, sofferenza di vario tipo.

Tuttavia, per Ragazze interrotte, che ho visto più di una volta, faccio un'eccezione, perchè il film, a mio avviso, merita.

Non che in esso non vi siano drammi e sofferenza, anzi...

Un breve accenno alla trama chiarirà il perchè: Susanna Kaysen (Winona Ryder), personaggio reale dal cui diario è stato tratto il film, viene ricoverata in un ospedale psichiatrico dopo aver ingurgitato troppe pastiglie, peraltro mischiate ad alcol.

La qual cosa, unita alla sua personalità tendente alla depressione e a delle visioni di cui soffre (che in qualche modo alterano la sua concenzione del tempo), porta alla diagnosi: tentativo di suicidio causato dalla sindrome di borderline.

Dopo un iniziale periodo di rifiuto della situazione, Susanna inizia ad ambientarsi, tanto da farsi delle amiche, spesso ben più squilibrate di lei (che anzi appare più che altro depressa e maliconica, ma non certo pazza):
- Lisa (Angelina Jolie), una sociopatica tanto disturbata quanto affascinante;
- Daisy (Brittany Murphy), una viziata ragazza di buona famiglia, probabilmente il caso più grave a causa del suo malato rapporto col padre;
- Polly, il cui viso è sfigurato dalle ustioni che si è autoinflitta da piccola;
- Georgina, una bugiarda patologica;
- Janet, un'anoressica con una sigaretta sempre in bocca.

Citiamo anche una delle infermiere della casa di cura, Valerie (Whoopi Goldberg), che finirà per diventare il punto di riferimento di Susanna.

Come è intuibile, la vita in tale istituto psichatrico non è certo noiosa, dato il tenore di chi vi abita, anche se la mancanza di noia non è attribuibile a degli eventi divertenti.
Tra pastiglie, sedute psichiatriche, tentativi di fuga, ribellioni, camera di solamento ed eventi ancora peggiori, infatti, tempo per annoiarsi proprio non ce n'è.

La sofferenza, in sintesi, è l'elemento predominante dell'intero film.

Un film che, a mio parere, è di spessore: coinvolgente e ben recitato (in particolare dalle protagoniste Winona Ryder e Angelina Jolie, ognuna a suo modo bellissima pur nella deviazione della stortura mentale).

Il finale di Ragazze interrotte è agrodolce, in qualche modo sospensivo.

Fosco Del Nero



Titolo: Ragazze interrotte (Girl interrupted).
Genere: drammatico, psicologico.
Regista: James Mangold.
Attori: Winona Ryder, Angelina Jolie, Whoopi Goldberg, Vanessa Redgrave, Clea Duvall, Brittany Murphy, Jared Leto.
Anno: 1999.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

domenica 18 maggio 2008

Sin City - Robert Rodriguez, Frank Miller

Per cominciare, un po' di storia: Sin City è un fumetto di Frank Miller, da cui nel 2005 è stato tratto questo omonimo film, codiretto dallo stesso Miller e da Robert Rodriguez (con l'amico Quentin Tarantino che ha collaborato alle riprese), lo stesso regista di C'era una volta in Messico, già recensito.

Anticipo subito di non conoscere l'opera originaria, in quanto non leggo che fumetti orientali, e dunque giudico il film per il prodotto in sé.

Un'altra cosa da dire è che Sin City è stato un mezzo fiasco negli Stati Uniti, dova al cinema ha incassato molto meno del previsto, nonostante l'imponente campagna pubblicitaria.

Altra cosa imponente della produzione è il cast, davvero notevole: la storia è divisa in tre episodi (Un duro addio, Un'abbuffata di morte e Quel bastardo giallo), aventi ognuno un protagonista maschile: rispettivamente Mickey Rourke (Marv),
Clive Owen (Dwight) e Bruce Willis (Hartigan).

Ai quali si aggiungono Elijah Wood (Frodo de Il signore degli anelli), Alexis Bledel (Una mamma per amica), Brittany Murphy (varie commedie leggere, da Ragazze a Beverly Hills a Oggi sposi, niente sesso, nonché alcuni film drammatici, come Ragazze interrotte), Benicio Del Toro (The snatch, Traffic), Jessica Alba (Dark angel, I fantastici quattro), Josh Hartnett (40 giorni e 40 notti), Michael Madsen (Kill Bill, Le iene).

Tutte stelle di prima e di seconda grandezza, che danno l'idea di che tipo di produzione si tratti.
Tuttavia a me dei nomi in fondo non è mai importato molto; dunque analizziamo il film per il suo valore intrinseco.

Immancabile è il commento sulla scelta cromatica: l'intero film è in bianco e nero, con l'eccezione di alcuni particolari: gli occhi blu, il letto rosso, la pelle gialla e via dicendo.
L'impressione generale è magnificente, e la fotografia veramente strepitosa.

Ok, esteticamente il prodotto è buono; quanto alla tensione?
Buona anche quella... forse sovrabbondante persino: il film certo non difetta né nell'azione né nel coinvolgimento.
L'unica controindicazione potrebbe essere l'eccesso di violenza, visiva ed emotiva, proposto.

In questo senso, l'impronta pulp si vede in modo palese, e si riflette tanto nell'uso abbondante di sangue quanto nell'irrealismo di molte scene.
Se tuttavia questo per voi non è un grosso ostacolo, siate i benvenuti.

Come dite, qual è la trama?

In breve, Sin City è una città oscura, talmente oscura che nessun personaggio è esente da vizi, e chi più chi meno sconta i suoi peccati.
La carrellata di morti, violenze e membra umane sarà in tal senso abbondantemente esplicativa.

Ad ogni modo, a me è piaciuto.
Vedete se piace anche a voi.

Fosco Del Nero



Titolo: Sin City (Sin City).
Genere: fantastico, thriller, drammatico.
Regista: Robert Rodriguez, Frank Miller.
Attori: Jessica Alba, Rosario Dawson, Elijah Wood, Bruce Willis, Benicio Del Toro, Michael Clarke Duncan, Carla Gugino, Josh Hartnett, Michael Madsen, Jaime King, Brittany Murphy, Clive Owen, Mickey Rourke, Nick Stahl, Marley Shelton, Arie Verveen, Alexis Bledel.
Anno: 2005.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

    Ali grigie - Haibane renmei - Tomokazu Tokoro

    Mi è stato fatto notare che era da un po' che non recensivo anime, e allora ho voluto rimediare.

    Inizio col dire che l'anime in questione, Ali grigie - Haibane renmei, è tratto da un manga disegnato da Yoshitoshi Abe, ma confesso di non conoscere né il fumetto né il suo autore.
    Ho però avuto la fortuna di incrociare la relativa serie animata, composta da tredici episodi, il cui incipit è letteralmente favoloso.

    Una piccola descrizione è d'obbligo: gli Haibane sono dei giovani, alcuni ragazzi più grandi e alcuni bambini più piccoli, che nascono da un bozzolo, formatosi apparentemente dal nulla, e vivono in una comunità di consimili all'interno di una città umana, la quale a sua volta sta all'interno di un perimetro formato da altissime mura, invalicabili e portatrici di morte se le si tocca.
    Solo i corvi le possono sorpassare, ovviamente volando.

    Proprio un corvo era presente nel sogno di Rakka, la protagonista, che, prima di "incarnarsi" nel bozzolo, ha sognato di cadere con un corvo che le volava accanto.
    "Rakka" per l'appunto significa "cadere", giacché gli Haibane prendono il nome da un elemento caratteristico del loro sogno, che peraltro fanno in modo ricorrente nel corso della loro vita. Anche se, a dire il vero, mentre il nome che deriva dal sogno è quello pubblico, legato al loro percorso di vita, una sorta di nome "anagrafico", ogni haibane ha anche un nome segreto, che deve arrivare a conoscere e conquistare lungo il suo percorso personale: questo secondo è una sorta di nome iniziatico. Dunque, il nome derivante dalla precedente esperienza di vita è il destino ("nomen omen"); il nome segreto rappresenta invece il nome iniziatico acquisito con il progresso spirituale.

    "Haibane renmei" significa "ali grigie", proprio perché gli Haibane hanno delle piccole ali, di un grigio variabile da individuo a individuo.

    Tra l'altro proprio le ali costituiranno un elemento importante della storia, visto che manifesteranno un collegamento con la vita emotiva degli Haibane... e la vita emotiva in realtà è proprio il nucleo dell'opera: perché gli Haibane esistono? Perché hanno quelle piccole ali? Perché dopo un certo periodo di tempo essi svaniscono? Hanno qualche missione animica da portare avanti prima di potersene andare? Perché fanno un sogno ricorrente (ma alcuni di essi non lo ricordano... come mai?)? Da dove vengono? E perché sono costretti a quella sorta di "purgatorio": che abbiano dei peccati da scontare?

    La serie animata è di una delicatezza unica: profonda, misteriosa e coinvolgente, anche se globalmente parlando un poco triste, tanto che ve la consiglio spassionatamente.
    Il primo episodio di Ali grigie - Haibane renmei, in particolare, è molto bello, ma anche il resto della serie è di ottimo livello.

    Peraltro, la storia non manca di simboli esistenziali: l'anima che si incarna in un corpo ma si dimentica del suo passato, che tuttavia sa per certo esservi poiché ogni creatura ha un certo corpo, un certo carattere, fa certi sogni, etc; tutti si ritrovano all'interno di un mondo materiale da cui non possono uscire e in cui devono scoprire qualcosa, in tempi e modi molto variabili; essi hanno delle ali che però non sono formate in modo esteso, essendo di fatto inutili (ossia sono degli angeli non ancora completi che per ora non possono volare... ma per il momento hanno delle aureole, a confermare la potenziale "santità"); vi sono un tempio e dei monaci/sacerdoti, a confermare che la questione spirituale è centrale nella storia; secondo l'anzianità, vi sono degli haibane "novizi" e degli haibane "istitutori", fatto che ricorda molto il rapporto tra l'allievo e il maestro; prima o poi tutti lasceranno quel regno materiale, semplicemente svanendo, evento che chiamano "il giorno dell'ascesa" (con tanto di luce verticale verso il cielo); si parla apertamente di perdono e di salvezza da ottenere, secondo la propria esistenza precedente e corrente. Simboli abbastanza chiari e in numero considerevole.

    La stessa tonalità grigia delle ali, che dà il nome stesso all'opera, lascia intendere un fattore mediano: le ali, come viene detto nel primo episodio della serie, non sono né bianche né nere, ma di un grigio intermedio... di un grigio che simbolicamente, spiritualmente parlando, deve divenire bianco.
    Altro fattore mediano: gli haibane da un lato desiderano ascendere, ma dall'altro lato, chi più e chi meno, sono attaccati alla loro vita materiale... esattamente come l'ego è attaccato alla vita mondana e, per quanto in certi casi pervaso da un anelito di risveglio, per certi versi desidera rimanere ancora addormentato nella materia.

    Tra le tante frasi che avrei potuto accludere alla recensione, ne allego alcune in rappresentanza di tutte le altre.

    "Nessuno sa chi siamo."

    "Reki è  sperduta nelle tenebre.
    Deve affrontare le tenebre faccia a faccia e da sola."

    "Niente dura in eterno.
    Tutto finisce prima o poi.
    E questo è giusto, perché adesso è soltanto adesso."

    Inserisco di seguito il video della sigla finale, che dà l'idea di che tipo di atmosfera si respira nella serie e che, peraltro, è accompagnata da una canzone molto bella (si chiama Free bird, nel caso vi interessi).

    Fosco Del Nero



    Titolo: Ali grigie (Haibane renmei).
    Genere: fantasy, drammatico.
    Regista: Tomokazu Tokoro.
    Anno: 2002.
    Voto: 8
    Dove lo trovi: qui.


    sabato 17 maggio 2008

    The game - Nessuna regola - David Fincher

    The game - Nessuna regola non ha ottenuto lo stesso successo di Seven e Fight Club, i due più importanti film di David Fincher, ma a mio avviso è comunque un prodotto eccellente.

    E' eccellente perché le recitazioni, soprattutto degli attori protagonisti Michael Douglas e Sean Penn, sono convincenti, perché la trama è originalissima, perché pur durando due ore non annoia mai, e anzi tiene o spettatore perennemente con il fiato sospeso e in dubbio su cosa stia realmente accadendo nella storia.

    In effetti è questa la caratteristica principale di The game: è rutilante e pieno di colpi di scena, veri capovolgimenti di fronte, quasi come se una partita di calcio si giocasse tra un contropiede e l'altro.
    Tanto che il protagonista della storia, un ricco uomo d'affari di San Francisco (interpretato dall'ottimo Michael Douglas), finisce per non capirci molto...

    Sottolineiamo solamente la grande capacità del regista di costruire storie al contempo appassionanti e niente affatto scontate: se avete visto Fight club e Seven, d'altronde, sapete bene che raramente le cose sono come sembrano...

    In questo film tanto coinvolgente nel suo incedere da apparire a tratti claustrofobico (perché non se ne vede l'uscita), forse l'unica critica che si può muovere è l'improbabilità di una tale organizzazione imprenditoriale.

    Già, perché al protagonista, Nicholas Van Orton, uomo freddo e distaccato, viene fatto un bizzarro regalo: un gioco, organizzatogli da una fantomatica società...

    Se non lo avete ancora fatto, guardatevi The game - Nessuna regola e non ve ne pentirete.

    Fosco Del Nero



    Titolo: The game - Nessuna regola (The game).
    Genere: thriller.
    Regista: David Fincher.
    Attori: Michael Douglas, Sean Penn, Deborah Unger, James Rebhorn, Peter Donat, Carroll Baker, Anna Katerina, Armin Mueller-Stahl, Charles Martinet.
    Anno: 1997.
    Voto: 7.5.
    Dove lo trovi: qui.

    mercoledì 14 maggio 2008

    Una top model nel mio letto - Francis Veber

    Una top model nel mio letto è diventato rapidamente una delle mie commedie preferite: un film al contempo divertente, tenero ed educativo.

    Ho già accennato in un passato post a quanto apprezzi le commedie di Francis Veber, sceneggiatore teatrale prestato al cinema: considero film come La cena dei cretini, Le placard - L'apparenza inganna, Sta’ zitto, non rompere, La capra, nonché questo stesso Una top model nel mio letto, delle pellicole strepitose, gustose, fresche e originali.

    Una delle cose divertenti di Veber, tra l'altro, è che usa in modo ciclico gli stessi attori (un po' alla Pieraccioni, se volete), spostandoli di volta in volta in parti assai differenti.

    Per esempio, Daniel Auteil è il "cattivo" in Una top model nel mio letto, miliardario cinico e senza scrupoli, mentre è il protagonista buono in L'apparenza inganna, uomo timido e assolutamente bonario (devo dire che il ruolo che gli calza meglio è quest'ultimo).

    Altro esempio è Michel Aumont, che in questo film recita la parte di un medico un po' svampito e irresistibilmente divertente.

    Ciò che viceversa non cambia mai nei film di Veber è il nome del protagonista, François Pignon, che inevitabilmente è un personaggio un po' sotto le righe, introverso e riservato se non proprio imbranato.

    In breve la trama di Una top model nel mio letto: Pierre Lavassieur è un ricco uomo d'affari che, per salvaguardare il suo matrimonio da un gossip che lo vorrebbe (e a ragione) amante di una famosa top model, è costretto a escogitare (in realtà l'idea è del suo vivace avvocato) una trama che porterà con sé tanti equivoci... coinvolgendo naturalmente l'ignaro François Pignon (Gad Elmaleh), modesto parcheggiatore di macchine.

    Pignon si troverà infatti tra la ragazza di cui è innamorato, Emilie (la bella Virginie Ledoyen, già protagonista di 8 donne e un mistero e di Saint Ange), e una famosa modella, Elèna (l'altrettanto bella Alice Taglioni).

    In una produzione ottima, a mio avviso la cosa peggiore è il titolo italiano, pessimo riadattamento dell'originale La doublure... adattamento che peraltro dà l'idea di che tipo di mercato gli esperti del marketing ritengono che siamo...

    Ma poco importa: ignorate il titolo del film e gustatevi il film stesso.
    Buona visione.

    Fosco Del Nero



    Titolo: Una top model nel mio letto (La doublure).
    Genere: commedia.
    Regista: Francis Veber.
    Attori: Daniel Auteuil, Gad Elmaleh, Alice Taglioni, Virginie Ledoyen, Kristin Scott Thomas, Richard Berry, Dany Boon, Michel Aumont.
    Anno: 2006.
    Voto: 8.
    Dove lo trovi: qui.

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