Devo dire la verità: son rimasto abbastanza deluso da L’orso di Jean Jacques Annaud, dal momento che da un regista così quotato, autore di quel gran film che è Il nome della rosa (cito anche Sette anni in Tibet), mi attendevo qualcosa di più, alla luce anche dei premi e delle nomination conquistate dal film recensito quest’oggi.
Il quale peraltro è tratto da un romanzo di Oliver Curwood, autore che tuttavia non conosco.
Ecco la trama sommaria de L’orso: siamo nel 1885, nella Columbia Britannica, immersi in un paesaggio maestoso, tra montagne e foreste. La prima scena ci fa conoscere il protagonista del film, un cucciolo d’orso che rimane orfano della madre, la quale muore in una piccola frana da lei stessa causata mentre si procurava del miele da un alveare. Il cucciolo, dopo aver atteso a lungo accanto al cadavere della madre, si mette in marcia da solo, messo di fronte all’esigenza sia di trovare del cibo sia di trovare un rifugio.
Il secondo filone della storia, che poi si congiungerà col primo, riguarda una caccia all’orso che due cacciatori stanno portando avanti: i due sono sulle tracce di un possente grizzly, che uno dei due riesce a ferire ma non a uccidere. Dopo di che l’orso piccolo e l’orso grande si incontrano ed iniziano un’amicizia.
L’orso di Annaud colpisce soprattutto per due cose.
La prima è la bellezza dei paesaggi, affiancati da una colonna sonora adeguata e mai invadente. Davvero molto bello... peraltro, le riprese non sono state fatte in Canada, ma sulle Dolomiti.
La seconda cosa è che L’orso è un film molto “facile”, giacché punta sul melodramma e sulla facile simpatia: al piccolo orso muore la madre, il grande orso viene cacciato e ferito dai cattivi esseri umani, il grande orso prende sotto la sua ala protettrice il cucciolo, l’essere umano infine capisce quanto era stato cattivo, e via discorrendo.
Davvero un trionfo del melodramma ben pilotato.
Incuriosisce anche che, così come Il nome della rosa era un film assai verboso, L’orso invece presenta una quasi totale mancanza di dialogo: le uniche voci umane che si sentono son quelle dei cacciatori che si fanno grasse risate e mostrano la loro pochezza umana. Anche questo in modo talmente netto da apparire quasi una caricatura.
L’obiettivo del film è ovviamente scatenare la simpatia dello spettatore di fronte alla persecuzione/cattiveria dell’uomo tecnologico… peccato tuttavia che lo spettatore, o perlomeno quasi tutti gli spettatori, incoraggino con le loro scelte di vita, alimentari e non solo, il massacro indiscriminato di tante specie animali, cosa che rende l’intento di questo film abbastanza paradossale se ci si pensa.
Insomma, de L’orso di J. J. Annaud si salva solo la realizzazione tecnica, molto bella per panorami e montaggio; per il resto è poca cosa.
Fosco Del Nero
Titolo: L’orso (L'ours).
Genere: drammatico, avventura.
Regista: Jean Jacques Annaud.
Attori: Tchéky Karyo, Jack Wallace, André Lacombe.
Anno: 1988.
Voto: 5.
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