Per Il mago di Oz, il celeberrimo film del 1939 diretto da Victor Fleming, mi è successa la stessa cosa accaduta con Mary Poppins, un altro classico del cinema: alla decima volta o giù di lì che l’ho visto, l’ho capito.
Ma andiamo con ordine: il film è ispirato al romanzo di Frank Baum Il meraviglioso mago di Oz, pubblicato nel 1900, divenuto col tempo un classico e in particolare un classico per l’infanzia; peraltro, era uno dei miei libri preferiti per l’appunto quando ero bambino.
Il che vedo ora che non era un caso, ma procediamo sempre con ordine.
Il genere del film oscilla tra commedia, fantasy, avventura, musicale, con qualche venatura di dramma per via della presenza della strega cattiva, ma ciò è poca roba, coerentemente con un prodotto destinato (anche) ai più piccoli.
Da menzionare la colonna sonora memorabile.
Ecco la trama sommaria del film Il mago di Oz… per quelle tre persone sulla Terra che non la conoscessero: la giovane Dorothy Gale, che vive con lo zio e la zia nella loro fattoria (in cui lavorano anche Zeke, Hickory e Hunk), ha un diverbio con l’influente Almira Gunch, la quale è intenzionata a far sopprimere il cane di lei, il piccolo Totò, e si presenta a casa loro addirittura con un ordine di consegna firmato dallo sceriffo.
Poco dopo alla la ragazzina accade una disavventura ancora più grande: ella, con tutta la casa, viene travolta da un tornado e portata nel mondo di Oz, un regno in cui dominano la magia e l’insolito: vi sono streghe, strani abitanti nani, spaventapasseri vivi e vegeti, uomini di latta, uomini-leone, scimmie volanti, alberi parlanti e via discorrendo. In tale regno vi è anche un famoso e potente mago, il Mago di Oz, il quale pare sia l’unico in grado di riportare Dorothy a casa, nonché di aiutare i suoi tre compagni di viaggio, dando al leone il coraggio, all’uomo di latta il cuore e allo spaventapasseri il cervello, ciò cui essi anelano sopra ogni altra cosa.
I quattro si mettono così in marcia lungo il sentiero dai mattoni gialli al fine di raggiungere la Città di Smeraldo, dove risiede il potente mago.
Detto questo, ecco il significato simbolico del film, e con le sue energie nascoste è spiegato anche il suo successo secolare e praticamente imperituro: Dorothy rappresenta l’essere umano-anima in cammino lungo il percorso spirituale, simboleggiato per l’appunto dal sentiero giallo (che va sempre seguito, vien detto a chiare lettere). Si trova in un mondo sconosciuto (l’anima incarnata nella materia) e vuole tornare a casa (ritorno alla divinità, illuminazione, risveglio… non a caso il tutto avviene in un sogno).
I suoi tre compagni di viaggio sono il leone (corpo fisico), l’uomo di latta (corpo emotivo) e lo spaventapasseri (corpo mentale), alla ricerca rispettivamente del coraggio-forza-volontà, del cuore-amore-compassione e del cervello-mente-saggezza, i tre obiettivi del percorso evolutivo dei corrispettivi corpi. Si può ragionare anche per contrari: l’opposto del coraggio-forza è la paura (quella che il leone palesa a inizio film); l’opposto del cuore-amore è la freddezza del metallo (nella scienza esoterica il calore è assimilato all’amore); l’opposto dell’intelligenza-saggezza è la stupidità-vacuità (di cui è simbolo la paglia, elemento di ben scarso valore e peso).
Il fatto che si formi una brigata che procede insieme rappresenta il fatto che ciascun corpo deve collaborare con gli altri, e sotto la guida dell’anima umana, ciò che porta a un percorso più rapido e semplice, in luogo di competere e pensare ognuno per sé (questo concetto sa molto di quarta via gurdjieffiana).
Ovviamente lungo il sentiero vi sono anche difficoltà, sotto forma di insidie preparate dalla Strega dell’Ovest: la strega malvagia rappresenta il male, le energie basse e dense, i demoni tentatori (il deviare a sinistra?), mentre la Strega del Nord, la strega buona, rappresenta al contrario il bene, le energie positive, gli angeli (e infatti ogni tanto si attiva per proteggere la sua “allieva”, che lei stessa ha mandato lungo il sentiero dai mattoni gialli).
Lungo il sentiero Dorothy si addormenta persino, nel campo di papaveri: chiaro simbolo dell’addormentamento in cui si finisce quasi inevitabilmente nel mondo della materia (“I papaveri vi faranno addormentare e dormirete un sonno profondo”, vien detto nel film).
Dunque, le forze oscure, le forze dell'inconsapevolezza, fanno addormentare gli esseri umani, mentre le forze luminose, le forze della consapevolezza, li risvegliano: esattamente quel che accade nel film.
La Città di Smeraldo sa molto di quarto chakra, il chakra centrale, il chakra verde, il chakra rappresentato per l’appunto dalla pietra preziosa dello smeraldo, il chakra dell’equilibrio, dove gli opposti si uniscono (il suo simbolo è quella che in Occidente è conosciuta come Stella di Davide, che in realtà ha origine indù e non certamente ebraica). L’elemento del quarto chakra è l’aria, e probabilmente non a caso il suo più famoso rappresentante vi arriva e se ne va in mongolfiera.
Prima di arrivare alla Città di Smeraldo tuttavia vi sono da affrontare delle prove, come lo stesso campo di papaveri rossi. A proposito, il rosso è il colore della materia, del sangue, della passione, della carne, della sopravvivenza, dei desideri terreni: da un lato, quindi, abbiamo il mondo della materia (che addormenta il viandante con le sue distrazioni mondane), mentre dall’altro lato abbiamo il punto centrale (dove gli opposti si congiungono e si vince la dualità, potendo così "ritornare a casa").
I papaveri sono rossi, la sabbia della clessidra della strega e rossa, come sono rosse le scarpette magiche che indossa Dorothy e che la strega cattiva brama: esse rappresentano il potere sulla materia... quello che va messo al servizio del percorso evolutivo (ecco perché sono rosse, ed ecco perché sono scarpe, destinate a percorrere il sentiero di mattoni) piuttosto che a servizio di sé e dell'ego (come intenderebbe fare la strega malvagia).
Nella Città di Smeraldo c’è il Mago… e non poteva essere che un mago a risolvere la situazione, per quanto un mago che non è tecnicamente un mago (come ogni essere umano, il quale comunque riesce a fare sia illusioni, sia prodezze di qualche genere), ma che comunque riesce a ottenere gli obiettivi preposti, i quali apparentemente sembravano impossibili o comunque difficilissimi.
Il film si chiude con la consapevolezza di Dorothy di dover cercare la felicità-beatitudine esattamente nel punto in cui si trova, e nessun altro, ciò che è un’acquisizione importante del percorso evolutivo (“Ora so che se deciderò di andare alla ricerca della felicità, non dovrò cercarla oltre i confini del mio giardino, perché se non la trovo là non la troverò mai da nessun’altra parte. È così, era talmente semplice”).
Altri elementi interessanti.
I tre personaggi-corpi pensano che manchi loro qualcosa, ma alla fine, grazie alla consapevolezza-magia donata loro dal Mago (una volta arrivati nel punto centrale di equilibrio della Città di Smeraldo), scoprono che in realtà avevano già ciò che credevano mancasse loro e di cui andavano in cerca… tuttavia era necessario il viaggio per prenderne atto.
Le streghe malvagie sono i maghi neri, e le streghe buone sono i maghi bianchi.
Potete anche dire sith e jedi, ché non cambia niente.
A livello sottile potete dire invece demoni e angeli: le corrispondenze sono quelle.
I primi sono attratti dal potere (la Strega dell’Ovest brama le scarpette rosse, dotate di un certo potere terreno-materiale), mentre i secondi sono dediti al servizio agli altri: potere e desideri da un lato, amore e compassione dall’altro (che, per la cronaca, è la scelta cui è chiamato ogni singolo essere umano).
Le streghe, e certamente non solo ne Il mago di Oz, volano a cavallo di una scopa (peraltro in una posizione in passato ritenuta sconveniente per una donna, tant’è che pure a cavallo le donne per bene andavano con ambo le gambe dallo stesso lato): ossia volano dominando l’energia che hanno tra le gambe, ossia l’energia della kundalini.
Alla fine della storia, Dorothy si impadronisce della scopa, ossia dell'energia spirituale che essa rappresenta (e peraltro la dona al mago, ossia a una controparte maschile, se ci si vuol vedere un dualismo tra generi opposti).
La Città di Smeraldo è una fortezza, a cui si accede tramite un pesante portone con battente. Sembra impenetrabile, tanto che anche la Strega dell’Ovest non può far altro che volarci intorno (d’altronde il mondo della materia con le sue tentazioni non può fare nulla contro un cuore ben centrato), ma per entrarvi basta… bussare, proprio come fanno i protagonisti della storia.
Parimenti, per entrare nel quarto chakra-cuore non occorre far altro che presentarsi e bussare al suo portone: “Bussate e vi sarà aperto”.
Questa è più una curiosità, ma la scrivo lo stesso: a un certo punto Dorothy e i suoi tre amici-corpi salgono su una carrozza… e la cosa mi ha ricordato per l’appunto la metafora della carrozza e dei tre corpi (di origine orientale ma largamente usata anche nell'esoterismo occidentale). Magari è un caso, magari no: io propendo per la seconda ipotesi.
Il film, e in particolare la canzone Over the rainbow ("Oltre l’arcobaleno"), è divenuto tristemente famoso per il progetto MK-Ultra… ma in realtà simboleggia tutt’altro, il percorso evolutivo e l'andare oltre i sette colori-toni del mondo materiale, dirigendosi quindi verso il mondo spirituale; questo è un simbolo nel simbolo, ossia indica come ogni cosa può essere usata per fini di risveglio o per fini di addormentamento e soggiogamento (peraltro è ben noto che chi sta dall’altra parte tende a usare nomi e cose belle corrompendoli e deviandone il significato).
Dorothy, a fine film, chiede alla strega buona di aiutarla a ritornare a casa, e quest’ultima risponde che in realtà la giovane aveva sempre avuto il potere di tornare a casa (ritornare alla divinità-ritornare all’uno-risvegliarsi), ma che avrebbe dovuto compiere comunque il viaggio (stesso discorso relativo ai tre corpi). In effetti poco dopo la ragazza si risveglia. E subito dopo la zia le dice: “Hai fatto solo un brutto sogno”; a confermare la metafora del sonno-addormentamento-risveglio.
Ancora: il consiglio che la strega buona-guida-maestro-angelo dà a Dorothy è quello che si potrebbe dare a qualunque essere umano: “Follow the yellow brick road”, ossia “Segui il sentiero dai mattoni gialli”, laddove tale sentiero si può leggere come percorso evolutivo, ma anche come destino (in realtà i due concetti combaciano, per chi lo ha capito): chi lo abbandona si perde, finendo magari addormentato in un campo di papaveri, mentre chi lo segue prima o poi arriva alla Città di Smeraldo, ossia all’amore e al superamento della dualità.
Penultimo concetto: i mastichini sono mezzi uomini: nel film lo sono a livello fisico (interpretati da nani e da bambini) e nell'essenza della storia lo sono in senso metafisico. Sono i corrispondenti degli hobbit de Il signore degli anelli: pur con i loro difetti, son brave persone, eppure sono mezze persone, perché non hanno mai intrapreso "il sentiero": gli hobbit sono rimasti nella Contea, nella "Terra di Mezzo", mentre i mastichini non hanno mai seguito il cammino dei mattoni gialli, ossia il percorso evolutivo. Sono rimasti "esseri umani a metà", dunque. Carucci, se vogliamo, simpatici, ma non completi (per loro niente coraggio-compassione-saggezza, e difatti di fronte alla strega tremano e scappano come le creature deboli e non integre che sono).
Ultimo: alla fine dell'avventura, i tre corpi cercano di convincere Dorothy-anima a rimanere con loro, ossia con l'ego e nella materia: l'invito sembra affettuoso, ma è una tentazione vera e propria. L'anima non deve restare nel regno dell'illusione materiale, ma deve tornare a casa nel Regno dei Cieli.
Era da molto tempo che non vedevo Il mago di Oz, e se l’ho capito solo ora evidentemente era perché prima non ero in grado di comprenderlo.
Proprio come mi era successo per Mary Poppins, la comprensione è stata lampante e sicura, al di là di ogni dubbio: al tempo, una semplice ricerca mi aveva informato, a confermare il tutto, che l’autrice di Mary Poppins, Pamela Lyndon Travers, era un’allieva diretta di Gurdjieff… e stavolta una breve ricerca mi ha indicato che l’autore de Il meraviglioso mago di Oz, Frank Baum, era un teosofo. Nulla di strano dunque che le loro opere abbiano tali contenuti e che con la loro energia sostenuta abbiano attraversato il tempo.
In chiusura, aggiungo alcune altre frasi tratte dal film, che confermano ulteriormente quanto detto finora.
“I mastichini sono le creature che vivono qui. La strega le aveva rese schiave, e tu le hai liberate.”
(può esser reso schiavo solamente chi non è integro e completo interiormente)
“È difficile seguire le due strade contemporaneamente.”
(ricorda molto la frase di Gesù sui due padroni e sulla scelta di quale dei due servire)
“Svegliatevi, aprite gli occhi.”
(dall'addormentamento alla veglia)
“Sei già stanca, Dorothy? Hai ancora molta strada davanti a te…”
(il percorso evolutivo è molto lungo)
“Siete gli amici migliori che si possano desiderare.”
(Dorothy, a fine film, lo dice ai suoi tre amici-corpi: tali corpi, tuttavia, divengono amici-servitori sono quando domati, come fa Dorothy a inizio storia col leone aggressivo; se non sono disciplinati, i tre corpi sono a tutti gli effetti dei nemici)
“Non c'è niente di cui preoccuparsi. Dormite sogni tranquilli.”
(vien detto nella Città di Smeraldo: quando il cuore è conquistato, si può in effetti vivere serenamente)
“Io ti decoro con la tripla croce”
(a fine storia avviene una decorazione, ed è tripla)
Fosco Del Nero
Titolo: Il mago di Oz (The wizard of Oz).
Genere: fantasy, musicale, commedia, avventura.
Regista: Victor Fleming.
Attori: Judy Garland, Frank Morgan, Ray Bolger, Billie Burke, Amelia Batchelor, Bert Lahr, Jack Haley, Margaret Hamilton, Charley Grapewin, Pat Walshe, Clara Blandick.
Anno: 1939.
Voto: 8.5.
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