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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 26 settembre 2018

La canzone del mare - Tomm Moore

Tempo fa mi ero imbattuto in un film d’animazione che era un vero e proprio gioiello, non a caso candidato agli Oscar nel 2010: parlo di The secret of Kells, il quale era un meraviglia per gli occhi, per le orecchie, per l’immaginazione e per il cuore.

In maniera quantomeno paradossale, il film non è mai stato importato in Italia, né al cinema né per il mercato dei dvd, per cui me lo ero visto in lingua originale con i sottotitoli…

… e ovviamente mi ero segnato il nome del regista, tale Tomm Moore, come mi ero segnato il titolo dell’altro film che aveva realizzato, Song of the sea (in italiano, La canzone del mare).
Anche questo candidato agli Oscar, esso è stato tuttavia doppiato in italiano grazie a una produzione internazionale, ma io comunque me lo sono visto in lingua originale, memore del fatto che il regista tendeva ad utilizzare canzoni in stile celtico (parliamo difatti di Irlanda), che non sapevo come sarebbero state rese in italiano, né se gli adattatori avrebbero avuto o meno il coraggio di doppiarle/localizzarle.

Me lo guarderò anche in italiano, in futuro, ma per ora me lo son visto in inglese, e la valutazione è la medesima del suo fratello maggiore: si tratta anche stavolta di un gioiello da ogni singolo punto di vista, che peraltro ha anche il merito di durare un poco di più rispetto al suo predecessore: solo 75 minuti per The secret of Kells, e 90 per Song of the sea.

Eccone la trama molto sommaria: Ben e la sorellina Saorse vivono insieme al padre in un’isoletta che ospita un faro poco lontano dalla costa irlandese. La madre, sfortunatamente, è morta anni addietro nel dare alla luce Saorse, cosa di cui Ben incolpa alla sorellina, che tratta piuttosto male, riversando il suo affetto decisamente di più sul suo affezionato cane.
Quanto al padre, pur a distanza di sei anni, non ha ancora metabolizzato la scomparsa della moglie, di cui in effetti non vien detto quasi niente a inizio film e di cui si scoprirà ben di più in seguito, grazie alla piccola Saorse, la quale è assai più di quanto non sembri.
In mezzo alla storia, vi finiranno creature fatate della natura, le cosiddette “Selkie”, alle quali si contrapporranno i gufi capeggiati dalla strega Macha, che ha un suo progetto: quello di far sparire le emozioni umane per non dover vivere le sofferenze.

Come detto, Song of the sea - La canzone del mare è un gioiellino, e anzi un gioiello vero e proprio: visivamente è un incanto, proprio come lo era stato il suo predecessore; musicalmente è bellissimo; fa respirare a chi lo guarda sentimenti profondi ma al contempo con una certa lievità e delicatezza, e propone anche un insegnamento importante, ossia che le emozioni basse non vanno represse, nascoste chissà dove, ma vissute ed elaborate, ciò che peraltro è anche la base di ogni percorso di crescita interiore.

Cosa chiedere di più a un film d’animazione, che peraltro è anche molto originale nel suo tratto estetico?
Niente, e infatti Song of the sea - La canzone del mare è un capolavoro.
Tomm Moore entra così nel ristretto novero dei miei registi preferiti di tutti i tempi.

Chiudo la recensione con due frasi tratte dal film dal sapore piuttosto simbolico (ma di simboli ce ne sarebbero altri, come ad esempio la vecchia strega che per paura delle emozioni le rifiuta e le inscatola, salvo poi scoprire che le emozioni servono al percorso di vita delle persone).

 “Nessun’altra verità potrà mai superare la promessa di un tempo che fu.”

 “È come se avessi dormito tutti questi anni.”

Fosco Del Nero



Titolo: La canzone del mare (Song of the sea).
Genere: animazione, fantastico.
Regista: Tomm Moore.
Anno: 2014.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 25 settembre 2018

Dio perdona… io no! - Giuseppe Colizzi

C’erano alcuni film del duo Bud Spencer-Terence Hill che non avevo mai visto, e segnatamente i primi, quelli di genere western, genere che non mi è mai piaciuto.
Tanto che negli anni avevo sempre snobbato anche Lo chiamavano Trinità e seguiti vari.

Tuttavia, di recente ho deciso di vedermi tutta la filmografia della mitica coppia, compresi i primi film, mai visti.

E così, dopo aver visto I quattro dell'Ave Maria, che peraltro mi è piaciuto decisamente, sono approdato a Dio perdona… io no!, rispettivamente il secondo e il primo film della coppia, entrambi diretti da Giuseppe Colizzi, che anni dopo li avrebbe diretti anche in Più forte, ragazzi!, filone del nuovo genere “esotico” (sarebbe seguito poi il filone “metropolitano”, il mio preferito).

Ma veniamo alla trama sommaria di Dio perdona… io no!, film del 1968: il film si apre con la scena di una strage su un treno, i cui passeggeri ed equipaggio sono stati tutti ammazzati, e l’oro che trasportava rubato. Hutch Bessy, detto Earp (Bud Spencer), lavora per un’agenzia di assicurazioni, sta indagando sul caso ed è giunto alla conclusione che dietro alla strage vi può essere una sola mente: quella del vecchio compare Bill Sant’Antonio (Frank Wolff)… il quale però è stato ufficialmente ucciso da Cat Stevens, detto Doc (Terence Hill), circa un anno prima.
I due, consultatisi, si mettono alla ricerca dell’uomo, convinti adesso che sia ancora vivo.

Dio perdona… io no! è un western serio, ancor più de I quattro dell'Ave Maria, che in qualche modo anticipava la verve umoristica che poi avrebbe accompagnato la coppia Spencer-Hill lungo tutto l’arco della sua carriera, e in un certo senso fa specie vedere i due così seri, specialmente Terence Hill, davvero cinico e tosto, doppiato ovviamente in modo diverso dal solito, mentre Bud Spencer, pur in tal film serio, conserva un ruolo da gigante buono, diciamo così, quindi più vicino al suo personaggio standard.

Il film è sufficientemente valido da esser visto in modo scorrevole, anche se si situa anni luce dietro quelli che lo avrebbero seguito (con l’eccezione di Miami supercops, l’unico mediocre), e pure dietro quello che lo avrebbe seguito a breve distanza, I quattro dell'Ave Maria, ben più ispirato.
Tuttavia, ha il grande merito di aver lanciato la coppia Bud Spencer-Terence Hill… e non è certo poco.

Due curiosità.
La prima è che nel film, mentre Bud Spencer si fa chiamare Earp, c’è un altro personaggio di nome Bud.
La seconda è più clamorosa: la parte di Terence Hill era stata assegnata a tale Peter Martell… il quale però, nei primi giorni delle riprese, si ruppe un piede durante un litigio con la fidanzata (?). È stato dunque sostituito con Terence Hill… e proprio tale casualità ha dato vita alla coppia più celebre del cinema italiano.

Fosco Del Nero



Titolo: Dio perdona… io no!.
Genere: western, drammatico.
Regista: Giuseppe Colizzi.
Attori: Terence Hill, Frank Wolff, Bud Spencer, Gina Rovere, Paco Sanz, Giovanna Lenzi, José Canalejas, Frank Brana.
Anno: 1968.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 19 settembre 2018

Hotarubi no mori e - Takahiro Omori

Solitamente recensisco solo film veri e propri, ossia lungometraggi, ma a volte, se il prodotto merita o se mi ispira, mi dedico anche a qualcosa di più breve.
E, dal momento che sono un appassionato di anime, è più facile che essi mi ispirino.

È stato così per Il giardino delle parole, ed è stato così anche per Hotarubi no mori e, e in entrambi ho trovato una certa dose di bellezza, per quanto assai differente.

Il primo aveva un’ambientazione cittadina e peraltro assai piovosa (bellissima l’animazione di pioggia, acqua e parco cittadino), mentre Hotarubi no mori e, che significa “Verso i boschi della luce delle lucciole”, ha un’ambientazione campagnola, e ritrae quasi sempre l’estate, giacché è la stagione in cui si incontrano la bambina Hotaru Takegawa e uno spirito del bosco, tale Gin.
I due, pur incontrandosi solo d’estate, quando la bambina si reca in quel luogo per le vacanze estive, stringono un’amicizia molto affettuosa che, quando Hotaru è divenuta adolescente, diventa ai limiti della relazione sentimentale… se non fosse per il non trascurabile fatto che i due non possono toccarsi, altrimenti lo spirito scomparirebbe.

Il film, trasposizione animata del manga di Yuki Midorikawa composto da un unico volume, si presenta come una storia molto tenera, come solo i giapponesi sanno fare.
Quasi impossibile non affezionarsi ai due protagonisti, pur nel limitato spazio temporale di 40 minuti, che è quanto per l’appunto dura questo lungo cortometraggio… o breve lungometraggio, a seconda di come la si vuol guardare.

Ed essenzialmente non c’è da dire altro su Hotarubi no mori e, se non che visivamente è piuttosto bello, pur nella sua semplicità, ambientato quasi esclusivamente in un bosco, in cui ogni tanto fanno capolino anche altri spiriti… e anche qualche umano durante una sorta di sagra paesana organizzata dagli spiriti travestiti da umani, alla quale vanno anche degli esseri umani pur senza sapere dove sono realmente.

Nel complesso, Hotarubi no mori e di Takahiro Omori è un prodotto carinissimo e gradevolissimo.
Non un capolavoro, ma un buon prodotto di animazione, dolce e delicato, sì.

Fosco Del Nero



Titolo: Hotarubi no mori e.
Genere: anime, fantasy, sentimentale.
Regista: Takahiro Omori.
Anno: 2011.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

martedì 18 settembre 2018

Jade warrior - Anti-Jussi Annila

Jade warrior è un prodotto davvero curioso. A partire dalle dalla sua genesi, con la coproduzione finnico-cinese, fatto più unico che raro.

Se la genesi è meticcia, lo è anche la sostanza: il film prende spunto, e lo cita anche, dal Kalevala, un poema epico finnico di metà 1800 che comprende racconti e canti popolari finlandesi, ma poi propone in modo massiccio scene di arti marziali orientali, ugualmente con ambientazione orientale.

La descrizione sommaria della trama darà un’idea di come tutto ciò è stato unito: nell’odierna Finlandia, Kai è giovane fabbro che è stato appena lasciato dalla fidanzata Ronja, una ragazza con la passione per il pugilato e che si sta apprestando a lasciare la città dopo essersi disfatta di tutti i ricordi dell’ex fidanzato.
I due, però, non sono solo ciò che sembrano, ossia due ragazzi finlandesi qualunque, bensì sono anche le reincarnazioni di due guerrieri del passato: Sintai, fabbro, figlio di padre cinese e di madre nordeuropea, e Pin Yu, una guerriera cinese del villaggio in cui è ambientata questa seconda parte del film.
I due sono uniti da una promessa d’amore… che però troverà due ostacoli: il primo è che a Shinati è stato promesso il nirvana, e quindi l’uscita dalla ruota delle reincarnazioni, se ucciderà il demone che sta infestando quella parte di mondo; il secondo è che Pin Yu ha appena ritrovato il suo antico amore, che credeva perduto…
Tali motivazioni si seguiranno nel corso dei secoli nelle differenti vite.

Dunque, l’ambientazione di Jade warrior, e anzi la sua doppia ambientazione, è interessante e accattivante, come interessante è anche la storia.
Menzione d’onore per la fotografia, sontuosa, al livello dei grandi prodotti di Hollywood.
Anche i combattimenti, di genere orientale ma spesso in stile Matrix con movimenti e rallenty più occidentali, hanno il loro perché e si fanno vedere volentieri.

Però il film ha pure evidenti difetti.
Partiamo dalla storia, che è sì curiosa e interessante, ma rimane a metà via tra le varie sue componenti: il film d’azione/arti marziali, il filone fantastico/mitologico, la storia d’amore. Rimane a metà e non approfondisce nessuno di essi, per dirla in altro modo.
Tuttavia, la sua origine di film “non big” si vede soprattutto nel cast: qualche attore fa la sua figura e se la cava bene, ma qualche altro no, e la cosa stona parecchio.
Il doppiaggio italiano, inoltre, è pessimo, e rovina quasi tutto; se lo dovessi riguardare in futuro, lo riguarderei in lingua originale (ossia finlandese e mandarino) con i sottotitoli (o almeno in inglese, sperando che l’inglese abbia avuto un miglior trattamento).

Nel complesso, Jade warrior non è un film memorabile come valore in sé, però ha alcune peculiarità che lo faranno ricordare al suo spettatore, e comunque è da elogiare il grande coraggio nel procedere con una sceneggiatura così audace e anche difficile.

Tra destino e reincarnazione, inoltre, il film non manca di qualche frase di spessore, come le due che propongo e che chiudono la recensione.

“Il destino raggiunge inevitabilmente coloro che fuggono da esso.”

“Tutto ha un principio.”

Fosco Del Nero



Titolo: Jade warrior (Jadesoturi).
Genere: fantastico, fantasy, sentimentale, arti marziali.
Regista: Anti-Jussi Annila.
Attori:  Tommi Eronen, Krista Kosonen, Zhang Jingchu, Markku Peltola, Hao Dang, Taisheng Chen, Elle Kull, Liansheng Tong, Qiupu Tao.
Anno: 2006.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 12 settembre 2018

La tela animata - Jean-François Laguionie

La tela animata è l’ennesimo film d’animazione francese che vedo.
Franco-belga, per essere precisi, e anche quest’accoppiamento tra paesi non è una novità, animazione o meno che sia.

Curiosamente, spesso i film d’animazione francesi vanno a parare sul tema della diversità, o addirittura su quello della dualità: penso a I figli della pioggia, ad Azur e Asmar, a Ernest e Celestine, e probabilmente a qualcun altro che ora non mi viene in mente.

Senza dubbio ciò è frutto della cultura francese multietnica, fatta di europei (peraltro tra francesi mediterranei e francesi nordici c’è un abisso), di maghrebini, di persone dei territori d’Oltralpe, cosa che ha costituito una sorta di esperimento sociale per svariati decenni, e lo è tuttora.

Sul valore dell’animazione francese mi sono già dilungato varie volte, ed ai titoli già citati aggiungo semplicemente gli ultimi tre film d’animazione recensiti, anch’essi meritevoli: La bottega dei suicidiLe avventure di Zarafa, giraffa giramondo, Mune - Il guardiano della Luna… e anche quest’ultimo, ora che ci bado, presenta assai forte l’elemento della contrapposizione e della diversità.

Ma ecco la trama de La tela animata, diretto nel 2011 da Jean-François Laguionie, nome che però mi è nuovo: all’interno di un dipinto vi sono tre categorie di personaggi, a seconda di come li ha lasciati il pittore: i “completi”, i personaggi finiti in tutto e per tutto, ovviamente molto orgogliosi del loro status superiore, gli “incompleti”, quelli quasi completati ma a cui manca comunque qualcosa, visti come cittadini di serie B, e gli “schizzi”, i semplici disegni abbozzati a matita, visti come rifiuti umani (umani si fa per dire).
Il classismo del primo gruppo, aizzato dal Gran Candeliere, si fa via via maggiore, divenendo vero e proprio razzismo (a proposito di diversità e società multietnica con varie classi sociali), e spingendo uno sparuto gruppo di personaggi, il completo Ramo, l’incompleta Lola e lo schizzo Plume a cercare il pittore, di cui non si hanno da tempo notizie, affinché possa terminare tutti i suoi personaggi, e risolvere il problema così alla radice.
Il che implica, ovviamente, arrivare al confine del loro quadro, uscirne, vagare per lo studio del pittore, entrare in altri quadri a chiedere informazioni, oppure per sbaglio, finché…

Che dire, La tela animata è certamente un film originale, che peraltro all’originalità della trama unisce anche una discreta dose di poesia, essendo certamente più un film di sensazione che non un film d’azione o di spettacolarità.

Tuttavia, esso presenta anche alcuni difetti: intanto, è molto lento, e anzi a tratti annoia; in secondo luogo, affronta un tema affatto nuovo, e lo fa in modo un po’ semplicistico; infine, ha un tratto grafico per nulla entusiasmante, e che anzi, di sicuro, certi troveranno bruttino, con una computer grafica spesso non ben amalgamata ai disegni bidimensionali.
Da questo punto di vista, personalmente, è il film che mi è piaciuto meno tra quelli citati in questo articolo.

Un po’ per la mancata bellezza visiva (avrebbe potuto essere qualcosa di assai più notevole, occorre dirlo), un po’ per l’esecuzione un po’ banale e semplicistica, finale compreso, non lo annovero tra i migliori dell’animazione francese da me visti, per quanto abbia dei bei momenti di quando in quando, momenti che perlomeno fanno guadagnare a La tela animata una valutazione sufficiente. 

Fosco Del Nero



Titolo: La tela animata (Le tableau).
Genere: animazione, fantastico.
Regista: Jean-François Laguionie.
Anno: 2011.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

martedì 11 settembre 2018

Ad project - Eros Puglielli

Avevo già recensito un film del regista Eros Puglielli, e segnatamente Tutta la conoscenza del mondo, un film del 2001 davvero curioso e particolare, che mescolava varie tematiche, producendo un risultato finale certo non da capolavoro, ma quantomeno apprezzabile, e per il film in sé e per i contenuti.

Ho deciso di dargli una seconda chance con Ad project, film che peraltro segue il precedente di quattro anni, e che inoltre propone alcuni dei medesimi attori protagonisti: Giovanna Mezzogiorno, Marco Bonini, Giorgio Albertazzi.

Ecco in sintesi la trama di Ad project, film che pare percorrere due sentieri distinti, che però poi si sovrapporranno, e in senso letterale: da un lato abbiamo la storia di Marco e Gaia, una giovane coppia che finisce a vivere in affitto in una stanza presso la casa di Luca, un altrettanto giovane produttore di siti pornografici; dall’altro lato abbiamo Elena e Gianni, un’altra coppia che appare un poco in crisi, tanto che lei, convinta che lui abbia un’amante, lo segue fino ad un campo assai fuori mano… e assai particolare, tanto che in esso vi scorrono energie intense e in qualche modo disturbanti, tanto che il campo è sorvegliato da un gruppo di “man in black”.

Detto della trama sommaria, veniamo ora al genere: Ad project è un meticcio, nel senso che oscilla tra fantascienza, drammatico, thriller-horror. Diciamo che sembra una sorta di X-Files all’italiana… e decisamente più casereccio.
Di mezzo vi sono difatti varchi spazio-temporali, esperimenti misteriosi, nonché, in chiusura, delle entità superne non meglio precisate. 

Il film si muove come una sorta di puzzle da completare, e man mano aggiunge un pezzo, fino a tratteggiare non dico tutto il disegno, giacché comunque rimane abbastanza vago, ma perlomeno un quadro generale. 

Pur essendo realizzato in modo dignitoso, è evidente il livello da bassa produzione: il budget del film, prodotto per l’home video, è stato bassissimo, ed è stato interamente autofinanziato da regista e attori, secondo una formula di autoproduzione-condivisione di costi e ricavi. 

Discreta la regia e buona l’ambientazione, anche se il tutto rimane non del tutto convincente, anche per via di un livello di recitazione troppo distante tra vari attori: Giovanna Mezzogiorno come al solito bella e brava, e bravi anche Marco Bonini e Giorgio Albertazzi, mentre la figura del ragazzo realizzatore di siti porno è davvero imbarazzante (ma non so se il profilo pessimo sia da attribuire all’attore o al regista che lo ha voluto così).

Nel complesso, Ad project sta svariate spanne sotto Tutta la conoscenza del mondo: sia perché quest’ultimo aveva contenuti di maggior rilievo, sia perché non commetteva l’errore di prendersi troppo sul serio, rimanendo più sul genere commedia, mentre Ad Project ha l’ambizione di essere prodotto serio serio… e in tale ambizione naufraga un po’.

Chiudo la recensione con una citazione interessante:
“Noi pensiamo di essere liberi, ma più ci sentiamo liberi più in realtà siamo controllati.
Più pensiamo di decidere, e più per noi è già tutto deciso.
Non esiste la libertà che noi pensiamo.”

Fosco Del Nero



Titolo: Ad project.
Genere: fantascienza, fantastico, drammatico, horror.
Regista: Eros Puglielli.
Attori: Giovanna Mezzogiorno, Marco Bonini, Eleonora Mazzoni, Rolando Ravello, Giorgio Albertazzi, Valerio Mastandrea, Cristiano Callegaro, Emiliano Reggente.
Anno: 2005.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 5 settembre 2018

S.O.S. fantasmi - Richard Donner

Il film protagonista quest’oggi è un vecchio marpione degli anni "80: S.O.S. fantasmi.

Si tratta di un film cui sono da sempre affezionato, essendo uno dei gioielli in cui ha recitato (ma sarebbe meglio dire “che ha recitato”, data l’importanza dei suoi personaggi al tempo) Bill Murray, personaggio davvero fenomenale.

Il film, tra l’altro, è una rivisitazione, e certamente la più originale e grottesca tra le tante che il cinema ha proposto, di Racconto di Natale di Charles Dickens… forse il romanzo più convertito e riferito nel cinema, nonché testo ispiratore del personaggio di zio Paperone, come noto.

Ecco in grande sintesi la trama di S.O.S. fantasmi: Francis Xavier Cross (Bill MurrayGhostbustersGhostbusters 2Ricomincio da capoOsmosis JonesPolpette, Animal housePalla da golfStripes - Un plotone di svitati come protagonista, ma anche, come coprotagonista o personaggio secondario, TootsieLa piccola bottega degli orroriI TenenbaumBenvenuti a ZombielandIl treno per il DarjeelingRushmoreLe avventure acquatiche di Steve ZissouGrand Budapest HotelEmber - Il mistero della città di luce) è un dirigente di un network televisivo famoso per il suo cinismo. Difatti egli, per la sua carriera, ha sacrificato tutto, compresa la sua relazione con Claire (Karen Allen; Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta, Indiana Jones e il regno del teschio di cristalloManhattan), e il risultato è un’attuale situazione di vita poco edificante.
Egli in realtà non sembra soffrire molto per la sua condizione di solitudine, tuttavia, proprio mentre nel suo studio televisivo si prepara la messa in onda pre-natalizia di Racconti di Natale (citazione nella citazione), egli riceve la visita di tre spiriti, lo Spirito del Natale passato (un memorabile tassista), lo Spirito del Natale presente (una memorabile fatina) e lo Spirito del Natale futuro (una meno memorabile Morte).
Va da sé, i tre Spiriti provocheranno un certo ripensamento in lui…

Se Racconto di Natale, pur canovaccio valido, è ormai una sceneggiatura assai banale, e probabilmente lo era già nel 1988, S.O.S. fantasmi la reinterpreta in modo difficile da dimenticare, e certamente piacevole.
Bill Murray è espressivo come nei suoi giorni migliori, e in cabina di regia c’era Richard Donner, un regista che ha fatto furore negli anni "70 e "80, con film entrati nell’immaginario collettivo come I GooniesOmen - Il presagioLadyhawkeSuperman, Arma letale.

S.O.S. fantasmi, surreale com’è, non ha fatto breccia nel cuore del grande pubblico, tuttavia si è conquistato una fetta di appassionati, tra cui me, e certamente è rimasto nella memoria di molti, avendo avuto tra l’altro l’occasione di offrire l’insegnamento di Racconti di Natale (sì bontà, amore, e condivisione; no egoismo, avarizia e materialità gretta) in un modo certamente originale.

Film promosso a ottimi voti… evidentemente il connubio Bill Murray-fantasmi era un buon connubio.

Propongo anche qualche citazione "spronante" estrapolata dal film.

"Non sprecare la tua vita come ho fatto con la mia."
"Sprecare? Ma come puoi dire questo? Tu sei una leggenda in questo campo."
"Il bene dell'umanità avrebbe dovuto essere il mio campo. Carità, misericordia, gentilezza: questo avrebbe dovuto essere il mio campo."

"Non è troppo tardi per te: puoi salvarti."

"Sono io... ma la cosa fantastica è che non sono io."

Fosco Del Nero 



Titolo: S.O.S. fantasmi (S.OS. ghosts).
Genere: fantastico, commedia.
Regista Richard Donner.
Attori: Bill Murray, Robert Mitchum, Karen Allen,  John Glover, Michael J. Pollard, Brian Doyle-Murray, Alfre Woodard, David Johansen.
Anno: 1988.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

martedì 4 settembre 2018

Tiffany e i tre briganti - Hayo Freitag

Tiffany e i tre briganti è un film d’animazione certamente non troppo conosciuto, e in questo non è aiutato dall’essere conversione cinematografica di un precedente libro, giacché parliamo di un libro francese (di Tomi Ungerer) e di un film tedesco (diretto da Hayo Freitag), e dunque assai poco conosciuti da noi.

Da esso è stato tratto nel 2007 il film d’animazione oggetto di questa recensione, un lungometraggio tuttavia non troppo lungo, con i suoi 70 minuti, cui si è arrivati peraltro aggiungendo alcuni episodi al racconto originario, più breve.

Ecco in grande sintesi la trama di Tiffany e i tre briganti: Tiffany è rimasta orfana, e dunque viene indirizzata all’orfanotrofio, pur contro il suo volere.
Il caso vuole però che la carrozza che la trasportava, guidata da un bizzarro uomo-rana, tuttofare della dispotica direttrice dell’orfanotrofio, luogo peraltro assai lugubre simile a un penitenziario con tanto di lavori forzati, venga fermata dai tre briganti del bosco, alla ricerca di oro e tesori.
Ma nella carrozza non c’è nulla, se non Tiffany, che, pur di non finire nell’orfanotrofio, fa loro credere di essere la figlia di un maharaja che vive in India, che avrebbe pagato moltissimo oro per il riscatto di sua figlia.
I tre briganti, Potente, Volente e Nolente, la portano così nella loro caverna, avviando con la piccola un rapporto un po’ strano.

L’inizio del film è intrigante, nonostante un’animazione non troppo tecnologica: siamo in pieno bidimensionale, e anzi le animazioni son composte da disegni davvero semplici, infantili tanto quanto infantile è l’intero prodotto, destinato a un target di bambini e genitori. Gli sfondi, invece, son piccoli quadri dipinti, davvero belli e colorati.

Il film si fa seguire volentieri e con simpatia, accompagnato peraltro da una bella colonna sonora, musiche e parti cantate.

Essenzialmente, Tiffany e i tre briganti è piuttosto semplice: è breve, è destinato a un pubblico assai giovane, ha una trama molto lineare, non vi è una profondità particolare a livello di contenuti o di morale.
Tuttavia, è molto caratteristico nei disegni, gode di buona inventiva visiva e musicale, specie nelle scene dentro la grotta e nella foresta, e si presenta vivace e simpatico.

Insomma, è un prodotto molto adatto ai bambini piccoli e ai loro accompagnatori.
Quanto agli adulti che lo guardano da soli… può piacere anche in quel caso, se non si esige una storia complessa o con colpi di scena o con contenuti particolari.

Fosco Del Nero



Titolo: Tiffany e i tre briganti (Die drei räuber).
Genere: animazione, commedia, musicale.
Regista: Hayo Freitag.
Anno: 2007.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

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