Slide # 1

Slide 1

Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

Slide # 2

Slide 2

L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

Slide # 3

Slide 3

Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

Slide # 4

Slide 4

Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

Slide # 5

Slide 5

Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 27 febbraio 2019

Ink - Jamin Winans

I film come Ink sono il motivo per cui il cinema ha senso.

Ma andiamo con ordine: Ink è un film statunitense del 2009, prodotto da una compagnia indipendente, di proprietà dello stesso regista Jamin Winans, e realizzato con un budget di basso profilo, tanto che non tutti gli attori sono professionisti.

Il genere oscilla tra fantastico, orrorifico, psicologico e drammatico, ed essenzialmente segue le vicende di John ed Emma, padre e figlia legati da una sorte difficile: il lavoro che impegna molto l’uomo, il quale ha poco tempo da passare con la moglie e la figlia, la morte della donna, la seguente depressione di lui e l’assegnazione della bambina ai nonni, con l’uomo che si rituffa nel lavoro, ottenendo anche un certo successo, salvo poi ricevere una bruttissima notizia.

Ink mescola diversi piani di realtà: intanto passato e futuro, con le due linee che  non sono fisse, ma hanno una sorta di valenza ciclica… col cerchio che però può essere interrotto, come peraltro viene detto a chiare lettere nella storia.
In secondo luogo, il film mescola due piani contemporanei: la realtà fisica, nella quale agiscono gli esseri umani, e la realtà sottile, nella quale agiscono due gruppi contrapposti; il primo gruppo dona sogni felici ed energie positive e sembra esser composto da angeli (non nell’aspetto, ma nella sostanza delle cose e negli intenti); il secondo gruppo ispira incubi, porta energie negative e sarebbe composto dai corrispettivi demoni, chiamanti “incubus” (creature aventi punti in comune con i “volador”, con i “dissennatori”, con i “vitoni”). Si viene presto a scoprire tra l’altro che in quella sorta di mondo astrale si diventa l’una cosa o l’altra, o altre ancora, in  base a come si è vissuto in vita (concetto esistenzialmente preciso).
Nella realtà fisica, peraltro, succedono delle cose come risultato di fatti nella realtà “sottile-invisibile-energetica” (e anche questo corrisponde alle leggi dell’energia).

Il film inizia con uno di questi esseri nefasti che rapisce l’anima della piccola Emma, la quale stava a casa dei suoi nonni: il suo nome è Ink e intende sacrificare Emma per ottenere in cambio la liberazione dall’inferno in cui è finito (come risultato di un un atto violento, si viene a scoprire strada facendo).

Ink è particolare non solo nella trama, e in questi doppi binari, ma anche nell’estetica, giacché utilizza una gamma di colori innaturale, tendente al blu-azzurro-grigio, e si propone piuttosto luminescente, soprattutto nei contorni, dando una continua sensazione di meraviglia, come se ci si trovasse in un luogo “spirituale”… come in effetti per certi versi è, giacché il film ha anche una valenza esistenziale: bene contro male, angeli contro demoni, le scelte umane e il libero arbitrio, l’amore e l’affetto.

A proposito di quest’ultimo punto, impossibile non sottolineare la bellezza e la tenerezza della bambina scelta per interpretare Emma, tale Quinn Hunchar: non so se avrà una carriera cinematografica di rilievo, ma questo ruolo già basterebbe per la bellezza che ha regalato.
Si fa notare anche Jessica Duffy, che interpreta una donna-angelo chiamata Liev, personaggio che giocherà un ruolo fondamentale nel rapporto tra Ink ed Emma.
Curiosa inoltre la figura di Jacob, una sorta di guida capace di intuire il corso degli eventi e di fornire agli uomini delle possibilità evolutive migliori; l’aspetto paradossale è che tale guida, chiamato “cercatore di sentieri”, è cieca.

Chiudo la recensione con una considerazione e alcune brevi citazioni dal film.
La considerazione è una triste considerazione: uno dei film più brillanti prodotti nell’ultimo decennio non è stato importato in Italia, probabilmente perché troppo strano, e difatti l’ho visto in lingua originale con i sottotitoli (realizzati da un gruppo di appassionati, e infatti discretamente impreciso).
Veniamo ora alle citazioni dal film.

“Svegliati. Tutta la tua vita sta per crollare. Non c'è molto tempo.”

“Tic toc. Quest’uomo è fuori uso.”

“Una cosa implica la successiva.
Un uomo ha delle debolezze, quindi ha dei difetti.
I difetti portano alla colpa, la colpa porta alla vergogna.
La vergogna si compensa con l’orgoglio e la vanità.
Quando l’orgoglio fallisce, la disperazione prende il sopravvento e distrugge tutto. Ciò che sarà il suo destino.
Qualcosa deve interrompere il flusso.”

“La tua paranoia ti confonde. 
Di cos'è che hai così tanta paura?”

“Tu non accetti neanche te stesso.”

“La colpa può provarla solo chi ha un’anima.”

“Sotto la giusta luce, nessuno nota nulla.”

“Ti nascondi pieno di vergogna, e non riesci a vedere quanto sei bello.”

“Svegliati!”

“Posso sentire il ritmo.”
“Il ritmo?”
“Il ritmo del mondo. Siamo tutti parte di una canzone. Io ascolto solo la musica.”

“Non sto sognando?”

Fosco Del Nero



Titolo: Ink (Ink).
Genere: fantastico, psicologico, horror, drammatico.
Regista: Jamin Winans.
Attori: Christopher Soren Kelly, Quinn Hunchar, Jessica Duffy, Jeremy Make, Marny Kennedy, Shelby Malone, Jennifer Batter, Eme Ikwuakor.
Anno: 2009.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


martedì 26 febbraio 2019

La piccola principessa - Alfonso Cuaron

Non ho mai letto il romanzo di Frances Hodgson Burnett La piccola principessa da cui è tratto l’omonimo film del 1995 diretto da Alfonso Cuaron, ma, come molti della mia generazione, quando ero piccolo ho visto – non mi ricordo se tutto o solo in parte – il cartone animato Lovely Sara, anch’esso tratto dal romanzo in questione.

Ora, da quel che mi ricordo, il cartone animato era assai differente da questo film… e come spesso capita sono gli americani (produzione statunitense, regista messicano ma impiantato a Hollywood) a cambiare le cose, e pure in modo netto.
Tanto che quella che era una storia davvero drammatica e triste, col personaggio di Sara costretto a sopportare molte difficoltà e traversie, pur mantenendosi sempre sereno e quasi principesco, nel film di Cuaron diviene una storia assai più vicina alla commedia che al dramma, con Sara che rimane allegra più che sopportante come era nella serie animata, che diviene presto la beniamina delle compagne di collegio e lo rimane pure quando in disgrazia economica (che comunque non dura molto). In questo remake assai adattato cambiano le cose anche riguardo a morte e patrimonio.
E ovviamente la scena si sposta da Londra a New York, perché non sia mai che gli Usa non siano al centro dell’Universo conosciuto.

Ma andiamo alla trama sommaria de La piccola principessa: Sara Crew vive in India con il padre, un militare di alto rango. Siamo però alla vigilia della prima guerra mondiale (altra cosa cambiata rispetto al libro, ambientato invece a metà '800), e il padre è chiamato in guerra. Egli dunque iscrive la figlia in un collegio di New York, lo stesso che aveva frequentato la moglie, nel mentre morta. Il collegio, diretto da Miss Minchin e da sua sorella Aurelia, di lei succube, si dimostrerà assai ben organizzato ma anche pieno di regole e di difficoltà per una bambina abituata alla libertà, al rispetto e alla fiducia.
Le difficoltà aumenteranno quando giungerà notizia della morte del padre di Sara, che vedrà così mutata la sua condizione da alunna della scuola a serva.

La piccola principessa non è nulla di che: occorre essere onesti.
La storia originaria, così intensa, viene edulcorata per farne un film per bambini (o per famiglie, come si dice) e quasi trasformata in commedia… anche se per certi versi si migliora rispetto alle atmosfere pesanti e toste della serie tv, e credo anche del libro originario.
Il che non sarebbe male in sé, intendiamoci: il fatto è che al film manca proprio il nerbo del grande film, e si contenta invece di essere un facile intrattenimento.
Pieno di buoni intenti, intendiamoci anche su questo, e non privo di momenti dolci e simpatici, ma parva res in buona sostanza, con una sufficienza stiracchiata e nulla più.

Interessanti e assai belli a vedersi i racconti di Sara trasformati in film “alternativo” dal sapore mitologico-indiano, forse l'unico spunto di ottimo valore della pellicola.

Fosco Del Nero



Titolo: La piccola principessa (A little princess).
Genere: commedia, drammatico.
Regista: Alfonso Cuaron.
Attori: Liesel Matthews, Eleanor Bron, Liam Cunningham, Rusty Schwimmer, Arthur Malet, Vanessa Lee Chester, Errol Sitahal.
Anno: 1995.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 20 febbraio 2019

Intervista col vampiro - Neil Jordan

Sono sempre stato affascinato dalla letteratura sui vampiri, e i romanzi e racconti che ho letto in merito si sprecano, da Dracula di Bram Stoker a Il vampiro di William Polidori. 
Vale la stessa cosa per i film, e anche se col tempo tale fascinazione si è di molto affievolita, ogni tanto mi vedo volentieri un film sul tema.

Che ovviamente non sarà un film sui vampiri nel senso un po’ banalotto e stupidotto del genere adolescenzial-sentimental-horror, tanto di moda da Twilight in poi (e il primo Twilight era ancora presentabile, per poi andare scadendo a seguire e lanciare un filone per l'appunto piuttosto adolescnziale), ma una storia vecchia maniera… e stavolta la freccia della ruota si è fermata su uno dei migliori film del genere: Intervista col vampiro di Neil Jordan.

Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Anne Rice, primo libro delle Cronache dei vampiri (che non ho mai letto), è ormai un film piuttosto risalente, essendo datato 1991: e così abbiamo un assai giovane Brad Pitt, un altrettanto giovane Tom Cruise, un Antonio Banderas che ancora recitava anziché dedicarsi alle pubblicità dei biscotti e infine una Kirsten Dunst ancora più che giovane: bambina, e talentuosa a dir poco (e infatti poi avrebbe avuto una carriera di tutto rispetto).
Il cast è stellare, dunque, e ci si può permettere pure di non citare Christian Slater, in una parte comunque secondaria.

Per chi non l’avesse mai visto, ecco un panorama sommario della trama: la storia inizia nella San Francisco moderna, con Louis, un giovane uomo affascinante (Brad Pitt) che racconta a un giovane giornalista la sua storia di vampiro, iniziata a New Orleans nel 1791, quando egli, appena persi moglie e figlio durante il parto, si sta lasciando andare, quasi invocando la morte… che in qualche modo giunge, sotto forma del vampiro Lestat (Tom Cruise), che lo rende simile a lui facendone in pratica il compagno di vita e di uccisioni… nonostante il dilemma etico di Louis.
La coppia diviene trio quando Lestat trasforma in vampiro anche una bambina, Claudia, ormai orfana e in fin di vita.
Vari dissapori li portano però a dividersi: Louis e Claudia, fingendosi padre e figlia, ma in realtà tra loro teneri come se fossero innamorati, partono e vanno in Europa, alla ricerca di altri come loro. Dopo tanto girare, si insediano a Parigi, dove trovano uno strano gruppo, guidato da tale Armand (Antonio Banderas).

Tecnicamente Intervista col vampiro è un film fantastico con venature orrorifiche e splatter, data l’ingente quantità di sangue e morte che si vede in esso… tuttavia nella sostanza è più un film drammatico, e quasi sentimentale, per via del rapporto che lega i due protagonisti uomo e bambina.

A tali generi di fondo si aggiunge una scenografia molto bella e varia, una forte tensione scenica, una trama che scorre via interessante e coinvolgente, costumi e fotografia ugualmente belli, ed ecco che il risultato finale è un ottimo film, che non a caso al tempo è stato uno strepitoso successo al botteghino e ha ricevuto numerosi premi e nomination.
Certo, tali due cose non sempre sono sinonimo di qualità, soprattutto negli ultimissimi decenni, ma in questo caso sì, e pure a distanza di anni Intervista col vampiro rimane un gran film: bello da vedere e intenso…

… anche se si inventa alcune regole riguardo al vampirismo, cosa che un appassionato della mitologia tradizionale è difficile che apprezzi, e anche se non indaga molto l’essenza del vampirismo o le sue origini, limitandosi soprattutto a descrivere la parabola di vita dei protagonisti, senza peraltro esaurirla minimamente, come si vedrà in conclusione.

Fosco Del Nero



Titolo: Intervista col vampiro (Interview with the vampire).
Genere: fantastico, horror, drammatico, sentimentale.
Regista: Neil Jordan.
Attori: Brad Pitt, Tom Cruise, Kirsten Dunst, Antonio Banderas, Christian Slater, Stephen Rea, Domiziana Giordano, Thandie Newton, Virginia McCollam, John McConnell, Mike Seelig.
Anno: 1994.
Voto: 8
Dove lo trovi: qui.


martedì 19 febbraio 2019

La fabbrica di cioccolato - Tim Burton

Da poco ho visto un vecchio film con Gene Wilder, ossia il classico della comicità Frankenstein  Junior, mentre oggi mi vedo un film che ha molto a che fare con Gene Wilder, pur non avendolo come protagonista: parlo de La fabbrica di cioccolato, il rifacimento del celebre Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato girato da Tim Burton nel 2005.
Protagonista assoluto Johnny Depp… come spesso capita con Tim Burton.

Parto da una considerazione: apprezzo moltissimo Tim Burton come regista, e d’altronde è una cosa inevitabile quando una persona dirige film come Big fish oppure Il mistero di Sleepy Hollow, senza dimenticare le bellissime incursioni nel mondo dell’animazione con La sposa cadavere o Nightmare before Christmas (da lui non diretto, ma scritto). E apprezzo molto anche Johnny Depp come attore, e anche questa è cosa inevitabile (La nona porta, I pirati dei Caraibi - La maledizione della prima luna, Ed Wood, Edward mani di forbice, etc).

Eppure… eppure La fabbrica di cioccolato è un clamoroso buco nell’acqua.
Non parlo degli incassi o del successo presso il pubblico o la critica, fattori che ignoro e che potranno andare pure in direzione opposta, ma proprio dell’essenza del film, il quale mostra il decadimento del livello di bellezza e di profondità della società umana, e rispetto a soli pochi decenni prima… e finanche con uno dei più brillanti registi di Hollywood dietro la macchina da presa.

Difatti, mentre Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato era un film ispirato, con degli insegnamenti (ricordiamo che è tratto da un testo di Road Dahl, scrittore per l’infanzia), nonché un certo livello di bellezza (ricordiamo la colonna sonora letteralmente memorabile, e che sarebbe stata una buona idea mantenere anche in questo remake), La fabbrica di cioccolato è una replica che perde bellezza e profondità e punta tutto sugli effetti speciali da un lato e sulla mimica facciale di Depp dall’altro.

Per carità: ambo le cose son di valore, così come son belli costumi e fotografia… ma il punto è che il film si è proprio perso per strada, e per di più si è trasformato il personaggio di Willy Wonka da figura centrata e solida, ciò che a mio avviso era il perno del film originario, a figura un po’ ridicola e squilibrata, letteralmente riscritta rispetto alla storia originaria, esposta giusto per intrattenere il pubblico con qualche bizzarria. Con successo, temo.

Davvero male: purtroppo gli ultimi decenni hanno portato con sé un abbassamento del livello generale di estetica e profondità, che si riflette anche nel cinema… ed è così che si spiegano rifacimenti di classici come questo o I fantastici viaggi di Gulliver, l’ultimo film che avevo visto prima di questo e che parimenti riflette bene il decadimento tra le produzioni passate (di libri o film) e quelle contemporanee destinate alla massa.

Ma va bene; attendiamo la ripresa.

Fosco Del Nero



Titolo: La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory).
Genere: fantasy, commedia.
Regista: Tim Burton.
Attori: Johnny Depp, Freddie Highmore, Helena Bonham Carter, David Kelly, Deep Roy, Christopher Lee, AnnaSophia Robb, Noah Taylor.
Anno: 2005.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 13 febbraio 2019

I fantastici viaggi di Gulliver - Rob Letterman

Guardandomi la filomografia del regista Rob Letterman, di cui da poco avevo visto l’“horror per bambini” Piccoli brividi, ispirato all’omonima serie di libri per l’infanzia, aveva attratto la mia attenzione I fantastici viaggi di Gulliver, film a sua volta ispirato alle celebri avventure de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift.

Laddove la parola ispirato è usata in modo assai elastico: più correttamente, andrebbe detto che nel film viene presa l’idea di fondo e ci viene scritta una nuova storia sopra, ovviamente all’americana e ovviamente in salsa comica.

Il senso di avventura, di viaggio, e anche il significato esistenziale degli originali viaggi di Gulliver, dunque, si è del tutto perso, e gli stessi viaggi sono appena accennati, fermandosi essenzialmente alla sola Lilliput.

Passiamo così a tratteggiare la trama de I fantastici viaggi di Gulliver: Lemuel Gulliver (Jack Black) lavora in un ufficio postale di New York, e porta la corrispondenza in alcuni uffici, tra cui quello in cui lavora, con una posizione ben più prestigiosa della sua, la bella Darcy Silverman (Amanda Peet), a cui vorrebbe chiedere di uscire, ma senza trovare il coraggio.
Trova però il coraggio di mentirle su una certa cosa, la quale in modo inaspettato lo porterà a intraprendere un’avventura in barca per scrivere un articolo… e a sua volta la barca, con la complicità del Triangolo delle Bermude (…) lo porterà nel mondo minuscolo di Lilliput, dove conoscerà il simpatico e buono Orazio (Jason Segel) e l’altrettanto buona, ma più bella, principessa Mary (Emily Blunt).
Seguiranno i problemi bellici con Blefusco, i problemi di antipatia con il generale Edoardo, nonché i (brevi) problemi con l’enorme bambina che lo catturerà e lo farà vivere come una bambola nella sua casa delle bambole.
Sembra quasi inevitabile che i film cui partecipa Joe Black vengano scritti su misura per lui… o quasi. La sua caratterizzazione è talmente tipica, d’altronde, che è quasi impossibile altrimenti.
I fantastici viaggi di Gulliver non fa eccezione alla regola, e ci consegna un Gulliver perdente ma guascone e simpatico, che ovviamente durante e dopo il viaggio diventa un vincente… come vuole il mito americano.

Nel mentre, tante gag e tanta comicità, di livello non alto, occorre dire, e anzi, a dirla tutta, questa conversione de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, autore noto per la sua ironia pungente e colta, è quasi una vergogna.
Volendo rimanere su Jack Black, molto meglio School of rock oppure Tenacious D e il destino del rock.

E con quest’altra opera per bambini, nel senso letterale del termine, direi che Rob Letterman ha terminato le chance.

Fosco Del Nero



Titolo: I fantastici viaggi di Gulliver (Gulliver's travels).
Genere: comico, commedia, avventura, fantasy.
Regista: Rob Letterman.
Attori: Jack Black, Jason Segel, Emily Blunt, Amanda Peet, Billy Connolly, Chris O'Dowd, T.J. Miller, James Corden, Catherine Tate.
Anno: 2010.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.



martedì 12 febbraio 2019

Robin Hood - Wolfgang Reitherman

Reduce dalla pessima esperienza Disney con il film recitato Hocus pocus, dovevo rifarmi la bocca e, allora, ho puntato sull’usato sicuro: il film d’animazione Robin Hood, girato da Wolfgang Reitherman nel 1973.

Wolfgang Reitherman, ci faccio caso ora, è il medesimo regista di un altro grande classico dell’animazione Disney di quegli anni, ossia La spada nella roccia, uno dei miei film preferito di bambino…

… ma anche di altri grandi classici, che pur non erano tra i miei preferiti: Gli aristogattiIl libro della giungla, La carica dei 101 e altri ancora.
Insomma, parliamo di un signor regista, e come quasi sempre la carriera non mente.

Peraltro, alla somiglianza con La spada nella roccia avevo pensato durante la visione del film, per via della somiglianza di connotati tra alcuni protagonisti, nonostante ne La spada nella roccia fossero umani (beh, quasi sempre), mentre in Robin Hood siano tutti animali antropoformizzati e parlanti.

E cantanti pure, e anche questo è un ricorso: la recitazione si alterna col cantato, con alcuni pezzi di valore, davvero belli.

La storia di Robin Hood sarà già nota a tutti, per cui non credo che occorra riassumerla, ma nello specifico mi limito a dire che il principe dei ladri è divenuto una volpe, Little John un orso, Giovanni Senzaterra un leone, consigliato dal serpente Bis, Lady Marion un’altra volpe, Fra Tuck un tasso, lo Sceriffo di Nottingham un lupo, e così via per tutti i vari personaggi, mitologici o inventati per l’occasione.
Menzione particolare per il gallo Cantagallo, un menestrello che introduce e termina la storia, ovviamente cantando, e parecchio bene.

Robin Hood è l’esatto opposto di Hocus Pocus, ed è l’emblema e la prova, come La spada nella roccia e tanta filmografia ma anche letteratura passata, del fatto che i prodotti per l’infanzia di qualità sono adatti anche agli adulti… semplicemente perché sono di qualità.
Gli altri, quelli di qualità scarsa, senza contenuti, senza umorismo, senza caratterizzazioni, senza bellezza, possono essere pensati per bambini o per adulti, ma rimangono comunque privi di qualità… o di qualità scadente, per chi si accontenta.

Anzi, mi è piaciuto così tanto rivedere Robin Hood, che mi vedrò anche gli altri film dell’epoca di Wolfgang Reitherman, alcuni dei quali credo non avere mai visto, o magari solo per spezzoni, giacché non avevo simpatia per determinati soggetti…
… ma, come detto, la qualità è qualità, e va sempre ricercata in ogni cosa.

Fosco Del Nero



Titolo: Robin Hood (Robin Hood).
Genere: animazione, commedia, avventura, musicale.
Regista: Wolfgang Reitherman.
Anno: 1973.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 6 febbraio 2019

Frankenstein Junior - Mel Brooks

L’ultimo film recensito nel blog era del 1975, e si trattava di un signor film, un classico del cinema: Barry Lyndon di Stalney Kubrick.
Oggi torniamo indietro di un anno, al 1974, a un film che è divenuto nel tempo anch’esso un classico, per quanto assai diverso e in modo certamente meno importante: parlo di Frankenstein  Junior, il film di Mel Brooks parodia del celebre e quasi omonimo romanzo gotico-orrorifico di Mary Shelley.

Il film peraltro è stato scritto in collaborazione con l’attore Gene Wilder, che è anche protagonista della pellicola, e che, se qualcuno non lo avesse presente, è il protagonista del famoso Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato.

Il film è girato tutto in bianco e nero, con uno stile assai retrò, anni "30 e dintorni, e dura circa 100 minuti.

Ecco la trama sommaria: siamo a New York, negli anni "30, e assistiamo a una lezione universitaria del professore Frederick Frankenstein (Gene Wilder), nipote del celebre Victor von Frankenstein, famoso in tutto il mondo per i suoi studi sui cadaveri, studi che il nipote rigetta, considerandoli ridicoli e folli. Egli lo odia a tal punto che ha modificato la pronuncia del cognome, come per distinguersi dal famoso parente.
Ma il sangue non mente, e il testamento del suddetto nonno lo porterà in Romania, a continuare per l’appunto gli studi del suo avo. Coadiuvato in questo dalla bella assistente Inga (Teri Garr) e dal curioso factotum Igor, a sua volta nipote dell’aiutante del nonno.
Proprio Igor (Marty Feldman) costituirà i maggiori momenti di comicità del film, un po’ per via della sua fisionomia divertente un po’ per via del personaggio mezzo fuori di testa… anche se a suo modo coerente.
Da citare anche la creatura (Peter Boyle), anch’essa ovviamente di stampo comico, tanto che si metterà a ballare, si vestirà in frac e finirà sposata.

Che dire di Frankenstein  Junior, campione d’incassi all’epoca, vincitore di vari premi e amato da molti come film superdivertente?

È in realtà un film caruccio e curioso, a tratti divertente (su tutti il momento in cui Igor dice come si pronuncia il suo nome), ma che venga considerato un classico del cinema la dice lunga sulla qualità media degli spettatori dei film.

Da notare inoltre come il valore del film sia nettamente sbilanciato a favore della sua prima metà; da metà film in poi, e nel finale soprattutto, perde colpi in modo vistoso, ed è un peccato, giacché altrimenti si sarebbe conquistato una valutazione più buona.
Così, invece, rimane un film comico solo sufficiente, dall’umorismo visivo e un po’ terra terra, che fa ridere e sorridere a tratti ma che non ha un grande spessore.
Ma, d’altronde, Mel Brooks non è mai stato famoso per l’umorismo raffinato e di alto livello, bensì per la comicità più visiva e demenziale.

Fosco Del Nero



Titolo: Frankenstein  Junior (Young Frankenstein).
Genere: comico, grottesco.
Regista: Mel Brooks.
Attori: Gene Wilder, Peter Boyle, Marty Feldman, Teri Garr, Madeleine Kahn, Cloris Leachman, Gene Hackman, Madeline Kahn, Richard Haydn.
Anno: 1974.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


martedì 5 febbraio 2019

Barry Lyndon - Stanley Kubrick

Ho visto tutti i film di Stanley Kubrick dagli anni “60 in poi, ma curiosamente nel blog ne sono recensiti solo due, Eyes wide shut e Il dottor Stranamore, dal momento che gli altri li avevo visti prima di aprire il blog.

Uno di essi lo recupero con la recensione di oggi: Barry Lyndon.

Si tratta di un film girato nel 1975 e tratto dal romanzo settecentesco Le memorie di Barry Lyndon  di William Makepeace Thackeray.

Ecco la trama sommaria (davvero sommaria, giacché nel film succedono tante cose e la storia è parecchio lunga e ariosa con i suoi 184 minuti): Redmond Barry è un piccolo signorotto della campagna irlandese. Da ragazzo, egli si invaghisce della sua cugina Nora Brady, che invero lo aveva incoraggiato, tanto da cercare di mandare a monte il di lei matrimonio con l’abbiente capitano inglese John Quin.
Con un inganno egli viene allontanato dalla campagna e mandato a Dublino, ma un malaugurato incontro indirizzerà altrimenti la sua vita, e in modo assai avventuroso: egli si arruolerà nell’esercito inglese, poi in quello prussiano, poi lavorerà come spia, poi nel gioco d’azzardo, poi si accaserà in un ricco matrimonio di convenienza… e poi, raggiunto l’apice di ricchezza e prestigio, inizierà la sua parabola discendente.

Barry Lyndon è sempre rimasto un film sui generis nella filmografia di Stanley Kubrick, non solo perché esula dai temi comunemente da lui affrontati, come società, politica, guerra, violenza, sesso, ma perché non offre una chiave di lettura… o meglio, non offre una chiave di lettura chiara, giacché una morale di fondo in realtà c’è.

Non è però una morale in senso classico, e anzi in quel senso assistiamo all’ironico destino di un uomo, nella sua parabola di ascesa e discesa, il quale uomo parte idealista e si procura guai, sale al vertice divenendo man mano più immorale, e poi cade proprio quando giunto al massimo della sua amorevolezza e compassione.
Il tutto sembra quasi un paradosso, quasi una descrizione beffarda della vita, ma in realtà le cose sono più semplici: Barry Lyndon è un affresco, un grande e bellissimo affresco, sull’impermanenza della vita umana e delle cose del mondo (mammona e regno dei cieli, direbbe Gesù).

Ecco, Kubrick, che era vicino a certi ambienti esoterici, ricordiamolo sempre, i quali gli sono costati probabilmente la vita subito dopo la direzione del troppo chiaro Eyes wide shut, nei suoi film inserisce sempre qualcosa di profondo; non siamo a livelli di maestria esistenziale, ma quantomeno in essi vi troviamo indizi sulla vita e sulla società in cui viviamo, il che è comunque molto più di quanto troviamo nei film comuni.

Rimanendo sul piano più prettamente tecnico, Barry Lyndon è bellissimo, ed è uno spettacolo per occhi e orecchie: solenne e malinconico al tempo stesso, girato tra Inghilterra, Irlanda e Germania, ispirato nelle ambientazioni e nei costumi a quadri, stampe e disegni dell’epoca, il film, al di là della storia, propone una sorta di affresco visivo del Settecento, e non a caso il film ottenne i premi Oscar per la scenografia, per i costumi e per la fotografia.
Furono persino usate le candele per le scene notturne, e la sola luce solare per le scene diurne per assicurare il massimo realismo e fedeltà a quei tempi.

Anche la musica, sottofondo costante tra marcette e musiche da camera, è assai importante, e anzi direi invadente, nel senso buono del termine.

Insomma, Barry Lyndon è un gran film, come tutti i film di Kubrick che ho visto: monumentale nella tecnica cinematografica… e curioso nella sceneggiatura, ciò che potrà piacere o meno al singolo spettatore, e che personalmente vi consiglio di inquadrare nel modo prima detto: l’impermanenza delle cose materiali, fatto che ha in sé un grande insegnamento se ci si pensa, poiché invita al non attaccamento.

Fosco Del Nero



Titolo: Barry Lyndon (Barry Lyndon).
Genere: drammatico, commedia, avventura.
Regista: Stanley Kubrick.
Attori: Ryan O'Neal, Marisa Berenson, Patrick Magee, Hardy Krüger, Steven Berkoff, Gay Hamilton, Marie Kean, Diana Körner.
Anno: 1975.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


Il mondo dall'altra parte