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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 29 gennaio 2020

Mulan - Tony Bancroft, Barry Cook

Mulan è un film d’animazione ormai piuttosto datato, essendo stato realizzato più di vent'anni fa: un’intera era geologica per tecnologia in generale e animazione in particolare.
Tuttavia, il film non fa affatto sentire la mancanza della computer grafica moderna o di altri mirabolanti effetti speciali, e propone una storia tutto sommato semplice, ma al contempo vivace e ricca. E gradevole all’occhio.

Ecco la trama di Mulan, diretto dal duo Tony Bancroft-Barry Cook (che non conosco) e ispirato a un vecchissimo e famoso poema cinese (La ballata di Mulan): Mulan è una ragazza cinese carina ma un poco imbranata e non troppo ligia ai doveri di una donna, tanto da permettersi di rispondere agli uomini a viso aperto. Un giorno arriva nel villaggio la chiamata alle armi: ogni famiglia dovrà prestare un uomo all’esercito dell’Imperatore per fronteggiare la pericolosa invasione degli Unni. Il padre di Mulan, Fa Zhou, pur già avanti negli anni e parzialmente disabile, intende rispondere alla chiamata per conservare l’onore della famiglia, ma Mulan lo anticipa e si arruola di nascosto, fingendo d’essere un uomo. 
L’inizio dell’addestramento, sotto il capitano Li Shang, è molto duro, specialmente perché la ragazza cerca di scimmiottare quello che ritiene dovrebbe essere il comportamento degli uomini, ottenendo però solo d’essere considerata strana od offensiva, tuttavia col passare del tempo le cose andranno meglio, e anzi la ragazza finirà per salvare molte persone…

Nella storia non mancano degli elementi fantastici: gli spiriti protettori della famiglia di Mulan si attivano per proteggerla, e Mulan viene seguita da un piccolo draghetto, Mushu, non particolarmente potente ma sufficientemente astuto da esserle d’aiuto.

In generale, la storia, che ha un’ambientazione per noi esotica, tra le terre cinesi, il tempo del VII secolo e le tante differenze culturali tra Oriente ed Occidente, in generale è una storia di emancipazione femminile ante-litteram: la protagonista Mulan è continuamente contrapposta a qualche autorità maschile: prima il padre Fa Zhou, poi il capitano Li Shang, poi il draghetto Mushu… e c’è persino un breve confronto tra Mulan e l’Imperatore.

Tuttavia, il film Disney mantiene sempre un tono delicato e dolce, nonostante addestramenti, guerre e difficoltà varie. Anche l’umorismo, ben presente, si propone come moderato, pur se discretamente ironico in tanti frangenti, soprattutto per via del draghetto.

Personalmente ho gradito Mulan, che non a caso ha ottenuto buoni risultati in ogni direzione: ottimi incassi, numerosi premi da parte della critica, apprezzato dal pubblico: praticamente un en plein, che ha generato anche il sequel di Mulan 2… che forse mi guarderò.

Termino la recensione con una bella frase estratta dal film:
“Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti”.

Fosco Del Nero



Titolo: Mulan (Mulan)
Genere: animazione, commedia, azione, fantastico.
Regista: Tony Bancroft, Barry Cook.
Anno: 1998.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


martedì 28 gennaio 2020

La mummia - Stephen Sommers

Di recente è uscito il remake de La mummia, con Tom Cruise e compagnia bella, tuttavia, di mio, sono andato a rivedermi La mummia del 1999, con gli ottimi Brendan Fraser e Rachel Weisz, film che a sua volta era il remake di un film ben più vecchio con Boris Karloff (datato 1932).

La mummia è stato diretto da Stephen Sommers, regista che non è mai riuscito a sfondare nonostante qualche buon titolo, tanto che la sua filmografia è tutto sommato scarna; evidentemente i produttori non gli hanno mai dato troppa fiducia.

Tuttavia, oltre a La mummia e La mummia – Il ritorno, ricordo almeno un altro suo film cui mi sono affezionato, ossia Il luogo delle ombre, il quale è l’ultimo suo lavoro, datato 2013… il fatto che il protagonista di quel film sia morto poco dopo in modo surreale non è stato probabilmente ulteriormente incoraggiante.

Ma torniamo a La mummia, film che oscilla tra avventura (strizza evidentemente l’occhio al buon vecchio Indiana Jones) e commedia, pur non disdegnando degli inserimenti quasi-orrorifici (forse più splatter che orrorifici, visto che l’atmosfera del film è piuttosto leggera) e sentimentali.

Ecco la sua trama sommaria: siamo nel 1923, quando all’imbranata e dolce egittologa Evelyn Carnahan (Rachel Weisz; Io ballo da sola, Constantine, L’albero della vita, Il grande e potente Oz, Amabili resti) giungono dei reperti che le parlano di vecchie leggende e miti egiziani: la città di Hamunaptra e i suoi tesori, il faraone Seti I, il sacerdote Imhotep e la bella Anck-su-Namun.
Al fine di trovare indizi su dove si trova precisamente la città, la donna, in missione col fratello Jonathan (John Hannah; La mummia, Sliding doors) salva la vita a un avventuriero americano, Richard O'Connel (Brendan Fraser; Crash - Contatto fisicoViaggio al centro della terra, La mummia - Il ritorno, Indiavolato) che ad Hamunaptra c’è già stato… e c’è quasi morto, giacché i discendenti delle guardie del faraone vigilano ancora affinché il sacerdote Imhotep, condannato a una pena eterna che però potrebbe convertirsi in risveglio e distruzione per il pianeta, vigilano affinché nessuno trovi la sua tomba e lo richiami alla vita.
Cosa che per l’appunto capita per caso quando qualcuno si mette a leggere dei versi de "Il libro dei morti"…

Lasciamo perdere la datazione classica di faraoni, piramidi e sfingi, ormai largamente dimostrata come falsa, e lasciamo perdere pure i discorsi su morti, libro dei Morti e via discorrendo, e rimaniamo solo sull’avventura in sé: da questo punto di vista, La mummia è un eccellente esempio di commedia avventurosa: dinamica, trascinante, esotica, godibile, ironica, dai personaggi ben caratterizzati e dai dialoghi ben congegnati, nonché assai bella esteticamente, un po’ per i panorami proposti, un po’ per la bellezza dei protagonisti, un po’ per l’ottimo uso degli effetti speciali, al tempo davvero notevoli.

Se lo spettatore cerca tutto ciò, allora il film è perfetto, e infatti gli ormai ben diciotto anni che sono passati dalla sua realizzazione lo hanno mantenuto piuttosto (il tempo è sempre galantuomo); se, al contrario, si cerca un’avventura più seria o più orrorifica, allora meglio cercare qualcos’altro, giacché La mummia contiene sì molte scene anche truculente (occhi tolti dalle orbite, persone mangiate vive da scarabei carnivori, assassinii, sparatorie, etc), ma le pone all’interno di un’atmosfera leggera e direi persino conviviale, tanto che è quasi impossibile prenderle sul serio, per così dire.

Insomma, a distanza di vent’anni dalla sua uscita e dalla mia prima visione (al tempo conseguì ottimi incassi al botteghino e una lunga lista di nomination e premi), La mummia è promosso ancora una volta.

Fosco Del Nero



Titolo: La mummia (The mummy)
Genere: avventura, commedia, fantastico.
Regista: Stephen Sommers.
Attori: Brendan Fraser, Rachel Weisz, Arnold Vosloo, John Hannah, Kevin J. O'Connor,Oded Fehr, Jonathan Hyde, Erick Avari, Bernard Fox, Stephen Dunham, Patricia Velasquez.
Anno: 1999.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 22 gennaio 2020

Toy story - Il mondo dei giocattoli - John Lasseter

Credo che avessi visto Toy story - Il mondo dei giocattoli parecchi anni fa… ma non mi era rimasto molto in memoria, tanto che non ero nemmeno sicuro che lo avessi visto.

L’ho rivisto ora, dunque, confermando la vaga sensazione che avevo nei suoi confronti: un film carino, tecnologicamente arretrato per i tempi odierni (ma nel 1995 era qualcosa di notevole), con un umorismo infantile ed essenzialmente destinato all’infanzia… o agli adulti che vogliono semplicemente distrarsi un po’ con un film leggero (ossia, quasi tutti, occorre dirlo).

Ecco in sintesi la trama di Toy story - Il mondo dei giocattoli: siamo nella stanza del bambino Andy, il quale, come tutti gli altri esseri umani, non sospetta minimamente che i suoi giocattoli siano vivi… e pure molto vivaci.
Il boss, tra i suoi giocattoli, è il suo preferito, Woody, un pupazzo cowboy, il quale dirige le operazioni dei giocattoli: sapere quando Andy o qualcun altro sta salendo in stanza, sapere cosa succede nel resto della casa, nel giorno del compleanno di Andy sapere quali regali gli sono stati fatti, se ci sono nuovi giocattoli e nel caso quali. Ovviamente ciascun giocattolo spera di non essere soppiantato da qualche giocattolo più nuovo…
… e la cosa capita proprio a Woody, che vede il suo ruolo di giocattolo preferito insidiato dal modernissimo Buzz Lightyear, uno space ranger con voci, laser ed ali estraibili.
Tra i due inizia una sorta di competizione su chi è il più bello e apprezzato, ma la competizione farà posto alla collaborazione quando i due dovranno affrontare i pericoli del mondo esterno.

Toy story - Il mondo dei giocattoli è caruccio, non c’è che dire, e anzi rende vivace e curioso qualcosa che era difficile rendere tale: simpatiche in particolare le scene di ricognizione dei piccoli soldatini.

Tuttavia, ciò non basta a fare di un film d’animazione un gran film, e non a caso il regista John Lasseter tra gli altri ha prodotti altri film d’animazione parimenti “simpatici e leggeri”, come Cars - Motori ruggenti, A bug's life - Megaminimondo, nonché i seguiti di Toy story e Cars: niente di notevole, dunque.

Toy story è troppo poco, sono onesto, per i miei gusti di fan del cinema d'animazione giapponese e francese, ma abbastanza per intrattenere con efficacia bambini e adulti desiderosi di svago facile.
Il film, comunque, nel suo target è valido, da cui la valutazione più che sufficiente.

Fosco Del Nero



Titolo: Toy story - Il mondo dei giocattoli (Toy story)
Genere: animazione, commedia, comico.
Regista: John Lasseter.
Anno: 1995.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 21 gennaio 2020

Star trek - Beyond - Justin Lin

Dopo essermi visto Star trek - Il futuro ha inizio (film del 2009) e Star trek - Into darkness (del 2013), e avendoli graditi entrambi, anche se il primo più del secondo, era quasi scontato che procedessi al terzo film di questa recente costola di Star trek, ossia Star trek - Beyond (girato nel 2016).

C’è da segnalare subito un importante cambio: alla regia non c’è più J.J. Abrams, ma Justin Lin, regista di poca fama, noto soprattutto per alcuni Fast & furious (“mano” che si vedrà soprattutto in una scena, peraltro assai discutibile, in cui il Capitano Kirk per distrarre i nemici compie evoluzioni da vera e propria motocross… più Fast & frurious che non Star trek, occorre dirlo, anche se per il resto il regista si è mimetizzato abbastanza bene, proseguendo sulla scia lasciata da Abrams).
Il cast di attori è invece confermato, per la solita politica per cui “squadra che vince non si tocca”… e i precedenti due film avevano vinto parecchio, con incassi da capogiro in tutto il mondo, un buon gradimento generale e persino un discreto gradimento dei vecchi fan, per quanto quelli più tradizionalisti sono rimasti ovviamente scossi per il cambio di regime da franchise molto intellettuale su sfondo fantascientifico a film d’azione dinamici, colorati, effervescenti quasi in stile da supereroi.

Anche Star trek - Beyond cerca di proporre un incipit trascinante, come lo era stato quello di Star trek - Into darkness, abbrivio davvero memorabile per scena, colori e panorami, ma ci riesce un po’ meno, e punta invece più sull’umoristico.
Meno umoristica è invece la situazione che segue poco dopo: all’Enterprise è teso un attacco a sorpresa e la nave viene di fatto semidistrutta e costretta a precipitare su un pianeta, dove i membri dell’equipaggio sopravvissuti (ovviamente i big, da Kirk a Spock, da Uhura a Scott, da McCoy a Chekov) si riorganizzano sia per salvare il resto dell’equipaggio, catturato, sia per salvare l’umanità… come al solito.

Star trek - Beyond pare avere una tensione inferiore rispetto a quella dei primi due episodi (il primo più riuscito del secondo, ripeto), ma in compenso si dimostra ben strutturato e vincente: i personaggi son belli e ben caratterizzati (non solo l’impetuoso James T. Kirk-Chris Pine e il razionale Spock-Zachary Quinto, ma anche la bella Nyota Uhura-Zoe Saldana, il brillante Montgomery Scott-Simon Pegg, che è anche co-sceneggiatore e che è impossibile non ricordare per La notte dei morti dementi, il burbero Leonard McCoy-Karl Urban, l’affidabile Hikaru Sulu-John Cho e il coraggioso Pavel Chekov-Anton Yelchin, che a sua volta ricordo con grande piacere per Il luogo delle ombre… e che purtroppo ho appena scoperto essere morto lo scorso anno, giovanissimo, in un incidente bizzarro), i costumi sono spettacolari, la fotografia è ugualmente bella, gli effetti speciali sono all’altezza, i dialoghi vivaci e ironici. La sceneggiatura non è il massimo, forse, ma si fa rispettare, e il film globalmente si fa seguire bene, costituendo un buon esempio di prodotto di buona qualità ma adatto anche al grande pubblico (normalmente le due cose vanno invece in direzioni opposte).

Curiosamente, l’arma del cattivo che minacciava l’umanità intera, o almeno qualche pianeta, era un’arma biologica molto simile a quella proposta nel film Alien - Covenant, che ho appena recensito e che segue Star trek - Beyond di un anno… seppure con un’atmosfera molto differente.

Andando a concludere, Star trek - Beyond è un buon film di fantascienza moderna: non è uno Star Trek classico, ovviamente, ma un mix tra i suoi personaggi-situazioni e uno stile moderno più dinamico e giovanile.

Fosco Del Nero



Titolo: Star trek - Beyond (Star trek - Beyond)
Genere: fantascienza, azione, commedia.
Regista: Justin Lin.
Attori: Chris Pine, Zachary Quinto, Idris Elba, Sofia Boutella, Zoe Saldana, Simon Pegg, Karl Urban, Anton Yelchin, Deep Roy, John Cho, Shohreh Aghdashloo, Fiona Vroom, Melissa Roxburgh.
Anno: 2016.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 15 gennaio 2020

Oceania - Ron Clements, John Musker

Oceania è stato uno dei due film d’animazione rilasciati dalla Disney nel 2016.
L’altro è stato Zootropolis, che ho già recensito in modo quasi entusiastico… vediamo se Oceania, titolo italiano dell’originale Moana, ha ottenuto da queste parti il medesimo successo.

Devo esordire con un “dipende”.
Da che dipende?

Vi risparmio la risposta classica sul punto da cui si guarda il mondo; al contrario, dipende dalla versione del film che si decide di guardare.
La prima volta ho difatti visto il film in lingua italiana: dialoghi e canzoni, tutto doppiato.
In questa occasione, ho avuto modo di apprezzare la bellissima animazione, i colori fantastici, l’eccellente mimica facciale e il forte dinamismo della storia, che tuttavia mi è sembrata una produzione per famiglie dall’aria un po’ melensa, particolarmente nei testi delle canzoni, parte molto importante del film, le quali nella versione italiana si presentavano melodiche ma super-banali nei testi e nei toni. Anche il doppiaggio mi aveva lasciato perplesso.
Ciò mi aveva fatto sospettare che il film originale avesse un’impronta un po’ diversa (anche perché è raro che i film d’animazione americani abbiano questo tipo di energia di fondo) e infatti, dopo un po’ di tempo, mi son visto il film originale in inglese.

L’animazione è rimasta la stessa: bellissima e coloratissima (anzi, a dirla tutta Oceania è un trionfo visivo di disegni, animazione e colori), eppure la storia in qualche modo è cambiata.
Le voci sono molto più convincenti in lingua originale, le canzoni infinitamente più belle (tanto da far dubitare che siano le stesse!), le traduzioni sono discretamente diverse e le parole e le frasi assumono sfumature differenti; aumenta anche l’umorismo, dando luogo a un film bello non solo per gli occhi, com’era già prima, ma anche per le orecchie… e ora con un sottofondo educativo e persino esistenziale che prima mancava.
So che pare strano che tutto questo sa sia perso con il doppiaggio italiano, eppure è così.

Andiamo ora alla trama del film diretto dal duo Ron Clements-John Musker, già coautori di svariati film d’animazione (La sirenetta, Aladdin, Il pianeta del tesoro, etc): siamo tra il popolo maori e precisamente sull’isola di Motunui, dove vive la piccola Vaiana, figlia del capovillaggio e nipote di una simpatica e bizzarra vecchietta.
La bambina, che dopo un cambio di scena è già ragazzina, è destinata a divenire lei stessa il capo villaggio dopo suo padre (concetto peraltro del tutto opposto a quello che trasmette il film, dall'ambientazione simile, La ragazza delle balene), coltiva il desiderio di andare oltre il limite della barriera corallina che circonda l'isola, sorta di limite invalicabile, e navigare in mare aperto, cosa che i suoi conterranei evitano onde evitare incidenti in mare ("onde evitare": pregasi notare la precisione del linguaggio).
Tuttavia, la carenza di cibo e la scoperta del glorioso passato marinaro dei suoi avi spinge definitivamente Vaiana all’avventura… insieme all’imbranato galletto Heihei e al semidio Maui, coprotagonista della storia. 
Obiettivo della missione: restituire il cuore alla dea Te Fiti, che lo stesso Maui le aveva rubato un millennio prima.

Oceania, nella sua versione originale, che dunque vi consiglio caldamente, è esattamente quel che sembra: un film colorato, simpatico, positivo, divertente, esotico, ispirato e con qualche slancio educativo e qualche frase profonda, il che è sempre una buona cosa, che val certamente la pena di essere visto. Come detto, eccellente la colonna sonora in lingua originale.
Peccato, però, che buona parte della sua bellezza si perda nella trasposizione italiana, che è quella cui i bambini hanno avuto accesso, cinema o dvd che sia.

Chiudo la recensione con alcune frasi dall’interessante sapore esistenziale tratte dal film:

“Devi trovare la felicità lì dove sei.”

“È tempo di essere ciò che devi essere.”

“Da te stesso non puoi fuggire via.”

“Chi sono io?”

“Che c’è lì dentro?”
“La risposta alla domanda che tu continui a porti: chi sei destinata ad essere.”

“Noi leggiamo il vento e il cielo quando è  il sole è alto.
Solchiamo la vastità dei mari sul respiro dell’oceano.
Di notte diamo un nome ad ogni stella.
Sappiamo dove siamo. Sappiamo chi siamo.
Siamo esploratori: leggiamo ogni segno.
Narriamo le storie dei nostri anziani in una catena infinita: conosciamo la via.”

L'intero film, in buona sostanza, oscilla tra l'idea di trovare la felicità dove si è (concetto esistenzialmente importante) e l'idea di seguire il proprio intuito e il proprio cammino (concetto altrettanto rilevante: a seconda della situazione della singola persona, va assecondato uno dei due principi).
Interessante anche il concetto di conoscere il proprio passato per poter orientare meglio la propria esistenza.
In lingua originale, il film è sia divertente che ispirante... persino commovente in alcuni punti per la mole di bellezza che propone. In effetti, personalmente ho un debole per questo film: i due protagonisti, i colori, il viaggio di riequilibrio cosmico, le canzoni in inglese, l'umorismo.

Fosco Del Nero



Titolo: Oceania (Moana).
Genere: animazione, fantastico, avventura, commedia, musicale.
Regista: Ron Clements, John Musker.
Anno: 2016.
Voto: 6 (italiano) - 8.5. (inglese).
Dove lo trovi: qui.


martedì 14 gennaio 2020

Covenant - Ridley Scott

Giacché c’ero, dopo essermi visto Prometheus, mi son visto anche Covenant, il suo seguito, ed entrambi prequel di Alien.
In cabina di regia, in tutti e tre i casi, Ridley Scott, un nome top degli anni “80, ma la cui carriera è lentamente declinata; lo stesso riprendere, a distanza di molto tempo, la saga di Alien è probabilmente un tentativo estremo di ravvivare la suddetta carriera.

Tentativo non troppo ben riuscito in linea generale, anche se, come avevo letto online, Covenant si dimostra migliore del suo predecessore Prometheus, molto bello nella scenografia quanto banale nella trama e infantile nella gestione… forse perché pensato proprio per un pubblico adolescenziale (nei gusti se non nelle anagrafe).

Covenant, invece, il quale è ambientato una decina di anni dopo la storia precedente, dimostra di avere una struttura filmica più solida, anche se inciampa, anche lui, nei soliti topos, ormai unti e bisunti: un segnale misterioso che attiva un equipaggio imprudente, un’eroina donna (a proposito, quella precedente non ha fatto una bella fine), un androide traditore (è lui il vero alieno, alla fine), gente che tocca spore e bozzoli alieni con grande nonchalance (professionisti, i migliori sulla piazza, una missione super-pericolosa, avvisati delle insidie), l’alieno piccolo che nasce in infermeria, l’alieno grande che si intrufola sulla nave spaziale e che poi ne viene buttato fuori, etc. Tutto già visto, solamente riproposto in una salsa tecnologicamente molto più avanzata e bella da vedere.

Ecco la trama sommaria di Covenant: l’astronave Covenant ha la missione di trasportare equipaggio e duemila coloni presso un pianeta allo scopo di colonizzarlo. Un incidente causa però la morte di alcune persone, capitano della nave compreso, nonché il danneggiamento del velivolo. Il nuovo capitano, Christopher Oram (Billy Crudup; Big fish, Innocenza infranta, Watchman), decide di abbandonare momentaneamente la rotta stabilita per seguire un segnale proveniente da un pianeta non distante… un segnale nientemeno che in inglese (l’egocentrismo degli statunitensi non ha confini, a quanto pare), e nientemeno che la canzone Country road, take me home, simbolica sia nel suo significato (“portami a casa”) sia nell’esser stata scritta da un uomo nato a Roswell (dunque, alieni).
Sta di fatto che la nave vira su quel pianeta, vi atterra, i soliti soldati adolescenti e imprudenti si mettono a toccare tutto, a dividersi per essere più deboli e facilmente attaccabili, e combinano il patatrac: vengono infettati da alcune spore aliene che causano (rapidamente, nel giro di una decina di minuti) l’incubazione e la nascita del proto-alien. Tutto nella norma. Il colpo di scena arriva quando un essere umano, o almeno un tipo che sembra tale, ma che si rivelerà essere l’androide traditore di Prometheus, condurrà i superstiti in un luogo della precedente civiltà, quella degli Ingegneri...

Covenant, come film, è superiore a Prometheus perché un poco più solido: quel che in Prometheus era dilettantismo e insensatezza puri divengono qui più moderata imprudenza e sventatezza, e la caratterizzazione dei personaggi ne guadagna un poco.
Entrambi sono molto belli da vedere ed entrambi sono penalizzati dalla scarsa originalità della sceneggiatura (tanto che mi è venuto il dubbio-certezza che il loro scopo non fosse produrre nuove storia, ma riproporre la storia di Alien alle nuove generazioni e con la migliore tecnologia del giorno d’oggi), ma Covenant è più credibile.

Nonostante alcuni scivoloni: la cosa più grave è che l’unico spunto interessante di Prometheus, ossia la natura e la presenza degli Ingegneri, e dunque la genesi dell’essere umano, è stato praticamente liquidato, con tanti saluti alle eventuali risposte che si potevano avere in tal senso.
Anche alla figura dell’alieno, qua nato nella sua forma “tradizionale”, vien dato poco spazio, giusto il tempo per attaccarsi a una faccia, crescere nell’ospite umano, infiltrarsi nell’astronave e poi esserne buttato fuori dall’eroina di turno… il tutto in tempi rapidissimi, non rispettando affatto la tempistica dell’Alien originale, in cui l’uomo attaccato era rimasto in infermeria a lungo, poi ne era uscito apparentemente sano, e solo dopo un certo numero di giorni dall’attacco aveva espulso un alien, il quale, nato piccolo, era poi cresciuto a furia di nutrirsi. Qua invece in un mezz’ora abbiamo tutto quanto, con un alieno grande e formato già bello pronto. La scena è peraltro ridicola perché il capitano delle nave, trovatosi in una sorta di caverna degli orrori genetici, si mette a guardare dentro il baccello alieno, e su suggerimento di un androide di cui ha appena scoperto la follia e la cattiveria. Mah.

Oltre alle varie banalità e a certe incongruenze, abbiamo altri scivoloni: il bacio omosessuale tra gli androidi è ridicolo, lo scambio di androide era francamente prevedibile (solo i restanti dell’equipaggio non ci hanno pensato, io credo), e altro ancora.

Insomma, Prometheus e Covenant non sono due film disastrosi, e anzi hanno molta bellezza visiva da offrire, ma sono purtroppo l’esempio di come la tecnologia sia inutile senza che dietro di essa vi siano idee e spunti di valore da proporre.
Qua uno spunto di valore peraltro c’era, il ruolo degli Ingegneri, ma è stato eliminato da un androide il cui comportamento è senza senso.

Fosco Del Nero



Titolo: Covenant (Covenant)
Genere: fantascienza, horror.
Regista: Ridley Scott.
Attori: Michael Fassbender, Katherine Waterston, Billy Crudup, Danny McBride, Demián Bichir, Carmen Ejogo, Jussie Smollett, Callie Hernandez, Amy Seimetz, Nathaniel Dean, Alexander England.
Anno: 2017.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 8 gennaio 2020

Prometheus - Ridley Scott

Avevo già visto il film Prometheus, anni fa, e per di più al cinema: il mio essere vecchio fan della saga di Alien (soprattutto del primo film, a dire il vero, più che dell’intera saga) non mi aveva permesso di resistere al richiamo.

Il giudizio che ne detti allora non fu molto lusinghiero, ma poiché nel mentre mi ero dimenticato tutto, e poiché volevo vedermi anche il suo seguito, Covenant, mi sono rivisto Prometheus

… ricavandone la medesima impressione moderatamente negativa.

Prima di motivare tale impressione, ecco la trama in grande sintesi: siamo nel 2089 e una coppia di ricercatori, Elizabeth Shaw e Charlie Holloway, termina il lavoro di una vita, scoprendo che in numerosi luoghi della Terra vi sono disegni di popolazioni primitive in cui una figura umanoide gigante indica un certo pianeta nello spazio. Tale pianeta viene infine identificato, e un ricco multimiliardario sovvenziona la spedizione, che ha intenti scientifici e non solo. Tra gli obiettivi c’è anche quello di trovare gli Ingegneri, considerati i creatori della razza umana.
Partono così una nave, chiamata Prometheus in omaggio alla figura mitologica greca, e un intero equipaggio, tra cui spiccano le figure di Meredith Vickers (Charlize Theron; La leggenda di Bagger Vance, Hancock, Aeon Flux - Il futuro ha inizio, L’avvocato del diavolo, Biancaneve e il cacciatore, La maledizione dello scorpione di giada) e dell’androide David 8 (Michael Fassbender; Bastardi senza gloria); ruolo secondario invece per Guy Pearce (Memento, The time machine). Quel che trova la nave, ossia un pianeta simile alla Terra, una costruzione aliena e dei reperti, compresi antichi cadaveri degli “Ingegneri”, è molto promettente, ma poi la situazione appare meno entusiasmante man mano che passa il tempo.

Ed ecco il mio commento sul film Prometheus: il film parte molto bene, con una scena davvero bella a vedersi ed evocativa. Altrettanto all’altezza sono gli effetti speciali, e in generale la fotografia del film: gli occhi hanno la loro parte…

… il problema è che è stato dato tutto a loro.
La sceneggiatura è deludente e fa acqua da molte parti.
La recitazione è anch’essa deludente, e non parliamo della caratterizzazione dei personaggi o dei dialoghi. 
Tuttavia, ciò che più colpisce in negativo è un’altra cosa: Prometheus sa di colossale déjà vu. Abbiamo un pianeta con una nave aliena contenenti bozzoli degli alieni, abbiamo un androide che tradisce l’equipaggio umano e che è asservito ai suoi mandanti, abbiamo l’eroina ingravidata con una creatura aliena nella pancia (ammirabile tuttavia per il sangue freddo nell’operazione che si predispone da sola), l’alieno primevo che nasce sfruttando il genere umano (pre-umano in questo caso, ossia i creatori della razza umana in un antico passato), e infine abbiamo che si salva una sola persona, che è sempre una donna.

D’accordo che il regista è sempre Ridley Scott, ma è davvero troppo, specialmente se al tutto si aggiungono tante scene davvero infantili: un gruppo di rispettabili scienziati scelti evidentemente per il loro valore intellettuale e umano ma che si comportano come adolescenti in uscita libera; imprudenza a dir poco insensata con caschi e luoghi alieni; persone che arrivano in ritardo; reazioni emotive isteriche; gente con la fregola sessuale.
La sensazione è che sia stato girato un nuovo Alien a beneficio delle nuove generazioni, che magari non avevano mai visto il film del 1979... e che magari hanno tendenze maggiormente infantili rispetto ai giovani di decadi fa, cosa che motiverebbe la sceneggiatura meno rigorosa e più semplicistica.

Insomma, di Prometheus regge poco, e se si togliesse la bellissima ambientazione, oggettivamente molto fascinosa, non resterebbe nulla. Peccato, perché venivano posti degli interrogativi interessanti, soprattutto sulla figura degli Ingegneri.
La critica, non a caso, lo ha valutato in modo mediocre, mentre ho letto che è andata meglio al suo successore Covenant, che mi vedrò a seguire.

Fosco Del Nero



Titolo: Prometheus (Prometheus)
Genere: fantascienza, horror.
Regista: Ridley Scott.
Attori: Noomi Rapace, Charlize Theron, Michael Fassbender, Guy Pearce, Idris Elba, Logan Marshall-Green, Ben Foster, Kate Dickie, Sean Harris, Rafe Spall.
Anno: 2012.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 7 gennaio 2020

Paycheck - John Woo

Con Paycheck dovrei aver finito di ri-vedere i film tratti da libri di Philip Dick: Blade runner, Atto di forza, Screamers - Urla dallo spazio, Impostor, Minority report, A scanner darkly - Un oscuro scrutare, I guardiani del destino, Total recall.
Mi manca solo Confessions d'un barjo, ma non son riuscito a trovarlo, per cui credo che lo passerò.
No, mi correggo: mi manca anche Next, ma un po’ la trama e un po la presenza di Nicholas Cage mi hanno dissuaso dal vederlo.

Per ora, posso dire che la qualità media delle suddette conversioni cinematografiche è discreta-buona, con i picchi di Blade runner e Atto di forza, seguiti da Minority reportA scanner darkly e I guardiani del destino. Dietro invece Screamers, Impostor e il molto moderno e poco riuscito Total recall.

Passiamo subito alla trama di Paycheck, diretto da John Woo, specializzato in film d’azione… e si vede: Michael Jennings (Ben Affleck; DogmaL’amore bugiardo, La vita è un sogno) è un brillante ingegnere che produce prodotti informativi spesso riservati e costosi… talmente tanto che per contratto, dopo l’esecuzione del lavoro, gli viene cancellata la memoria relativa a quei mesi passati a lavorare su un progetto.
Un giorno gli viene proposto il lavoro della vita, che lo sistemerà per sempre: gli prenderà più tempo, probabilmente due o tre anni, ma il compenso sarà colossale: ben 92 milioni di dollari. 
Michael accetta, ed esegue il lavoro.
Tuttavia, al suo risveglio, trova ad attenderlo una situazione a dir poco imprevista e a dir poco movimentata: viene arrestato dall’FBI per aver lavorato a qualcosa di competenza del governo, gli uomini del datore di lavoro cercano di ucciderlo, egli stesso ha rinunciato ai 92 milioni di dollari dell’ingaggio e c’è pure una fidanzata, Rachel (Uma Thurman; Kill Bill, Gattaca - La porta dell'universo, Le avventure del barone di Munchausen, Bel-Ami - Storia di un seduttore), di cui non ricorda nulla, se non il bagliore di uno sguardo.
Inizia così una sorta di fuga rutilante, guidata solo da alcuni oggetti che il se stesso di cui ha dimenticato le azioni ha lasciato in deposito come oggetti da ritirare dopo il risveglio… oggetti ben strani nell’assortimento, ma che avranno ciascuno un’utilità ben precisa.

L’idea di fondo di Paycheck è stimolante, ma d’altronde viene da un libro di Philip Dick, ed è anche ampia, coinvolgendo la visione del futuro, guerre mondiali e disastri vari, ma a conti fatti il film è un film d’azione con sfondo fantascientifico.

Abbiamo dunque meno dubbi esistenziali del solito, e meno dualismi tra realtà e finzione, veglia e sonno, coscienza o sonno, ma, più semplicemente, una storia di fantascienza dinamica e vivace.
Anche se, per non perdere l’abitudine, il film inizia in questo modo:
“È ora di svegliarsi”.

E inoltre contiene qualche frase interessante, come la seguente:
“Se indichi a qualcuno il suo futuro, non avrà più un futuro.
Priva la gente del mistero e la priverai della speranza”.

Nel complesso, Paycheck è un discreto film di fantascienza, ben fatto e godibile, per quanto non imperdibile; va a finire nel secondo gruppo di film secondo qualità, insieme a Minority report e agli altri.

Fosco Del Nero



Titolo: Paycheck (Paycheck)
Genere: fantascienza, azione.
Regista: John Woo.
Attori: Ben Affleck, Uma Thurman, Aaron Eckhart, Michael C. Hall, Emily Holmes, Colm Feore, Paul Giamatti, Kathryn Morris, Joe Morton, Peter Friedman.
Anno: 2003.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


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