Avevo letto ottime cose sulla serie tv La regina degli scacchi, miniserie da una sola stagione composta da sette episodi che un paio d'anni fa ha avuto un buon successo, persino alimentando l’interesse per il gioco degli scacchi, di moda secoli fa ma poi finito sempre più fuori dai radar delle generazioni moderne, probabilmente perché richiede attenzione, concentrazione, studio e tempo… fattori che stanno diventando sempre più rari, precari e instabili nei tempi recenti.
Partiamo da un elemento negativo, il titolo: se il film è la trasposizione del romanzo di Walter Tevis The queen’s gambit (letteralmente, "il gambetto di regina", una mossa di apertura degli scacchi), vi erano già un film e alcuni libro intitolati La regina degli scacchi: si poteva dunque scegliere qualcosa di meglio, o semplicemente mantenere il titolo originale.
Altro elemento negativo, questo assai più importante; lo evidenzio subito anche perché è praticamente la scena di apertura della serie, cui si torna poi percorrendo l’intera vita della protagonista: è la solita propaganda omosessuale del mondo globalista, di cui Netflix e altri produttori costituiscono il braccio diseducativo nell’intrattenimento. Su relativamente pochi personaggi, difatti, l’omosessualità ricorre varie volte: si tratta di rappresentazione della realtà quando si dipinge la realtà così come è; si tratta di propaganda quando si intende orientare le masse facendo credere che sia normale, o desiderabile, qualcosa che invece non è normale affatto.
A tale fattore si accompagna anche un antimaschilismo di fondo, anche questo cavallo di battaglia del Nuovo Ordine Mondiale: la protagonista ha un padre naturale (cattivo) che abbandona lei e la madre, ha un padre adottivo (cattivo) che ugualmente se ne frega, ed è continuamente delusa dagli uomini (inaffidabili o incapaci, in definitiva inutili)… quando peraltro è sempre lei a comportarsi male a causa di un’evidente misantropia e anaffettività di fondo!
Terzo elemento negativo, anche questo ricorrente in buona parte dell’intrattenimento: l’abbinamento tra l’eroe protagonista e sostanze come droga e/o alcol e/o farmaci e/o fumo. A quanto pare non è di moda oggigiorno proporre un protagonista veramente eroe, ossia capace di rifiutare… la manipolazione propagandistica di certi ambienti/gruppi/poteri umani (come anche lo stile di vita che vogliono imporre).
Quello sì che sarebbe un eroe… ma d’altronde chi diseduca le masse deve proporre finti eroi, magari carismatici, che in realtà pubblicizzano comportamenti antievolutivi: è esattamente questo il profilo della protagonista di questa serie.
Ma lasciamo perdere questo punto (che comunque è bene conoscere per “sapere a cosa si va incontro” quando si guardano le opere provenienti da certi ambienti) e passiamo a un commento più tecnico, cominciando dalla trama de La regina degli scacchi: siamo negli anni “50, quando la piccola Beth Harmon si trova improvvisamente orfana… anche di madre, dopo che il padre le aveva abbandonate anni prima. L’abbandono della madre avviene sotto forma di suicidio automobilistico, cosa che conduce la bambina, piuttosto silenziosa e introspettiva, in un orfanotrofio, dove, pur nella sua riservatezza, fa amicizia con Jolene. Anni dopo, ormai ragazzina, viene adottata da una coppia… che si disfa ben presto: l’uomo se ne va (ancora una volta) lasciando la moglie e la figlia (adottiva, in questo caso).
A questo punto, anche per guadagnare dei soldi, Beth inizia a partecipare a tornei di scacchi, essendo divenuta assai brava sin da quando, nell’orfanotrofio, il custode Shaibel la aveva iniziata al gioco, trovando in lei un vero e proprio fenomeno.
La ragazza inizia a farsi un nome nell’ambiente, che è tuttora molto maschile e al tempo lo era quasi esclusivamente… ma insieme alle vittorie si affacciano alcuni problemi: una certa incapacità sociale, nonché la dipendenza da droghe prima e alcol poi.
Ora un commento più ravvicinato alla serie tv: La regina degli scacchi è ottimamente realizzata. D’altronde, trattandosi di un’opera di appena sette episodi, di circa tre quarti d’ora ciascuno, ci si è certamente potuti concentrare. L’ambientazione e la scenografia sono eccellenti: sembra davvero di assistere a uno spaccato, molto bello a vedersi peraltro, degli anni “50. La scenografia la fornisce il romanzo di Travis ed è solida. I personaggi e i dialoghi sono interessanti, e alcuni discretamente memorabili. La protagonista è stata interpretata da Anya Taylor-Joy, divenuta famosa con quel ruolo (ma già fattasi notare da ragazzina per l’horror The witch), caratterizzato davvero bene, non a caso premiato; a dirla tutta, buca letteralmente lo schermo, come si diceva un tempo.
Interessante anche il personaggio di Benny, rivale-collega americano della ragazza.
Tra gli altri attori, da citare Harry Melling (il Dudley Dursley di Harry Potter) e Thomas Brodie-Sangster (visto nel film Maze runner - Il labirinto e nella serie Il trono di spade). Anche se, a onor del vero, la presenza magnetica di Anya Taylor-Joy attira su di sé praticamente tutte le attenzioni.
Validi anche la colonna sonora, la fotografia e il montaggio.
Tolgo mezzo punto alla La regina degli scacchi per via della propaganda manipolatoria di cui si è detto a inizio articolo.
Fosco Del Nero
Titolo: La regina degli scacchi (The queen’s gambit).
Genere: serie tv.
Ideatore: Scott Frank.
Attori: Anya Taylor-Joy, Harry Melling, Chloe Pirrie, Marielle Heller, Marcin Dorocinski, Patrick Kennedy (II), Rebecca Root, Millie Brady, Michel Diercks, Murat Dikenci, Rebecca Dyson-Smith, John Hollingworth, Tim Kalkhof, Steffen Mennekes, Alberto Ruano, Julia Schneider.
Anno: 2020.
Voto: 7.5.
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