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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 30 settembre 2009

Havoc - Fuori controllo

Di recente ho trovato Havoc - Fuori controllo in una classifica di film, e ho quindi deciso di dargli un’occhiata.
Si tratta di un film girato nel 2007 da Barbara Kopple e ambientato nell’odierna Los Angeles.

La Città degli Angeli è lo scenario di una sorta di affresco sociale sulla gioventù bene, oscillante tra mode, feste e gang di vario tipo.

In una di esse stanno Allison e Toby, giovani amanti minorenni che si atteggiano grandemente, chi a gran donna, chi a rapper, chi a duro, etc.

Gli atteggiamenti, peraltro, spesso sfociano in vere e proprie bravate, come quando il “duro” Toby, nel bel mezzo dei sobborghi della città (quelli più ispanici che americani, per intenderci) , ha la bella idea di mettersi a litigare con uno spacciatore del posto, tale Hector.

Risultato: Toby ci fa una gran brutta figura (su cui naturalmente mentirà il giorno dopo a scuola), mentre Allison inizia a riconsiderare il suo rapporto con lui, nonché i suoi interessi.

Tra i suoi interessi, a quanto pare, c’è lo stesso Hector, che la ragazza andrà a ritrovare un paio di giorni dopo insieme alle sue amiche.
Da qui, gli eventi successivi…

Il genere di film, l’affresco sociale e generazionale, non è certo una novità, così come non è una novità il contrasto tra la “città bene” e i suoi pericolosi sobborghi suburbani (in tal senso, la cosa mi ha ricordato molto la serie tv Orange County).
Come dico sempre, quando dietro non vi è una grande originalità, ci deve essere allora una grande cura tecnica e una certa intensità.

Havoc - Fuori controllo li possiede?

In parte.
Detto di una non grande innovazione, occorre dire che nemmeno i dialoghi si mostrano particolarmente intriganti, profondi o anche solo vivaci.

Alla fin fine, i punti forti del film sono una buona cura generale e soprattutto la recitazione della bella e brava Anne Hathaway, che da sola, col suo personaggio spregiudicato e audace, regge praticamente tutta la baracca (e che infatti si sarebbe poi meritata convocazioni per importanti film, come Il diavolo veste Prada).

Alla fine, dal cilindro di Havoc esce fuori un film drammatico di sufficiente valore, ma nulla più.

Fosco Del Nero



Titolo: Havoc - Fuori controllo (Havoc).
Genere: drammatico, sociale.
Regista: Barbara Kopple.
Attori: Anne Hathaway, Shiri Appleby, Bijou Phillips, Michael Biehn, Joseph Gordon-Levitt, Josh Peck, Alexis Dziena.
Anno: 2005.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

domenica 27 settembre 2009

Scrapped princess - Soichi Masui

Di recente, come sa chi segue il blog da almeno un po’ di tempo, ho recensito dei manga pur senza averli letti nella loro interezza, ma basando il mio giudizio solo sul primo volumetto.

Questo per due diversi motivi:
- un episodio è comunque sufficiente per dare un giudizio di base (con la precisazione ovviamente che la recensione su di esso si basa),
- la recensione di un prodotto di cui non si è continuata la lettura o la visione è comunque utile, se non altro per il voto negativo, che può risparmiare un po’ di tempo perso agli eventuali lettori.

Il mio motto, specie per i prodotti che hanno una loro continuità (fumetti, serie tv, etc), è “solo il meglio”, ragion per cui, come altre volte ho detto, anche una mera sufficienza non è per me sufficiente per andare avanti.

È questo il caso di Scrapped princess, una serie animata tra commedia, fantasy e drammatico di 24 episodi, basata sulle novel di Ichiro Sakaki e diretta poi in versione anime da Soichi Masui nel 2003.

Il personaggio centrale è Pacifica Casull, una ragazzina di nobili origini e al centro di un’oscura profezia nel regno di Linevan: secondo essa la giovane avrebbe portato grandi sciagure a tutto il mondo nel momento del compimento dei suoi sedici anni.
Per questo motivo, molti sono intenzionati ad ucciderla.

A proteggerla, viceversa, Shannon, abile guerriero, e Raquel, altrettanto abile strega, con i quali Pacifica ha un rapporto di amore-odio quasi fraterno (piuttosto viziata, si lamenta parecchio, ma in realtà tiene molto a loro).

Da sottolineare che Scrapped princess è ambientato in un imprecisato futuro, ritornato ad un livello tecnologico similmedievale a seguito di una grave guerra di livello globale.
L’ambientazione, infatti, è data dal tipico connubio magia-medioevo-fantasy.

Quanto al genere, la storia, tecnicamente drammatica, è in realtà pervasa da molti momenti da commedia, elemento che, alla fin fine, risulta persino prevalente.

Come detto, di Scrapped princess ho visto finora solo il primo episodio, giudicandolo decente ma non meritevole, almeno per il momento, di prosecuzione.
Né i personaggi, né la storia, né i dialoghi, né il livello tecnologico dell’anime, difatti, mi hanno impressionato.

Se, tuttavia, voleste darci un’occhiata, fatelo pure, specialmente se siete appassionati del genere anime-fantasy.

Fosco Del Nero



Titolo: Scrapped princess (Sukurappudo purinsesu).
Genere: anime, commedia, fantastico, fantasy, drammatico.
Regista: Soichi Masui.
Anno: 2003.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 24 settembre 2009

Drag me to hell - Sam Raimi

Oggi recensisco un altro horror, benché fatichi a far rientrare il film di oggi in tale categoria.
Peraltro, è un film assai recente, uscito nei cinema italiani da appena pochi giorni, ma che io ho visto nella versione originale inglese, coadiuvato dai sottotitoli: parlo di Drag me to hell.

Un film horror con una locandina abbastanza inquietante, un trailer pieno di effetti speciali effettivamente orrorifici, con tanto di cotal titolo (che significa, per chi fosse a digiuno di inglese, “trascinami all’inferno”), pare avere tutti i titoli per appartenere al genere con pieno merito, eppure…

Eppure, non appena si vede il nome del regista, Sam Raimi (La casa, La casa 2, L’armata delle tenebreSpider-Man), sorge qualche dubbio.

Dubbio confermato dai primi fotogrammi della pellicola, che sembrano presi pari pari da un film horror di serie B degli anni "80.

Gli attori protagonisti, peraltro, non fanno nulla per fugare tali sospetti: tanto Alison Lohman, quanto Justin Long, attori di secondo piano e di modeste pretese artistiche, non bucano certo lo schermo, e se finora non hanno avuto una grande carriera probabilmente un motivo c’è.

Ma torniamo a Drag me to hell, di cui riporto in breve la trama: Christine Brown è un’impiegata di banca che aspira a un’immediata promozione; le basta chiudere felicemente un affare ed è fatta.
Tuttavia, sopraggiunge un inconveniente, sotto forma di vecchietta zingara, tale signora Ganush, un’anziana e sdentata signora tanto inoffensiva a prima vista, quanto pericolosa ad uno sguardo approfondito.
E lo sguardo approfondito Christine è costretta a darglielo, posto che la vecchierella, al diniego della giovine di concederle il terzo rinvio per il pagamento della sua casa, la maledice. Prima solo a parole nell’ufficio della banca e poi coi fatti nel parcheggio sotterraneo.
In pratica, le scatena contro una Lamia, ossia uno spirito demoniaco il cui compito è rubarle l’anima, e, per l’appunto, "trascinarla all’inferno".

Bastano poche scene del film per porsi la domanda: è un film horror serio oppure il regista ha volutamente inteso attribuirgli degli elementi surreali-comici?
Tale ambivalenza si trascina per tutto il film, anche se alla fine si propende per la seconda ipotesi, sia conoscendo Sam Raimi (L’armata delle tenebre in tal senso è emblematico, per quanto assolutamente superiore come risultato finale), sia perché gli spunti paradossali sono talmente tanti da non potere essere semplice somma casuale.

Partendo dall’ingenuità della protagonista, Christine, che sembra fare di tutto per trovarsi in situazioni difficili: è sempre sola (anche quando sa che uno spirito demoniaco la sta cercando!!), non scappa quando può, si mette nei guai con un battito di ciglia, ma soprattutto sta sempre con la bocca aperta.

Ecco come si spiega che le finiscano in bocca, in rapida sequenza, una mosca, il braccio della zingara (tutto!), un fazzoletto di discrete dimensioni e, a più riprese, il vomito della simpatica signora Ganush, tanto da viva quanto da morta (e farsi vomitare in faccia da un cadavere durante la sua veglia funebre tecnicamente non è facile).

Ma, a parte la bocca aperta dell'incauta protagonista, il film suscita l’ilarità dello spettatore in molte altre occasioni: la vecchietta che cerca di mordere la giovane pur senza dentiera, lo sferragliare di pentole di una scena d’atmosfera, l’episodio del sangue in ufficio (fantastico!), la seduta spiritica con la capretta che, accanto alla protagonista, la guarda di sottecchi, etc.

Si registrano anche alcune incoerenze: passi per l’ingenuità morbosa di Christine (che pare voler accelerare a tutti i costi il suo incontro con la Lamia, specie quando smarrisce stupidamente l’oggetto che potrebbe salvarle la vita), ma che dire della medium che dice di attendere da una vita la possibilità di vendicarsi del demone, eppure chiede ben 10.000 dollari di compenso, col serio rischio dunque di non avere tale possibilità?
O della stessa Christine, che ci mette due secondi a passare da vegetariana animalista militante a sgozzatrice del suo gatto (ma perché il suo, poi? Le era stato detto che bastava un animale qualsiasi!)?
Senza contare il sunto estremo del film, che è questo: una vecchietta zingara maledice l’impiegata di una banca perché ha fatto il suo lavoro…

Ma forse dovrei ringraziare la signora Ganush, visto che ho riso più durante questo film che con la maggior parte dei film comici che ho visto negli ultimi dieci anni.

Dunque il voto di Drag me to hell è un 4 come horror, un 7.5 come film comico.
A voi la scelta della prospettiva.

Fosco Del Nero



Titolo: Drag me to hell (Drag me to hell).
Genere: horror, comico, splatter.
Regista: Sam Raimi.
Attori: Alison Lohman, Justin Long, David Paymer, Dileep Rao, Lorna Raver, Adriana Barraza, Flor de Maria Chahua, Reggie Lee, Sage Stallone, Jessica Lucas, Bojana Novakovic, Fernanda Romero.
Anno: 2009.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.

martedì 22 settembre 2009

Cari fottutissimi amici - Mario Monicelli

Quest’oggi recensisco un film italiano di un po’di tempo fa, che, complice un non eccessivo successo, è un po’ finito nel dimenticatoio: parlo di Cari fottutissimi amici, girato da Mario Monicelli nel 1994.

Il cast prevede tra le sue file due volti noti del cinema italiano, ossia Paolo Villaggio e Massimo Ceccherini, affiancati poi da attori secondari, la gran parte dei quali dallo spiccato accento toscano.

Difatti, l’ambientazione è quella della Firenze del lontano 1944, allorquando, appena sconfitti i tedeschi e riniziato a vivere dopo le sofferenze e le devastazioni della guerra, un ex pugile, Ginevro Parodi detto Dieci (Paolo Villaggio), improvvisa una compagnia di pugili itinerante con lo scopo di recarsi alle varie fiere di paese per sbarcare il lunario a forza di ricompense, spesso in natura.

La compagnia, composta dapprima da solo un paio di ragazzi, allargherà le sue file a nuovi membri, compreso un ex soldato americano di colore e due donne, di cui un’ex collaborazionista fascista.

Va da sé che il gruppo, piuttosto folkloristico anche per via del macinino con cui si sposta (lentamente) da un paese all’altro, incontrerà sulla sua strada varie avventure e situazioni (tra queste, spiccano le comparsate di Paolo Hendel e di Eva Grimaldi).

Sostanzialmente, nonostante lo scenario sia teoricamente drammatico (la guerra, la fame, la povertà, la morte), di fatto Cari fottutissimi amici è una commedia, e persino una commedia brillante, infarcita di gag visive e verbali, soprattutto grazie a un ispirato Paolo Villaggio, che si associa praticamente sempre alla celeberrima figura nazional-popolare di Fantozzi, ma che a volte ci si dimentica essere un buon attore.
La sua interpretazione di “Dieci” è divertente e convincente.

Anche Massimo Ceccherini, giovanissimo, fa il suo, così come gli altri attori, per quanto di minor talento.

Buoni anche scenografia, costumi e colonna sonora, anche se il punto forte di Cari fottutissimi amici è la sua semplicità: esso scorre lineare, senza intoppi, mostrando allo spettatore uno squarcio di vita passata, quella della provincia italiana post guerra, arricchito da un umorismo simpatico e a tratti surreale (in questo senso come essenza ironica e leggera non è dissimile dal più famoso L'armata Brancaleone).

Fosco Del Nero



Titolo: Cari fottutissimi amici.
Genere: commedia, storico.
Regista: Mario Monicelli.
Attori: Paolo Villaggio, Massimo Ceccherini, Paolo Hendel, Eva Grimaldi, Beatrice Macola, Antonella Ponziani, Elijan Raynard Childs, Giuseppe Oppedisano, Marco Graziani, Vittorio Rap.
Anno: 1994.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

domenica 20 settembre 2009

Uzumaki - Higuchinsky

Il film recensito oggi appartiene a due categorie ben distinte:
- quella dei film horror,
- quella dei film orientali.

Come sa chiunque si sia anche solo minimamente interessato al cinema orientale (giapponese, cinese, taiwanese, coreano, etc), spesso l’Oriente ci ha regalato dei titolo assai originali, che magari possono non piacere allo spettatore medio occidentale, ma che indubitabilmente hanno un loro spessore e una loro vena creativa.

Penso per esempio a film come Yaji and Kita, Double vision, Cutie honey, Two sisters, Shaolin soccer, Old boy, Ringu, Ju-on, tutti prodotti importanti nei loro rispettivi generi.

Il film di oggi è Uzumaki (parola che significa "spirale"), un horror che in qualche modo colpisce nel segno.

Dico "in qualche modo" perché alcuni difetti della pellicola sono evidenti, da alcune recitazioni un po’ approssimative a una trama assai scarna, dai personaggi non memorabili alla colonna sonora latitante.

Detto così, sembrerebbe che Uzumaki, tratto dal manga di Junji Ito e diretto invece da Higuchinsky, sia un film ignorabile, e invece, come dicevo prima, ha un suo perché.
Difatti, nella sua semplice linearità (una sorta di escalation di follia che impregna di sé un piccolo paese), coinvolge e turba lo spettatore, risultando alla fine della fiera uno spettacolo fastidiosamente torbido e inquietante, quasi claustrofobico nel suo incedere.

E, in fin dei conti, è questo che si chiede a un film horror, no?
Ossia turbare in qualche modo lo spettatore.

Certo, da Uzumaki non attendetevi un film dell’orrore all’americana, ossia assai spettacolarizzato negli effetti sonori (qua quasi essenti) o negli effetti speciali (qua spesso pacchiani, o comunque tanto bizzarri da apparire poco credibili); ma un film, piuttosto, che punta a suscitare in chi lo guarda un fastidio sommerso, che cresce pian piano.

Questa, se vogliamo, è la differenza macroscopica tra l’horror all’orientale e quello all’occidentale: mentre il secondo è un terrore visto e sentito, con occhi e orecchie, e sovente assai caricato, il primo è un orrore percepito, spesso non inquadrato, una sorta di angoscia di riflesso.

Io preferisco il primo genere, ma è una questione di gusti; magari qualcuno ai vari Uzumaki, Ringu, Ju-on, Two sisters, preferirà invece i vari 28 giorni dopo, Martyrs, Io sono Leggenda, I segni del male, etc (film comunque non malvagi, eccettuato a mio avviso il secondo della lista).
Come detto, la tipologia è questione di gusti: l'importante è scegliere, all'interno della macroarea, gli esponenti migliori, o comunque quelli più originali.

E, se siete appassionati di film horror o di film orientali, Uzumaki è una buona alternativa.

Fosco Del Nero



Titolo: Uzumaki (Uzumaki).
Genere: horror, psicologico, splatter.
Regista: Higuchinsky.
Attori: Eriko Hatsune, Fhi Fan, Hinako Saeki, Eun-Kyung Shin, Keiko Takahashi, Ren Ôsugi, Denden, Masami Horiuchi, Tarô Suwa.
Anno: 2000.
Voto: 7.

Dove lo trovi: qui.

giovedì 17 settembre 2009

Zoolander - Ben Stiller

Di recente ho recensito diversi film comici, tra cui alcune parodie, come per esempio Galaxy quest o Tropic thunder, la prima dell’universo stratrekkiano e la seconda del cinema americano.

La seconda peraltro è diretta dal celebre attore e regista Ben Stiller, che si dà il caso che sia anche il regista del film che vediamo oggi: si tratta di Zoolander, girato nel 2001.
Stavolta, la parodia è relativa al mondo della moda, deriso veramente in ogni suo angolo.

I protagonisti sono più o meno sempre i soliti: Ben Stiller, l’amicone Owen Wilson, la moglie Christine Taylor… senza contare il solito numero di attori secondari o di comparsate, da Gwen Stefani a Christian Slater, da David Bowie a Paris Hilton.

Derek Zoolander (Ben Stiller) è il modello più famoso del mondo, famoso soprattutto per le sue espressioni molto espressive (mi si perdoni il gioco di parole)… che peraltro sono tutte uguali tra di loro, come non mancherà di notare Matilda Jeffries (Christine Taylor), giornalista del Times che sta investigando sulla figura di Mugatu, stilista che utilizza il lavoro-schiavista nell’Asia centrale.
Ma la figura di Zoolander è minacciata da un modello in ascesa, tale Hansel McDonald (Owen Wilson), che difatti gli soffierà...

Il film comincia come una rivalità tra i due modelli, caratterialmente assai differenti tra di loro, e prosegue come una sorta di thriller comico con spunti cospirazionisti.
Non a caso, compare in una parte minore David Duchovny (il mitico Agente Mulder di X-Files), che svelerà per l’appunto un complotto internazionale che coinvolge diplomazie, schiavismo e… mondo della moda.

Il genere del film si è oramai capito, io credo, posto che corrisponde alle tipiche commedie di Stiller (Palle al balzo, Tropic thunder, etc); devo dire che esse non mi fanno impazzire, pur non disprezzandole: difatti in esse si sorride spesso e non ci si annoia, anche se non si arriva mai a un livello qualitativo elevato, con il tutto che si regge sull’elemento della parodia estrema e delle numerose gag visive.

In generale, infatti, i dialoghi brillanti sono pochi, se non del tutto assenti, fatto che, complessivamente, contribuisce a rendere Zoolander discretamente divertente ma senza troppe pretese.
Una sufficienza stiracchiata, dunque, col film che lascia col sorriso sulle labbra, ma che difficilmente si farà riguardare.

Fosco Del Nero



Titolo: Zoolander (Zoolander).
Genere: comico, parodia, commedia.
Regista: Ben Stiller.
Attori: Ben Stiller, Owen Wilson, Christine Taylor, Milla Jovovich, Jerry Stiller, David Duchovny, Cuba Gooding Jr., Will Ferrell, Jon Voight, Gwen Stefani, Nathan Lee Graham, Alexandre Manning, Justin Theroux, Judah Friedlander, Christian Slater.
Anno: 2001.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

martedì 15 settembre 2009

Il messaggero - Peter Cornwell

La recensione di oggi è relativa a un film recentissimo, uscito al cinema poco tempo fa: si tratta di un horror, e segnatamente de Il messaggero (il cui titolo originale è The haunting in the Connecticut).

Il messaggero è un film ispirato a una storia vera, mescolante diverse componenti: una malattia grave, una casa infestata, possessioni demoniache.

Siamo dunque in pieno “horror da casa stregata”, filone che certamente non manca di rappresentanti, e persino di rappresentanti eccellenti, da Shining a The others.

Come dico sempre, se un regista sceglie una strada già battuta da altri, l’unica possibilità per sollevare il suo film dalla mediocrità è quella di percorrerla perlomeno in modo originale o inaspettato.
Vediamo se Il messaggero lo fa...

Vi do subito la risposta, senza farvi aspettare: non lo fa.
Difatti, il film è un enorme cumulo di cliché orrorifici, che addirittura sfociano in scene ispirate (ma forse sarebbe il caso di dire prese pari pari) da classici come Shining o Amytiville horror.

La natura mediocre de Il messaggero, peraltro, si evince subito da un paio di fattori:
Primo punto: il cast.
Il punto non è la dicotomia tra attori famosi o non famosi, per il semplice fatto che un attore di talento non comincia già famoso, e quindi un casting può essere eccellente anche senza presentare nomi di grido.
Tuttavia, quando in un film vi sono solamente attori di terzo livello, già presenti in produzioni di basso profilo, e con prestazioni di basso profilo, scatta subito un campanello d’allarme.
Non a caso, in questa pellicola, si salva il solo Kyle Gallner, che riesce discretamente a far vivere il suo personaggio malato (nel corpo) e allucinato (nella mente).

Secondo punto: gli effetti sonori.
È una cosa praticamente matematica: quando un film dell’orrore punta a suscitare la paura tramite le solite scenette culminanti in un effetto sonoro che dovrebbe far sobbalzare sulla sedia lo spettatore, il prodotto è scarso.
Difatti, se avesse armi migliori nel suo arsenale, le userebbe…

Terzo punto: la fotografia.
Il filone della casa stregata ci ha abituato a fotografie e scenografie spesso inquietanti e spettacolari, e non solo da parte dei big come The others; si pensi per esempio ai meno conosciuti e apprezzati El orfanato, Saint Ange, Two sisters, Haunting - Presenze, etc.

Ergo, se ci si presenta con un film dalla fotografia scarsa, dai dialoghi piatti oltre ogni dire, dai personaggi che si dimenticano appena 12 minuti dopo la fine, dalla trama banale e già vista, cosa si vuole sperare di ottenere?

Probabilmente un film scarso, buono da mandare al cinema d’estate e da massimizzare con un trailer e una campagna pubblicitaria truffaldina.

Insomma per farla breve, il voto è un bel 4.5.

Ah, mi dimenticavo la trama: Sara Campbell (Virginia Madsen) è molto affezionata al figlio adolescente Matt (Kyle Gallner), che però ha un cancro in fase avanzata.
Il ragazzo decide di sottoporsi a una terapia sperimentale presso un centro specializzato nella cura dei tumori, e dunque si trasferisce in una villa poco lontano da esso.
Ma nella villa si manifestano strane e inquietanti presenze…

Fosco Del Nero



Titolo: Il messaggero (The haunting in the Connecticut).
Genere: horror, fantastico.
Regista: Peter Cornwell.
Attori: Virginia Madsen, Kyle Gallner, Amanda Crew, Martin Donovan.
Anno: 2009.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 8 settembre 2009

Baby birth - Haruhiko Mikimoto, Sukehiro Tomita

Nuovo manga firmato da Haruhiko Mikimoto e proposto su Cinema e film (all’intero del quale la componente anime e manga costituisce una gradita minoranza, peraltro affiancata ai numerosi film orientali recensiti).

La differenza rispetto al precedente Macross 7 Trash è che, mentre quest’ultimo fumetto è stato recensito nella sua interezza, il presente lo è solo in relazione al primo numero: parlo di Baby Birth, manga pubblicato tra il 2001 e il 2002 e disegnato appunto da Haruhiko Mikimoto in collaborazione con Sukehiro Tomita (che al suo attivo il manga Wedding peach, ammesso che l’espressione “al suo attivo” vada bene per un prodotto così scadente).

Primo punto: si tratta di una serie molto breve, e composta unicamente di due tankobon (ossia i volumetti giapponesi originali, piuttosto corposi per i nostri standard, anche se molte trasposizioni italiane si stanno adattando al formato).

Secondo: il genere è un mix di componenti, spaziando tra il fantastico, il drammatico e la commedia sentimentale.

Terzo punto, ecco la trama: Hizuro Oborozuki è una giovane studentessa dell’Accademia artistica di Tokyo, e in particolare è particolarmente dotata nel pattinaggio, tanto su pista quanto su ghiaccio.
Tuttavia, ha qualche difficoltà a concentrarsi sull’accompagnamento musicale…

… almeno fino a quando ad effettuarlo non sarà Takuya Hijo, un giovane e bel musicista.

A quel punto, incredibilmente, Hizuro si trasforma in una sorta di supereroina, capace di combattere i demoni Suspicion, entità malefiche che vogliono eliminare la razza umana dalla Terra per prenderne il controllo.

Ecco che, dunque, si fondono gli elementi sopra citati: quello fantastico, quello drammatico (non è uno shojo manga tutto fiorellini e scene deformed), quello sentimentale.

I disegni ricordano, come peraltro era lecito aspettarsi, quelli di Macross 7 Trash, anche se risultano più confusi e meno efficaci, rimanendo comunque gradevoli.

I punti deboli del fumetto, tuttavia, sono altri due, e a mio avviso lo sono tanto da non far proseguire con la lettura del secondo tankobon:
- i personaggi sono tutt’altro che indimenticabili, e difatti non colpiscono il lettore e la memoria di loro svanisce presto;
- la trama è di una banalità sconfortante (i demoni cattivi che vengono combattuti dai buoni con i superpoteri).

Il voto finale sembrerà forse cinico e ingiusto, specie agli amanti dei due mangaka, ma a mio avviso è il più giusto per un’opera anonima, che poteva anche non essere fatta senza che ci si perdesse proprio niente.

Fosco Del Nero



Titolo: Baby birth (Baby birth).
Genere: fantastico, drammatico, commedia, sentimentale.
Autore: Haruhiko Mikimoto, Sukehiro Tomita.
Anno: 2001-2002.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.

domenica 6 settembre 2009

In Bruges - La coscienza dell’assassino - Martin McDonagh

Quest’oggi recensisco un film poco conosciuto, ma assai interessante, che un’amica mi ha da poco consigliato per i suoi dialoghi brillanti e che non ho perso l’occasione di vedere: In Bruges - La coscienza dell’assassino.

Partiamo dai nomi che lo hanno realizzato: il regista, Martin McDonagh, è al suo primo film, dopo aver lavorato nel teatro e dopo aver vinto nel 2006 un importante premio per il miglior cortometraggio.

Quanto agli attori protagonisti, il cast non presenta alcun nome di grido, ma quattro attori principali tutti di ottimo spessore.

Partendo dal protagonista Colin Farrell (The new world, Sogni e delitti), andando a Brendan Gleeson (ossia l’Alastor Malocchio Moody di Harry Potter e il calice di fuoco, presente anche in pellicole come 28 giorni dopo di Danny BoyleThe village di M. Night Shyamalan), a Ralph Fiennes (nientemeno che Voldemort di Harry Potter, nonché protagonista dell’originale Strange days, oltre che in vari film, come Grand Budapest Hotel e Spider), fino a Clémence Poésy (Fleur Delacour di Harry Potter… che il casting di In Bruges sia stato fatto proprio dai film del maghetto inglese?).

Ecco in breve la storia di In Bruges - La coscienza dell’assassino: Ray (Colin Farrell) e Ken (Brendan Gleeson) sono due killer professionisti, che vengono mandati dal loro boss Harry (Ralph Fiennes) a Bruges dopo che un lavoro (=omicidio) è andato non proprio come ci si aspettava.
Al vecchio e saggio Ken la cittadina piace, così antica e poetica, mentre al giovane Ray suscita un vero e proprio ribrezzo. Per lui l’unico evento positivo del viaggio obbligato è la conoscenza della bella e interessante Chloe (Clémence Poésy)… conoscenza che peraltro influirà sulla piega presa dagli eventi…

Una trama che prevede killer e omicidi (e il sangue si vede, e anche abbastanza) fa pensare a un thriller, o perlomeno a un film drammatico, ed effettivamente nel film non mancano dei momenti teoricamente tristi.

Dico teoricamente, tuttavia, perché in realtà In Bruges - La coscienza dell’assassino ha un’anima da commedia, e persino da commedia dei buoni sentimenti, con la violenza e il cinismo che cedono il passo all’amicizia e all’amore.

Merito anche dei personaggi principali, tutti ben riusciti e interessanti, da Ray, un giovane killer tanto pericoloso con le mani quanto infantile negli atteggiamenti emotivi (ottima la recitazione di Colin Farrell, che dimostra di non essere solo un belloccio, ma di saper entrare nei personaggi che interpreta... e per questo son quasi certo che si sia ispirato a Brad Pitt), a Harry, un boss al contempo cinico e uomo d’onore (trovo che Fiennes abbia un modo di recitare essenziale, forse poco appariscente ma assai efficace).

E la parte da leone, parallelamente alla costruzione dei personaggi, la fanno proprio i dialoghi, spesso brillanti e coinvolgenti, oscillanti tra umorismo e filosofia. Il tutto peraltro sembra come sospeso nell'atmosfera magica e fiabesca di Bruges, cui si unisce una sorta di morale ironica di tipo karmico, ciò che, se vogliamo, potrebbe rappresentare anche un insegnamento (con uno dei protagonisti che, sorpreso dal paradosso degli eventi, dice semplicemente "Ah, ecco").

A questo si aggiungano una fotografia di ottimo livello e un montaggio che suggerisce la presenza di talento nel novello regista di cinema (come detto, già regista teatrale).

In definitiva, In Bruges - La coscienza dell’assassino è un film originale e ben fatto, che probabilmente diventerà un film cult tra gli amanti delle pellicole un po’ particolari e fuori dai circuiti di massa.

Fosco Del Nero

p.s. Piccola citazione:
"- Il purgatorio è quando non vai troppo male, ma neanche troppo bene…
- Come il Tottenham!"



Titolo: In Bruges - La coscienza dell’assassino (In Bruges).
Genere: commedia, drammatico, thriller.
Regista: Martin McDonagh.
Attori: Colin Farrell, Brendan Gleeson, Ralph Fiennes, Clémence Poésy, Jérémie Renier, Zeljko Ivanek, Rudy Blomme, Elizabeth Berrington, Thekla Reuten, Jordan Prentice.
Anno: 2008.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 3 settembre 2009

Pedro Suarez Vertiz

Quest’oggi niente film o anime o manga, ma un nuovo articolo dedicato a una rubrica che ho trascurato negli ultimi mesi: la musica.

In particolare, come mia abitudine, vi presento un cantante veramente poco conosciuto, di modo che possiate ascoltare e vedere se fa per voi.

Il prescelto di stavolta è un cantante peruviano, che ho scoperto da poco per puro caso (tramite un video su Youtube) e che mi è piaciuto tantissimo.
Come mia abitudine, ho ascoltato tutte le canzoni che ho trovato, per poi farmi la mia compilation.

L’artista in questione è Pedro Suarez Vertiz (il cui nome intero peraltro sarebbe Pedro Martin José Maria Suarez-Vertiz Alva!!), già cantante dei Paranoia e degli Arena Hash, e poi cantante solista a partire dal 1992 fino ad oggi.

Come al solito, non vi presento dei personaggi qualunque (delle cose qualunque tanto internet e il mondo sono pieni), ma degli artisti interessanti e particolari.

E Pedro Suarez Vertiz certamente lo è, ed anzi è a mio avviso un talento puro, tanto dal punto di vista vocale (è assai espressivo e canta con una voce molto pulita dal timbro piuttosto chiaro e alto) quanto da quello compositivo (i suoi pezzi sono veramente originali e spesso divertenti).

Ma bando alle ciance, ed eccovi la medesima compilation che mi sono fatto io: a voi l’ardua sentenza sulle sue presunte abilità canore e musicali (non ho messo gli accenti nelle parole, abbiate pazienza).

Los globos del cielo
Cuando pienses en volver
Un vino, una cerveza
Talk show
El tren sexual
Te siento de solo pensar
Degeneracion actual
No llores mas morena
Dejame vivir
Como las mariposas
Globo de gas
No pense que era amor
Placeres y dolor
Me eleve
Mi auto era una rana
Amazonas
Los ninos se enamoran
Buscano razon
Alguien que beze com tu

In particolare, le prime quattro sono veramente belle, quasi dei capolavori, mentre molte altre sono molto divertenti…

Buon ascolto, e fatemi sapere che ne pensate.

Fosco Del Nero



Nome: Pedro Suarez Vertiz.
Nazione: Perù.
Genere: pop.
Dove lo trovi: qui.

martedì 1 settembre 2009

Galaxy quest - Dean Parisot

Quest’oggi recensisco un film che ho trovato suggerito online, e precisamente all’interno dei commenti relativi al film Evolution, che ho recensito a sua volta recentemente.

In tali commenti, per l'appunto, uno spettatore criticava vivacemente Evolution, consigliando viceversa Galaxy quest.

In ambo i casi, difatti, si tratta di film fantastici dal forte tessuto umoristico.

Se, tuttavia, il consiglio era opportuno dal punto di vista del genere, poscia che a chi ha apprezzato l’uno è facile che piaccia anche l’altro, a mio avviso non lo era dal punto di vista del giudizio di valore: film decente Evolution, e film decente Galaxy quest, senza però, in nessuno dei due casi, accedere a più alti livelli di merito.
Anzi, forse forse ho preferito di una mezza spanna Evolution, pur gradendo moderatamente anche il film di oggi.

E veniamo proprio a tale film: Galaxy quest è stato girato nel 1999 da Dean Parisot, e rappresenta una parodia umoristica della fantascienza in generale e di Star Trek in particolare.

Galaxy quest, difatti, all’interno della finzione è una serie tv andata in onda tra gli anni 70 e 80, che ha riscosso un grande successo, tanto da avere, a distanza di circa 15 anni, ancora molti e affettuosissimi fan (in effetti la parodia è rivolta tanto a Star Trek quanto ai fan della serie, noti per essere particolarmente fissati…).
I protagonisti della serie, tuttavia, non stanno attraversando un bel periodo, dato che la loro fortuna come attori è ormai in declino.

Il cast del film, peraltro, è decisamente di buon livello, posto che il trio di testa è composto da Sigourney Weaver (Gwen DeMarco), Tim Allen (Jason Nesmith) e Alan Rickman (Alexander Dane).

La prima e l’ultimo del terzetto, in particolare, hanno partecipato a due dei progetti cinematografici di maggior successo di tutti i tempi, ossia Alien e Harry Potter (per chi non lo sapesse, Alan Rickman è il Professor Piton).

Ma torniamo al film: l’annoiato declino dei protagonisti di Galaxy quest viene tuttavia interrotto da quella che sulle prime sembra una comune offerta di lavoro: quattro bizzarri figuri, che si presentano come Thermiani, chiedono al comandante Nesmith di aiutarli a difendersi da un attacco alieno.
Inaspettatamente, non si tratta di un’offerta di lavoro qualunque…

Ora un commento sintetico del film: Galaxy quest promette quello che mantiene, visto che si presenta come una commedia di medio profilo, e, coerentemente, si propone poi come una commedia di medio profilo.
A tratti fa ridere e coinvolge, mentre per altri versi non convince.
Per esempio, da una parodia di questo tipo mi sarei atteso dei dialoghi più vivaci e dall’ironia più brillante, mentre il film si porta avanti più per la bizzarria delle situazioni proposte che non per un effettivo spessore intellettuale (l’ironia è uno dei più grandi sintomi dell’intelligenza, e dunque i prodotti umoristici hanno la grande occasione di dimostrarsi molto acuti).

Per il resto, fotografia e costumi fanno la loro figura, mentre il montaggio risulta un po’ piatto e poco effervescente.
Il giudizio globale, come detto, è quello di un film sufficiente-discreto, che piacerà soprattutto agli amanti della fantascienza umoristica.

Un ultimo appunto: ogni santa volta che venivano inquadrati i Thermiani, io pensavo “Zurlì”… come senza dubbio farà chiunque prima di questo film abbia visto Fatti, strafatti e strafighe, secondo me un esempio molto migliore (più divertente e più brillante) di parodia umoristico-demenziale.
Un altro film comico-demenziale (ma questo non fantascientifico) che mi è piaciuto molto, invece, è stato Zohan.
A voi la scelta…

Fosco Del Nero



Titolo: Galaxy quest (Galaxy quest).
Genere: comico, commedia, fantastico, parodia.
Regista: Dean Parisot.
Attori: Tim Allen, Sigourney Weaver, Alan Rickman, Tony Shalhoub, Sam Rockwell, Daryl Mitchell, Enrico Colantoni, Robin Sachs, Patrick Breen, Missi Pyle.
Anno: 1999.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

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