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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 27 gennaio 2021

Oltre le nuvole - Il luogo promessoci - Makoto Shinkai

Oggi propongo il film d’animazione di Makoto Shinkai Oltre le nuvole - Il luogo promessoci.
Mi sono visto tutti i film girati finora da Makoto Shinkai, seppure in ordine sparso: ho cominciato con 5 cm per second, poi ho visto Il giardino delle parole, poi Your name e Viaggio verso Agartha, per concludere con il presente Oltre le nuvole - Il luogo promessoci, che poi è il suo film d’esordio.

Il fatto che lo sega si deve soprattutto al suo grande talento visivo, dal momento che le sue opere son sempre molto belle a vedersi, compreso questo Oltre le nuvole - Il luogo promessoci, nonostante abbia ormai quattordici anni sulle spalle… che nel mondo dell’animazione non sono pochi.
Il film se li porta bene, tuttavia, e anzi molto bene, ma purtroppo si rivela deludente in quasi tutti gli altri aspetti.

Ma cominciamo dalla trama sommaria, che rivela che l’opera ha un’ambientazione ucronica: dopo la Seconda Guerra Mondiale il Giappone è stato diviso in due parti, assegnate rispettivamente a Stati Uniti e URSS. Decenni dopo il paese si riunisce, ma Hokkaido rimane sotto il controllo sovietico; qui è stata costruita una torre di altezza incommensurabile (e anche poco credibile ingegneristicamente per il rapporto tra altezza e sottigliezza, senza contare i fattori vento o terremoto), la cui natura è tuttavia sconosciuta al resto della popolazione mondiale, che suppone si tratti di un’arma.

In tale scenario, seguiamo le vicende di Hiroki Fujisawa e Takuya Shirakawa, due ragazzi che stanno costruendo un aereo con cui riuscire ad arrivare fino alla torre. Sayuri Sawatari, compagna dei due, viene a conoscenza del loro progetto e fa loro promettere di portarla con loro.
Tuttavia, la ragazzina a un certo punto sparisce, i due non ne sanno più niente e poi prendono due strade diverse… che però si ricongiungeranno più avanti.

Lo dico senza mezzi termini: il talento estetico di Shinkai non procede parallelo insieme a un talento narrativo, e per di più tende a un certo melodramma un po’ melenso, che rischia di rendere le sue opere, o tratti delle sue opere, stucchevoli e  noiose.
Questo è quanto capita in pieno a Oltre le nuvole - Il luogo promessoci, storia che parte in modo originale e con ottime premesse, che sviluppa un tratto grafico molto bello, per quanto di livello inferiore ai futuri lavori di Shinkai, com’era prevedibile peraltro, ma che si perde in smancerie e banalità, oltre che in elementi fantascientifici poco credibili.

Dando un’occhiata alla cronologia dei suoi lavori, questo difetto sembra essere in via di diminuzione: il film meglio riuscito del regista nipponico è infatti l’ultimo, Your name, che unisce un livello grafico eccezionale a una storia originale… per quanto anche in essa l’elemento del melodramma non sia assente.

Questo è ciò che, personalmente, mi impedisce anche solo di mettere a confronto Mikoto Shinkai con Hayao Miyazaki: visivamente producono entrambi opere molto belle (di stile più realistico il primo e più fumettoso il secondo, e questa è questione di gusto, laddove la qualità è elevata in ambo i casi), ma mentre Shinkai tende alle questioni drammatico-relazionali, Miyazaki propone fiabe, bellezza e meraviglia… e la differenza non è una differenza da poco.

Più che Shinkai, per me il possibile erede di Miyazaki (oltre a qualcuno in seno allo Studio Ghibli o allo Studio Ponoc) è Mamoru Hosoda: soprattutto il bellissimo The boy and the beast lo qualifica in tale senso.
Ad ogni modo, chi vivrà vedrà, e quanto a Oltre le nuvole - Il luogo promessoci, non credo lo vedrò altre volte.

Chiudo la recensione con un paio di frasi estrapolate dal film.

“Sento il mio corpo tremare nell’avvento del risveglio.”

“Mi chiedo perché la mia paura è più grande del mio desiderio.”

“Ti prego, Dio, lascia che Sayuri si svegli dal suo sonno.”

Fosco Del Nero



Titolo: Oltre le nuvole - Il luogo promessoci (Kumo no muko - Yakusoku no basho).
Genere: animazione, anime, drammatico, fantascienza, ucronia.
Regista: Makoto Shinkai.
Anno: 2004.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 26 gennaio 2021

Terrore nello spazio - Mario Bava

Mi sono visto Terrore nello spazio, girato da Mario Bava nel 1965, in quanto esso veniva descritto come uno dei migliori film di fantascienza italiani (e questo in realtà non dice granché data la scarsità della produzione) e come un anticipatore o persino ispiratore di film quali Alien, La cosa o il più recente Prometheus (e tale fattore è certamente più meritorio).

Effettivamente, la trama del film porta elementi poi ripresi, molto più in grande stile, da film successivi, ciò che è senza dubbio segno di buone idee di fondo; tuttavia, a essere onesti il film è invecchiato abbastanza male, un po’ per la pochezza delle scenografia e un po’ per lo stile di recitazione piuttosto arcaico, nonché per le solite falle di sceneggiatura dei film horror… anche se a dirla tutta Terrore nello spazio è più fantascienza che horror, o comunque non è un orrore palese, ma più un orrore percepito e d’atmosfera.

Ecco la trama sommaria di Terrore nello spazio: due astronavi, la Argos e la Galliot, in missione scientifica per lo spazio captano un segnale che parrebbe testimoniare vita intelligente su un certo pianeta. Le navi dunque scendono per investigare, ma solo l’equipaggio di una sopravvive all’atterraggio: presumibilmente i suoi membri si sono uccisi a vicenda durante l’avvicinamento proprio come hanno cercato di fare i membri dell’altra nave… bloccati però dal capitano Markary, l’unico a resistere a quella che sembra essere una sorta di possessione da parte di qualche creatura ostile.
Tali creature non solo hanno il potere di infiltrarsi nell’animo umano e di rubare loro il corpo, ma anche di riportare ad una specie di vita apparente gli esseri umani morti, utilizzandone i corpi come marionette.
Da qui inizia la lotta tra i membri rimasti vivi dell’equipaggio e quelli morti e mossi dalla razza aliena.

Effettivamente, Terrore nello spazio ricorda nella sua trama svariati film di fanta-horror, che forse hanno preso spunto dal film italiano, o semplicemente sono arrivati tardi: ciò consegna al film di Bava un punto d’onore…
… ma rimane il fatto che il film, pur se portati avanti in modo ingegnoso dato il basso budget, palesa evidenti problemi, sia visivi sia interpretativi… nonché la solita stupidità dei personaggi protagonisti dei film horror, che non ci si capacita di come siano giunti a posizioni di responsabilità di una certa rilevanza con menti così semplici e imprudenti.
Ma si sa, fa parte del gioco dei film dell’orrore.

Di mio, son contento di aver visto Terrore nello spazio di Mario Bava, ma non lo vedrò mai più.

Fosco Del Nero



Titolo: Terrore nello spazio.
Genere: fantascienza, horror.
Regista: Mario Bava.
Attori: Barry Sullivan, Evi Marandi, Angel Aranda, Norma Bengell, Massimo Righi, Stelio Candelli, Franco Andrei, Mario Morales, Alberto Cevenini, Ivan Rassimov, Stanley Kent. 
Anno: 1965.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 20 gennaio 2021

Quarto potere - Orson Welles

Era da anni che avevo in animo di veder Quarto potere, non tanto perché il film mi ispirasse particolarmente, quanto per la sua importanza storica e cinematografica. Alla fine ce l’ho fatta.

Devo dire che, per quanto il film non mi abbia entusiasmato, si tratta di un’opera importante da ambo i punti di vista citati: quello cinematografico e quello socio-culturale.

Sul primo versante, abbiamo inquadrature efficaci, scenografia, fotografia e luci ottime, nonché una recitazione quasi da teatro.
Sul secondo versante, abbiamo una ficcante critica alla società dei consumi e all’ego personale… e si era solo nel 1941: chissà cosa direbbe Orson Welles se vedesse la società di oggi, che ha continuato sul percorso del consumismo e della manipolazione mediatica (a proposito di manipolazione mediatica...).

Ma bando agli indugi e vediamo la trama sommaria di Quarto potere, film che peraltro è ispirato al personaggio storico reale di William Randolph Hearst, imprenditore, editore e politico statunitense vivo tra il 1863 e il 1951, celebre non solo per la sua enorme ricchezza, ma per la sua grande influenza mediatica, considerato insieme a Joseph Pulitzer il padre del giornalismo scandalistico (al primo hanno dedicato un film e al secondo un premio giornalistico: andiamo bene): Charles Foster Kane nasce bimbo povero e non particolarmente amato dal padre, tanto che la madre, sfruttando l’evento positivo di una miniera rivelatasi ricca d’oro, lo manda a istruirsi presso tale Thatcher, il quale lo alleverà e lo educherà a rivestire il ruolo di imprenditore e uomo d’affari.
Ruolo che Kane svolgerà bene, anzi più che bene, mettendo su un vero e proprio impero con attività trasversali in ogni settore: personalmente, tuttavia, si dedica alla sua passione del giornalismo, e con gli anni rende l’Inquirer il primo giornale di New York, orientandolo verso la stampa scandalistica e a effetto, fatto poco apprezzato dai giornalisti vecchio stile, più orientati all’obiettività e alle notizie sicure.
Parallelamente,  nel film vengono raccontati gli amori e le amicizie di Kane, uomo dai forti desideri personali ma con difficoltà nei rapporti stretti, tanto che, alla fine, la morale del film è proprio quella del contrasto tra l'ego da un lato e l'amore dall’altro. 

Peraltro, il film non procede in linea retta come ho sintetizzato io, ma addirittura parte dalla morte di Kane e dall’ultima parola che egli pronuncia prima di andarsene: "Rosabella". Da tale parola, apparentemente un nome di donna, parte un’inchiesta giornalistica, che si accosta alle persone più vicine a Kane allo scopo di svelare il mistero di Rosabella: il mistero verrà svelato negli ultimi fotogrammi del film, portando alla morale suddetta, mentre nel corso dell’inchiesta verrà sviscerato il personaggio Kane, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Insieme alla morale-insegnamento di cui sopra, altri due elementi emergono prepotenti nel film, e sono i due accennati in partenza.
La critica alla società dei consumi, col protagonista che vive in una sorta di castello fatto costruire da egli stesso (luogo reale e piuttosto magnificente: è il Castello Hearst); e la critica alla manipolazione mediatica, col protagonista che usa i suoi giornali sia per produrre titoli scandalistici sia per perorare la sua carriera politica, al contempo danneggiando i suoi avversari… pratica la quale è divenuta pane quotidiano, purtroppo (nei tempi contemporanei è divenuta anzi un mezzo di manipolazione di massa legato a una certa agenda).

Il film non mi ha entusiasmato, dunque, forse per lo spezzettamento e la narrazione assai frastagliata, ma è film di grande importanza e i suoi contenuti andrebbero tenuti ben presenti: il multimiliardario vive nel lusso ma muore solo e nel momento della morte si ricorda l’infanzia con la madre... opulenza fuori, vuoto dentro.

Chiudo la recensione con l'impegno iniziale di Kane... disatteso sia da lui che dal giornalismo che è seguito nei decenni, sino alla grottesca e drammatica situazione attuale di falsità e propaganda collettiva.

"Io darò agli abitanti di questa città un quotidiano che pubblicherà tutte le notizie importanti con onestà.
La gente tramite l'Inquirer sarà sempre al corrente di tutto in modo chiaro e semplice; gli interessi privati non interferiranno con la verità.
Io darò anche al pubblico un giornale pronto a combattere per la tutela dei loro diritti di cittadini e di esseri umani."
 
Fosco Del Nero



Titolo: Quarto potere (Citizen Kane).
Genere: drammatico.
Regista: Orson Welles.
Attori: Everett Sloane, Paul Stewart, Joseph Cotten, Alan Ladd, Agnes Moorehead, George Coulouris, Orson Welles, Ray Collins, Ruth Warrick, Dorothy Comingore, Fortunio Bonanova, Erskine Sanford.
Anno: 1941.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 19 gennaio 2021

A piedi nudi nel parco - Gene Saks

A piedi nudi nel parco è tratto da uno spettacolo teatrale e si vede, data la penuria di ambientazioni e al contrario la ricchezza dei dialoghi e delle situazioni.
Non lo avevo mai sentito nominare, ma un paio di scambi di battute a inizio film, incontrato casualmente, mi ha convinto a guardarlo… e direi che ho fatto bene.

Partiamo dalla trama: Paul (Robert Redford; Questa ragazza è di tutti, La mia Africa, in cabina di regia La leggenda di Bagger Vance) e Corie (Jane Fonda; Una squillo per l'ispettore Klute, Tornando a casa) sono una giovane coppia sposatasi e andata a vivere assieme in un appartamentino del Greenwich Village, a New York. Lui è un avvocato con la testa sulle spalle, mentre lei è una casalinga vivace e originale (peraltro, ho il forte dubbio che siano stati poi ripresi per strutturare i profili dei protagonisti della sitcom Dharma e Greg (lei originale e spigliata, lui avvocato più razionale).
Se la luna di miele è andata benissimo, va meno bene il primo periodo del matrimonio, con i due in crisi sia su varie questioni pratiche sia sul modo di vedere e vivere la vita… tanto che la ragazza a un certo punto decide di voler subito divorziare, sulla scia di un evento che ha coinvolto anche la madre di lei, Ethel, e il nuovo vicino di casa, il curiosissimo Victor Velasco (che abita in una specie di terrazza abusiva cui si accede salendo una scala verticale… o passando dalla finestra della camera da letto della coppia di sposi).

La sceneggiatura è piuttosto semplice, i problemi coniugali di una giovane coppia, e come detto son poche anche le ambientazioni: la scenografia dunque non si fa notare, se non forse per le bizzarrie del palazzo in cui vivono tre dei quattro personaggi della storia.
Si fanno notare invece i personaggi, ottimamente caratterizzati, le recitazioni, con tanto di premi vinti (e d’altronde davanti alla macchina da presa ci sono dei signori attori, e signore pure), e i dialoghi, ciò che è abbondantemente bastevole per metter su un film divertente e scorrevole, e al contempo originale, e per certi versi persino memorabile: l’esempio di come le idee siano molto più efficienti di effetti speciali o cose sensazionali. Nonché l’esempio di quanto le commedie dei decenni passati avessero sovente più qualità di quelle attuali, probabilmente anche perché se ne producevano meno e dunque si selezionava e si curava molto di più.

In conclusione, A piedi nudi nel parco è promosso con un ottimo voto… tanto che mi son già segnato un altro film del regista Gene Saks, che non conoscevo probabilmente per via della sua ridottissima filmografia: tuttavia, almeno La strana coppia me lo vedrò.

Fosco Del Nero



Titolo: A piedi nudi nel parco (Barefoot in the park).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Gene Saks.
Attori: Robert Redford, Jane Fonda, Charles Boyer, Mildred Natwick, Mabel Albertson, Herb Edelman, Fritz Feld, Ted Hartley, Billie Bird, John Indrisano, Doris Roberts.
Anno: 1967.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 13 gennaio 2021

Appleseed - Shinji Aramaki (anime)

Oggi siamo alle prese con il film del 2008 Appleseed, diretto da Shinji Aramaki, film che ha dato luogo a due sequel, Appleseed ex machine e Appleseed aplha, rispettivamente del 2007 e del 2014, sempre diretti dal medesimo regista.

Detto dei film, passiamo alle premesse, ossia ai manga da cui i film sono tratti: Appleseed è un manga disegnato da Masamune Shirow dal 1985 al 1989, che ha avuto un grande successo in Giappone e anche in Italia, così come nel resto del mondo… tanto che da adolescente me lo lessi e ne rimasi non dico entusiasta, ma quasi.

Genere di manga e anime: fantascienza, azione, cyberpunk, col tutto che si muove molto nel futuro e con tecnologie molto avanzate rispetto al presente.

Anche se, a onor del vero, quello che del manga mi piaceva di più era l’aspetto umano, tanto relazionale (anche se su questo punto Shirow è sempre stato un po’ criticato, per la sua seriosità e la mancanza di umorismo) quando socio-politico: in effetti, Appleseed era un mosaico vero e proprio, persino complicato da seguire non solo per via dell’ambientazione futuristica, ma anche per il grande dettaglio dei gruppi sociali, politici, culturali, con i loro vari rappresentanti ed eventuali spie e insider. A dirla tutta, mi ricordo che per leggerlo per bene occorreva un certo sforzo di concentrazione, nonché leggersi anche tutti i contorni scritti dallo stesso autore per dare corpo all’ambientazione dell’opera.

Tutto ciò, ahimé, nel film si perde in buona parte, e anzi il regista ha avuto l’idea di non effettuare una trasposizione diretta dal fumetto, ma una più vaga ispirazione… a mio avviso perdendoci nettamente.

Questo fattore, unitamente al fatto che la computer grafica non mi piace molto, specie quella degli esordi, ben meno sciolta e realistica di quella contemporanea, mi ha portato a non gradire troppo Appleseed di Shinji Aramaki, tanto che non mi vedrò i due seguiti.

Comunque, ecco la trama sommaria di Appleseed: siamo nel 2130, dopo la terza guerra mondiale; il mondo è disfatto e per buona parte distrutto, e ancora vi è chi combatte su piccola scala, come la guerriera Deunan Knute, una ragazza tanto abile nei combattimenti (arti marziali e sparatorie) quanto bella, la quale tra le altre cose nella guerra ha perso il suo compagno Briareos… che ritroverà nella S.W.A.T. di Olympus, una città a dir poco futuristica che ha raccolto le macerie della guerra e si è posta come leader dell’umanità del futuro.
Umanità e bioroidi, con la popolazione composta per metà dall’una e dall’altra fazione… ma con crisi quasi inevitabili tra le due parti, crisi che sfociano in interventi armati di un certo impatto, data la tecnologia del periodo, che prevede mecha assai potenti nonché robot assai grandi.

Appleseed di Shinji Aramaki purtroppo commette l’errore di dare grande spazio alla parte tecnologica e d’azione del manga originario, depauperandolo della parte umano-relazionale, già non eccessiva di suo, e inoltre elimina tanto dell’ambientazione e dell’atmosfera originaria, e si permette pure di cambiare parecchie carte in tavola riguardo a storia, rapporti tra i protagonisti, qualità dei bioroidi, etc.

Insomma, di mio, da buon vecchio fan del manga, non ho gradito molto; non ho gradito niente, in realtà, con l’eccezione di Olympus, resa in effetti in modo piuttosto bello visivamente.

Fosco Del Nero



Titolo: Appleseed (Appleseed).
Genere: anime, animazione, azione, fantascienza, cyberpunk.
Regista: Shinji Aramaki.
Anno: 2004.
Voto: 4.5
Dove lo trovi: qui.



martedì 12 gennaio 2021

Kamasutra - Mira Nair

Mi son guardato Kamasutra, della regista Mira Nair, essenzialmente per rivedere colori, costumi e atmosfere indiane, incoraggiato anche dalla presenza di due attori che mi piacciono molto (Naveen Andrews, visto in Lost, e Indira Varma, vista ne Il trono di spade… qua giovanissimi, e peraltro visti insieme anche in Matrimoni e pregiudizi).
Da tali attori, nonché dal titolo del film, ci si poteva aspettare inoltre molta bellezza… 

… che in effetti c’è: dal punto di vista visivo Kamasutra è uno spettacolo e non gli si può dire proprio niente: scenari tradizionali indiani, antichi palazzi, costumi coloratissimi e bellissimi, belle donne e begli uomini, e via discorrendo. In generale, i colori vivaci dell’India son qui ben rappresentati, insieme a danze femminili ma anche a paesaggi di strada.

Il problema di Kamasutra è un altro, e anzi sono altri due.
Il primo è che, come peraltro ci si poteva aspettare dato il titolo del film, calca la mano sull’aspetto fisico-carnale; non perché ecceda nell’erotismo, e anzi non lo fa, ma perché propone molta sensualità-corporeità-emozionalità di tipo basso, praticamente in ogni personaggio. E dove non c’è un eccesso di carnalità c’è un eccesso di emozionalità (possesso, gelosia, ego, etc).

Il secondo problema è che, come capita sempre quando di mezzo c’è l’Occidente, o come produzione o come destinazione di pubblico, la scena indiana (ma immagino la cosa valga per ogni scena mondiale al di fuori del “centro” dell’Occidente) è molto annacquata, a cominciare dagli attori: dei quattro attori protagonisti, che avrebbero dovuto rappresentare perfettamente l’India del 1500, tre sono britannici, figli di indiani o meticci tra indiani e occidentali, e uno è malese (dire Malesia e India è come dire Italia e Turchia)… insomma, non il massimo per rappresentare la vera India (come etnia e come cultura).

Ma andiamo a tratteggiare per sommi capi la trama di Kamasutra: nell’India del XVI secolo, Maya (Indira Varma) e Tara (Sarita Choudhury) crescono assieme e sono legate da una forte amicizia, la quale però viene incrinata dal fatto che la prima è una serva, mentre la seconda una principessa, la quale ogni tanto mostra il suo lato di alterigia. Entrambe molto belle, la prima tuttavia ha una carica seducente che la seconda non ha, e la sfrutterà per sedurre il futuro marito dell’amica-rivale, il principe Raj Singh (Naveen Andrews), futuro erede al trono e uomo superficiale e dedito alle gozzoviglie e al sesso con le sue numerose concubine.
Scoperta, viene cacciata dal palazzo, e dopo qualche tempo conosce Jai Kumar (Ramon Tikaram),un talentuoso scultore di Raj Singh, che adesso è re, e ne diviene amica e amante.
Ma le cose non sono così semplici, ovviamente, e tutto si ingarbuglierà, tra desideri, vendette e tradimenti.

Come detto, Kamasutra offre soprattutto bellezza visiva, e in questo è notevole (c’è anche il famoso tempio di Khajuraho… anche se il film è ben lontano dalla visione che ne dà Osho, e questo contrasto da solo dice tutto), ma per il resto offre un polpettone melodrammatico sentimentale e pervaso di emozioni basse.
Ma non del tutto, e anzi ogni tanto, seppur in modo marginale e quasi scevro dalla trama, qualche frase di valore spunta fuori e alza almeno un poco il tenore dell'opera; con esse concludo la recensione.

“Un servo è solo un padrone travestito.”

“Una volta andavo a trovare gli Dei, finché mi resi conto che tutto intorno a me era santo: le cascate, le pietre, i fiori, tutto puro spirito.
Adesso adoro tutto ciò che vedo.”

“La passione è lo spirito dietro l’esistenza.
È come utilizziamo la nostra passione che fa la differenza.
La vera unione tra uomo e donna può portarci oltre la lussuria animalesca, alla fiducia completa, all’unione con l’altro, dove i due amanti diventano una cosa sola.”

“Non cercare sentieri in discesa: la vita non è mai così facile.”

“Ora che conosco l’amore posso accettare che ogni cosa arrivi e vada. Sono lieve come il vento, posso accettare tutto ciò che mi succede con grande coraggio. La vita è giusta in ogni caso. Il mio cuore è aperto come il cielo”

Fosco Del Nero



Titolo: Kamasutra (Kamasutra: a tale of love).
Genere: drammatico, sentimentale.
Regista: Mira Nair.
Atttori: Indira Varma, Sarita Choudhury, Ramon Tikaram, Naveen Andrews, Rekha, Khalid Tyabji, Arundhati Rao, Surabhi Bhansali, Garima Dhup.
Anno: 1996.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 6 gennaio 2021

Mià e il Migù - Jacques-Rémy Girerd

Mi son visto Mià e il Migù, film d’animazione del 2008, per due motivi: il primo è che ha vinto l’European Film Awards per il miglior film d'animazione nel 2009; il secondo è che un film d’animazione francese, la scuola leader in Europa per distacco.

A dire il vero la produzione di Mià e il Migù è franco-italiana, ma tutta la filiera è francese: produzione, sceneggiatura, regia, fotografia, montaggio, musiche.
Il che è un buon biglietto da visita, visto che il cinema d’animazione francese ha prodotto opere del livello di Azur e AsmarI figli della pioggiaKirikù e la strega KarabàLa bottega dei suicidi, L’illusionista, PersepolisMune - Il guardiano della Luna e altri ancora.
Non siamo ai livelli tecnologici del film d’animazione giapponese, leader qualitativo nel mondo, o di quello americano, leader nel settore delle commedie umoristiche, ma siamo messi bene in quanto a bellezza, poesia, simbolismo e fattore educativo.

Ecco la trama sommaria di Mià e il Migù: Mià è una bambina, orfana di madre, che vive in un villaggio dell’America del Sud, che a un certo punto, sull’onda di una sua intuizione interiore, parte alla ricerca del padre, il quale sta lavorando in un cantiere in cui si sta costruendo un albergo di lusso e che in contemporanea ha avuto una disavventura rimanendo bloccato sotto terra.
La bambina prende i suoi tre amuleti (un dado, una piuma e un guscio di lumaca… e ci si potrebbe trovare un simbolismo, volendo, ma lasciamo stare) e parte, da sola e con davanti a sé un viaggio pericoloso, che la porterà a incontrare i Migù, sorta di buffi e simpatici guardiani della foresta ove si trova il cantiere (i cui lavori ovviamente la stanno un po’ devastando e dietro a cui ovviamente vi sono uomini d’affari senza scrupoli, a cominciare da Jekhide, omone che per il denaro e il successo sta sacrificando persino i rapporti con la moglie e il figlio Aldrin, che avrà un ruolo importante nella vicenda).

Mià e il Migù ha un chiaro intento didattico dietro alla facciata avventurosa e di genere fantastico: il rispetto per la natura da una parte, la cura per la propria famiglia e i rapporti umani dall’altra, ma anche l’intuizione interiore, 
Ciò ne fa un film bello e utile per tutta la famiglia, uno di quelli vecchia maniera: un po’ di fantasia, un po’ d’avventura, valori umani.

Tecnicamente non siamo al top della produzione contemporanea, e probabilmente nemmeno di quegli anni, ma il film si dimostra gradevole anche da quel punto di vista.
Insomma, Mià e il Migù è un buon film d’animazione, che va ad aggiungersi alla lunga lista di buoni film d’animazione francesi, per quanto non sia tra i miei preferiti in assoluto.

Fosco Del Nero



Titolo: Mià e il Migù (Mia et le Migou).
Genere: animazione, commedia, fantastico.
Regista: Jacques-Rémy Girerd.
Anno: 2008.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.



martedì 5 gennaio 2021

Pacifim rim - Guillermo Del Toro

Pacifim rim mi ha davvero stupito: difatti, stupisce come Guillermo Del Toro, il regista di opere belle e poetiche come Il labirinto del fauno, di grande atmosfera come La spina del diavolo o Crimson Peak (certamente non dei capolavori, ma prodotti la cui ambientazione generale è stata ben curata), vivaci e brillanti come Hellboy, possa aver prodotto un film così piatto, banale e adolescenziale.

"Adolescenziale" è probabilmente il termine che meglio caratterizza Pacifim rim: trama banalissima, personaggi stereotipati all’inverosimile, dialoghi ugualmente piatti e scontati… il tutto accompagnato da una mole enorme di azione, da una mole enorme di effetti speciali e dai modellini di mostri e robot resi su scala gigante in stile Godzilla.
Uno spettacolo davvero ingeneroso per il resto della carriera di regista di Del Toro… e spero che The shape of water, che ho in programma di guardare, sia di pasta ben diversa.

In effetti, mi sono accostato a Pacifim rim per la firma del regista, che mi induceva a pensare che non si trattasse di un blockbuster d’azione come poteva far sembrare la trama, nonché nella speranza che il tutto fosse più d’effetto e meno pacchiano (non so, qualcosa tipo Cloverfield)… speranze vane, purtroppo.

Detto questo, andiamo a vedere la trama di Pacifim rim: nel 2013 si apre una breccia sul fondale dell’Oceano Pacifico e da essa iniziano a fuoriuscire dei giganteschi mostri, che attaccano le città provocando distruzione e morte.
Tale breccia è una sorta di portale dimensionale, e gli stati terrestri sono costretti ad affrontare il pericolo: lo fanno costruendo giganti robot, chiamati "jaegers", controllati da umani particolarmente dotati, costruendo enormi mura e in altri modi ancora.
È guerra aperta, e i mostri, detti "kaiju", divengono sempre più grossi e forti. 
Saranno ovviamente i protagonisti Raleigh Becket e Mako Mori a risolvere la situazione perigliosa.

Molto ho già detto, e qua aggiungo dell’altro: il cast è tanto banale quanto trama e dialoghi, e anzi viene il dubbio che il tutto sia stato volontario, specialmente da parte di un regista altrimenti attento all’originalità, e che anzi della particolarità ha fatto il suo marchio di fabbrica, a cominciare dai protagonisti dei suoi film (si pensi a Hellboy o a Crimson Peak, pur non i suoi migliori film).
Forse l’unico personaggio che spicca è un po’ è quello interpretato da Ron Perlman, che ogni volta che lo vedo mi ricorda due film: Il nome della rosa e La città dei bambini perduti… due film alquanto diversi tra di loro, che hanno però in comune il fatto d'esser stati ambo girati da registi francesi.

Per il resto Pacifim rim si rivela di una banalità sconcertante, godibile forse solo da parte del grosso pubblico adolescenziale (grosso non perché siano tanti gli adolescenti anagrafici, ma perché son tanti gli adolescenti interiori) e dagli appassionati di mecha e mostri giganti.

Se il film ha riscontrato in me un gradimento bassissimo, ho però notato al suo interno una frase molto bella, che propongo come ultimo dettaglio della recensione.

“Non impantanarti in un ricordo.
Stai con me, rimani nel presente.”

Fosco Del Nero



Titolo: Pacifim rim (Pacifim rim).
Genere: fantascienza, azione.
Regista: Guillermo Del Toro.
Attori: Charlie Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Charlie Day, Ron Perlman, Robert Kazinsky, Max Martini, Clifton Collins Jr., Burn Gorman, Diego Klattenhoff, Robert Maillet, Jake Goodman, Larry Joe Campbell.
Anno: 2013.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.



Il mondo dall'altra parte