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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

giovedì 26 marzo 2015

Principessa Mononoke - Hayao Miyazaki

Principessa Mononoke era l’unico film di Hayao Miyazaki che ancora non avevo recensito su Cinema e film. Non perché non lo avessi mai visto, e anzi è stato il primo film di Miyazaki che ho visto, molti anni fa, e che mi ha fatto innamorare delle opere del regista nipponico, ma semplicemente perché non lo avevo mai rivisto da quando avevo aperto il blog.

Missione compiuta, e posso riconfermare la mia opinione primigenia: Principessa Mononoke è un capolavoro, forse (e dico forse, perché la concorrenza è notevole) l’opera più bella di Miyazaki, ossia quella più ricca di spunti, oltre che dotata di grande bellezza visiva.

Andiamo subito alla trama del film, per poi commentarlo: il Principe Ashitaka, nell’atto di difendere il suo villaggio da un enorme cinghiale posseduto da un demone, viene contagiato dalla sua maledizione, che gli si diffonde sul braccio sotto forma di piaga. Per cercare di salvarsi, partirà subito alla ricerca dello Spirito della Foresta, e nel suo viaggio incontrerà numerosi personaggi: il monaco errante Jiko, Lady Eboshi della Città del ferro, la ragazza lupo San-Mononoke e la madre lupo Moro, il capo cinghiale Ottoko, e tanti altri.
In questo suo viaggio, soprattutto, incontrerà i desideri le ambizioni dell'essere umano, che si scontrano sia con la natura e le sue energie sia con i desideri di altri uomini.
In effetti, il tema centrale de Principessa Mononoke è l’ego con i suoi attaccamenti e le sue aspettative, che inevitabilmente configgono con i desideri di qualcun altro… e quasi sempre in modo non chiaro su chi abbia ragione e su chi abbia torto.

Altro tema centrale, caro da sempre a Miyazaki e allo Studio Ghibli in generale, è il rispetto della natura, qui rappresentata da animali parlanti e da spiriti della natura, invariabilmente offesi o maltrattati dal genere umano.

In tutte queste dispute, tra uomini e uomini, tra uomini e animali, tra animali e animali, interverrà proprio Ashitaka, il vero protagonista della storia (Mononoke in realtà gli fa da spalla): lui, con il suo "sguardo non velato dall’odio", con la sua serenità e la sua centratura interiore, con la sua forza e la sua integrità, qualità di cui è un esempio cristallino, porterà pace là dove prima c’erano odio e violenza, e lo farà in perfetto stile non violento.

Ashitaka, in effetti, pare la rappresentazione fantasy di un monaco guerriero, avente l’abilità da guerriero come pure la forza interiore della persona illuminata: non è un caso che, nonostante sia giovane, tutti lo riconoscono immediatamente come un signore di alto rango, nonché un punto di riferimento degno di rispetto.

Per il resto, che dire de Principessa Mononoke? Datato 1997, è uno dei primi film di Miyazaki, e quindi tecnicamente concede qualcosa alle produzioni animate più recenti, ma la cosa non si nota affatto, immersi come si è nella bellezza della natura, degli spiriti (deliziosi i piccoli spiritelli del bosco che roteano la testolina) e della forza interiore di Ashitaka… ma anche nella forza esteriore di Eboshi, di Mononoke e dei vari animali presenti nella storia.

Principessa Mononoke è probabilmente il film più completo di Miyazaki, ancor più di Nausicaa della Valle del vento o di Laputa - Castello nel cielo; certamente non avrà l’estro creativo de La città incantata o de Il castello errante di Howl, né la leggerezza di Kiki - Consegne a domicilio o di Totoro, ma rischia seriamente di essere quello che dà di più a livello di contenuti ed energie interiori.

Insomma, è un film davvero imperdibile, di cui di seguito vi propongo alcune belle frasi.

"Sei pronto ad affrontare le conseguenze del gesto che hai compiuto?"

"Se lo mangeremo, la sua forza entrerà in noi."
"se lo mangerete, non otterrete come pensate che la sua forza entri in voi, ma vi trasformerete in esseri orribili."

"Anche se la foresta rinascerà, non sarà più quella di prima, perché il Dio della Foresta è morto."
"No, non può morire: egli è la vita stessa. E tutto quello a cui abbiamo assistito dovrebbe servirci ad aprire gli occhi."

"Oggi ho capito che la foresta è sacra e che nessuno ha il diritto di profanarla.
Noi ricostruiremo questa città, ma sarà una città migliore."

Fosco Del Nero



Titolo: Principessa Mononoke (Mononoke-hime).
Genere: anime, animazione, fantasy, drammatico.
Regista: Hayao Miyazaki.
Anno: 1997.
Voto: 9.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 25 marzo 2015

Si alza il vento - Hayao Miyazaki

Si alza il vento è l’ultimo film di Hayao Miyazaki, il maestro dell’animazione giapponese di cui da tanti anni sono un grande fan. 
Essendo il suddetto film del 2013, ero ormai in forte ritardo nella sua visione, tanto che ho deciso di non indugiare oltre.

Guardando Si alza il vento mi sono giunte alcune inevitabili considerazioni:
1. I film di Hayao Miyazaki sono sempre uno spettacolo da vedere. 
2. Come sempre, si è catapultati in un mondo che per un paio d’ore diviene il nostro mondo.
3. Come sempre, le immagini sono ricche di movimento e colori… e anzi stavolta ancor più del solito, grazie ai progressi delle tecniche di animazione, per cui ogni film è avvantaggiato rispetto a quello precedente. Almeno, a livello di tecnica, poi sta al regista confezionare un’opera degna di visione anche a livello di trama, di personaggi e di valori.
4. La guerra è una follia, e mi sorprende sempre pensare che a tutt’oggi i progrediti stati europei partecipino e fomentino guerre in tutto il mondo (e che magari poi si pianga per i soldati morti all’estero… in stati sovrani, dove non avrebbero dovuto non essere, come se la morte non potesse essere che l'unica conclusione della guerra).
5. La natura è meravigliosa. Ok, mentre si guarda un film non si è nella natura, a meno di non guardarlo nel notebook in mezzo al bosco, cosa che peraltro non avrebbe molto senso, ma è bello che di tanto in tanto Miyazaki ce lo ricordi con tutto quel verde brillante o quell’azzurro. 
6. La colonna sonora è curiosa, decisamente più europea che non giapponese, e dall’aria decisamente retrò tra musica classica e marcette di vario tipo. 
7. Le parti più divertenti e ispirate sono i sogni condivisi con l’ingegnere Giovanni Battista Caproni, ingegnere aeronautico italiano realmente esistito a cavallo tra il 1800 e il 1900… e che di fatto è il co-protagonista della storia, per quanto per vie traverse.

Fatta tutta questa lunga serie di elenchi, mi rimangono da fare due cose: descrivere in grande sintesi la trama del film e commentarlo dal punto di vista del mio gradimento generale.

Ecco la sinossi di Si alza il vento: siamo nel Giappone 1918 e vediamo il giovane Jiro Horikoshi passare dai sogni di pilota, impeditigli da una forte miopia, agli studi da progettista d’aerei (come peraltro il padre di Miyazaki), incoraggiato in questo dal suo idolo Giovanni Battista Caproni, il quale in sogno gli dice che costruire gli aerei è ancora più bello che pilotarli.
Jiro si dedica così allo studio, e più avanti comincia una carriera da progettista di aerei, assunto dalla Mitsubishi, presso cui conoscerà il collega e amico Kiro Honjo e il suo capo, Kurokawa. Nel mentre, conoscerà anche Nahoko Satomi, giovane e fragile ragazza di cui si innamorerà, pur andando incontro a una storia difficile per via della di lei malattia.
In mezzo a tutto ciò, e anzi in primo piano, abbiamo le sciagure del Giappone: il grande terremoto del 1922 e la prima guerra mondiale.

Ecco la mia considerazione generale: alcuni temi consueti di Miyazaki sono presenti anche in Si alza il vento, in primis la condanna della guerra e l’amore per la natura. Tuttavia, ad essi sono abbinati stavolta degli elementi che hanno fatto storcere il naso a parte del suo pubblico tradizionale, a cominciare dal fatto che il protagonista, pur disprezzando egli stesso la guerra, lavora proprio per essa: certo, la sua è una passione per gli aerei e per il volo in generale, ma sa bene che lo scopo principale del suo lavoro, nel contesto storico della Seconda Guerra Mondiale, è l’applicazione bellica.

Siamo inoltre molto più lontani dalla natura e dalla vita naturale disegnata negli altri film di Miyazaki e dello Studio Ghibli in generale: ci si sposta dalla periferia della campagna alla città, si vive in mezzo a macchine e motori, si respira fumo di sigarette per metà del tempo…

Eppure, pur in mezzo a tutto ciò, emerge con forza la sensazione che la vita sia bella e che occorra andare avanti nonostante tutto.

Devo tuttavia dire che, nonostante la bellezza visiva e l’avanzata tecnologia ponga Si alzi il vento in cima alla lista dei film di Miyazaki su quel versante, il mio gradimento lo pone in fondo… seppur su un fondo di alto livello in compagnia di altri film come TotoroLupin III - Il castello di Cagliostro.

Citazione finale per i titoli di coda, contrasto emotivamente piuttosto toccante per il connubio di immagini e musica, che sembra realizzato per rappresentare la bellezza che può produrre l’uomo… ma anche la follia, per come era appena finito il film.

Ad ogni modo, come detto vedere Hayao Miyazaki è sempre un piacere, per un verso o per l’altro, e anche Si alza il vento, pur se in modo più contenuto, non ha fatto eccezione, anche se i miei film preferiti rimangono altri, da Nausicaa della Valle del vento a Laputa - Castello nel cielo, da La città incantata Il castello errante di Howl.

Buona visione a chi vorrà.

Fosco Del Nero



Titolo: Si alza il vento (Kaze tachinu).
Genere: animazione.
Regista: Hayao Miyazaki.
Anno: 2013.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 19 marzo 2015

Midnight in Paris - Woody Allen

Avevo già visto Midnight in Paris, e per forza in tempi recenti dato che il film è del 2011, ma probabilmente mi ero dimenticato di recensirlo nel blog.
Poco male, lo faccio ora alla seconda visione. 

Questa seconda visione ha confermato la prima: la conferma intanto è per Woody Allen, che evidentemente è ancora capace di girare autentici capolavori, film brillanti e ispiranti, nonostante sempre più negli ultimi anni si sia accostato a film melodrammatici (secondo me di basso profilo) come Blue Jasmine

La seconda conferma è per il film, che definire brillante e ispirato è persino poco, e che anzi entra di diritto tra i migliori film in assoluto di Allen, affiancando mostri sacri come ManhattanAmore e guerraLa dea dell’amoreIl dormiglione, ed altri ancora.

Ma ecco in grande sintesi la trama di Midnight in Paris: Gil (Owen WilsonIl treno per il DarjeelingLe avventure acquatiche di Steve ZissouHaunting – Presenze2 single a nozzeI Tenenbaum), scrittore di sceneggiature per Hollywood ma in realtà aspirante scrittore di romanzi, è a Parigi con Inez (Rachel McAdams; Mean girls2 single a nozze, Sherlock Holmes, My name is Tanino), la sua fidanzata, col matrimonio che si avvicina e con i genitori di lei, piuttosto invadenti, al seguito. È la seconda volta che Gil si reca a Parigi, e nuovamente rimane affascinato dalla sua atmosfera, tanto da desiderare di averla potuta vivere negli anni 20, al tempo del suo massimo fulgore (almeno, secondo lui). Inez non condivide viceversa i suoi sentimenti, essendo decisamente più pratica e meno romantica. 
Il desiderio di Gil, incredibilmente, verrà soddisfatto, e l’uomo verrà catapultato proprio nella Parigi del 1920, tra Ernest Hemingway, Scott Fitzgerald, Cole Porter, Salvador Dali, Pablo Picasso… e soprattutto con Adriana (Marion CotillardAmami se hai il coraggio, Big fishInceptionNine), giovane donna assai affascinante, che dal canto suo avrebbe voluto vivere nella Parigi della Belle epoque, ossia tra fine Ottocento e inizio Novecento. 

Midnight in Paris è una meraviglia: intanto, la sceneggiatura è brillantissima. In secondo luogo, il cast e la recitazione sono eccellenti (pensate che in parti minori ci sono Kathy Bates, Adrien Brody, Carla Bruni, Gad Elmaleh, e altri attori noti). Ancora, i dialoghi sono spesso ispirati, ma comunque senza mai prendersi troppo sul serio, spetto tra motteggi e umorismo. Ancora, costumi, luci e regia fanno la loro parte, presentando una sorta di gioiellino sia da vedere che da sentire, e letteralmente traboccante di vita e passione.

Non è certamente un caso che il film abbia ricevuto quattro nomination agli Oscar, di cui uno vinto, nonché vari altri premi tra Golden Globe e Satellite Award.

Anche gli incassi sono stati lusinghieri: solo buoni negli Usa, ma del tutto eccellenti in Europa (Italia compresa), dove Allen è molto più apprezzato (come peraltro egli stesso sottolinea in Hollywood ending… in cui il protagonista non è uno sceneggiatore ma un regista, a confermare la natura biografica dei due film).

Insomma, Midnight in Paris è un film da farsi luccicare gli occhi per quanta bellezza c’è dentro… nonché pure qualche insegnamento importante: vivere al meglio il momento presente senza sognare continuamente altri luoghi o altri tempi, fare scelte di vita coraggiose e andare verso le proprie passioni, circondarsi di persone affini a se stessi, anche se ciò vuol dire rompere dei rapporti.
Un altro capolavoro da Woody Allen.

Fosco Del Nero



Titolo: Midnight in Paris (Midnight in Paris).
Genere: fantastico, commedia, sentimentale, surreale.
Regista: Woody Allen.
Attori: Owen Wilson, Rachel McAdams, Marion Cotillard, Carla Bruni, Michael Sheen, Nina Arianda, Kurt Fuller, Tom Hiddleston, Corey Stoll, Mimi Kennedy, Adrien Brody, Alison Pill, Léa Seydoux, Kathy Bates, Gad Elmaleh.
Anno: 2011.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 18 marzo 2015

Berserk - L'epoca d'oro - 1 - L'uovo del re dominatore - Toshiyuki Kubooka

Ormai parecchio tempo fa ho recensito il manga Berserk, ormai storico manga dark fantasy… entrato nella leggenda dei manga giapponesi ancora prima di esser terminato, dal momento che, giunto al suo 35esimo tankobon (i corposi volumetti giapponesi) dopo 25 anni dal suo esordio, è ancora ben lontano dalla conclusione.

Il manga di Kentaro Miura ha avuto così tanto successo che nel mentre, nel 1997 per la precisione, è stata prodotta una serie animata, relativa alla prima parte della storia (essenzialmente, fino all’eclissi, quindi fino al 13esimo volume), composta da 25 episodi… di buon livello qualitativo, tanto che molti appassionati di Berserk hanno iniziato prima dalla serie animata per poi passare al manga, mentre altri hanno fatto il contrario.

A distanza di parecchi anni, e precisamente nel recensissimo 2012, è stato avviato un altro progetto animato basato su Berserk, denominato Berserk saga project, col quale si è programmato di adattare su grande schermo l’intero manga nel giro di dieci anni, cominciando con quanto già trasposto dalla precedente serie animata, ossia la prima parte del fumetto, riassunta in tra film, “L’epoca d’oro”.

Il primo di questi film, oggetto della recensione odierna, è intitolato L'uovo del re dominatore, mentre gli altri due già usciti sono La conquista di Dordley e L’Avvento. Ad essi dovrebbero nel corso degli anni seguire i rimanenti fino a conclusione dell’intera saga.

Tali lungometraggi sono diretti da Toshiyuki Kubooka e fanno uso sia della computer grafica, sia della motion capture… il che dovrebbe conferire loro un netto vantaggio tecnologico rispetto alla serie animata del 1997.

Se il progetto in generale mi entusiasma, data la mia vecchia passione per Berserk, vado a valutare questo primo film, per poi seguire con gli altri.

La trama è ben conosciuta ad ogni lettore di Berserk, ma sintetizzerò per eventuali nuovi spettatori: il regno di Midland è in guerra col nemico storico di Tuder, il quale sembra prevalere. L’ingaggio da parte del primo della fortissima Squadra dei Falchi ribalta però le sorti della guerra a favore di Midland.
Tanto che il generale dei Falchi, il capace e ambizioso Griffith (o Grifis, seguendo il manga originale) viene onorato dal Re in persona… e inizia persino a familiarizzare con sua figlia Charlotte
Parte del successo dei Falchi va anche a Gats (Gatsu nel manga), fortissimo guerriero ingaggiato tempo prima da Griffith, che lo ha voluto fortissimamente nel suo gruppo… nonostante il poco gradimento di Caska, la sua sottufficiale e braccio destro (ruolo insidiato proprio da Gats, di cui Caska è gelosa).

Questo in grande sintesi. Ora veniamo a differenze, dettagli e valutazioni.

Prima cosa: mentre il manga parte col periodo post-Avvento, e poi va a ritroso con un lunghissimo flashback che spiega come mai Gatsu è quello che è (senza un braccio, senza un occhio, solitario e incattivito), questa serie di film sceglie la più comoda narrazione lineare, anche se credo che saranno inevitabili dei flashback più avanti (per illustrare perlomeno l’infanzia di Gatsu, se non per altre cose). Comunque, queste sono scelte, e ci saranno fautori sia dell’una che dell’altra tecnica narrativa.

Cosa più importante: come va la grafica?
In generale, la grafica è ottima: i colori molto belli, le sequenze animate ottime, e la regia è ugualmente ottima, oltre che coraggiosa.
Purtroppo, però, i volti dei protagonisti sono disegnati malissimo. E con malissimo intendo proprio malissimo, non malino, tanto che non mi capacito che li abbiano tenuti così.
Alcuni sono proprio brutti da vedere, come gli stessi Caska e Gatsu, mentre altri, “semplicemente”, perdono carisma, come Grifis.
Anche i movimenti dei corpi a volte sono poco naturali e sciolti.

A tali difetti, non da poco, si aggiunge un doppiaggio così così; o meglio, non è tanto il doppiaggio in sé a deludere, quanto il casting a lasciare perplessi: se ad un personaggio è abbinata una voce “sbagliata”, che non gli sta bene, non è colpa del doppiatore, ma di chi ha fatto il casting (perlomeno, il casting italiano, non ho sentito le voci originali del film).
E questo è successo per tanti personaggi, col risultato complessivo, tra volti e voci, che alcuni escono del tutto menomati, come Caska, che viceversa è uno dei personaggi principali, centrali anzi, e che avrebbe meritato ben maggiore bellezza.

Altro problema: è tutto troppo frettoloso, e si va a salti troppo grandi.
Ok, questo è il problema tipico della conversione delle lunghe serie nei più brevi film… ma in questo si poteva supplire almeno in parte facendo durare il film due ore e oltre, ad libitum.
E invece L'uovo del re dominatore dura appena 68 minuti… a malapena un lungometraggio, dunque. 
Una scelta insensata soprattutto per una saga così lunga e così ricca come Berserk, che quantomeno non è stata confermata nel secondo film, che dura invece un’ora e mezza.

Altra cosa: il linguaggio, rispetto al manga, è decisamente più rude e volgare, contribuendo ad un tono assai meno aulico rispetto al fumetto di origine.
Anche questo contribuisce a un calo di atmosfera, sia rispetto alla precedente serie animata, che per il momento preferisco, ma soprattutto rispetto al manga.

Nel complesso, ai miei occhi Berserk - L'epoca d'oro - 1 - L'uovo del re dominatore non è malaccio, ma mi ha lasciato la sensazione che con poco (volti, voci, durata) avrebbe potuto essere molto, ma molto meglio, e se ne va con una valutazione appena sufficiente o poco meno.

Fosco Del Nero



Titolo: Berserk - L'epoca d'oro - 1 - L'uovo del re dominatore (Berserk ogon - Jidai-hen I: Hao no tamago).
Genere: animazione, fantasy, drammatico.
Regista: Toshiyuki Kubooka.
Anno: 2012.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 12 marzo 2015

L’ultima spiaggia - Stanley Kramer

Chi legge da tempo Cinema e film sa che ogni tanto faccio un tuffo nel passato, e spesso un po’ a caso… tanto che non mi ricordo come mai mi fossi segnato L’ultima spiaggia, film diretto nel 1959 da Stanley Kramer.

Non certo per il nome del regista, che non conoscevo e che in effetti non ha lasciato una grande traccia di sé (l'unico suo film sufficientemente noto è Indovina chi viene a cena)... forse per la presenza di Gregory Peck, che avevo apprezzato da poco ne Il buio oltre la siepe (che gli fruttò anche un Oscar), o forse per la tematica futuristica, legata alla paura per la minaccia atomica… o per qualsiasi altra forma di follia umana.

Ed ecco subito la trama sommaria de L’ultima spiaggia (tratto dall’omonimo romanzo apocalittico dello scrittore australiano Nevil Shute): siamo nel 1964, un anno dopo la terza guerra mondiale, la prima guerra atomica, risoltasi con la reciproca distruzione delle potenze dell’emisfero settentrionale, con la devastazione di buona parte del suddetto emisfero e con la contaminazione di quasi tutta la Terra.

Laddove il passaggio dal “quasi” al “tutta” è solo questione dei tempo, visto che il pianeta è ormai contaminato dalle scorie radioattive.

Dwight Lionel Towers (Gregory Peck; Vacanze romane, Io ti salverò, Il cucciolo, Barriera invisibile) è il comandante di quello che sembra l’unico vascello sopravvissuto della marina statunitense, ed è diretto in Australia, il posto meno contaminato da tutti, anche se anch’esso destinato alla morte. 

Dell’equipaggio di Towers fa parte Peter Holmes (Anthony Perkins; Psycho, La legge del signore, Il processo), esperto di sistemi nucleari, coinvolto nella spedizione del sommergibile verso il Polo Nord, con lo scopo di verificare la teoria secondo cui nell’Artico la radioattività sarebbe molto più bassa che nel resto del globo, che darebbe alcune speranze di salvezza per il genere umano (trasferendo per l'appunto i pochi sopravvissuti nella zona dell'Artico).
Inoltre, giunge dalla California un segnale che sembra essere un codice morse, per quanto non chiaro, e nella spedizione l’equipaggio deve verificare anche questo mistero (dato che, essendo quelle zone ormai contaminate, non dovrebbe esserci più vita).

In tutto ciò, si inseriscono le vicende e i drammi di vari personaggi: lo stesso Dwight Lionel Towers, che comincia una relazione con Moira Davidson (Ava Gardner; Il bacio di Venere, La contessa scalza), il matrimonio tra Peter e Mary, le intemperanze del dott. Julian Osborne (Fred AstaireCenerentola a ParigiL’inferno di Cristallo, Spettacolo di varietà)… fino all’epilogo della storia.

Il fine de L’ultima spiaggia è chiaro: è un film di denuncia contro l’arma nucleare e contro la follia umana, e in questo senso non c’è altro da dire.

C’è da dire qualcosa di più, invece, sulla qualità cinematografica del film, che è senza dubbio buona: buona la fotografia, buona la recitazione dei più talentuosi attori della Hollywood di allora (eccellente Gregory Peck), realistica e convincente l’atmosfera generale… e senza che si sia utilizzato un solo effetto speciale… se si esclude l’aver svuotato alcune città, ad esempio San Francisco, per fare le riprese dei luoghi senza nessuno in giro.

Certo, il film è decisamente triste e anche pesante, per certi versi, però ha un suo perché, e merita di essere visto almeno una volta, pregno com’è dell’eleganza e della classe di quei tempi, che sfuggono decisamente alla quasi totalità del cinema contemporaneo.

Fosco Del Nero



Titolo: L’ultima spiaggia (On the beach).
Genere: drammatico, sentimentale.
Regista: Stanley Kramer.
Attori: Gregory Peck, Anthony Perkins, Fred Astaire, Ava Gardner, Donna Anderson, Katherine Hill, John Tate, Lola Brooks, Guy Doleman, John Meillon.
Anno: 1959.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 5 marzo 2015

L’incredibile vita di Timothy Green - Peter Hedges

Il cinema è così (ma è così anche la vita): magari ti guardi alcuni film famosi e acclamati, del passato più o meno recente, come La guerra dei mondi o La morte ti fa bella (tra gli ultimi famosi che mi sono visto), e non ti dicono niente… mentre poi ti guardi film meno sconosciuti, a cui sei arrivato per puro caso, come La ragazza delle balene, La leggenda di Bagger Vance o La vita di Pi o Balzac e la piccola sarta cinese, e ti innamori.

È successa la stessa cosa – la seconda, per fortuna – anche col film di oggi: L’incredibile vita di Timothy Green.
Non lo avevo mai sentito nominare finché non mi è stato consigliato (da un lettore del blog, peraltro) ed io, da buon curioso, me lo sono guardato.

Tra l’altro, si tratta anche di un film recente, datato 2012, ed è un brillante esempio di come un film possa essere di alta qualità pur senza nulla di straordinario… se non un’idea di fondo.

Ecco in sintesi la trama de L’incredibile vita di Timothy Green: Cindy (Jennifer Garner; Fatti, strafatti e strafighe, Alias, La rivolta delle ex) e Jim Green (Joel Edgerton; Star Wars: Episodio 2 - La vendetta dei Sith) sono una giovane coppia che sta cercando di avere un figlio… fino a che il dottore non toglie loro ogni speranza.
I due, tuttavia, non arrendendosi ancora, scrivono una sorta di lista dei desideri su come vorrebbero il loro figlio, e la interrano nel loro giardino. 

Inaspettatamente, insieme a uno strano temporale arriva loro anche il bambino tanto desiderato (interpretato dal bravo C.J. Adams, già al suo terzo film nonostante la giovanissima età), sotto forma di dodicenne con delle strane foglie attaccate poco sopra le caviglie.

Come facile intuire dato l’inconsueto arrivo, si tratta di un bambino ben particolare, che in giro i due dicono di aver ricevuto in adozione: allegro, vivace, positivo, felice, il piccolo Timothy si distingue per il fatto di saper contagiare la sua serenità nonché per il felice rapporto con la natura (ogni tanto si mette a prendere il sole a braccia aperte come il mezzo albero che è).

In breve, Cindy e Jim si trovano in casa un essere umano più evoluto di loro (ancora presi nei loro obiettivi della personalità terrena, come apparenza e successo), e difatti sarà lui ad insegnare a loro, e non il contrario.

Tutte le gag del film non sono altro che degli escamotage per mettere in evidenza le qualità umane del piccolo-grande Tim, sorta di uomo evoluto del futuro. O, per meglio dire, di ciò che dovremmo essere tutti: una creatura semplice, gioiosa, serena e centrata, priva di attaccamenti e portatrice di amore e affetto.

Questo è il significato neanche tanto nascosto de L’incredibile vita di Timothy Green, nonché l’energia che vi troverete dentro: non attaccamento, semplicità e leggerezza, amore incondizionato, consapevolezza, lasciar andare.
Non fermatevi, dunque, alla lettura-visione dell'accettazione della diversità: c'è anche quella, ma è solo il livello di base.

Un altro elemento da notare è che il piccolo Timothy di fatto costringe gli altri a osservare sé stessi, le proprie inadeguatezze e i propri desideri… e a farci i conti. L’assenza di ego del bambino, come accade anche nella realtà (per esempio con le figure dei maestri o degli iniziati), obbliga le persone a osservare il loro riflesso. Alcuni colgono l’occasione per fare passi avanti dal punto di vista evolutivo, mentre altri si lasciano scappare l’occasione… e magari provano anche fastidio per quell’assenza di ego.

Di mio, ho apprezzato molto questo film, tanto da consigliarlo a mia volta.

Chiudo la recensione con due piccole citazioni tratte dal film.

"Prima di tutto trova la luce.
Devi assorbirla. Devi lasciarti attraversare. Pensa come se fossi un albero.
La senti?"

"Non dipende da voi, è così che deve essere: c'è un tempo limitato."

"Siete pronti. Lo siete sempre stati... non arrendetevi mai."

Fosco Del Nero



Titolo: L’incredibile vita di Timothy Green (The odd life of Timothy Green).
Genere: surreale, commedia.
Regista: Peter Hedges.
Attori: C.J. Adams, Jennifer Garner, Joel Edgerton, Odeya Rush, David Morse, Common, Ron Livingston, Dianne Wiest, Rosemarie DeWitt, M. Emmet Walsh, Lois Smith.
Anno: 2012.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 4 marzo 2015

Dominion - Masamune Shirow

Ultimamente mi sto rileggendo alcuni manga della mia adolescenza.gioventù… e giacché ci sono ne sto approfittando per leggerne di mai letti, cosa che ho fatto con Dominion di Masamune Shirow, autore che avevo già amato soprattutto per il grandioso Appleseed, ma anche per l’ispiratissimo Orion, e per i discreti Black Magic e Dominion - Conflict 1.

Quest’ultimo è oggetto della recensione di oggi… anche se lo è solo per metà.
Nel senso che mi sono procurato anche Dominion - Tank police, ossia il primo Dominion, per leggerli uno dietro l’altro.

Cosa peraltro non necessaria, visto che si tratta di volumetti e storie a sé stanti, che, se pure ambientate nel medesimo mondo e con i medesimi personaggi, sono stati scritti come storie indipendenti.

Il primo dei due è Dominion - Tank police, datato 1985, scritto a cavallo tra i vari volumetti di Appleseed,e probabilmente considerato da Shirow come un’opera minore, visto che in seguito lo ha praticamente snobbato, riservandogli un seguito a distanza di dieci anni, a sua volta fine a se stesso.

Il tratto grafico è molto immaturo, ben lontano da ciò che Shirow avrebbe poi sviluppato con Orion, con lo stesso seguito di Dominion, ma anche con i volumi di Appleseed.
Anche se forse, oltre alla maturità e all’abilità conquistata nel tempo, c’è anche un discorso di cura e premura, e qua si torna al discorso di prima. 

Il “seguito”, Dominion - Conflict 1, è viceversa molto più caratterizzato e ricco, sia graficamente, ma anche nei personaggi e nella storia, che peraltro è anche più vivace, più ricca di umorismo (cosa per cui Shirow non è mai andato famoso… per cui se ci togliamo anche quel poco…).

Una piccola descrizione dell’ambientazione: ci troviamo nel Giappone del futuro, oramai molto tecnologizzato, tra tank, armature, androidi, etc.
La protagonista centrale è Leona, ragazza piuttosto verace e volitiva, specializzata proprio nella guida dei tank, alle prese come i suoi colleghi con alcuni criminali: Buaku nel primo episodio e Urushimaru nel secondo.

Non mancano peraltro i personaggi interessanti e bizzarri, come le gemelle androidi Anna e Yuni, davvero simpaticissime.

Tanto che è un peccato che Shirow non abbia proseguito il manga (da questo punto di disegno e divertimento), fosse anche in modo saltuario nel tempo e distaccato come storie-episodi.

Ad ogni modo, tanto Dominion - Tank Police quanto Dominion - Conflict 1 sono dei buoni esempi dei manga di Masamune Shirow… anche se le mie preferenze continuano ad andare al solidissimo  Appleseed come opera lunga e al fantasioso Orion come opera breve.

Fosco Del Nero



Titolo: Dominion - Tank Police, Dominion - Conflict 1.
Genere: manga, fantascienza.
Autore: Masamune Shirow.
Anno: 1985-1995.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

Il mondo dall'altra parte