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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 23 aprile 2024

Paper girls - Stephany Folsom

Avevo letto cose molto positive sulla serie tv Paper girls, tratta dall’omonimo fumetto di successo, per cui l’ho guardata, ma senza ricavarne l’entusiasmo di altri recensori.

Partiamo dalle basi: si tratta di una serie tv di una sola stagione, peraltro breve. Con otto episodi è finito tutto. La serie non ha ottenuto una seconda stagione, nonostante il discreto successo di pubblico della prima.

La quale peraltro finisce senza alcun tipo di conclusione, ma anzi nel pieno di un flusso narrativo, anticipando eventi che evidentemente contava di sviluppare nella stagione successiva. Questo, come dico sempre, denota una grandissima mancanza di rispetto di una casa di produzione per i suoi spettatori: significa che a chi decide non importa niente della soddisfazione dei telespettatori, né importa niente della bellezza e della completezza di un’opera creativa.
Per loro non è arte o bellezza: sono semplicemente lavoro e denaro.

Questo spiega anche come mai i vari prodotti Netflix o Amazon (questa è una serie Amazon) spesso mettano in mezzo la loro tipica propaganda mondialista: volgarità, sessualità anche giovanile (qua assistiamo a discorsi pre-puberali, come anche a un discorso su come si devono mettere nella cavità femminile di una dodicenne gli assorbenti interni: evidentemente ai loro padroni piace questo tipo di tematica), omosessualità, etc. Sono le solite cose che suppongo stiano stancando anche il pubblico mediano, quello poco attento ai fenomeni collettivi… ma che comunque a un certo punto sente puzza di bruciato anche lui. 

Ad ogni modo, ecco la trama di Paper girls: quattro ragazzine (Tiff, Erin, Mac e KJ) escono, la notte di Halloween, per eseguire il loro lavoro di consegne di giornali, che notoriamente negli USA avviene in orari notturni e a opera di ragazzini in cerca dei primi lavori e delle prime paghe. Senonché le quattro si imbattono, oltre che in bulli di vario genere (a cui misteriosamente riescono a tenere testa pur essendo ragazzine esili), in viaggiatori nel tempo che li coinvolgono nei loro viaggi e li portano nel futuro.

Nel futuro, le quattro conosceranno alcune versioni adulte di sé, ricevendo notizie buone e meno buone. 
Poi torneranno indietro, faranno alcuni giri per cercare di salvarsi la vita e di sistemare le cose in modo decente… visto che di mezzo c’è un’organizzazione del futuro la quale a quanto pare elimina i viaggiatori nel tempo che cercano di modificare quanto è avvenuto.

Paper girls è essenzialmente puerile e infantile, oltre che poco originale nella tematica: abbiamo quattro dodicenni che parlano da pari a pari con gli adulti (un po’ perché loro sono sovradimensionate, un po’ perché gli adulti sono sottodimensionati a livello mentale e coscienziale), che parlano in modo ultravolgare (specialmente una delle quattro, letteralmente inascoltabile), che danno di matto ogni dieci minuti… e che per di più a tratti si trovano alle prese con le loro versioni adulte. Adulte si fa per dire, visto che regnano sempre l’immaturità e l’egocentrismo.

La propaganda globalista, con in mezzo sessualità infantile e omosessualità precoce, fa il resto, abbassando ulteriormente il valoro di un prodotto già mediocre di suo.

Come sia stata segnalata in quanto serie tv di valore francamente è un mistero… risolvibile forse nello scarso livello qualitativo cui è abituata la recente audience televisiva, probabilmente quella meno scafata.

Fosco Del Nero 



Titolo: Paper girls.
Genere: serie tv.
Ideatore: Stephany Folsom.
Attori: Camryn Jones, Ali Wong, Riley Lai Nelet, Sofia Rosinsky, Fina Strazza, Adina Porter, Nate Corddry, Kellee Stewart, Daniel Rashid, Maren Lord, Marika Engelhardt.
Anno: 2022.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.



martedì 16 aprile 2024

Friends - The reunion - Ben Winston

Ho guardato Friends - The reunion esattamente il giorno dopo la morte di Matthew Perry, il famoso Chandler di Friends, avvenuta peraltro in circostanze anomale: diciamo solo che Perry era un noto sostenitore dei sieri sperimentali e che è stato una delle tante vittime dei malori improvvisi (dopo uno sforzo fisico, nello specifico una pratica sportiva).

Peraltro, alcuni giorni prima avevo appena finito di rivedere l’intera serie tv… per l’ennesima volta, giacché amo Friends sin da quando uscì nel 1994, quando ero adolescente. La serie mi ha letteralmente accompagnato nella mia giovinezza, ma anche nell’età adulta, date le continue revisioni dei 236 episodi totali.

Solitamente nel blog Cinema e Film recensisco film, per l’appunto, ma per Friends - The reunion ho fatto un’eccezione. 
Il film-documentario è strutturato in questo modo: nei suoi circa 100 minuti (che volano via in modo rapidissimo) si vede qualcosa degli episodi della serie, si assiste a qualche dialogo tra gli attori adulti, nel 2021, si vedono varie guest star, evidentemente anche loro appassionate di Friends, e si assiste a una sort di show guidato da un presentatore americano che personalmente non conosco.

Nel mezzo, tanti ricordi, tanti retroscena e anche qualche spiegazione, come il feeling evidentissimo tra “Ross e Rachel”… non solo nella serie tv, ma anche nella realtà, tra Jennifer Aniston e David Schwimmer. Quest’ultimo peraltro non solo recitava come attore, ma ha anche diretto numerosi episodi del programma, che avveniva dal vivo, davanti a un pubblico reale, e poi registrato e montato a beneficio del pubblico televisivo.

Personalmente ho gradito molto vedere Friends - The reunion, pur nella tristezza della recente morte di Perry… peraltro, anche gli altri attori non erano più giovanissimi: la più vecchia di loro, Lisa Kudrow, all’epoca del documentario in questione aveva ormai sessanta anni.

Mi riguarderò certamente questo film-documentario sulla sit-com più importante e divertente di tutti i tempi (il cui primato è minacciato solamente da The Big Bang Theory, ugualmente divertente ma a cui manca tremendamente la profondità emotiva di Friends, i cui attori erano amici stretti anche nella vita reale, come fossero una famiglia, elemento che traspirava con chiarezza anche nello show televisivo).

Va da sé che mi rivedrò ancora anche la serie tv vera e propria… nonostante, ogni volta che termina, mi fa sentire la mancanza di quei sei “amici”.

Ne approfitto per evidenziare che, come ogni buon prodotto, Friends è invecchiato molto bene: gli unici che non lo gradiscono sono i giovani abituati a prodotti di qualità inferiore, le persone senza senso dell'umorismo e i cultori della cultura woke (termine che vorrebbe identificare quelli che "stanno all'erta e vigili", ma che di fatto identifica invece i più addormentati e manipolabili).

Fosco Del Nero 



Titolo: Friends - The reunion.
Genere: serie tv, documentario. 
Regista: Ben Winston.
Paetecipanti: James Corden, Marta Kauffman, David Crane, Kevin S. Bright, Jennifer Aniston, Courteney Cox, Lisa Kudrow, Matt LeBlanc, Matthew Perry, David Schwimmer, David Beckham, Justin Bieber, Cindy Crawford, Cara Delevingne, Kit Harington, Lady Gaga, Tom Selleck, Reese Witherspoon.
Anno: 2021.
Voto: 8. 
Dove lo trovi: qui.



martedì 9 aprile 2024

Il sesto senso - M. Night Shyamalan

Non ho visto molte volte Il sesto senso, il film che ha lanciato M. Night Shyamalan alla ribalta cinematografica… forse due, ma entrambe prima di aprire il blog Cinema e film. Questa è la prima volta da quando l'ho aperto, per cui ecco qui la recensione del film in questione, che oramai è discretamente datato, essendo del 1999.

Il genere oscilla tra il drammatico, il thriller, il fantastico e l’horror, ma più che un genere specifico va evidenziata l’atmosfera cupa e desolata, formalmente metropolitana eppure pregna di solitudine e di angoscia esistenziale.

Ecco la trama sommaria de Il sesto senso: Malcolm Crowe (Bruce Willis; L'esercito delle dodici scimmieIl mondo dei replicantiFBI - Protezione testimoniIl quinto elementoLa morte ti fa bella) è uno psicologo infantile che fa del suo meglio per aiutare i bambini con problemi di vario tipo: abusi, schizofrenia, generiche paure, disadattamento sociale, etc.

Nonostante sia molto in gamba, tanto da aver appena ricevuto un prestigioso riconoscimento nel settore, non sempre riesce ad aiutare il bambino affidatogli… com’è stato per esempio con Vincent, il quale da adulto, una sera, penetra nella casa del dottore e gli spara un colpo di pistola nell’addome, prima di togliersi la vita. 

Otto mesi dopo, la scena riprende lo stesso Malcolm Crowe alle prese con un bambino problematico, Cole (Haley Joel Osment; Un sogno per domani), il quale afferma di vedere i morti com’erano al momento della loro morte, cosa che ovviamente lo terrorizza. Né la madre, né i vari assistenti son mai riusciti a confortarlo, ma pensa che potrebbe riuscirci Malcolm, il quale dal canto suo vede in Cole la possibilità di fare ammenda per il fallimento di tanti anni prima con Vincent.

Intorno ai due protagonisti, vari comprimari compongono lo sfondo della storia, pur se posti in secondo piano: la moglie di Malcolm, la madre di Cole e pochi altri. In effetti, Il sesto senso, per l’esiguo numero di protagonisti e di scenari, sembra quasi un’opera teatrale.

Il film non può che essere elogiato per la trovata originalissima che lo caratterizza, che non riporto in recensione per quei pochi che non avessero ancora visto il film di Shyamalan, pur se, a parte l’elemento in questione, non risulta essere altro che una sorta di film psicologico-drammatico con sporadici elementi orrorifici… e con un Bruce Willis particolarmente in parte, dal momento che il suo volto ben si attanagliava con la sceneggiatura del film, pur con i limiti della sua monoespressione.

Più di Willis, al tempo colpì l’interpretazione del giovanissimo Osment, il quale tuttavia non ha poi proseguito con la carriera brillante che ci si aspettava…

… curiosamente, la medesima cosa si può dire anche per il regista M. Night Shyamalan, che, dopo il buon abbrivio preso con Il sesto sensoUnbreakable - Il predestinato, Signs e The village, pare essersi smarrito (o aver finito le buone sceneggiature), producendo uno dopo l’altro buchi nell’acqua come Lady in the water, E venne il giorno, L'ultimo dominatore dell'aria e altri film ancora… che ho smesso di guardare visto che la qualità media era drasticamente calata. Con l’unica eccezione di After Earth, per me interessante sia per l’ambientazione fantascientifica, sia per i contenuti di tipo esistenziale (che in effetti ogni tanto fanno capolino nei film del regista indiano).

In effetti, non ho visto gli ultimi suoi cinque film: magari, su cinque, ce n’è almeno uno buono… indagherò.

Tornando a Il sesto senso, il film ha un suo valore oggettivo, accresciuto dal fatto che, a proposito di contenuti esistenziali, esso potrebbe essere considerato anche una sorta di metafora dell’addormentamento collettivo.
La frase che il bambino dice al dottore pare presa da un testo di genere esistenziale-evolutivo.

“Vanno in giro come persone normali.
Vedono solo quello che vogliono vedere.
Non sanno di essere morti.
Sono dappertutto”

Nei Vangeli si parla a lungo di vegli e di addormentamento, come pure nel Dhammapada di Buddha o praticamente ovunque nel settore: “essere addormentati è essere come morti”, lessi tempo fa in un libro.
Ecco, il film in questione potrebbe essere considerato in tale senso e, considerando gli interessi spirituali del regista indo-statunitense, la cosa non è affatto da escludere.

Interessante anche la frase sul magnetismo energetico tra persone e oggetti.

“Secondo me quando le persone possiedono degli oggetti, una parte di sé stessi viene impressa su quegli oggetti.”

Fosco Del Nero 



Titolo: Il sesto senso (The sixth sense).
Genere: psicologico, drammatico, fantastico, horror.
Regista: M. Night Shyamalan.
Attori: Bruce Willis, Haley Joel Osment, Toni Collette, Olivia Williams, Mischa Barton, Donnie Wahlberg, Peter Anthony Tambakis, Jeffrey Zubernis, Bruce Norris, Glenn Fitzgerald, Greg Wood.
Anno: 1999.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui



mercoledì 3 aprile 2024

Dune - Parte 1 - Denis Villeneuve

Mi son messo a guardare Dune - Parte 1, film del 2021 diretto da Denis Villeneuve, pensando che si trattasse di un film unico dedicato al ciclo di Dune scritto da Frank Herbert, che conosco sin da adolescente ma che non ho mai letto.

Peraltro, avevo delle remore a guardarlo, pur appassionato alla storia in questione, dal momento ch’essa doveva reggere il difficilissimo confronto col Dune di David Lynch del 1984: un confronto certamente avvantaggiato relativamente ai mezzi tecnologici odierni, ma comunque ostico per via dell’atmosfera assai ispirante del film degli anni Ottanta. 

Per non parlare del fatto che, spesso, i rifacimenti contemporanei perdono le qualità essenziali dei film più risalenti, sia nell’atmosfera generale che nei dialoghi. Si citi come esempio lo scempio fatto con Ghost in the shell, passato dall’essere un eccellente film d’animazione ricco di contenuti esistenziali all’essere un film di fantascienza di cassetta privo di qualunque spessore.
La mia paura era che fosse successa la stessa cosa a Dune

Prima di commentare il film, anticipo che avevo già recensito due film del regista Denis Villeneuve, ossia Arrival e Blade Runner 2049, in modo non troppo elogiativo.

Passiamo ora alla trama sommaria di Dune, che ho poi scoperto essere solamente la prima parte di un dittico, di cui sta per uscire il secondo film: il pianeta Arrakis è conteso da molti, in quanto solamente in esso si estrae la “spezia”, che gli indigeni usano come sostanza sacra psicotropa e che in tutto l’universo conosciuto è utilizzata per i viaggi interstellari, altrimenti impossibili. Avendolo governato e sfruttato negli ultimi ottanta anni, la malvagia e laida famiglia degli Arkonnen si è oscenamente arricchita… salvo poi vedersi sfilare da sotto il naso il pianeta in questione, improvvisamente assegnato dall’Imperatore agli Atreides, i quali così si recano sul pianeta in questione, casata al completo, guidata dal Duca Leto Atreides (Oscar Isaac; Ex machina, Star wars 7 e seguenti), il cui figlio Paul (Timothée Chalamet; Don't look up) incarna una doppia eredità: da un lato è l’erede della linea di sangue degli Atreides, dall’altro lato è figlio di Jessica, una Bene Gesserit, sorta di setta femminile psico-spirituale che agisce dietro le quinte dell’Impero tirando i fili e disponendo le cose in un certo modo, secondo conoscenze e profezie.

Nel panorama si muove un variegato numero di personaggi, alcuni più o meno interessanti e meglio caratterizzati di altri: cito tra tutti Duncan Idaho, il “maestro d’armi” di Paul (Jason Momoa,  indimenticabile Khal Drogo de Il trono di spade), e Chani (Zendaya… che leggo online essere cantante e ballerina, oltre che attrice), giovane ragazza fremen, che Paul ha a lungo sognato e che infine incontrerà su Arrakis.
Si fanno notare anche i personaggi interpretati da Dave Bautista e da Javier Bardem… ma il cast è buono in generale: per esempio, vi sono anche Charlotte Rampling e Stellan Skarsgård.

Nella storia, anche solo in questa prima parte, vi è molto: educazione, combattimenti, tradimenti, azione, politica, mondo interiore.
Soprattutto, vi è un livello estetico clamoroso, il quale da solo renderebbe il film meritevole di visione. Con mia sorpresa positiva, l’opera ha mantenuto se non proprio l’afflato esistenziale presente nel Dune di Lynch, molti spunti verbali interessanti, che riporto di seguito.

“Sono belli i sogni, ma le cose importanti accadono da svegli.”

“Non devo avere paura: la paura uccide la mente.
La paura è una piccola morte che porta all’annullamento.
Affronterò la mia paura e le permetterò di attraversarmi e, una volta passata, il mio occhio interiore ne seguirà il cammino.”

“I nostri piani si sviluppano in secoli.”

“Dirigete la politica dell’Imperium avvolti nell’ombra.”

“Per migliaia di anni abbiamo incrociato le linee di sangue per dare alla luce una mente potente tanto da superare spazio e tempo, passato e futuro, e che ci accompagni in un futuro migliore.”

“Il mistero della vita non è un mistero da risolvere, ma una realtà da sperimentare.”

“Un processo non si può comprendere arrestandolo. Dobbiamo seguire il flusso del processo, unirci a esso, fluire con esso.”

“Devi affrontare le tue paure.
Un amico ti aiuterà: seguilo.”

“Paul Atreides deve morire perché il Messia sorga.
Non spaventarti, non resistere.”

“Quando togli una vita, la togli a te stesso.”

“Ascendi, sorgi.”

Tutto ciò, tra sceneggiatura origianale, scenografia e fotografia curatissime, ottimi casting e recitazione e contenuti interessanti, fa del Dune - Parte 1 un film davvero eccellente: meno importante del suo predecessore in quanto a contenuti esistenziali, ma superiore in quanto a estetica e realizzazione tecnica... col non trascurabile vantaggio dei due film al posto di uno.

Fosco Del Nero 



Titolo: Dune - Parte 1 (Dune: part one).
Genere: fantascienza.
Regista: Denis Villeneuve.
Attori: Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Zendaya, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Stephen McKinley Henderson, Chen Chang, Sharon Duncan-Brewster, Charlotte Rampling, Jason Momoa, Javier Bardem.
Anno: 2021.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 26 marzo 2024

In the name of the King - Uwe Boll

In the name of the King è un film del 2007 diretto da Uwe Boll, un regista che non avevo mai sentito, nonostante l’abbondante filmografia... e che ho scoperto rapidamente perché: è specializzato in film a budget contenuto, spesso tratti da videogiochi ed è noto per la scarsa qualità delle sue produzioni.

In the name of the King  non fa eccezione per molti versi.

Partiamo dalla trama, estratta dal famoso videogioco di ruolo Dungeon Siege: il Fattore e la moglie Solana vivono felici col loro figlio, nonché con parenti e vicinato vario, finché Stonebridge non è invasa dai temibili Krug, creature simili a orchi che attaccano e devastano tutto, comandati magicamente da Gallian, un mago malvagio che ha aumentato il suo potere attraverso la sua amante, la giovane e bella Muriella, figlia del mago di corte Merick.
Quanto al Re Konrad, egli è il bersaglio principale di Gallian, il quale vuol diventare egli stesso e agisce a tal scopo sia dall’esterno che dall’interno.

Riferita la trama, passiamo al cast, che sorprendentemente è di ottimo livello per una produzione di così basso profilo: abbiamo Jason Statham (The snatchLock & stock, Revolver), Leelee Sobieski (Eyes wide shut, Branded – Il marchio di sangue), Ron Perlman (Il nome della rosaLa città dei bambini perdutiHellboyAlien 4 – La clonazione), Claire Forlani (Vi presento Joe Black, Boys and girls), Ray Liotta (Revolver, L’uomo dei sogniSin City), Burt Reynolds (Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso, Boogie nights - L’altra Hollywood).

Nessuna prima stella, ma un nutrito corpo di attori di seconda e terza fascia: l’insieme degli attori è certamente più notevole del film in sé.
Quanto al resto, valida la scenografia e i combattimenti, spettacolari ma non sopra le righe. Scarso però tutto il resto: dalla caratterizzazione dei personaggi ai dialoghi, come in generale tutta la sceneggiatura, piuttosto lineare e prevedibile, più adatta certamente a un videogioco (per l’appunto), con le sue sottotrame e sottomissioni che a un film (in cui deve essere eccellente la portata principale).

In definitiva, In the name of the King è un prodotto tecnicamente non malvagio, ma è talmente tanto pieno di cliché e di elementi banali e prevedibili che si fatica a concepirne il progetto… nonché le due ore di durata.

Fosco Del Nero 



Titolo: In the name of the King (In the name of the King: a Dungeon Siege tale).
Genere: fantasy, drammatico. 
Regista: Uwe Boll.
Attori: Jason Statham, Leelee Sobieski, Ron Perlman, Claire Forlani, Ray Liotta, Burt Reynolds, John Rhys-Davies, Kristanna Loken, Matthew Lillard, Mike Dopud, Will Sanderson, Tania Saulnier, Gabrielle Rose.
Anno: 2007.
Voto: 5. 
Dove lo trovi: qui.



martedì 19 marzo 2024

Fire and ice - Fuoco e ghiaccio - Ralph Bakshi

Fire and ice - Fuoco e ghiaccio è un film d’animazione realizzato da Ralph Bakshi nell’ormai lontano 1983, epoca in cui l’animazione iniziava a proporre opere più ambiziose rispetto agli inizi degli anni “60, pur all’interno di un contesto tecnico ancora evidentemente molto limitato.

Lo stesso Ralph Bakshi realizzò quello che col senno di poi è ricordato come un ottimo prodotto, ossia la versione animata de Il signore degli anelli (purtroppo monca della seconda metà della trilogia), nonché qualche altro tentativo: WizardsFuga dal mondo dei sogni, American pop… nonché questo stesso Fire and ice, omaggio al genere sword and sorcery in stile Conan il Barbaro (anche se il protagonista ricorda più He-Man, serie d’animazione prodotta lo stesso anno, forse non a caso).

Ecco la trama di Fire and ice - Fuoco e ghiaccio, in verità molto semplice e naif: verso la fine dell’ultima era glaciale (ne approfitto per ricordare a tutti che il clima sulla Terra è sempre cambiato secondo diversi cicli, e che l’attività dell’uomo non vale niente a fronte dei cicli della Terra stessa e del Sole), la Regina del Nord Juliana, insieme al figlio negromante Nekron, agiscono per conquistare l’intero mondo, spostando il loro regno di ghiaccio sempre più a sud, grazie alle loro conoscenze magiche, invadendo con il loro esercito di guerrieri sub-umani (mezzo orchi, mezzo scimmieschi) prima la pianura e poi il Regno del Fuoco, dal quale rapiscono la Principessa Teegra.

La ragazza, nel suo tentativo di sfuggire agli sgherri della Regina del Nord, conoscerà Larn, un guerriero della pianura scampato a un precedente massacro, il quale, aiutato da Darkwolf, un fortissimo guerriero con una pelle di lupo posta sulla testa, cerca di opporsi alle forze maligne.
Da affrontare non vi sarà solo la forza bruta dei soldati nemici, ma anche le impervie della natura, nonché la stregoneria del negromante.

Fire and ice - Fuoco e ghiaccio ha in verità una trama quasi nulla e nel corso della sua esecuzione, circa 80 minuti, pochissimi dialoghi: dunque, è quasi tutto disegni e azione. Nonostante ciò, e nonostante un evidente ammiccamento ai corpi umani, specialmente quello femminile, il prodotto ha un suo valore: i fondali disegnati a mano sono ben fatti e le animazioni fluide… per quanto consentiva la tecnica dell’epoca.

La storia è nobile negli intenti, pur pervasa dalla violenza, cosa che fa del film un prodotto per adulti e certamente non un film d’animazione per bambini… come peraltro tutti gli altri di Bakshi, per chi ancora non lo sapesse.

Fosco Del Nero 



Titolo: Fuoco e ghiaccio (Fire and ice).
Genere: animazione, fantasy, avventura.
Regista: Ralph Bakshi.
Anno: 1983.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui



martedì 12 marzo 2024

The haunting - Mike Flanagan

Da ragazzo avevo appezzato molto il film horror Haunting – Presenze, tanto che dopo averlo visto mi ero letto anche il romanzo che lo aveva ispirato, ossia L'incubo di Hill House (intitolato anche La casa degli invasati) di Shirley Jackson.

Avendo saputo che di recente era stata prodotta una serie dedicatagli, intitolata The haunting, ho deciso di guardarla, pur avendo visto che solo una stagione era dedicata a Hill House, mentre l’altra era dedicata invece a Bly Manor, un’altra antica dimora misteriosa e pericolosa.

Anzi, ho fatto l’errore di guardare per prima la seconda stagione, quella su Bly Manor: errore veniale, comunque, visto che le due stagioni sono completamente indipendenti, se si eccettua la curiosa scelta di riciclare molti degli attori, utilizzati nelle due serie per diversi personaggi.

Dico subito una cosa: si vede che The haunting è prodotta da Netflix per via della (solita) propaganda mondialista che vi è stata messa dentro, a cominciare dalle relazioni omosessuali-lesbiche inserite in entrambe le stagioni, che non solo non c’entravano niente con le due trame (e in particolare con la trama di L'incubo di Hill House, letteralmente stravolta rispetto alla storia e ai personaggi originali), ma che rendono tutto quanto tra l’imbarazzante e il ridicolo. Già solo questo elemento rischia di mandare a monte l'opera… purtroppo, quando si è costretti a mettere certi elementi perché costretti dal “padrone”, l’intero progetto perde di valore, com’è sempre quando di mezzo ci sono propaganda e manipolazione.

Detto questo, e facendo finta di nulla relativamente a tale fattore, la seconda stagione, ossia Bly Manor, si rivela molto ben fatta e interessante, sia nell’atmosfera sia nella sceneggiatura. Alcuni personaggi sono ben caratterizzati, anche se non tutto convince.

Riguardo alla prima stagione, invece, ossia Hill House, le cose sono peggiori: si inizia subito con la scena omosessuale e poi si va avanti, tuttavia incespicando spesso, tra personaggi, dialoghi,  sceneggiatura e i numerosi effetti sonori/visivi spaventanti, tipici dei prodotti orrorifici di basso livello. Peraltro, essendovi un discreto numero di personaggi, ritratti sia da giovani che da adulti, ed essendovi molti cambi di scena e salti tra passato e presente, sulle prime si fa fatica a seguire la narrazione.

In effetti, forse se avessi iniziato dalla prima stagione-storia non sarei arrivato alla seconda… nonostante anche la serie dedicata a Hill House possa vantare scene o episodi di valore, come quello dedicato alla “Donna dal collo storto”.
Essendo partito dalla seconda stagione, invece, ho poi guardato (e concluso) la prima, per poi recensire il tutto.

Preciso peraltro che l’ideatore del prodotto è Mike Flanagan, creatore del gioiello Midnight mass, una breve serie indipendente… nella quale non ha dovuto mettere per forza la solita (e imbarazzante) propaganda globalista. Ma magari è solo un caso. In compenso, ci ha messo antichi angeli veterotestamentari e vampirismo: un elemento comunque interessante.

Concludendo, The haunting è un'opera interessante, a cominciare dalla concezione delle due stagioni parallele, da un lato sorelle ma dall'altro lato indipendenti: ci sono elementi filmici di valore e il tutto è ben confezionato. Peccato per gli elementi forzati che stonano col tutto e ne abbassano livello e valore.

Fosco Del Nero



Titolo: The haunting (The haunting).
Genere: serie tv, horror.
Ideatore: Mike Flanagan.
Attori: Victoria Pedretti, Tahirah Sharif, Alex Essoe, Oliver Jackson-Cohen, Martin McCreadie, Jim Piddock, Kate Siegel, Henry Thomas, Rahul Kohli, T'Nia Miller, Michiel Huisman, Carla Gugino, Timothy Hutton, Elizabeth Reaser, Amelia Eve, Tahirah Sharif, Amelie Bea Smith, Benjamin Evan Ainsworth.
Anno: 2018-2020.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui



martedì 5 marzo 2024

Ghost in the shell - Rupert Sanders

Ghost in the shell di Rupert Sanders è l’esempio perfetto di ottave di coscienza: il film recitato del 2017 non è infatti che una pallidissima imitazione del film animato del 1995 diretto da Mamoru Oshii, il quale a sua volta era la conversione dell’omonimo manga di Masamune Shirow (1989-1991)... il quale pera la cronaca era uno dei miei mangaka preferiti nell’adolescenza.

Lasciando da parte l’universo di Ghost in the shell, il quale comprende diverse opere derivate, e confrontando il film animato del 1995 e quello recitato del 2017, passiamo da un’opera cyberpunk, che aveva la coscienza come suo tema centrale e che era corredata da una sua bellezza lirica, per esempio nella colonna sonora (tanto in Ghost in the shell quanto in Ghost in the shell 2), a un prodotto il quale non è altro che un film di fantascienza pieno di azione e di effetti speciali.

Temi interiori: niente.
Insegnamenti elicitati a voce: nessuno.

Purtroppo tale “caduta coscienziale” è molto diffusa nei rifacimenti di film od opere del passato… un po’ perché una grande fetta del pubblico attuale domanda prodotti “bassi e facili”, un po’ perché dietro vi è un disegno manipolatorio volto ad abbassare sempre più l’intrattenimento collettivo, e quindi per converso la coscienza collettiva.
Qualcuno storcerà il naso a questa affermazione, ma le cose stanno esattamente in questi termini, che lo si veda o meno.

Ad ogni modo, passiamo alla trama di Ghost in the shell: il Maggiore Mira Killian (le hanno cambiato anche il nome, oltre che il senso) è un cyborg che lavora per la Sicurezza Pubblica Numero 9, un’organizzazione antiterrorismo gestita dal governo, la quale si avvale di numerosi agenti, molti potenziati e molti ancora umani (o vie di mezzo di varia natura).
Improvvisamente, tutti gli scienziati più importanti della Hanka Robotics vengono attaccati, uccisi o hackerati, per ordine di un certo Kuze, un misterioso soggetto che sembra dotato di grandi poteri (e che si rivelerà essere un amico d’infanzia del Maggiore a suo tempo maltrattato dalla polizia).
Mentre indaga su Kuze, il Maggiore scopre dettagli sul suo passato, nonché numerose bugie e inganni.

Detto che con l’opera si è perso del tutto il “ghost”, ossia lo spirito, puntando tutto sul “shell”, ossia il guscio, il corpo, il mondo materiale (con ciò contraddicendo persino il titolo del film, che parla esplicitamente di "coscienza nel corpo", di "spirito nella materia"), va sottolineato che pure la trama è stata peggiorata: è stata introdotta una sottospecie di storia d’amore d’infanzia tra umani-cyborg, alquanto ridicola, nonché ricongiungimenti familiari altrettanti ridicoli, che ovviamente non c’erano nella storia originale.

Anzi, a tal riguardo ne approfitto per affermare senza mezzi termini che dovrebbe essere vietato per legge modificare un'opera che si sta rappresentando: se si vuole mettere in scena un'altra opera, che lo si faccia, ma non utilizzando un determinato titolo.

Al di là dei dettagli, comunque, è proprio l’intera opera che è nata “sbagliata”, ossia orientata verso l’effetto speciale, i combattimenti e il facile melodramma, in luogo dei dilemmi etici ed esistenziali che la caratterizzata in origine.
Me lo aspettavo, peraltro, e per questo ho tardato parecchio a guardarla.

In conclusione, il Ghost in the shell di Rupert Sanders è pessimo a dir poco.

Fosco Del Nero



Titolo: Ghost in the shell.
Genere: fantascienza, azione.
Regista: Rupert Sanders.
Attori: Scarlett Johansson, Juliette Binoche, Michael Pitt, Michael Wincott, Pilou Asbæk, Takeshi Kitano, Chin Han, Chris Obi, Joseph Naufahu, Kaori Momoi, Yutaka Izumihara, Tawanda Manyimo.
Anno: 2017.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui



martedì 27 febbraio 2024

La cosa - John Carpenter

Avevo in animo da ormai un paio di decenni di guardare La cosa di John Carpenter, non tanto perché il classico del 1982 mi ispirasse, quanto perché volevo vedere se nel film c’erano degli elementi interessanti… essendo Carpenter il regista di uno dei film più simbolici e rivelatori di tutti, ossia They live – Essi vivono.

In effetti, a voler sintetizzare al massimo la trama del film, in entrambi i casi c’è una forma di vita aliena che in qualche modo riesce a mimetizzarsi tra gli esseri umani, allo scopo di ingannarli… o di ucciderli, se serve.
I modi e i generi dei due film sono, tuttavia, completamente differenti, tanto che i due film non si somigliano affatto, per genere e per trama.

Andiamo per l’appunto a tratteggiare la trama de La cosa: siamo nel 1982, in Antartide, e nella prima scena seguiamo il volo di un elicottero che segue un cane allo scopo di ucciderlo, usando persino delle bombe. Sulle prime si fa il tifo per il cane, per poi ricredersi poco dopo.
Il cane giunge a una stazione di ricerca statunitense, mentre sull’elicottero ci sono due membri della vicina stazione norvegese: i due norvegesi muoiono… e gli statunitensi seguiranno a breve, visto che il cane si rivela essere il veicolo di contagio di una sorta di creatura aliena capace di mutare forma, fino ad acquisirne una indistinguibile da quella mimata.

Così, il film si rivela essere una sorta di “ne rimarrà uno solo”, sul modello di Alien, che non a caso precede La cosa di un paio d’anni, con l’aggravante per cui non solo c’è in giro un alieno pericoloso, ma egli potrebbe essersi mimetizzato avendo assunto la forma di chiunque tra i membri della stazione di ricerca (l'alieno di Ridley Scott era più letale, ma più onesto, diciamo).

Riguardo alle sue origini, il film è ispirato al racconto La cosa da un altro mondo di John W. Campbell (uno degli scrittori della cosiddetta età dell’oro della fantascienza, nonché longevo direttore di Astounding Science Fiction).
Riguardo al suo successo, dapprima il film ebbe uno scarso esito, sia di critica che di pubblico, salvo poi essere rivalutato col tempo, fino a essere considerato un classico dell’orrore fantascientifico.

Di mio, non nego vari suoi pregi, ma tendo poco allo splatter, oltre che alla violenza in generale, per cui in larga parte il film mi ha annoiato. Gli preferisco nettamente Essi vivono… anche se, cinematograficamente parlando, La cosa gli è superiore.

Tra gli altri film di Carpenter recensiti nel blog, ricordo anche Grosso guaio a ChinatownDark star e Il seme della follia… ognuno a suo modo divenuto un classico, pur in generi assai diversi tra di loro (tra fantascienza, horror, fantasy e commedie), segno che il regista in questione sapeva il fatto suo.

Ad ogni modo, finalmente ho finalmente visto La cosa, per cui ora posso passare oltre.

Fosco Del Nero



Titolo: La cosa (The thing).
Genere: horror, fantascienza.
Regista: John Carpenter.
Attori: Kurt Russell, Keith David, Richard Dysart, Charles Hallahan, David Glennon, David Moffat, Wilford Brimley, Peter Maloney, Joel Polis, Thomas G. Waites. 
Anno: 1982.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



martedì 20 febbraio 2024

Older gods - David A. Roberts

Da vecchio appassionato dei racconti/romanzi di Howard Phillips Lovecraft, non appena ho letto che il film Older gods aveva un tono spiccatamente lovecraftiano, sono stato colto dalla curiosità di guardarlo… nonostante l’antica attrazione per il genere orrorifico sia oramai sparita.

Ecco la trama di Older gods, il quale comunque non si distingue per una sceneggiatura particolarmente complessa, per utilizzare un eufemismo: Chris ha da poco sopportato un lutto, ossia la morte dell’amico Billy, che secondo l’opinione comune è impazzito dedicandosi a temi alquanto bizzarri.

Chris potrebbe a buon diritto lasciar perdere tutto, anche perché ha una moglie in attesa di un bambino, ma si sente in colpa per non aver consigliato e accudito il suo vecchio amico d’infanzia, col quale aveva un rapporto molto stretto, per cui si reca in Galles, nel luogo dove Billy è morto, per indagare, utilizzando a tale scopo i video registrati da Billy, i filmati della polizia, dei vecchi articoli di giornale e altro ancora.
Finirà che egli stesso sarà preso di mira dal culto che aveva perseguitato Billy e il suo gruppo.

Se la trama è semplice, e nient’affatto originale (la persona che va a vivere in un posto sperduto dalla fama sinistra: la solita carenza di intelligenza dei protagonisti dei film horror), quello su cui il film punta è decisamente l’atmosfera: se è vero che Older gods inizia con la scena di un sacrificio umano in un rituale alquanto macabro, e che ogni tanto propone dei flash di questo tipo, è pure vero che il film punta assai di più sul non visto e sull’angoscia interiore, cosa che, unitamente al concetto di una sorta di deità cui si dedica un gruppo di accoliti, lo può inscrivere a buon diritto nel filone “lovecraftiano”.

Tanto più che non si tratta solamente di sacrifici umani atti a risvegliare una qualche antica deità, ma di qualcosa di più sottile, e per certi versi attraente: l’adesione a un gruppo, la guarigione interiore, la promessa di conoscenza e risveglio.

Il film non si avvale di grandi effetti speciali, essendo una produzione a bassissimo costo, ma è comunque molto efficace nel generare quel che gli serve, tramite disegni, voci fuori campo, ambientazioni misteriose.

Insomma, Older gods si è rivelato un film di seconda fascia, per così dire, ma talmente ben fatto da ambire alla prima, e certamente più fascinoso di molti film del medesimo genere horror. Fatto ancor più meritorio giacché, ho letto online, si trattava del film d’esordio, alla regia, di David A. Roberts.

Fosco Del Nero



Titolo: Older gods.
Genere: horror.
Regista: David A. Roberts.
Attori: Rory Wilson, Lindsay Bennett-Thompson, Ieuan Coombs, Jonathan Keeble, Holly Kehoe, Andrew Sexton, Tim Wellspring.
Anno: 2023.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui



martedì 13 febbraio 2024

Anon - Andrew Niccol

Il genere di Anon non è una sorpresa per chi conosce il regista Andrew Niccol, decisamente orientato verso la fantascienza e le tematiche di genere sociale e/o distopico: Anon è il suo quarto film che vedo, dopo GattacaIn time e The host… tutti e tre film inseribili nei filoni suddetti.

Ecco in grande sintesi la trama di Anon: in un futuro prossimo, l’umanità vive in una sorta di realtà informativa estesa dalla tecnologia, in cui ogni persona che si incontra per strada è già “schedata” per nome, età, professione e altro ancora.
Una tale realtà si presta molto al controllo informativo e assai poco alla libertà e alla privecy individuale…

… nonostante vi siano dei ribelli /trasgressori i quali rifiutano tale stile di vita e cercano di vivere nell’anonimato, da cui il titolo del film.

Sal Frieland (Clive OwenCloser, Sin CityI figli degli uomini, Valerian e la città dei mille pianeti) è un detective che un giorno incontra per strada una donna priva di informazioni, la quale si scopre essere uno degli anonimi, una sorta di rete di terroristi mediatici (almeno, loro li definiscono così, ma chiaramente la visione dei ribelli è assai diversa) i quali da un lato cercano di vivere liberi e non identificati, e dall’altro cercano di causare problemi ai loro nemici.

La donna (Amanda SeyfriedMean girls, Cappuccetto rosso sangueIn time) viene attratta in una trappola, ma ne esce bene, e anzi mette decisamente nei guai il detective Frieland (nome che evidentemente occhieggia alla libertà) il quale aveva funto da esca… assai da vicino, occorre dire.

Anon risulta interessante sia nella tematica sociale, sia nell’ambito tecnologico, dal momento che potrebbe anticipare alcuni fenomeni futuri. 

Cinematograficamente parlando, il film è discreto, pur se non imperdibile: molto ristretto come cast e come scenografia, non è del tutto convincente nei dialoghi e in certe scene, ma tutto sommato regge e si guadagna la pagnotta.

Forse sarebbe da 6 e basta, ma alzo il voto di un mezzo punto per le tematiche interessanti.

Fosco Del Nero



Titolo: Anon (Anon).
Genere: fantascienza, drammatico.
Regista: Andrew Niccol.
Attori: Clive Owen, Amanda Seyfried, Colm Feore, Sonya Walger, Mark O'Brien, Joe Pingue, Iddo Goldberg, Sebastian Pigott, Rachel Roberts (II), Ethan Tavares, Marco Grazzini.
Anno: 2018.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 7 febbraio 2024

Ladro lui, ladra lei

Son passato dalla trilogia di Poveri ma belli, conclusasi con Poveri milionari, a un altro classico di quel periodo: Ladro lui, ladra lei.
Gli anni, anzi, sono esattamente quelli: si va dal 1957 di Poveri ma belli al 1959 di Poveri milionari, passando per Ladro lui, ladra lei, datato 1958.

Gli ultimi due film citati hanno un’altra cosa in comune: l’attrice Sylva Koscina, allora sorta di sex symbol nazionale.
Quanto al regista Luigi Zampa, di lui finora ho recensito solamente un film, un altro classico con Alberto Sordi: Il vigile.

Ma veniamo alla trama di Ladro lui, ladra lei, il quale alla fine non è altro che una commedia semplice, con qualche venatura sentimentale ma più tendente al film comico: Cencio è il discendente di una stirpe di ladri, fieramente orgogliosa di esserlo, il quale va avanti tra furti, truffe e soggiorni al carcere di Regina Coeli, in cui è praticamene di casa.
Cesira è la  sua vicina e amica d’infanzia, anch’ella coinvolta in truffe di vario tipo… ma desiderosa di cambiare vita e di sistemarsi al meglio. Con tale intento va a lavorare come commessa, trovando però solamente dei datori di lavoro interessanti ad approfittarsi di lei, essendo una ragazza molto avvenente.
Anche il commerciante di stoffe Raimondi, che sulle prime gli era parso una brava persona, si allarga un po’ troppo, cosa che conduce al licenziamento e a una serie di eventi truffaldini di vario tipo.

Diciamo due cose: Ladro lui, ladra lei è un bel film, semplice ma gradevole e divertente. Sordi, talentuoso sin da giovane, regge la baracca quasi da solo, pur se aiutato da diversi comprimari.

La seconda cosa da dire è che il film non fa un bel quadro dell’Italia di allora, madre di quella di adesso (il frutto non cade lontano dall’albero): nelle periferie è pieno di gente che cerca di rubare e truffare; in centro è pieno di commercianti borghesi che non pagano le tasse e che si approfittano delle loro dipendenti; le dipendenti stesse cercano di sfruttare al meglio la loro situazione.

Inoltre, il presentare come il più simpatico il ladro inveterato, o comunque il disonesto che abusa del suo potere sugli altri (evento molto frequente nella carriera di Sordi, dal vigile al medico), è (probabilmente stato) a dir poco diseducativo.

Purtroppo i più trascurano il potere delle forme di intrattenimento, col risultato che oggi siamo arrivati alla propaganda di Netflix e in generale dei canali televisivi.

Ad ogni modo, Ladro lui, ladra lei è un film di valore, piacevole da vedere e interessante come testimonianza storica (vengono citati anche gli stipendi di alcune figure del periodo). Inoltre, è del tutto privo di volgarità, nell’eloquio e nelle scene, il che non è poco a paragone di quel che viene prodotto oggigiorno.

Fosco Del Nero



Titolo: Ladro lui, ladra lei.
Genere: commedia.
Regista: Luigi Zampa. 
Attori: Alberto Sordi, Sylva Koscina, Ettore Manni, Mario Riva, Anita Durante, Nando Bruno, Vinicio Sofia, Memmo Carotenuto, Carlo Delle Piane, Fausto Guerzoni, Mino Doro, Ada Colangeli, Antonio Acqua, Marisa Merlini, Mario Carotenuto.
Anno: 1958.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui



martedì 23 gennaio 2024

Poveri milionari - Dino Risi

Visto Poveri ma belli e il seguito Belle ma povere, era giunto il momento, con qualche decennio di ritardo, del terzo film della saga, ossia Poveri milionari.

In cabina di regia c’è sempre Dino Risi, mentre l’anno di produzione si sposta dal 1957 dei primi due film al 1959: una distanza comunque breve, testimonianza del buon successo riscosso all’epoca dai film in questione.

I protagonisti sono sempre quelli, con un’eccezione: abbiamo le due coppie maschili e femminili, Romolo e Salvatore da un lato, Anna Maria e Marisa dall’altro lato… ma non c’è più Giovanna-Marisa Allasio, di fatto sostituita di fatto da Alice-Silvia Koscina

Nel cambio, devo dire che ci si perde abbastanza, sia come presenza scenica, sia come funzionalità della storia.

Ma ecco la trama di Poveri milionari, film, come i suoi predecessori, sui temi sentimenti-gioventù-denaro: le due coppie si sono finalmente sposate, per quanto il viaggio di nozze a Firenze cominci in modo disastroso per via di disguidi con i treni.
Romolo ha un lavoro e ha appena preso una casa, mentre Salvatore è in difficoltà e perciò viene momentaneamente ospitato dall’amico nella casa nuova… una casa alquanto incompleta per problemi di ristrutturazione.

Le cose cambiano all’improvviso quando Salvatore, dopo una botta in testa, perde la memoria e viene accolto e accudito da Alice, giovane e ricca imprenditrice, che di fatto ne fa il suo fidanzato nonché il Direttore Generale dei grandi magazzini di cui è proprietaria… che non sono altro che il posto dove lavora Romolo.

Romolo è disperato per le 300.000 lire che Salvatore gli doveva rendere, e che ora dispera di rivedere, mentre Marisa è disperata perché teme di aver perso il suo marito-innamorato.

Va così avanti, per un po’, questa sorta di commedia degli equivoci dal tono molto leggero e disimpegnato, com’erano peraltro anche i due precedenti film.
Se Poveri milionari ha il merito di aver introdotto degli elementi nuovi, laddove Belle ma povere risultava quasi una replica di Poveri ma belli, è pur vero che rimane distante dal primo film, il quale resta nettamente il più bello ed efficace del trittico.

Fosco Del Nero



Titolo: Poveri milionari.
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Dino Risi.
Attori: Maurizio Arena, Renato Salvatori, Memmo Carotenuto, Sylva Koscina, Lorella De Luca, Alessandra Panaro, Fred Buscaglione, Gildo Bocci, Roberto Rey, Marco Tulli, Ughetto Bertucci, Mimmo Poli, José Jaspe, Mimo Billi
Anno: 1959.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui



martedì 16 gennaio 2024

Belle ma povere - Dino Risi

Belle ma povere è il seguito di Poveri ma belli, entrambi diretti da Dino Risi: se mi ricordavo perfettamente il primo film, personaggi, trama e persino molti dei dialoghi, non mi ricordavo niente del secondo, segno che probabilmente non lo avevo mai visto.

Girati nello stesso anno, il 1957, sono il secondo la diretta prosecuzione del primo, con la trilogia che è chiusa da Poveri milionari, il quale ugualmente non credo di aver mai visto e che dunque costituirà una prima visione… a distanza di appena sessantaquattro anni.

Ecco la trama di Belle ma povere: Romolo (Maurizio Arena) e Salvatore (Renato Salvatori) si sono fidanzati con Annamaria (Alessandra Panaro) e Marisa (Lorella De Luca), ossia le rispettive sorelle, e ora sono alle prese con la questione del futuro. Entrambi sono chiamati, un po’ dalla vita e un po’ dalle ragazze, a mettere la testa a posto, a smettere di bighellonare e farsi una buona posizione trovandosi un buon lavoro.
In questo, Romolo sembra esser messo meglio dell’amico, il quale tuttavia si fa preferire in quanto a carattere e a limpidezza.

A complicare le cose, oltre che le rispettive famiglie, anche la rediviva Giovanna (Marisa Allasio), sempre bellissima ma ora alle prese con un nuovo fidanzato, Franco (Riccardo Garrone), il benestante proprietario di una gioielleria.

Belle ma povere è caruccio, ma staziona diverse spanne sotto il suo predecessore: rispetto a Poveri ma belli, il suo successore perde in qualità, pur rimanendo vivace e movimentato. 
Se il primo film era memorabile, e non a caso inserito nelle classifiche dei migliori film italiani di tutti i tempi, il secondo non propone niente di nuovo rispetto al precedente film… se non variazioni su temi già affrontati, ma con un livello qualitativo inferiore.

I personaggi del film rimangono comunque simpatici, pur ognuno con i suoi evidenti difetti… ma, d’altronde, ci si era affezionati a loro già da Poveri ma belli.

Visto Belle ma povere, è ora il momento di chiudere il cerchio vedendo anche Poveri milionari… pur se non mi aspetto altro che altre variazioni sul tema.

Fosco Del Nero



Titolo: Belle ma povere.
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Dino Risi.
Attori: Maurizio Arena, Renato Salvatori, Marisa Allasio, Riccardo Garrone, Lorella De Luca, Sandra Panaro, Memmo Carotenuto, Gildo Bocci, Nino Vingelli, Ughetto Bertucci, Alessandra Panaro, Giorgio Gandos, Roy Ciccolini, Giancarlo Zarfati.
Anno: 1957.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 9 gennaio 2024

Una serie di sfortunati eventi - Mark Hudis, Barry Sonnenfeld

Conoscevo solamente di nome la saga di romanzi Una serie di sfortunati eventi, la quale aveva già dato luogo a un film, intitolato Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi, che però non mi pare di aver mai guardato.
Mi sono invece orientato sull’omonima serie televisiva in quanto mi ispiravano sia il cast che lo stile generale… senza contare che uno dei due produttori era Barry Sonnenfeld regista, decenni addietro, di film apprezzatissimi come La famiglia Addams, Men in black e Amore con gli interessi. Insomma, gli ingredienti parevano ottimi.

Quanto al cast, si prende la scena di protagonista, seppur di protagonista cattivo, Neil Patrick Harris, indimenticabile nella serie tv How I met your mother, mentre la figura/voce narrante è affidata a Patrick Warburton, attore non particolarmente noto che mi ricorda comunque un’altra sit-com, ossia Seinfeld, cui aveva partecipato come attore secondario in alcuni episodi.

L’intero prodotto è peraltro cosparso di attori provenienti da varie serie televisive: Max Greenfield (Veronica Mars), Morena Baccarin (Firefly e V- Visitors), Sara Rue (Perfetti... ma non troppo, The Big Bang theory), Nathan Fillion (Firefly)… per non parlare della comparsata di Cobie Smulders, coprotagonista di How I met your mother insieme allo stesso Neil Patrick Harris, il quale figura anche come produttore di Una serie di sfortunati eventi. E ovviamente non sto citando tutti.

Ma andiamo alla trama sommaria di Una serie di sfortunati eventi, serie composta di tre stagioni e di 35 episodi, dalla durata molto variabile (dai 35 ai 60 minuti): Violet, Klaus e Sunny Baudelaire sono tre fratelli, due ragazzini e una bambina piccola, che hanno perso tutto in un solo colpo. La loro casa è andata a fuoco e i genitori sono morti nell’incendio; di conseguenza, vengono affidati a un tutore, il Conte Olaf, il quale tuttavia si rivelerà un individuo spietato a caccia solamente della loro dote, bloccata sino alla maggiore età dei ragazzi.

L’uomo, loro lontanissimo parente, mostra sin da subito la sua “compagnia di attori” e col tempo rivelerà la sua antica appartenenza a una sorta di loggia segreta, della quale facevano parte anche i genitori Baudelaire, la quale tuttavia è implosa dall’interno a causa di uno scisma, generando due fazioni contrapposte in lotta tra di loro (tipo Templari e Assassini, ma in modo più umoristico e grottesco).

Il simbolo di tale confraternita, che ricorda molto l’occhio che tutto vede, nonché vari altri elementi della storia (come la mela salvifica porta da un serpente ai due orfani), suggerisce una componente di tipo massonico, sulla quale tuttavia non ci focalizziamo, per badare invece alla serie tv come prodotto d’intrattenimento.

Se il cast è notevole, ampio, variegato e qualitativamente sostenuto, la sceneggiatura è garantita dalla serie di libri, che non avrà avuto un grande successo per caso. Scenografie e colori si fanno notare, dal momento che il prodotto è molto curato, come si fanno notare in positivo le varie canzoni inserite in vari episodi: alcune sono notevoli e davvero orecchiabili, a cominciare dalla sigla, ottimamente resa in italiano (cosa che non era scontata), per proseguire con la canzone di “presentazione” del Conte Olaf nel primo episodio, anch’essa a suo modo memorabile.

Rimarchevole anche la varietà di situazioni e il trasformismo di Harris-Olaf.
Inoltre, Una serie di sfortunati eventi ha il pregio di utilizzare un linguaggio ricercato e preciso, risultando così anche educativa; lo so che a molti spettatori di fascia bassa non piace la ricercatezza linguistica, ma di mio la considero un pregio. Anche l’aspetto dell’intelligenza e della cultura è posto in bella evidenza, altro elemento meritorio.

La sigla introduttiva, per quanto esagerata nei concetti, si dimostra discretamente sincera, nel preannunciare effettivamente degli eventi sfortunati e tragici: la lista di personaggi che muoiono, e in modo truce, una volta giunti a fine serie è effettivamente lunga.

In rete ho letto che la serie è una sorta di mix tra lo stile di Wes Anderson e quello di Tim Burton: effettivamente il paragone calza piuttosto bene… pur se si dovrebbe aggiungere un referente anche per canti e balletti, componente piuttosto importante dell'opera.

Nel complesso, ho molto apprezzato Una serie di sfortunati eventi, serie tv che probabilmente mi rivedrò in futuro… ciò che è praticamente un sigillo di garanzia.

Fosco Del Nero



Titolo: Una serie di sfortunati eventi (A series of unfortunate events).
Genere: serie tv, commedia, grottesco, musicale.
Ideatore: Mark Hudis, Barry Sonnenfeld.
Attori: Neil Patrick Harris, Patrick Warburton, Usman Ally, Louis Hynes, Malina Weissman, Matty Cardarople, John DeSantis,  Sara Canning, Patrick Keating, Catherine O'Hara, Alfre Woodard, Mary Black, K. Todd Freeman, Presley Smith, Will Arnett, Cobie Smulders, Kitana Turnbull, Avi Lake, Sara Rue, Tara Strong, Cleo King.
Anno: 2017-2019.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



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