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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 25 settembre 2019

Il laureato - Mike Nichols

Il film Il laureato è assai famoso, e anzi è considerato un vero e proprio film culto…
… definizione che però lascia spesso il tempo che trova, nel senso che un film può esservi approdato o per un effettivo valore oggettivo o per il fatto di essere stato un film importante e rappresentativo di un certo periodo storico, senza però che il film, come opera artistica, abbia un grande valore.

Questo secondo a mio avviso è il caso de Il laureato, diretto da Mike Nichols nel 1967, e quindi alla vigilia dei movimenti di ribellione giovanili del “68.

Piccola nota per il regista, di cui avevo già recensito, e con buon esito, l’assai più recente Closer.
Quanto ai protagonisti, Dustin Hoffman era già comparso nel blog con Tootsie, I heart huckabees - Le strane coincidenze della vita, Piccolo grande uomo e Ishtar (con buonissime valutazioni medie), la coprotagonista Anne Bancroft con Dracula morto e contento e l’altra coprotagonista Katharine Ross con Donnie Darko, per quanto in un ruolo minore e ben più avanti con gli anni.

Ecco in grande sintesi la trama de Il laureato: Benjamin Braddock sta tornando a casa dopo aver completato il college con successo e ottimi voti. Egli, ragazzo di buona famiglia, benestante e figlio di imprenditori, viene accolto con clamore da genitori e parenti, con tanto di festa, regali, suggerimenti di carriera, etc.
Tuttavia il ragazzo, nonostante sembri avere la strada spianata verso un avvenire ricco e promettente, appare inquieto, cosa che traspare fin dalle prime e lunghe inquadrature del volto di Hoffman, in aeroporto. Il ritorno a casa non cambia le cose, e il ragazzo continua ad essere incerto e insicuro, anche perché, si viene a scoprire a breve, se ha completato con successo gli studi, è in realtà persona poco esperta del mondo e assai ingenua.
Tanto ingenua da farsi incastrare e sedurre dalla signora Robinson, la moglie del socio di suo padre e amica di famiglia, con cui, essenzialmente per noia e per fare esperienza, inizia una relazione clandestina, che rimane comunque solamente fisica, senza divenire mai sentimentale.
Le cose si complicano quando sia suo padre che l’amico socio, ossia il marito tradito, insistono con Ben affinché egli frequenti la di lui figlia Elaine… cosa che ovviamente non piace per nulla alla madre-amante. 

Il film essenzialmente è questo, pur avendo tralasciato dettagli e finale, ed essenzialmente va a giocare sul tema del vuoto interiore del protagonista, che cerca di riempirlo con qualcosa: gli studi non sono bastati, a quanto pare non basta nemmeno la prospettiva di carriera, e a posteriori egli conosce che non basta nemmeno la relazione sessale in cui s’è avventurato… ci prova quindi con una relazione sentimentale, che il film accenna nel suo inizio ma che poi non esplora, lasciando lo spettatore incerto su come le cose sono proseguite.

Senza dubbio Il laureato ha avuto un grande successo per aver saputo cogliere questa sensazione di vuoto e di inquietudine interiore… non a caso esplosa a livello massiccio negli anni immediatamente seguenti.
E senza dubbio al successo hanno contribuito la bella interpretazione di Dustin Hoffman, i due personaggi femminili accattivanti (la moglie traditrice in realtà grande appena sei anni più di Hoffmann, mentre la ragazza tre in meno, il che rendeva la distanza tra le due impossibile), nonché la bella colonna sonora basata sulle canzoni di Simon & Garfunkel (in particolare le famosissime The sound of silence e Mrs. Robinson).
Il connubio tra il tema piuttosto trasgressivo per quei tempi e il tono quasi da commedia agrodolce hanno ugualmente giovato all’opera e al suo successo.

Di mio, ho gradito sufficientemente Il laureato, ma non tanto da posizionarlo nella lista dei migliori film che ho visto, e probabilmente nemmeno tanto da rivederlo una seconda volta in futuro.

Fosco Del Nero



Titolo: Il laureato (The graduate).
Genere: drammatico, psicologico, sentimentale.
Regista: Mike Nichols.
Attori: Dustin Hoffman, Anne Bancroft, Katharine Ross, William Daniels, Murray Hamilton, Elizabeth Wilson, Buck Henry, Brian Avery, Richard Dreyfuss, Walter Brooke, Norman Fell.
Anno: 1967.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


martedì 24 settembre 2019

Ex machina - Alex Garland

Avevo trovato Ex machina inserito in una classifica dei migliori film di fantascienza degli ultimi decenni, e così me lo sono guardato.

Il fatto di avere in cabina di regina Alex Garland, un regista sì esordiente ma proveniente da ottimi lavori come sceneggiatore (The beach, Sunshine, Non lasciarmi28 giorni dopo), deponeva a favore del film, così come i numerosi premi e nomination conseguiti qua e là.
Tuttavia, Ex machina mi ha in parte deluso, e vado a spiegare perché.

Come prima cosa, però, tratteggiamo la trama del film, ambientato in un prossimo futuro, tanto da poter essere confuso con il presente: Caleb Smith, un giovane programmatore, vince il concorso della BlueBook tra i suoi dipendenti e ottiene la possibilità di andare a trascorrere un periodo presso la casa di Nathan Bateman, ricco ed eccentrico fondatore della stessa BlueBook, che nella storia è una sorta di colosso tipo Google.
L’obiettivo del concorso e della sua partecipazione è quello di testare un’intelligenza artificiale cui Nathan sta lavorando da molto tempo, al fine di stabilire se essa ha sviluppato una sua coscienza e dunque potrebbe passare per un essere umano vero e proprio.
Per rendere la cosa ancora più attendibile, l’androide in questione ha una forma umana, movenze umane, un’espressività facciale e vocale umana, e persino un’imitazione di organi sessuali che gli renderebbe possibile avere dei rapporti con un essere umano. Tale intelligenza porta il nome di Ava.
A completare gli abitanti della casa di Nathan, un eremo supertecnologico e superblindato costruito tra i fiordi norvegesi, c'è Kyoko, una bellissima ragazza giapponese con funzioni apparentemente da cameriera.

Essenzialmente Ex machina è un film su un’intelligenza artificiale che acquista consapevolezza di sé… quanto di più banale esista nella fantascienza.
Come sempre, se il canovaccio è banale, occorre che si distingua ed eccella la realizzazione, e in questo Ex machina ha un suo valore: tra lo scenario naturale della Norvegia e la bellezza degli interni della casa, nonché le protagoniste femminili, modelle e ballerine, il film non scarseggia quanto a bellezza.

Tuttavia, e purtroppo, storia e dialoghi non reggono, e anzi si dimostrano essi stessi un po’ banali, come è poco credibile la figura di Nathan, il giovane genio mix tra informatico e palestrato, e molto alla moda con la sua barba lunga… e pure mezzo alcolizzato.
Non regge nemmeno il finale, che ovviamente non svelo: poco credibile e anzi impossibile per le premesse del film.

Insomma, tutto il progetto mi è sembrato una scusa per la solita banalità sul punto fino al quale può o non può spingersi la scienza umana, e sul punto in cui può o non può ribellarsi la tecnologia macchina… e ovviamente una scusa per mostrare un ricco campionario di nudità o di accennata sessualità, giacché l’androide in questione ha un’aria molto sexy.

Se questa è la migliore fantascienza degli ultimi anni, beh, allora c’è da rammaricarsi per la vecchia fantascienza di valore… ma anche, son sicuro, per quella che verrà.

Chiudo la recensione con una frase interessante, almeno quella: “La sfida non è agire automaticamente. È trovare un’azione che invece non sia automatica. Che sia dipingere, respirare o parlare.”

Fosco Del Nero



Titolo: Ex machina (Ex machina).
Genere: fantascienza, drammatico, psicologico.
Regista: Alex Garland.
Attori: Domhnall Gleeson, Oscar Isaac, Alicia Vikander, Sonoya Mizuno, Chelsea Li, Corey Johnson, Evie Wray, Deborah Rosan, Symara A. Templeman, Elina Alminas.
Anno: 2014.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 18 settembre 2019

Prima di domani - Ry Russo-Young

Mi sono accostato a Prima di domani con un po’ di sospetto, dal momento che i progetti poco originali mi lasciano perplesso già in partenza, specialmente se prendono le mosse da un classico del cinema come Ricomincio da capo, il quale peraltro aveva già avuto dei remake, come ad esempio l’italianissimo e ben riuscito È già ieri, il quale non fece l’errore di riproporre il film originale di sana pianta e vi inserì invece uno stile e degli episodi differenti.

Fortunatamente, lo dico subito, anche Prima di domani evita di compiere questo errore, e anzi dà vita a un film totalmente diverso, che parte come un teen movie alla Mean girls, procede con lo spunto tratto da Ricomincio da capo, avanza con dilemmi interiori in stile The butterfly effect e termina come un psico-dramma, portando anch’esso avanti il percorso di crescita interiore del suo protagonista (la sua protagonista, in questo caso).
Anzi, forse lo fa in misura persino maggiore rispetto a quanto fanno i suoi predecessori, i quali dal canto loro erano rimasti su un’impronta più da commedia.

Vediamo in grande sintesi la trama di Prima di domani, diretto nel 2017 da Ry Russo-Young: Samantha Kingston (Zoey Deutch: la solita 23enne messa a recitare la parte di una 17enne) è una liceale che pare avere tutto dalla vita: la gioventù, la bellezza, una buona famiglia, delle amiche affezionate e fidate, uno dei ragazzi più popolari della scuola, abbondanza, macchine, feste e via discorrendo.
Tuttavia, il destino sarà beffardo con lei quando si prenderà la sua giovane vita durante un incidente stradale mentre era in macchina con le sue tre amiche del cuore…
… inaspettatamente, però, la ragazza si sveglierà all’inizio del medesimo giorno e rivivrà la stessa giornata.
La stessa, ovviamente, a meno che lei non faccia qualcosa di diverso.

Mentre in Ricomincio da capo e in È già ieri ciò costituiva uno spunto per proporre numerose variazioni sul tema, sovente comiche, come una vera e propria esplorazione del ridotto scenario di vita in cui si muoveva il protagonista, Prima di domani si mostra più sobrio in questo senso, e anzi in ciò pare persino avaro: propone qualche giornata e qualche variazione, ma poca roba in fin dei conti, concentrandosi di più sull’aspetto interiore e psicologico della protagonista.

Fatto non negativo in sé, ma che appare un po’ frettoloso, giacché Samantha matura assai rapidamente, passando in poche giornate dall’adolescente (pur se 23enne…) frivola e anche un po’ cinica che era all'inizio alla ragazza matura, sensibile e altruista che finisce per diventare.

Anche in questa circostanza, come nel caso dei suoi predecessori, l’amore, la compassione interiore e l'altruismo sono ciò che funge da “apriscatole” e che permettere di interrompere quello che in Ricomincio da capo era il “giorno della marmotta” e che in Prima di domani è il “giorno di cupido”, detto così perché in quel giorno a scuola i ragazzi regalano una rosa alla persona di cui sono invaghiti.

Complessivamente Prima di domani è un buon film e alla trama sufficientemente interessante, per quanto non originale, unisce una bella scenografia e una bella fotografia, immerse in foreste e case di campagna nordamericana.
A tale bellezza tecnica e scenica su aggiunge il fattore educativo del film, che non è affatto trascurabile: sensibilità, dolcezza, compassione, altruismo e sacrificio divengono così il perno centrale della storia... la quale a conti fatti diviene un'ottima storia.

Un ultimo appunto: se per un film non è un delitto essere un remake, purché ben fatto e con degli elementi personali, per un romanziere è decisamente meno lodevole prendere di sana pianta un’idea precedente e scriverci sopra un romanzo; e si dà il caso che questo film sia la trasposizione del romanzo di Lauren Oliver E finalmente ti dirò addio. Autrice per adolescenti e libro per adolescenti, che probabilmente non hanno mai visto né conoscono Ricomincio da capo.

Chiudo con alcune frasi interessanti tratte dal film.

“Per qualcuno di noi c’è soltanto l’oggi, e quello che fai oggi ha importanza, nel singolo momento e forse per l’eternità.”

“Non è strano come succedano certe cose? Sembra tutto collegato.”

“Diventa chi sei.”

“Devi concentrarti su una cosa buona e vedere dove ti porterà.”

“Forse ero morta ed ero all'inferno. 
Forse ero viva ed ero all'inferno. 
Non aveva importanza, niente aveva più importanza.”

“Sisifo è molto stanco, ma crede ancora di essere in grado di spingere quel masso in salita."

“L’unica via di scampo è cambiare.”

“È troppo tardi”.
“Non è vero; non è mai troppo tardi.”

“È stato molto tempo fa.
È stato ieri.”

“Certi momenti durano per sempre.
Anche quando sono finiti continuano.”

“Sam, mi hai salvata.”
“No, tu hai salvato me.”

Fosco Del Nero



Titolo: Prima di domani (Before I fall).
Genere: psicologico, esistenziale, drammatico.
Regista: Ry Russo-Young.
Attori: Zoey Deutch, Halston Sage, Logan Miller, Kian Lawley, Elena Kampouris, Jennifer Beals, Diego Boneta, Alyssa Lynch, Nicholas Lea, Liam Hall.
Anno: 2017.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 17 settembre 2019

Repo man - Miguel Sapochnik

Avevo trovato il film di Miguel Sapochnik del 2010 Repo man in una classifica dei migliori film di fantascienza degli ultimi decenni, e dunque me lo ero segnato, per poi vedermelo.

Dico subito che sono rimasto delusissimo, sia dal film sia dall’inserimento in classifica: d’accordo che i gusti son personali per definizione, ma chi fa classifiche dei migliori dovrebbe farlo solo se in grado.

Peraltro, Repo man guadagna un triste primato: è il primo film con protagonista Jude Law, attore evidentemente non solo bravo a recitare ma anche a scegliersi sceneggiature di valore, a non piacermi. 

Ma andiamo con ordine, partendo da genere e trama.
Genere: siamo nella fantascienza, con forti inserimenti d’azione, thriller, dramma e sentimenti.
Trama: un in futuro più tecnologico di quello attuale, buona parte della popolazione sopravvive grazie a perfetti organi meccanici impiantati nel proprio corpo, e pagati a rate, come se si trattasse della finanziaria per un elettrodomestico. O per meglio dire di un mutuo, giacché per le rate elevate in tanti non ce la fanno a tenere il passo, finendo per arrivare al termine ultimo, quello in cui entrano in gioco i “repo man”, sorta di agenti di riscossione credito autorizzati per legge ad aprire le persone inadempienti per riprendersi indietro l’organo.
Il che già da solo non fa partire bene la sceneggiatura, ma andiamo avanti. Remy (Jude LawSleuth - Gli insospettabiliAlfieExistenzGattaca - La porta dell'universoCloserSherlock Holmes,  I heart huckabees - Le strane coincidenze della vita, Grand Budapest Hotel) è un repo man, e uno dei più talentuosi, amico fin dall’infanzia del collega Jake (Forest Whitaker), il quale un bel giorno ha una disavventura, che lo costringe a farsi impiantare lui stesso un cuore.
E le rate hanno inizio…
Da citare anche il personaggio di Beth (Alice Braga; Io sono leggenda, Elysium, Predators), una di quelle persone inadempienti che ormai vivono ai margini della società, nella perenne paura di essere scoperte e quindi aperte, e uccise, in modo perfettamente legale. 

Non so come sia la storia originale nel romanzo The repossession mambo di Eric Garcia, da cui è tratto il film, ma il film è un b-movie di scarso valore. Violento e gretto, sia negli eventi sia nei toni, va avanti tra una scena d’azione e l’altra, e tra un umorismo gretto e un altro.
Per di più, se questa è la media, il film è privo di picchi elevati, di qualcosa che lo risollevi almeno in parte. La stessa storia d’amore tra il protagonista maschile e la protagonista femminile, peraltro largamente prevedibile, non aiuta in tal senso, ma anzi con la scena finale, mix tra erotismo e chirurgia senza anestesia, fa precipitare il prodotto ancora più in basso.
E, come se non bastasse, il finale è letteralmente copiato da Brazil, il celebre film di Terry Gilliam (quello sì film brillante). Quanto lo ha preceduto mi ha invece ricordato Johnny Mnemonic, non nella trama ma nell’incedere, tanto che non mi stupirei se tali riferimenti o altri fossero stati nella mente del regista, che peraltro era al suo esordio cinematografico e in ciò manifestava la sua inesperienza e il suo nullo curriculum.

Insomma, Repo man e Miguel Sapochnik sono bocciati.
E pure quelli che li mettono nelle classifiche.

Fosco Del Nero



Titolo: Repo man (Repo man).
Genere: fantascienza, drammatico, azione, thriller, sentimentale.
Regista: Miguel Sapochnik.
Attori: Jude Law, Forest Whitaker, Alice Braga, Liev Schreiber, Liza Lapira, Carice van Houten, Rza, Yvette Nicole Brown, Chandler Canterbury, Tanya Clarke, Ashleigh Hubbard.
Anno: 2010.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 11 settembre 2019

L’immagine mancante - Rithy Panh

Quest’oggi si fa un’eccezione al tipico prodotto di Cinema e film, che per l’appunto è il film, recensendo un suo cugino: un documentario, e precisamente il film-documentario diretto nel 2013 da Rithy Panh e intitolato L’immagine mancante.

Non mi ricordo in che modo fossi arrivato al suddetto titolo, ma immagino che mi sia stato suggerito come film in qualche modo ispirante, giacché di mio non ho una passione per i documentari, e soprattutto per quelli a sfondo storico, e soprattutto per quelli di impronta fortemente triste e drammatica… come è per l’appunto L’immagine mancante.

Pur non amando questo genere di prodotti, devo elogiare L’immagine mancante per due motivi.
Il primo è la tecnica di realizzazione originale e coraggiosa: il regista, non avendo a disposizione che pochissime immagini o filmati, giacché il regime di Pol Pot aveva fatto distruggere tutto, ha ricreato gli scenari tramite statuine di legno realizzate e dipinte e mano, e circondate da scenografie assai semplici, cui si unisce il sonoro per dare quantomeno l’impressione di filmato. 
Il secondo è l’aver raccontato dal punto di vista di un bambino abitante di Phnom Penh, la capitale della Cambogia, ciò che è stata la dittatura dei Khmer Rossi dal 1975 al 1979, periodo relativamente breve ma che bastò ai Khmer per uccidere circa un milione e mezzo di persone, sarebbe a dire un quarto della popolazione cambogiana di quel periodo.  A quel periodo seguì peraltro una sorta di resistenza armata. 

Pesantemente influenzato dal maoismo più estremista, Pol Pot e il suo regime ha cercato di realizzare con la forza una sorta di socialismo reale, col quale si sarebbe dovuta rendere grande e indipendente la nazione: un misto di utopia, violenza, condizionamento e propaganda massiccia, con cui si cercò di “purificare la Cambogia” e con cui si mandarono tutti, bambini compresi, ai lavori forzati nei campi di riso o nelle miniere.
Insieme a ciò, vi furono l'espropriazione totale dei beni (con l’unica eccezione del cucchiaio personale con cui si mangiava la razione giornaliera di riso), la distruzione dei nuclei familiari (ritenuti contrari alla socializzazione globale), una propaganda massiccia, l'eliminazione di intellighenzia e artisti (considerati pericolosi), esecuzioni arbitrarie e torture, e un particolare accanimento nei confronti degli abitanti della capitale (ritenuti “borghesi”), tanto che il regime praticamente svuotò la città…

… e forse la cosa che più rimane impressa di tutto il film è il contrasto tra due filmati di Phnom Penh (questi reali, di repertorio), dapprima piena di vita e di colore e poi letteralmente vuota e morta, cosa peraltro vista per altri paesi che hanno vissuto qualcosa di simile tra guerre o rivoluzioni civili: Afghanistan, Iraq, Siria, Libia… e spesso peraltro in mezzo ci siamo stati noi occidentali, tra Usa, Nato e Italia stessa, il che è ancor più triste.
Al tempo, per dire, Pol Pot ebbe l’appoggio di Usa e Cina in funzione anti-Russia, ed erano molti gli intellettuali europei che guardavano con simpatia al “progetto socialista egualitario” dei Khmer Rossi. 

In sintesi, L’immagine mancante racconta tutto questo, che è noto come il “genocidio cambogiano”, e lo fa a modo suo, tra le poche immagini presenti, i suoni ricreati, e le tante statuine scolpite per l’occasione.

Ripeto: non amo molto gli omaggi ai drammi del passato (che peraltro son pure difficilmente confermabili o smentibili, giacché pure del presente non si ha certezza… nemmeno del proprio, figuriamoci di quello altrui e lontano), ma L’immagine mancante comunque è un buon prodotto, che peraltro non fa l’errore di metterla troppo sul pesante, e che con la sua originalità si è guadagnato una nomination agli Oscar e agli European Film Awards.

Fosco Del Nero



Titolo: L’immagine mancante (L'image manquante.).
Genere: documentario, storia, drammatico.
Regista: Rithy Panh.
Anno: 2013.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 10 settembre 2019

The butterfly effect 2 - John R. Leonetti

The butterfly effect 2 è l’esempio tipico di cinema di basso profilo.
Non necessariamente perché si tratti di uno dei più brutti film della storia, ma, semplicemente, perché è un film fatto esclusivamente per cavalcare il buon successo di un film precedente, in questo caso il primo The butterfly effect, e proporre un seguito pur senza la minima idea originale e di qualità dietro.
Quindi: una produzione non fatta per produrre arte o per dare qualcosa a chi osserva, ma semplice prodotto commerciale.
In questo senso, non sorprende che a dirigerlo vi sia un nome, quello di John R. Leonetti, a me sconosciuto, dalla carriera mediocre, e anzi quasi nulla come regista, provenendo dal settore della fotografia.

E in effetti, visivamente parlando, The butterfly effect 2 ha un buon colpo d’occhio, salvo poi perdersi nella banalità degli eventi e in un sentimentalismo piuttosto pacchiano.

Ma andiamo con ordine, partendo dalla trama: 
Nick Larson e la sua fidanzata Julie Miller sono andati a fare una gita in campagna per il compleanno di lei, insieme a una coppia di amici stretti. Purtroppo, sulla via del ritorno, i quattro hanno un terribile incidente automobilistico, a cui sopravvive, per miracolo, il solo Nick.
Egli riprende la sua vita, ma a un anno di distanza si rende conto di poter tornare indietro nel tempo, utilizzando delle foto (nel primo film invece il protagonista usava le pagine del suo vecchio diario di bambino) e tornando proprio nell’evento registrato da quelle foto.
Nick torna così indietro e salva la vita ai suoi amici, e man mano che qualcosa della sua vita non gli piace, prende una foto e torna indietro con lo scopo di migliorare la situazione.
Tuttavia, le cose non sono così semplici, e Nick, anziché migliorare, spesso peggiora, fino a che…

Come contenuti, The butterfly effect 2 è desolante: mentre nel primo The butterfly effect il protagonista entrava nei suoi ricordi di bambino allo scopo di cambiare qualcosa di effettivamente drammatico, in questo secondo film della serie (c’è anche The butterfly effect 3, ma a questo punto non credo lo vedrò mai) il protagonista, personaggio peraltro davvero poco carismatico, come peraltro tutto il cast è meno brillante rispetto al cast del primo film (Ashton Kutcher, Amy Smart, etc), va indietro persino per trivialità, come ottenere un posto di lavoro al posto della persona che lo aveva ottenuto, e via discorrendo.

Anche il finale è di una banalità sconfortante, e praticamente riprende il finale del primo film, drammatizzandolo in senso melodrammatico.

Insomma, non ci siamo: The butterfly effect 2 è un prodotto di livello davvero basso, e infatti da noi non è nemmeno arrivato al cinema.
Saga di The butterfly effect interrotta e regista John R. Leonetti bocciato.

Fosco Del Nero



Titolo: The butterfly effect 2 (The butterfly effect 2).
Genere: fantastico, drammatico.
Regista: John R. Leonetti.
Attori:  Eric Lively, Erica Durance, Gina Holden, Dustin Milligan, David Lewis, Andrew Airlie, Susan Hogan, Jerry Wasserman, Jr Bourne.
Anno: 2006.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 4 settembre 2019

Metropolis - Rintaro

Avevo visto il film d’animazione Metropolis molti anni fa, prima di aprire il blog Cinema e film, ragion per cui in esso non vi era la sua recensione.
Rimedio ora con la seconda visione del film, che è una sorta di remake di genere d’animazione basato sull’omonimo e antico film di Fritz Lang, nonché su un manga di qualche anno prima (di tale Osamu Tezuka).
Dovendo dare un'idea generale citando altri film, siamo a metà strada tra Metropolis di Lang, Akira, Ghost in the shell... e anche Io, robot.

Ecco in sintesi la trama di Metropolis, diretto da Rintaro: siamo in un futuro iper-tecnologico, per quanto spesso a tinte retrò, tanto nella musica (un jazz anni "40-"50) quanto nell’abbigliamento, e abbiamo a che fare con una città-stato di grandi dimensioni, tanto in senso orizzontale quanto in senso verticale: essa infatti si dipana su tre differenti livelli. In quello superiore vivono gli uomini altolocati, in quello mezzano vivono gli uomini di estrazione sociale più umile, e nel terzo vivono i robot, a cui però è consentito stare nei livelli superiori per svolgere le loro mansioni.
La città è governata dal Presidente Boone, ma il potente Duca Red sta espandendo sempre più la sua influenza, un po’ con il partito Marduk, da lui stesso creato e all’interno del quale si muove il suo figlio adottivo Rock, un po’ tramite la creazione di una super-arma di grande impatto, ma anche con la progettazione di un super-robot, dalle fattezze della figlia Tima da lui perduta in precedenza.
A lavorare a quest’ultimo progetto egli ha posto il Dott. Laughton, uno scienziato mezzo folle che l’investigatore Shunsaku Ban è giunto a cercare lì dal Giappone insieme al nipote Kenichi; egli sarà affiancato dall’investigatore robot Pero

Questa essenzialmente la trama di Metropolis.
Veniamo ora al commento, prima dal punto di vista tecnico.
Visivamente Metropolis è davvero ben fatto, e spesso colpisce lo sguardo in positivo: i disegni sono molto belli e colorati, di impronta spiccatamente fumettosa, specialmente nella caratterizzazione dei protagonisti, le animazioni sono belle e fluide, e ad accompagnare il tutto c’è una discreta dose di computer grafica, la quale però a volte stona con lo stile fumettoso del resto del disegno. 

Dal punto di vista del filone di fondo, Metropolis versione animata riprende almeno in parte gli scenari di tensione sociale del più famoso Metropolis, nonché qualche riferimento antico: la ziqqurat babilonese (nel Metropolis originale c’era direttamente Iside), la Torre di Babele (citata in entrambi) e Marduk (onestamente non mi ricordo se vi fosse un Marduk nel Metropolis di Fritz Lang).
Citazioni già curiose nel Metropolis europeo, e ancora più curiose nel Metropolis giapponese, il quale però rimane su un piano più citazionista, mentre Lang aveva cosparso il suo film di molti elementi simbolico-esoterici… in modo anche inquietante.

Globalmente parlando, ho gradito assai Metropolis di Rintaro: è un bel film d’animazione, teso nelle vicende ma abbastanza leggero nel tono generale, che propone bellezza e contenuti.
Non è un prodotto imperdibile, e forse patisce un po’ il confronto con il suo più nobile omonimo, ma ha un suo valore, soprattutto come film d’animazione.

Fosco Del Nero



Titolo: Metropolis (Metoroporisu).
Genere: anime, animazione, cyberpunk, fantascienza.
Regista: Rintaro.
Anno: 2001.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 3 settembre 2019

Mongol - Sergej Bodrov

Mongol, film del 2007 del regista russo Sergej Bodrov, mi era stato consigliato da un mio lettore come film dai contenuti esistenziali, e per questo me lo sono visto.
In realtà, i contenuti esistenziali promessi non c’erano, ma in compenso mi sono visto un bel film, davvero ben realizzato, sorta di colossal dell’Oriente.

Per chi non lo sapesse, il film racconta la storia, per quel che si sa della figura storica, derivato in gran parte da un’autobiografia, di Gengis Khan, il condottiero mongolo che, dopo aver superato una giovinezza irta di insidie e minacce, è riuscito a metter su un esercito colossale, capace di conquistare mezzo mondo.
Beh, forse non mezzo ma un quinto, e segnatamente quasi tutto il continente d’Asia, con l’eccezione della Russia settentrionale, dell’India e dell’Indonesia, con i suoi confini che si sono spinti fino all’Europa dell’est.

Tuttavia, Mongol non racconta la storia di questo impero, bensì la la giovinezza di Gengis Khan, che era chiamato Temujin prima di diventare il grande khan che è divenuto poi.
Siamo nella seconda metà del dodicesimo secolo, e seguiamo la storia di Temujin, per l’appunto, un bambino destinato a divenire khan, ma che quando è bambino vede il suo titolo ereditario vanificato dall’assassinio di suo padre Yesugei tramite avvelenamento, con conseguente usurpazione del suo ruolo, nonché minaccia di vita alla sua persona, risparmiata solo perché i mongoli non uccidono bambini. L’usurpatore, Targutai, attende dunque che il bambino cresca e sia alto almeno quanto la ruota di un carro, come da regole tribali, prima di poterlo uccidere.
Tuttavia, Memujin riesce a fuggire in qualche modo, e man mano porta avanti la sua vita, pur tra mille difficoltà, aiutato in ciò dalla bella e giovane moglie Borte, e ostacolato invece dal fratello di sangue Jamukha.

Mongol è un film davvero ben girato e ottimamente curato, e non a caso ha ricevuto una nomination agli Oscar, premio che il regista russo Bodrov peraltro ha vinto con un altro suo film, Il prigioniero del Caucaso, prova del fatto che non gli è riuscito bene un film per caso. 

Peraltro, l’ambientazione del film sono i veri luoghi in cui è nato e cresciuto l’impero mongolo: quindi Mongolia, con una piccola escursione nella confinante Cina

Detta della scelta del regista di non focalizzarsi su battaglie e conquiste militari, ne deriva come conseguenza la scelta opposta, quella di concentrarsi sulle usanze culturali del popolo mongolo di allora, oltre che sugli episodi della vita di Gengis Khan.
In particolare, è interessante il rapporto tra uomini e donne, con le seconde che, prede di scorrerie, vengono trattate alla stregua di bottini di guerra, e cambiano conseguentemente marito o amante ad ogni cambio di vento… salvo poi mostrarsi estremamente forti come la Borte di Temujin. Sempre parlando di donne, interessanti i consigli del padre di Temujin al figlio bambino su quali sono gli elementi più importanti per scegliersi una donna: occhi piccoli e gambe forti vanno per la maggiore.

In conclusione, mi è piaciuto vedere Mongol, con tutto che un paio di anni fa avevo sentito una puntata radiofonica dedicata proprio alla vita di Gengis Khan, che quindi grossomodo ricordavo (occorre dire che nel film è stata di molto alterata e semplificata, nonostante le due ore suonate dell’opera).

Fosco Del Nero



Titolo: Mongol (Mongol).
Genere: drammatico, storico.
Regista: Sergej Bodrov.
Attori: Tadanobu Asano, Honglei Sun, Khulan Chuluun, Odnyam Odsuren, Aliya, Ba Sen, Amadu Mamadakov, He Qi, Ben Hon Sun.
Anno: 2007.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


Il mondo dall'altra parte