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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 28 aprile 2021

Una settimana da Dio - Tom Shadyac

Sul sito era presente da tempo la recensione di Un’impresa da Dio, seguito di Una settimana da Dio: quest’ultimo lo avevo visto prima di aprire il blog e l’ho rivisto ora, cosa che colma la lacuna con la suddetta recensione.

Le basi: il motore centrale del film è la premiata coppia Tom Shadyac-Jim Carrey, rispettivamente regista e attore, che aveva fatto furore con Ace Ventura - L’acchiappanimali.

Del primo peraltro ho recensito anche Dragonfly - Il segno della libellula e Patch Adams, oltre allo stesso Un'impresa da Dio; il secondo, invece, era già comparso nel blog per The Truman showYes man, Man on the moon, The number 23 e The Majestic.

Una settimana da Dio è dunque la quinta apparizione di Jim Carrey sul blog e, curiosamente, tutti i film hanno un sottofondo dal sapore psicologico-esistenziale: il più netto come simbolismo è ovviamente The Truman show, ma anche Yes man, The number 23 e Man on the moon hanno qualcosa da dire. La cosa è tanto più curiosa col senno di poi, dal momento che Jim Carrey si è col tempo assai distaccato dal mondo dorato di Hollywood, andando invece a “imparare il mestiere” da Eckhart Tolle, quasi fosse stato predestinato a quel percorso (come forse era).

Curiosamente, il numero 23, certamente non un numero tra i più frequenti, compare diverse volte in Una settimana da Dio: il personaggio di Carrey viene mandato nella 23esima strada, e vi viene mandato dopo che chiama il 555-0123. Numero il quale peraltro, nella prima produzione del film, era il 776-2323 (quindi due volte 23) e che è stato cambiato nelle successive edizioni del dvd quando ci si è resi conto che era un numero funzionante in diverse zone degli Stati Uniti (vi rispondevano, a proposito di curiosità, una chiesa in California, una chiesa in Georgia e un pastore del Wisconsin: tre recapiti religiosi, curiosamente, a proposito di temi esistenziali).

Nel dettaglio, Una settimana da Dio, pur se è chiaramente una commedia, propone qualcosa a livello di fede, di ego, di perfezione dell’esistenza, di intuizione e di talento-percorso personale.

Ma andiamo alla trama sommaria del film: Bruce Nolan è il reporter televisivo di un’emittente locale di Buffalo e aspira al ruolo di anchorman, che sta per essere lasciato vacante per via del pensionamento del suo titolare. Ad aspirarvi vi è però anche Evan Baxter, giornalista di studio il quale parte avvantaggiato rispetto a Nolan… e difatti ottiene il posto, per la disperazione di Bruce, che inizia a lamentarsi della sua vita e di Dio…
… fino a che Dio stesso (sotto le spoglie di Morgan Freeman) gli appare e gli consegna in toto i suoi poteri, che si riveleranno meno divertenti di quanto Bruce avrebbe pensato; ciò che porta l’uomo a rivalutare la sua vita, le cose belle che ha già (tra cui la moglie Grace, interpretata da Jennifer Aniston) e in generale la bellezza e la perfezione dell’esistenza.

In effetti, pur senza avere il simbolismo di Matrix o di Fight Club, di Revolver o di Allucinazione perversa, di Dark City o di Essi vivono, o nemmeno gli insegnamenti di film come Il pianeta verde, La leggenda di Bagger Vance, L’incredibile vita di Timothy Green o Peaceful warrior – La forza del campione (e così vi ho fatto una piccola lista di film significativi, mentre qua trovate la lista completa: Film che aprono la mente… o il cuore), Una settimana da Dio ha qualcosa da proporre, sovente sotto forma di frasi che nella gran parte dei casi saranno nascoste dal tono lieve della commedia, ma che pur ci sono, come le seguenti che vado a proporre.

“Sei cieco.”

“La vita è giusta.”

“Lo sai che tutte le cose succedono per un motivo.”

“Ho bisogno della tua guida, Signore. Ti supplico, mandami un segnale.”
(dopo mezzo secondo gli appare davanti un camion che gli mostra diversi cartelli: “Attenzione avanti”, “Strada chiusa”, “Senso contrario”, “Stop”, “Non entrare”)

“Vieni a trovarci, altrimenti continueremo a chiamarti.”

“Quella  luce è quasi accecante.”
“Sì, lo è per molte persone; passano la vita nell’oscurità cercando di nascondersi da me.”

“Io so parecchie cose di te: tutto quello che finora hai detto, fatto o anche pensato di fare, è tutto lì, in quello schedario.”

“Vieni, camminiamo insieme sul sentiero.”

“Per quanto sporca possa diventare una cosa, puoi sempre darle una bella ripulita.”

“Le persone vogliono che faccia tutto io, e non si rendono conto che sono loro ad avere il potere.”

“Vuoi vedere un miracolo? 
Sii il tuo miracolo.”

“Continua a guardare in alto.”

“Io mi arrendo alla tua volontà.”

A proposito del percorso dapprincipio fortemente egoico del protagonista, e poi via via più interiore, a fine film il cartellone che lo ritraeva in qualità di "Mister Esclusiva" viene buttato giù: un simbolo piuttosto evidente dell'abbattimento dell'ego che Bruce ha dovuto subire nel corso della storia.
Non per niente, con l'ultima citazione l'uomo dimostra di aver messo da parte la volontà del piccolo e misero ego e si arrende alla volontà divina superiore.

Fosco Del Nero



Titolo: Una settimana da Dio (Bruce almighty).
Genere: commedia, fantastico.
Regista: Tom Shadyac.
Attori: Jim Carrey, Jennifer Aniston, Morgan Freeman, Philip Baker Hall, Catherine Bell, Steve Carell, Lisa Ann Walter, Nora Dunn, Eddie Jemison, Paul Satterfield, Mark Kiely.
Anno: 2003.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



martedì 27 aprile 2021

The dreamers - I sognatori - Bernando Bertolucci

Avevo visto The dreamers - I sognatori, film del 2003 di Bernando Bertolucci, una prima volta molto tempo fa, ma onestamente non mi ricordavo molto se non l’ambientazione e il rapporto insolito tra i protagonisti.

Ho proceduto così a una seconda visione, col film che mi ha lasciato una sensazione globalmente positiva, per quanto non del tutto appagante.

Ma partiamo dalla trama sommaria di The dreamers - I sognatori: Matthew (Michael Pitt; I origins, Dawson’s creek) è uno studente americano che studia a Parigi nel 1968, in pieno movimento studentesco e politico. Non parlando ancora benissimo il francese, ed essendo un po’ riservato, si rifugia nel cinema, di cui è grande appassionato, e conosce così Isabelle (Eva Green, all’epoca all’esordio e che poi sarebbe divenuta una grande attrice: Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali, Dark shadows, Sin City  - Una donna per cui uccidere, FranklynLa bussola d’oro, Arsenio Lupin) e Theo (Louis Garrel), due fratelli gemelli.. 
… più gemelli di quanto si potesse pensare a prima vista, affiatati tanto da sfiorare l’incesto.
I tre diverranno una sorta di triangolo, oscillante tra cultura, cinema e sesso.

The dreamers - I sognatori è chiaramente un film girato con qualità, e di qualità ce n’è molta da vari punti di vista: fotografia, montaggio, recitazione.
È tra l’altro un film fortemente citazionista, dal momento che cita, a parole, tramite scene girate o direttamente tramite scene di vecchi film, numerose pellicole del passato.

Ancora: è un film di eccessi: eccessi fisici, eccessi emotivi ed eccessi intellettuali. In effetti, gli manca equilibrio interiore, giacché si muove tutto sul piano della personalità: piacere fisico, intrattenimento, opinioni personali.

E ancora, è un film intimista: fuori sta succedendo il “68, con le sue rivoluzioni, ma i tre protagonisti stanno chiusi in casa, una casa borghese per metà magnifica e per metà fatiscente, a fare le loro cose; probabilmente deriva da questo il titolo dei sognatori, visto che mentre fuori accade la vita, i protagonisti stanno chiusi dentro (dentro casa e dentro se stessi)… anche se proprio su quest’ultimo punto a fine storia avverrà una rottura, con i tre che prenderanno strade separate.

Come accennato, ho gradito discretamente The dreamers - I sognatori di Bernando Bertolucci: a suo modo propone molta bellezza, non solo quella fisica dei protagonisti ma ad ampio raggio, per quanto il tutto risulti essere più un esercizio di stile che non un’opera profonda e ispirante.

Fosco Del Nero



Titolo: The dreamers - I sognatori (The dreamers - I sognatori).
Genere: commedia, drammatico, sentimentale.
Regista: Bernando Bertolucci.
Attori: Michael Pitt, Louis Garrel, Eva Green, Robin Renucci, Anna Chancellor, Florian Cadiou, Jean-Pierre Kalfon, Jean-Pierre Léaud, Pierre Hancisse, Valentin Merlet, Lola Peploe.
Anno: 2003.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 21 aprile 2021

Shining - Stanley Kubrick

Lo dico subito: credo che non avessi mai visto per intero Shining, il film di Stanley Kubrick, che purtuttavia conoscevo per via di molte delle sue scene culto nonché per la trama generale. Di sicuro, non lo avevo mai visto nella versione lunga da oltre 140 minuti, ossia nella versione americana, mentre la versione europea si ferma a 119 minuti, avendo dunque parecchie scene in meno. 
Il film è tratto dall’omonimo romanzo del 1977 di Stephen King.

Ecco la trama sommaria di Shining: Jack Torrance (Jack Nicholson; Le streghe di Eastwick, Qualcosa è cambiato, L’ultima corvè, Non è mai troppo tardi, L’onore dei Prizzi) è un ex insegnante che ora fa lo scrittore. In un periodo di crisi d’ispirazione, accetta il lavoro di custode dell’Overlook Hotel, un grande e bellissimo complesso turistico immerso nelle Montagne Rocciose, il quale d’inverno chiude in quanto difficilmente raggiungibile per via dell’abbondante neve. L’uomo, insieme alla devota moglie Wendy (Shelley Duvall) e al figlioletto Danny (Danny Lloyd), s’appresta dunque a vivere un inverno molto solitario… ch'è quel che desidera per ritrovare l’ispirazione e scrivere un buon romanzo.
Tra gli altri personaggi della storia, da citare anche Dick Hallorann, il cuoco dell’albergo, l’unico che si accorge che il piccolo Danny ha dei poteri extrasensoriali, che lui chiama “luccicanza”… da cui il titolo dell’opera, Shining.

Stanley Kubrick, con Shining, ha realizzato un capolavoro per il semplice motivo che non si è adattato al genere cui si è dedicato, l’orrore, secondo i canoni tipici di quel genere, ma lo ha vissuto alla propria maniera, in modo lucido, esteticamente impeccabile, con atmosfera e turbamenti interiori più che con esplosioni di rumori o scene eclatanti.
In effetti, il grosso del film non è nemmeno un horror, ma un thriller psicologico, mentre le scene soprannaturali sono davvero poche, e peraltro si possono ricondurre alla psiche dei personaggi coinvolti: la scena del sangue, le due bambine, la donna nella vasca da bagno… il resto sono le turbe mentali del bravissimo Jack Nicholson.

Inoltre, non posso non  notare che il film prende spunto da alcune verità energetico-esoteriche, senza dubbio ben note a Kubrick non solo in quanto autore di questo film ma più in generale perché persona vicino a certi ambienti (come dimostra Eyes wide shut, il film per cui probabilmente ha perso la vita):
- la reincarnazione di un personaggio in una vita successiva,
- il riconoscimento di posti già visti, pur se in un’altra esistenza,
- la traccia energetica che certi eventi particolarmente intensi lasciano nei luoghi in cui sono avvenuti,
- l’influenzamento/possessione da parte di qualche entità invisibile di persone particolarmente deboli/fragili/risonanti,
- la sensibilità particolare di alcuni esseri umani (visioni, voci, sensazioni).

“Quando capita qualcosa di brutto, a volte possono restare delle tracce di quello che è avvenuto.
Certe cose che succedono possono lasciare traccia di quel che è accaduto.”

Conclusione: Shining di Stanley Kubrick è un gran film, che non a caso risulta sempre nelle classifiche dei migliori film horror di tutti i tempi, battuto solo da L’esorcista (altro film con tematiche spirituali).
Certamente non è un film piacevole da vedere spesso, data l’energia pesante che porta, ma che comunque val la pena di vedere almeno una volta.

Una curiosità: le recensioni iniziali del film furono tiepide e altalenanti; non piacque a Stephen King, non piacque a molti critici ed ebbe persino due nomination per i Razzie Awards (una per la peggior attrice protagonista, e questo si può capire; l'altra per la peggior regia, e questo si può capire assai di meno). Tuttavia, a dispetto di alcune critiche, Shining divenne ben presto un vero e proprio film di riferimento per il genere.

Fosco Del Nero



Titolo: Shining (The shining).
Genere: horror, thriller.
Regista: Stanley Kubrick.
Attori: Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers, Barry Nelson, Philip Stone, Joe Turkel.
Anno: 1980.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.



martedì 20 aprile 2021

Niko - Una renna per amico - Michael Hegner, Kari Juusonen

Finalmente mi son deciso a vedermi Niko - Una renna per amico, film d’animazione del 2008 che avevo trovato in qualche classifica dei migliori film d’animazione… ma che a dire il vero non mi ispirava troppo, giacché mi sembrava un prodotto di tipo infantile e dunque destinato a un pubblico infantile.
Come purtroppo si è dimostrato.

Qua peraltro ne approfitto per sottolineare che i grandi prodotti per infanzia e gioventù, che siano libri o film, sono grandi prodotti anche per gli adulti, e che viceversa un prodotto mediocre per la seconda categoria è mediocre anche per la prima.

Ma andiamo a tratteggiare la trama di Niko - Una renna per amico, film d’animazione finlandese: Niko è una giovane renna che conosce sua madre ma che non conosce suo padre, il quale gli è stato detto essere una delle renne delle mitiche Forze Volanti, ossia il gruppo di renne di Babbo Natale, capaci per l’appunto di volare. Il piccolo ha così la fissa per il volo e prova a gettarsi da qualunque parte, ma fino a quel momento nessuna traccia del talento del suo supposto padre. 
In assenza del padre fisiologico, a ricoprire la figura paterna c’è Julius, uno scoiattolo che gli fa da consigliere e protettore.
Un altro personaggio che in seguito rivestirà un ruolo importante è Wilma, una vivace donnola… e va da sé che ci saranno anche dei cattivi, sotto forma di branco di lupi, capitanati da un lupo super-cattivo.

Niko - Una renna per amico è esattamente quello che sembra: un film d’animazione di livello medio con una trama facile e dei personaggi stereotipati.
Inutile per gli adulti e mero intrattenimento per i bambini, senza avere però profondità o bellezza importanti.

Insomma, è un film di cui non si sarebbe sentita la mancanza, come peraltro la quasi totalità dei film prodotti oggigiorno, il che dà molto bene l’idea del fatto che la società contemporanea assegna più valore alla quantità che non alla qualità, in ottica consumistica.

Beh, attendendo tempi migliori spetta a noi cercare i prodotti migliori, tanto per gli adulti quanto per l’infanzia… anche se ogni tanto siamo ingannati da qualche lista online che mette in classifica film mediocri  come per l’appunto Niko - Una renna per amico.

L’unica cosa che si salva del film è una discreta realizzazione tecnica, ma tutto il resto è davvero poca cosa, se non proprio inutile.

Fosco Del Nero



Titolo: Niko - Una renna per amico (Niko - Lentäjän poika).
Genere: animazione, commedia.
Regista: Michael Hegner, Kari Juusonen.
Anno: 2008.
Voto: 4.5
Dove lo trovi: qui.



mercoledì 14 aprile 2021

Battlestar galactica - Ronald D. Moore

Avevo in animo da tempo di guardarmi Battlestar galactica, la famosa serie tv, e l’ho fatto nella sua versione più famosa, ossia il remake prodotto tra il 2004 e il 2009. Quanto al franchise in generale, esso è ben più ampio: una serie televisiva prodotta nel 1978-1979, una serie televisiva prodotta nel 1980, tre adattamenti cinematografici prodotti tra il 1978 e il 1980, una miniserie televisiva nel 2003, la serie prodotta tra il 2004 e il 2009, tre webserie prodotte per il web tra il  2006 e il 2009, un film per la televisione prodotto nel 2007 e un altro prodotto nel 2009.
Insomma, parecchia roba, col tutto che nella sua globalità è indirizzato soprattutto a un pubblico tecnologico-nerd… e infatti la serie è citata spesso in The Big Bang theory, serie ad ambientazione nerd per eccellenza.

Al di là del profilo storico, rimaniamo sulla sola serie del 2004-2009, creata da Ronald D. Moore e con interpreti principali Edward James Olmos (il Comandante William Adamo), Mary McDonnell (la Presidentessa Laura Roslin), Katee Sackhoff (il pilota Kara Thrace, detta Scorpion), Jamie Bamber (il Capitano Lee Adamo, detto Apollo), James Callis (il Dottor Gaius Baltar), Tricia Helfer (il cylone Numero Sei) e Grace Park (il cylone Numero Otto).

Ecco in grande sintesi la trama di Battlestar galactica: la guerra contro i Cyloni è finita da circa quarant’anni, e da tale data non se n’è visto neanche uno. I Cyloni sono dei robot creati dall’uomo in un lontano futuro, come manodopera, poi ribellatisi all’umanità.
Quarant’anni dopo, tuttavia, e qua comincia la serie televisiva, essi si rifanno vivi, e in modo eclatante: con un devastante attacco sincronizzato alle Dodici Colonie, i pianeti della Federazione in cui vive l’umanità, essi riescono quasi ad estinguere la razza umana, ora ridotta a poco meno di 50.000 persone, che prendono il volo sulla Flotta Coloniale, guidata militarmente dal Comandante Adamo. Politicamente, invece,  Laura Roslin assume la difficile carica di presidente essendo l’unica superstite dell’esecutivo in carica in quel momento.
Da qui comincia la lotta contro i Cyloni, una lotta che è sia ben visibile, basata su astronavi ed esplosioni, sia una lotta meno visibile, dal momento che in quei decenni di assenza, si scoprirà abbastanza presto, i Cyloni son riusciti a migliorare la loro tecnologia, e ora sono praticamente indistinguibili dagli esseri umani. Di più: alcuni di essi in forma umana non sanno di essere degli automi e sono dunque degli agenti dormienti, pronti ad attivarsi in certe condizioni. Non hanno però qualsivoglia aspetto, ma son stati costruiti secondo diversi modelli, otto per la precisione, ciascun modello in numero infinito e con sembianze identiche.
I principali personaggi umani, oltre ai due già elencati, sono Scorpion, donna pilota esuberante e volitiva, il Capitano Apollo, figlio del Comandante della flotta, e Gaius Baltar, geniale scienziato suo malgrado coinvolto nel genocidio perpetrato ai danni dell’umanità. Tra i Cyloni, invece, spiccano Numero Sei, che fu amante di Baltar, e Numero Otto… amante di svariati uomini.

La mia valutazione di Battlestar galactica è tiepida, per i motivi che ora andrò ad elencare.
La prima cosa da evidenziare è che non si tratta di un prodotto molto originale: nella sua componente da space opera deve molto alla fantascienza classica, tanto letteraria quanto cinematografica; nella contrapposizione tra umani e nemici deve molto a Visitors (e anzi il motore centrale della serie si basa proprio su creature aliene che si mimetizzano tra gli esseri umani allo scopo di annientarli); per non parlare di tre cliché fantascientifici che definire classici sarebbe riduttivo, ossia l’umanità che costruisce dei robot, i robot che si ribellano e l’umanità del futuro che cerca il pianeta Terra (tutti elementi presenti nella produzione di Isaac Asimov).
I cliché si sprecano non solo nella sceneggiatura di fondo, ma anche nei personaggi: abbiamo il comandante freddo e tutto d’un pezzo; abbiamo il figlio ribelle che desidera essere approvato dal padre ma trovando una sua strada; abbiamo la donna maschiaccio poco ligia alle regole; abbiamo l’intellettuale doppiogiochista; e via discorrendo.
Anche nei generi narrativi Battlestar galactica prende un po’ dappertutto: l’opera di fantascienza, il dramma sentimentale in stile soap opera, molta azione ma altrettanti spunti metafisico-esistenziali. Quest’ultimo punto è per me di particolare interesse: la serie ha avuto per forza dietro le quinte qualcuno interessato alle tematiche esistenziali… e non poteva essere altrimenti dal momento che come sigla iniziale è stato messo il gayatri mantra.

A questo proposito, propongo qualche citazione interessante che mi sono segnato.

“Io comprendo l’universo, vedo oltre gli schemi, avverto l’esistenza ad ogni attimo della vita.
Ecco il punto: io ne ho coscienza e tu no.
Noi non siamo solo un involucro; la differenza tra di noi è che io so quello che significa mentre tu no.  So che c’è dell’altro oltre al corpo e alla coscienza. Una parte di me fluttua libera ma in realtà è lucida e non si perde mai nella corrente. 
Io sono più di quanto tu potresti immaginare. Io sono Dio. Tutti siamo Dio, tutti noi.
Vedo l’amore che riunisce tutti gli esseri viventi. Nel fiume della vita vedo le verità che tu ignori. La tua vita è la testimonianza del dolore, delle ferite, degli incidenti; alcuni inflitti ad altri, alcuni inflitti a te stesso. Sei come prigioniero di una bolla; ma non è reale, è solo qualcosa di cui ti hanno convinto, qualcosa in cui credi, e quindi sei tu il problema, e non il mondo in cui vivi.
Tutto quello che è successo prima accadrà nuovamente.
Implori gli dei e chiedi loro la via ma non sai capire che il tuo destino è già stato scritto. Ognuno di noi recita un ruolo, ogni volta un ruolo diverso. Le pedine cambiano, la storia resta la stessa.”

“Dio non prende posizione, vuole solo il tuo amore.
Aprigli il cuore e ti mostrerà la strada.
Devi ricordarti di mettere da parte il tuo ego.”

“La vita è una melodia. 
Il susseguirsi delle note è la tua esistenza che entra in armonia con i piani di Dio.
È il momento di fare la tua parte e compiere il tuo destino.”

“Siamo diventati ciò che guardavamo.”

“Così, invece di seguire il nostro destino e cercare la via che ci avrebbe portato all’illuminazione, abbiamo compromesso il vostro.”

“Stiamo tutti cercando di scoprire chi siamo.”

“Io voglio aiutarti.
Voglio che tu veda la verità nella tua vita; la ragione per cui soffri e lotti da così tanto.”

Tale vocazione è certamente meritoria… peccato però che non è la vocazione principale della serie, e che anzi tale fattore si perda nel calderone di ingredienti eterogenei e confusi che è Battlestar galactica, serie che peraltro è piena di incongruenze e di concessioni sceniche davvero pacchiane. Ne cito una tra tutte: per un terzo della storia ci sono scene di persone che bevono alcol, e questo all'interno di astronavi che hanno il problema del cibo e dell’acqua, altro che buttare litri e litri di alcol… peraltro comportandosi il più delle volte come dei bambini troppo cresciuti.

Tale pacchianeria di fondo, diventata via via più evidente nel corso della serie, parallelamente a comportamenti e scelte narrative a dir poco insensate, nonché a episodi davvero frivoli e senza contenuti, mi ha portato a interrompere la visione della serie dopo la terza stagione.
Non ho visto la quarta e ultima stagione, dunque… ma ne ho letto la trama e ho visto che la sceneggiatura è andata peggiorando ulteriormente, fino a scadere nel ridicolo.
Davvero un peccato: fin dall’avvio Battlestar galactica non è mai stata una produzione geniale, innovativa e brillante, ma sulle prime si presentava come un buon lavoro compilativo, arricchito peraltro da qualche spunto di buona profondità… elementi che poi son scaduti, come capita spesso alle serie di successo che pur di prolungare se stesse con fini commerciali abbassano il livello qualitativo, fino a che la chiusura arriva per manifesta decadenza e/o ascolti ridotti.

In questi casi, sarebbe molto meglio chiudere prima, con qualità e bellezza, e consegnare così alla storia un prodotto di valore…
… per poi dedicarsi a qualche nuova idea, senza al contrario trascinare la vecchia idea per più tempo possibile giusto per guadagnare la produzione di qualche episodio in più.

Fosco Del Nero



Titolo: Battlestar galactica (Battlestar galactica).
Genere: serie tv, fantascienza, drammatico, sentimentale, azione.
Creatore: Ronald D. Moore.
Attori: Edward James Olmos, Mary McDonnell, Katee Sackhoff, Jamie Bamber, James Callis, Tricia Helfer, Grace Park, Michael Hogan, Aaron Douglas, Tahmoh Penikett, Kandyse McClure, Alessandro Juliani.
Anno: 2004-2009.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.



martedì 13 aprile 2021

L’orso - Jean Jacques Annaud

Devo dire la verità: son rimasto abbastanza deluso da L’orso di Jean Jacques Annaud, dal momento che da un regista così quotato, autore di quel gran film che è Il nome della rosa (cito anche Sette anni in Tibet), mi attendevo qualcosa di più, alla luce anche dei premi e delle nomination conquistate dal film recensito quest’oggi.

Il quale peraltro è tratto da un romanzo di Oliver Curwood, autore che tuttavia non conosco.

Ecco la trama sommaria de L’orso: siamo nel 1885, nella Columbia Britannica, immersi in un paesaggio maestoso, tra montagne e foreste. La prima scena ci fa conoscere il protagonista del film, un cucciolo d’orso che rimane orfano della madre, la quale muore in una piccola frana da lei stessa causata mentre si procurava del miele da un alveare. Il cucciolo, dopo aver atteso a lungo accanto al cadavere della madre, si mette in marcia da solo, messo di fronte all’esigenza sia di trovare del cibo sia di trovare un rifugio. 
Il secondo filone della storia, che poi si congiungerà col primo, riguarda una caccia all’orso che due cacciatori stanno portando avanti: i due sono sulle tracce di un possente grizzly, che uno dei due riesce a ferire ma non a uccidere. Dopo di che l’orso piccolo e l’orso grande si incontrano ed iniziano un’amicizia.

L’orso di Annaud colpisce soprattutto per due cose.
La prima è la bellezza dei paesaggi, affiancati da una colonna sonora adeguata e mai invadente. Davvero molto bello... peraltro, le riprese non sono state fatte in Canada, ma sulle Dolomiti.

La seconda cosa è che L’orso è un film molto “facile”, giacché punta sul melodramma e sulla facile simpatia: al piccolo orso muore la madre, il grande orso viene cacciato e ferito dai cattivi esseri umani, il grande orso prende sotto la sua ala protettrice il cucciolo, l’essere umano infine capisce quanto era stato cattivo, e via discorrendo. 
Davvero un trionfo del melodramma ben pilotato.

Incuriosisce anche che, così come Il nome della rosa era un film assai verboso, L’orso invece presenta una quasi totale mancanza di dialogo: le uniche voci umane che si sentono son quelle dei cacciatori che si fanno grasse risate e mostrano la loro pochezza umana. Anche questo in modo talmente netto da apparire quasi una caricatura. 

L’obiettivo del film è ovviamente scatenare la simpatia dello spettatore di fronte alla persecuzione/cattiveria dell’uomo tecnologico… peccato tuttavia che lo spettatore, o perlomeno quasi tutti gli spettatori, incoraggino con le loro scelte di vita, alimentari e non solo, il massacro indiscriminato di tante specie animali, cosa che rende l’intento di questo film abbastanza paradossale se ci si pensa.

Insomma, de L’orso di J. J. Annaud si salva solo la realizzazione tecnica, molto bella per panorami e montaggio; per il resto è poca cosa.

Fosco Del Nero



Titolo: L’orso (L'ours).
Genere: drammatico, avventura.
Regista: Jean Jacques Annaud.
Attori: Tchéky Karyo, Jack Wallace, André Lacombe.
Anno: 1988.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.




mercoledì 7 aprile 2021

Uomini di Dio - Xavier Beauvois

Uomini di Dio, film del 2010 girato da Xavier Beauvois, è basato su una storia vera, quella dei monaci di Tibhirine, salita agli altari della cronaca nera e inserita nel contesto ideologico del terrorismo islamico e della convivenza più o meno pacifica tra culture e religioni diverse.

Ecco la trama del film: siamo nel 1996, in una comunità montana dell’Algeria, dove nove monaci benedettini hanno fondato un convento e portano umilmente avanti la pratica d’oro dell’ora et labora, prega e lavora. Ognuno di loro ha le sue mansioni, tra campi e commissioni varie, e vi è anche un medico, benché anziano con i suoi ottant’anni.
Un giorno, tuttavia, poco lontano da lì un commando di terroristi islamici assale e sgozza sul posto alcuni europei, ponendo per i monaci del convento il dilemma se rimanere o se andarsene.
Dopo qualche discussione, nonché alcune vedute differenti, i nove rimangono… dando vita per l’appunto al fatto di cronaca di cui è oggetto il film, a cui, a quanto si è scoperto in seguito, non era alieno lo stesso esercito algerino, a sua volta poco entusiasta di quell’enclave cristiano in terra musulmana.

Di base sono diffidente riguardo ai film tratti da eventi reali, specialmente se socialmente, culturalmente, religiosamente o politicamente manipolabili e strumentalizzabili: molto difficile infatti che a dipingerli vi sia un pennello puro e neutro. Non so peraltro come andarono realmente le cose, per cui mi limito a valutare il film in quanto tale, al di là della sua aderenza o meno ai fatti reali.
In tal senso, Uomini di Dio è un film che ha la sua bellezza: la sceneggiatura è semplice e senza fronzoli, e così per larghi tratti la scenografia; tuttavia la fotografia del film è notevole, e a essa si accompagnano sovente anche i bei canti liturgici dei monaci, nonché la loro linda e graziosa cappella. Anche alcuni paesaggi naturali sono di bell’effetto visivo.

I personaggi, anche i principali, non son caratterizzati troppo approfonditamente, e questo se vogliamo è un difetto, e a tratti si ha la sensazione che le persone e gli eventi siano stati un po’ troppo stereotipati.
In generale, tuttavia, il film ha valore, sia come bellezza visiva sia come contenuti: la grande dedizione dei monaci, nonché qualche bella frase che appare ogni tanto, a cominciare da quella che apre il film, la quale, per chi non lo sapesse, è quella cui si è riferito Gesù nei Vangeli quando gli fu chiesto se l’essere umano avesse o meno una natura divina.

“Io ho detto: voi siete Dei. Siete tutti figli dell’Altissimo. Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti potenti.” (Bibbia, Salmo 81)

“La debolezza in sé non è una virtù, ma è l’espressione di una realtà fondamentale di un nostro essere, che deve continuamente essere forgiata dalla fede, dalla speranza e dall’amore.”

“Tu sai che io non ho paura dei terroristi, né tantomeno dell’esercito. 
Non ho paura della morte. Sono un uomo libero.”

“La nostra identità di uomini va da una nascita all’altra, e da una nascita all’altra finiremo anche noi per far nascere questo figlio di Dio che siamo noi. Perché l’incarnazione per noi è lasciare che la realtà filiale di Gesù s’incarni nella nostra umanità.”

Al di là della questione politico-sociale, la cosa di maggior valore del film è per l’appunto questa: la tensione all’evoluzione spirituale che vi è nei monaci, che individualmente son tutti uomini con le loro debolezze, ma che, il film è riuscito bene a trasmetterlo, si fanno forza l’un l’altro per portare avanti il loro percorso spirituale, ancor prima di quello mondano (aiuto ai poveri, guarigione, etc).

Fosco Del Nero



Titolo: Uomini di Dio (Des hommes et des dieux).
Genere: drammatico, storico.
Regista: Xavier Beauvois.
Attori: Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Philippe Laudenbach, Jacques Herlin, Loïc Pichon, Xavier Maly, Jean-Marie Frin, Abdelhafid Metalsi, Sabrina Ouazani.
Anno: 2010.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.



martedì 6 aprile 2021

Solaris - Steven Soderbergh

Il film recensito quest’oggi è Solaris.
Già s’impone una prima precisazione, dal momento che si sta parlando del Solaris del 2002, quello diretto da Steven Soderbergh, che ha seguito il Solaris diretto nel 1972 dal russo Tarkovskij, il quale aveva a sua volta seguito un film del 1968 per la televisione sovietica… il quale a sua volta era la trasposizione dell’omonimo romanzo dello scrittore polacco Stanisław Lem, datato 1961.

Un giro di conversioni piuttosto lungo, che inevitabilmente avrà generato tante differenze da una versione all’altra. 
La mia seconda precisazione è che non conosco il romanzo originale di Lem, che so però essere piuttosto ampio e dal sapore filosofico… 
… cosa che peraltro avevo supposto considerando la più famosa opera di Tarkovskij, ossia Stalker, un altro film di genere fantastico-psicologico-esistenziale che vidi ormai parecchi anni fa.

Quanto al regista di questa versione di Solaris, ossia Soderbergh, posso dire che, pur avendo prodotto qualche film di mio gradimento come Erin Brockovich od Ocean's eleven, non l’ho mai trovato un grande regista, e difatti la sua piuttosto ricca filmografia si è persa dietro numerosi film d’azione, di violenza e di drammi.

Ma veniamo a film in sé e per sé: allo psicanalista Chris Kelvin (George Clooney; Dal tramonto all’alba, L’uomo che fissa le capre, Burn after reading, Fratello, dove sei?, Gravity) vien chiesto se vuole recarsi sulla piattaforma che ruota intorno al pianeta Solaris per indagare. L’equipaggio originale e la pattuglia di soccorso, difatti, non hanno dato più notizie di sé, tanto che si ipotizza di abbandonare la stazione spaziale al suo destino.
Egli accetta di andare sul posto e vi trova due persone vive: lo scienziato Snow (Jeremy Davies, visto in Lost)  e il Dottor Gordon (Viola Davis; The helpMangia, prega, ama). Tutte le altre persone sono morte, alcune di morti violente e alcune suicide. Già dalla prima notte gli sarà chiaro il perché di quei turbamenti: in qualche modo il pianeta ha la capacità di materializzare gli individui più cari agli esseri umani, fossero anche morti nella realtà. Così, Kelvin vede la defunta moglie Rheya (Natascha McElhone; The Truman show, Moonacre - I segreti dell’ultima luna), della cui morte peraltro si sente in colpa.

Lo dico subito senza mezzi termini: Solaris, perlomeno questo Solaris, è stato una mezza delusione, e forse ancor più che mezza. In pratica, il film ignora quasi del tutto l’aspetto esistenzial-filosofico, che so essere assai importante nel romanzo, definito uno dei capolavori della narrativa fantastica europea e mondiale, per concentrarsi su quello melodrammatico della storia d’amore tra l’uomo (vivo) e la donna (morta).  

E con ciò, ahimè, devo confermare la mia valutazione mediocre su Steven Soderbergh, bravo a tessere, ma neanche sempre, film dinamici, ma incapace di dare profondità alle sue opere.
Il film si distingue per una bella atmosfera e una bella colonna sonora, ma manca la sostanza, da cui la valutazione mediocre.

Passerò dunque all’altro Solaris, quello di Tarkovskij, e poi forse anche al romanzo di Lem, il quale peraltro ha criticato fortemente ambo i film.

Chiudo con due frasi del film.

“Sono sveglio?”
“Sì.”
“Come fai ad essere qui?  Dove credi di essere?”

“Studiando Solaris l’aspetto più interessante è che sembra reagire quasi come se sapesse di essere osservato.”

Fosco Del Nero



Titolo: Solaris (Solaris).
Genere: fantascienza, psicologico.
Regista: Steven Soderbergh.
Attori: George Clooney, Natacha McEhone, Jeremy Davies, Ulrich Tukur, Natascha McElhone, Viola Davis, John Cho, Morgan Rusler, Shane Skelton, Donna Kimball.
Anno: 2002.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.



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