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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

giovedì 30 aprile 2015

Lucia y el sexo - Julio Medem

Di Lucia y el sexo si possono dire tante cose, e il film può essere inquadrato da diverse ottiche, e quindi può piacere o meno.

Un commento facile, e non del tutto errato, sarebbe quello per cui il regista Julio Medem (che pochi anni prima aveva diretto l’interessante Gli amanti del circolo polare) ha approfittato della sceneggiatura per eccedere nell’uso di nudi, femminili e maschili, nonché di scene piuttosto spinte, tanto che il film è stato a volte censurato e a volte limitato ai maggiorenni.

Un altro commento, anch’esso non troppo lusinghiero, si potrebbe fare sulla faciloneria della trama, per cui ad essere coinvolte negli eventi sono poche persone… e ciò nell’arco di svariati anni e in vari luoghi, e senza che esse lo sappiano… d’accordo le coincidenze, ma qua siamo fuori da ogni credibilità probabilistica.

Ancora in negativo: spesso il film cade nel cervellotico, sia riguardo alle problematicità psicologiche dei protagonisti, Lorenzo in primis, sia riguardo alla visione dello spettatore, che deve stare attentissimo a distinguere la linea temporale che sta descrivendo di volta in volta il regista, nonché se si tratti di realtà o di finzione surreale… giacché, per non rendere le cose più semplici, il protagonista è uno scrittore che quando scrive si immagina le scene, con se stesso in mezzo… e, sempre per non risultare troppo facile, egli scrive spesso di eventi del suo passato o del presente, più o meno fedelmente alla realtà.
Insomma, Lucia y el sexo è un film che ti costringe ad essere bello attento, anche se poi la butta un po’ troppo sul mentale-cervellotico. Oltre che sul sesso, ma questo già si sapeva dal titolo.

Detto ciò, diciamo anche cosa c’è di bello in questo film, e di cose ce ne sono molte: intanto, la sceneggiatura, pur se un poco contorta e sfidante dal punto di vista probabilistico, ha un suo fascino. Come ha un suo fascino l’isola delle Baleari in cui gli eventi iniziano (sei anni prima) ed in cui terminano (sei anni dopo).
Ancora, il casting è stato eccellente, e in particolare le due protagoniste, Paz Vega (divenuta famosa internazionalmente proprio con questo film) e Najwa Nimri (viceversa già nota per due importanti film come Apri gli occhi e Gli amanti del circolo polare), bucano letteralmente lo schermo, e non solo per una questione di bellezza. Non a caso, entrambe hanno vinto dei premi per le loro interpretazioni. 
La fotografia del film è inoltre davvero bella e curata, così come il montaggio.
Anche le musiche fanno bene il loro lavoro, e il prodotto in generale è un ottimo prodotto cinematografico.

E dopo tutta questa pappardella, andiamo alla trama di Lucia y el sexo: Lucia, giovane cameriera, ha amato un romanzo talmente tanto da pedinare e poi conoscere il suo autore, Lorenzo, ragazzo intellettualmente vivace ma un po’ introverso, il quale subirà una scossa emotiva una volta scoperto che ha una figlia di sei anni, Luna, nata da una notte di passione con una sconosciuta (Elena) in un’isola delle Baleari.
Alla sorpresa per la scoperta si aggiungerà poi un vero e proprio dramma psicologico…

Lucia y el sexo è un film piuttosto lungo, con le sue due ore.
Se si tratti o meno di due ore ben spese, come detto dipende molto dal punto di vista soggettivo.
A mio avviso esso vale la pena di esser visto, dal momento che propone molte cose belle, pur se accompagnate ad altre meno convincenti, ma ognuno, in generale e in questo caso particolare, vada ad intuito.

Fosco Del Nero




Titolo: Lucia y el sexo (Lucia y el sexo).
Genere: drammatico, sentimentale.
Regista: Julio Medem.
Attori: Paz Vega, Tristán Ulloa, Najwa Nimri, Javier Cámara, Daniel Freire, Elena Anaya, Silvia Llanos, Diana Suárez.
Anno: 2001.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 29 aprile 2015

Indiana Jones e il tempio maledetto - Steven Spielberg

Dopo essermi avventurato in Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta, celeberrimo film culto, primo film della fortunata saga di Indiana Jones, mi sono avventurato anche in Indiana Jones e il tempio maledetto, secondo film dedicato all’archeologo più vivace della storia (almeno, fino a Nathan Drake di Uncharted, che lo batte sia in spericolatezza che in improbabilità, ed erano difficili ambo i fronti).

Come nel caso precedente, anche Indiana Jones e il tempio maledetto è diretto da Steven Spielberg, seppure da un soggetto di George Lucas, che peraltro si è portato appresso uno dei suoi pupilli di Star wars.

Se I predatori dell’arca perduta non mi aveva entusiasmato, ho gradito molto di più Indiana Jones e il tempio maledetto, per svariati motivi.
Intanto il casting mi è sembrato più riuscito, col triangolo tra Indiana Jones (Harrison Ford), Wilhelmina Scott (Kate Capshaw, futura moglie dello stesso Steven Spielberg) e Short Round (Ke Huy Quan) che funziona decisamente bene.

In secondo luogo, l’incipit del film è decisamente efficace e coinvolgente, e anzi non lascia respiro allo spettatore, letteralmente catapultato dentro l’avventura di Indy e compagni.

Ancora, l’ambientazione asiatica, col palazzo di Pankot e il culto Thug, mi sono piaciuti decisamente di più delle lotte con i nazisti in Egitto per il controllo dell’arca dell’alleanza.

Ma andiamo subito alla trama sommaria di Indiana Jones e il tempio maledetto: siamo nel 1935, e Indiana Jones, per via di un litigio piuttosto vivace con un criminale di Shangai, è costretto alla fuga precipitosa insieme a una cantante di night club e a un ragazzino cinese.
I tre finiscono catapultati (letteralmente) in India, trovando prima un villaggio di gente pacifica che chiede loro aiuto, e poi della gente meno pacifica, seguace di un antico culto dedito ai sacrifici umani.

A proposito di sacrifici umani, evidentemente in quegli anni andavano molto di moda le sceneggiature con scene del genere, visto che la scena dei sacrifici di Indiana Jones e il tempio maledetto ricorda molto da vicino la scena di Piramide di paura, film del 1985 (o più semplicemente i sacrifici umani erano è una passione di Steven Spielberg, nel primo caso regista e nel secondo produttore esecutivo).

Ma le scene mitiche di questo film, che non avevo mai visto interamente, bensì solo a spezzoni, una scena qui e una scena là, sono numerose: quella del pranzo a base di insetti, rettili e cervelli di scimmia (non un pranzo vegetariano, dunque), quella della corsa in galleria, etc.

Nel complesso, Indiana Jones e il tempio maledetto è un film che funziona benissimo, e che non risente affatto degli anni passati (come accade per tutti i grandi film peraltro), grazie a numerose trovate, al buon amalgama tra i protagonisti, a un garbato umorismo e a una leggerezza generale che lo pone a metà strada tra il film d’avventura e la commedia, e ciò a dispetto di varie scene un po’ cruente.

Una curiosità finale: nel film effettuano dei piccoli cameo tanto George Lucas quanto Steven Spielberg, ma anche Dan Aykroyd (il brillante protagonista di Ghostbusters).

Fosco Del Nero




Titolo: Indiana Jones e il tempio maledetto (Indiana Jones and the temple of doom).
Genere: avventura, commedia.
Regista: Steven Spielberg.
Attori: Harrison Ford, Kate Capshaw, Ke Huy Quan, Pat Roach, Dan Aykroyd, Philip Stone, Roshan Seth, Ric Young, Roy Chiao, David Yip, Ahmed El Shenawi.
Anno: 1984.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 23 aprile 2015

Il curioso caso di Benjamin Button - David Fincher

David Fincher è un regista che non ha diretto troppi film, ma che è quasi sempre andato a segno, producendo film memorabili o “solamente” belli: tra gli altri, si citino Fight ClubThe game - nessuna regola, Seven,… nonché il film che recensisco oggi: Il curioso caso di Benjamin Button.

Datato 2008, Il curioso caso di Benjamin Button è una storia davvero particolare, che a dire il vero basa tutta la sua particolarità su un unico elemento originale: la vita del protagonista, il Benjamin Button del titolo, scorre al rovescio, essendo egli nato vecchio e morto giovane.

In effetti, nel resto del film non c’è nulla di anomalo, ma va da sé che basta invertire il fattore tempo per creare un’esistenza a dir poco originale, nonché certamente difficile.

Ecco in grande sintesi la trama del film: Benjamin (un camaleontico e camuffatissimo Brad PittFight ClubSeven, L'esercito delle dodici scimmie, Fuga dal mondo dei sogni, The snatch - Lo strappo, Bastardi senza gloria, Burn after reading - A prova di spia) nasce vecchio e raggrinzito, e peraltro la sua nascita costa la vita alla madre. Un po’ la bruttezza del bambino, un po’ il dolore per la perdita della sposa, spinge Thomas Button ad abbandonare il neonato, lasciandolo sulla soglia di una casa di New Orleans.
Il piccolo, nella sfortuna, sarà fortunato, visto che la generosa e compassionevole Queenie, giovane donna di colore, si prenderà cura di lui e lo crescerà… in un ospizio, luogo adattissimo per un bambino nato vecchio. Tuttavia, mentre la gente invecchia e muore, Benjamin viceversa ringiovanisce man mano, con l’ovvia conseguenza di avere relazioni interpersonali non convenzionali, in primis quella con Daisy Fuller (Cate BlanchettThe gift – Il dono, La compagnia dell’anelloLe avventure acquatiche di Steve Zissou, Blue Jasmine), bambina che Benjamin conosce da anziano-bambino, e con cui si troverà nel corso di tutta la vita a età alterne, con lei che invecchia e lui che ringiovanisce.
Nonché con l’altrettanto ovvia conseguenza di essere curioso e vivace da “anziano” e viceversa più saggio e riflessivo da “giovane”.

Il film tra l’altro ha una doppia narrazione: da un lato ha la cornice esteriore di Caroline che legge il diario di Benjamin che la madre Daisy, vicina alla morte, ha appena dato alla figlia perché lei sappia la verità su suo padre; dall’altro lato ha la voce narrante dello stesso Benjamin nella vicende del passato.

Il curioso caso di Benjamin Button è un film dalla grande bellezza. Sia estetica, per l’ambientazione anni "20 e seguenti ricostruita con grande cura e vivacità, nonché con un leggero color seppia a dominare sul tutto (e a conferire per l’appunto un’impronta di passato); ma anche introspettiva, con la storia di Benjamin che non può non coinvolgere lo spettatore nel suo originale incedere.

Inoltre, il film, pur senza sbandierarlo troppo, propone degli insegnamenti importanti: Benjamin non si lamenta mai della sua condizione, e anzi è sempre grato di quello che la vita gli offre, va avanti con fiducia, pur avendo di fronte a sé un destino difficile, è sempre pronto a dare e a condividere con gli altri, è sempre aperto alla vita… e difatti riesce a viverla in modo pieno, pur tra le tante difficoltà che il destino gli aveva porto.
In particolare, “fiducia” sembra la parola chiave di questo film.
Tra le altre cose, nel film è nominato il noto sensitivo Edgar Cayce.

Il film, d’altronde, non sarà stato candidato a tredici premi Oscar e un’altra miriade di altri premi cinematografici per caso, ed evidentemente in esso qualche bellezza c’è.
L’unica cosa che, invero, non mi è piaciuta, e che anzi mi ha lasciato piuttosto perplesso, è il doppiaggio italiano della Daisy anziana sul letto d’ospedale, che era incomprensibile in 8 parole su 10; d'accordo, si trattava di un'anziana vicina alla morte, ma si presume che lo spettatore possa comprendere i dialoghi di un film.

Chiudo la recensione con alcune citazioni tratte dal film; la prima riassume il percorso esistenziale, l'ultima invita a vivere con fiducia una vita piena e quelle di mezzo dicono altre cose interessanti.

"Andiamo tutti nello stesso posto, solo che per arrivarci prendiamo strade diverse."

"Non è tanto importante suonare bene, quanto sentire quello che stai suonando."

"Quasi sempre sarai solo: per i diversi come noi è inevitabile."

"Non stare a sentire storie da nessuno: devi fare quello per cui sei nato."

"C'è un tempo per ogni cosa."

"Quando arriva la fine, non resta che mollare."

"La nostra vita è determinata dalle opportunità... persino da quelle che non cogliamo."

"Mentre tutti gli altri invecchiavano, io diventavo più giovane.
Tutto solo."

"Dio mi ricorda che ho la fortuna di essere vivo."

"Niente dura."

"Non è mai troppo tardi per essere quello che vuoi essere. Non c’è limite di tempo: comincia quando vuoi. Puoi cambiare o rimanere come sei: non esiste una regola in questo. Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio. Spero che tu possa vivere cose sorprendenti. Spero che tu possa vivere emozioni sempre nuove. Spero che tu possa esser orgogliosa della tua vita, e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero."

Fosco Del Nero



Titolo: Il curioso caso di Benjamin Button (The curious case of Benjamin Button).
Genere: surreale, drammatico, sentimentale.
Regista: David Fincher.
Attori: Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng, Taraji P. Henson, Lance E. Nichols, Elias Koteas.
Anno: 2008.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 22 aprile 2015

La matassa - Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Giambattista Avellino

Avevo già recensito un film del duo Ficarra e Picone, che in ambito cinematografico diventa un trio, almeno a livello di regia, con l’aggiunta di Giambattista Avellino, regista e sceneggiatore più navigato del duo comico: per la precisione, avevo già visto Il 7 e l’8, che mi era piaciuto decisamente, e decisamente sopra le mie aspettative.

Stavolta, nel caso de La matassa, film di tre anni dopo, essendo datato 2009, la aspettative erano più alte, e sono state ugualmente soddisfatte, anche se Il 7 e l’8 a mio avviso lo sopravanza di una spana.

Ma bando alle ciance e andiamo subito alla trama de La matassa: Gaetano Geraci (Salvo Ficarra) e Paolo Geraci (Valentino Picone), cugini molto amici da bambini, sono costretti a separarsi per non vedersi praticamente più, a causa di litigi di famiglia e di questioni di eredità.

La “matassa” familiare sarà poi chiamata a sciogliersi molti anni dopo, con Paolo che ha ereditato l’albergo di famiglia, oggetto del contendere, e Gaetano che in qualche modo bizzarro si troverà ad affiancarsi alla gestione.

Sullo sfondo, l’aiuto disinteressato di don Gino, desideroso di vedere sanato un contrasto familiare pluridecennale, una traballante agenzia matrimoniale tra anziani uomini italiani e più giovani donne russe, e la mafia siciliana alla ricerca del pizzo.

Gli ingredienti ci sono tutti, e come al solito Ficarra e Picone non hanno bisogno di volgarità o di gag comiche pacchiane per far ridere, forti della loro spontaneità e della loro eccezionale mimica e partecipazione.
In effetti, vederli in film non è molto diverso dal vederli in esibizione, con l’aggiunta della trama e di altri partecipanti.

Certamente non è un caso che i due siano molto apprezzati tanto in tv, quanto in teatro, così come nei loro film, e questo stesso La matassa ha ottenuto ottimi incassi al cinema.
Tanto che andrò a ritroso e mi vedrò anche la loro prima comparsa sul grande schermo, ossia Nati stanchi, nonché i loro successivi lavori.

Fosco Del Nero



Titolo: La matassa.
Genere: comico, commedia.
Regista: Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Giambattista Avellino.
Attori: Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Claudio Gioé, Mario Pupella, Anna Safroncik, Mariella Lo Giudice, Giovanni Martorana, Filippo Luna, Pino Caruso, Maria Di Biase.
Anno: 2009.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 16 aprile 2015

Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta - Steven Spielberg

I protagonisti di The Big Bang Theory (dei nerd incalliti) citano in continuazione i loro film preferiti, e si dà il caso che anche io sia sempre stato un fan dei suddetti film, da Star wars a Ritorno al futuro, da Il signore degli anelli a Ghostbusters, e passando per tutti gli altri (da cui deduco di avere tendenze nerd io stesso...).

All’appello mi mancava solo una saga, che curiosamente non avevo mai visto: Indiana Jones.
Ho quindi deciso di colmare la lacuna, partendo dal primo film della serie: Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta.

Non avevo mai visto i film di Indiana Jones semplicemente perché mi ispiravano poco… e ora vedremo se la mia sensazione di partenza era corretta o meno.

Se non avevo mai visto i film di Indiana Jones, tuttavia avevo pronto un riferimento piuttosto vicino alle sua avventure, ossia i videogiochi di Uncharted, in cui Nathan Drake in pratica ricalca la nota figura dell’avventuriero-archeologo-esploratore.
Con una differenza: gli Uncharted sono più belli da vedere per via degli anni tecnologici di vantaggio, e inoltre possono vantare un livello di ironia nettamente superiore ad Indiana Jones, che, da quel che ho visto in questo primo film, si limita viceversa a gag umoristiche più sempliciotte.

E andiamo quindi a parlare più nel dettaglio di Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta: il film è del 1981 ed è stato diretto da Steven Spielberg, ma su soggetto di George Lucas, che evidentemente è un appassionato di tematiche esoteriche, giacché tra le sue (poche) produzioni risultano L’uomo che fuggì dal futuro (tematiche distopiche), Guerre stellari (forza e mondo invisibile), e lo stesso Indiana Jones (arca perduta, tra religione, storia e cospirazionismo).
Tanto che secondo alcuni il film, pur se diretto da Spielberg, porta più l’impronta di Lucas.

Ed ecco in grande sintesi la trama del film: siamo negli anni 30, e Indiana Jones è un professore di archeologia presso l’Università di Princetown che all’insegnamento cattedratico affianca l’azione sul campo, tanto che facciamo la sua conoscenza in una giungla del Perù, alla ricerca di una statuetta. 

Tornato alla base, l’archeologo, già piuttosto famoso nel mondo, viene contattato da due agenti dell’intelligence statunitense, che gli dicono che i nazisti sono vicini a trovare la celeberrima arca dell’alleanza, che rischia di diventare uno strumento bellico decisivo in mano loro.
È così che Indiana si mette anch’egli alla ricerca dell’arca, accompagnato da Marion Ravenwood, sua ex amante e donna piuttosto vivace.
Indiana si scontrerà così con i nazisti e con l’archeologo René Belloq, suo rivale. 

Come andrà il film è facile da immaginare, e in questa sede mi limito a sottolineare l’ultima scena in stile X-Files, nonché il grande successo avuto dal film in ogni senso: incassi al cinema, apprezzamento del pubblico, premi vinti.

Di mio, dico questo: Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta non mi è dispiaciuto, però non mi ha entusiasmato, né nei due personaggi principali, né nella plausibilità della storia, davvero ridotta ai minimi termini… e non mi riferisco tanto al fatto che Indiana sopravvive a ogni pericolo contro ogni probabilità (quello ci sta nella trama avventurosa e con tono da commedia), quanto proprio all’intelligenza e al buon senso dei suoi rivali, tanto bassi da rendere I predatori dell’arca perduta un divertissement avventuroso, ma non certo un capolavoro del cinema, che comunque, tra le ambientazioni esotiche, la vivacità e l'aria sorniona di Harrison Ford,si lascia guardare.

Fosco Del Nero




Titolo: Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta (Raiders of the lost ark).
Genere: avventura.
Regista: Steven Spielberg.
Attori: Harrison Ford, Karen Allen, John Rhys-Davies, Alfred Molina, Paul Freeman, Ronald Lacey, Denholm Elliott, Wolf Kahler, Anthony Higgins, Vic Tablian.
Anno: 1981.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 15 aprile 2015

Chronicle - Josh Trank

Di Chronicle non sapevo praticamente nulla in partenza, se non che si trattava di un film sui superpoteri.

Era evidente, comunque, che non si trattava di un film classico sui superpoteri, del tipo "fumetto americano", roba tipo I fantastici quattroSpider-Man (col canovaccio che prevede sempre supereroi buoni contro supereroi cattivi), bensì qualcosa di più psicologico e intimistico (e che può rintracciare delle vie di mezzo in film come Watchmen, Hancock o Push, film meno propensi alla spettacolarizzazione e più all’elemento individual-intimista, pur non rinunciando affatto a scene movimentate).

In effetti, Chronicle si è rivelato pienamente un prodotto di questo tipo, con i pro e i contro: il contro è una perdita di spettacolarità (ma anche di budget e pomposità del film in generale, certamente meno "importante" rispetto agli altri citati), mentre il pro è una disamina psicologica sugli effetti della “dotazione” di superpoteri in esseri umani "qualunque".

Ma ecco in grande sintesi la trama di Chronicle: Andrew è un liceale di Seattle timido e imbranato, tanto che si fa tiranneggiare da bulli di quartiere, compagni di scuola e padre.
L’unico con cui ha un rapporto umano è suo cugino Matt, che cerca di farlo uscire dal guscio, pur essendo lui stesso un po’ imbarazzato dalla sua dabbenaggine. Una sera lo convince ad andare a una grossa festa, durante la quale i due, insieme all'amico Steve, avventurandosi in un tratto di bosco, trovano un buco nel terreno, apparentemente formato da un impatto ad alta velocità. Scesi nella voragine, armati solo della telecamera con cui Andrew stava registrando la festa, si imbattono in un misterioso minerale dai colori fluorescenti e cangianti, che una volta toccato emana una fortissima luce, la quale dopo un poco li lascia storditi.

La scena, sempre ripresa dalla telecamera di Andrew, si sposta qualche giorno dopo, con i tre che hanno scoperto una cosa incredibile: il contatto con la pietra li ha dotati di poteri mentali di tipo telecinetico.
I tre non diranno niente a nessuno, e metteranno su invece una sorta di gruppo di addestramento, all’interno del quale alleneranno giorno dopo giorno le loro nuove facoltà.
Il problema giungerà, inevitabilmente, quando i tre avranno maturato poteri sufficientemente importanti da porsi dilemmi etici riguardo alle altre persone e a cosa sia giusto e non giusto fare.

Chronicle, si sarà capito, non affronta i superpoteri di petto, all’americana per l’appunto, ma in modo psicologico-introspettivo, e in effetti più che un film sui superpoteri sembra un film su ego, serenità interiore, rabbia, senso di rivalsa.
Probabilmente non è un caso che si citi anche la spiritualità, i monaci orientali, e che il film termini proprio con una scena in Tibet.

Da un punto di vista analogico, il passo dai superpoteri a ciò che le persone possono fare nella propria vita grazie a quanto hanno, "super" o meno che sia, è breve, e in effetti Chronicle, una volta grattata via la patina fantascientifica, sembra più che altro un film sulla maturità (o non maturità) interiore… con la scusa dei superpoteri.

Nel complesso, l’ho trovato gradevole, anche se non imperdibile.

Fosco Del Nero



Titolo: Chronicle (Chronicle).
Genere: fantastico, drammatico.
Regista: Josh Trank.
Attori: Dane DeHaan, Alex Russell, Michael B. Jordan, Michael Kelly, Ashley Hinshaw, Anna Wood, Joe Vaz, Roberts Matthew Dylan, Luke Tyler.
Anno: 2007.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 10 aprile 2015

Grand Budapest Hotel - Wes Anderson

Oramai mi sono visto quasi tutti i film di Wes Anderson: dopo (in ordine di visione) I TenenbaumIl treno per il DarjeelingRushmoreFantastic Mr. FoxLe avventure acquatiche di Steve Zissou, Un colpo da dilettanti, mancavano all’appello solo le sue ultime due produzioni: Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore, che recensirò in seguito, e Grand Budapest Hotel, datato 2014, che viceversa recensisco adesso.

Intanto cominciamo col dire quali tra i film di Anderson ho apprezzato maggiormente: I Tenenbaum, Il treno per Darjeeling, Fantastic Mr. Fox e Le avventure acquatiche di Steve Zissou.
Nel gruppo dei peggiori vanno invece Un colpo da dilettanti e Rushmore, che poi sono il suo film d’esordio e il suo secondo film, ciò che prova un miglioramento graduale.

Grand Budapest Hotel, dal canto suo, finisce dritto dritto nel primo gruppo, che poi è la maggioranza netta, segno dell’elevata qualità media delle produzioni di Wes Anderson, regista molto scrupoloso e attento tanto all’estetica quanto alla sostanza, come prova praticamente tutta la sua carriera.

Ma bando alle ciance, e andiamo alla trama sommaria di Grand Budapest Hotel, film tra l’altro che può vantare un cast ricchissimo, tra i più ricchi che abbia mai visto, giacché al protagonista Ralph Fiennes (affiancato dal giovanissimo Tony Revolori) si uniscono Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Edward Norton, Bill Murray, Jude Law, Harvey Keitel, Owen Wilson, F. Murray Abraham e Jason Schwartzman. Nomi eccellenti, come evidente, molti dei quali attori feticcio di Wes Anderson… e in effetti alla banda ci mancava solo Anjelica Houston, ma forse non c’era posto per lei in questo universo al maschile, praticamente privo di donne … a parte le amanti anziane del protagonista, che però sono essenzialmente sfondo.

Dicevo della trama: il film parte con un dialogo nel 1968 tra Zero Moustafa anziano (F. Murray Abraham) e uno scrittore (Jude Law) in un ormai quasi deserto Grand Budapest Hotel: il primo racconta al secondo la storia sua e dell’albergo, passato nelle sue mani alla morte del suo mentore, monsieur Gustave (Ralph Fiennes), un uomo tanto elegante e raffinato, quanto eccentrico e ambizioso, ai suoi tempi direttore del Grand Budapest Hotel, situato nell’immaginaria Repubblica di Zubrowka
Le vicende centrali del film, quelle del lungo flashback di Moustafa, ci portano nel 1932, e raccontano gli scontri tra monsieur Gustave e la famiglia di una delle sue anziane amanti (soprattutto il figlio di lei Dmitri-Adrien Brody e il suo scagnozzo Jopling-Willem Dafoe) per motivi di successione.
Di mezzo vi sono un famoso quadro… e lo stesso Grand Budapest Hotel.

Il film procede secondo la tecnica narrativa oramai adottata in pianta stabile da Wes Anderson, molto letteraria: la storia procede difatti per capitoli con tanto di titoli.
Lo stile registico è ugualmente consueto, molto ricercato nella fotografia e dai colori vivaci.
La qualità recitazione è garantita dal cast di cui sopra, mentre la storia è enormemente vivace sia nell’aspetto della trama, sia in quello spettacolaristico: in effetti nel film, che dura poco più di un’ora e mezza, succede di tutto, e lo spettatore certo non ha il tempo di annoiarsi, anche grazie a dialoghi sempre ficcanti e brillanti.

Va detto comunque che lo stile di Wes Anderson, come l’umorismo molto british, sono particolari, come è particolare la scelta del montaggio, per cui non è affatto detto che il suo lavoro possa piacere a tutti, nonostante l’indubbia qualità che c’è dietro ai suoi film.

Ad ogni modo, per conto mio Grand Budapest Hotel si inserisce non solo tra i film “buoni” di Anderson, ma anche nei gradini alti del podio, giocandosi il primo posto con I Tenenbaum.

Fosco Del Nero



Titolo: Grand Budapest Hotel (Grand Budapest Hotel).
Genere: commedia, surreale.
Regista: Wes Anderson.
Attori: Ralph Fiennes, Tony Revolori, Adrien Brody, Willem Dafoe, Bill Murray, Saoirse Ronan, Jude Law, Owen Wilson, Tilda Swinton, F. Murray Abraham, Léa Seydoux, Edward Norton, Harvey Keitel, Tom Wilkinson,Bob Balaban, Florian Lukas, Mathieu Amalric, Jeff Goldblum, Jason Schwartzman.
Anno: 2014
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 9 aprile 2015

Gabriel - La furia degli angeli - Shane Abbess

Gabriel - La furia degli angeli è un film di genere fantastico oscillante tra drammatico e horror diretto nel 2007 da Shane Abbess.
Si tratta di una produzione dal budget limitato, e difatti non siamo ad Hollywood, ma in Australia.

Come fa intuire il titolo, il film ha a che fare con gli angeli, e soprattutto con Gabriele (Andy Whitfield), protagonista della storia, inviato da Dio nel regno del Purgatorio per risolvere la guerra tra bene e male per il controllo di alcune anime, bloccate per l’appunto nel Purgatorio.

Oltre alle numerose anime umane, inoltre, sono bloccati lì anche alcuni angeli che erano scesi in precedenza per combattere il potere di Satana e degli altri angeli caduti.

Gabriele, una volta sceso in Purgatorio, ritroverà alcuni angeli deboli e degradati: Uriele, Amitiele, Ituriele, Raffaele.
Ma soprattutto troverà gli angeli ribelli: Asmodeo, Lilith… fino allo scontro finale con Satana, che rivelerà una grande sorpresa…

Gabriel - La furia degli angeli non fa affatto notare di essere un film a budget ridotto, dal momento che è estremamente curato in tutto: fotografia, montaggio, anche le interpretazioni sono di buona fattura (soprattutto alcune, ad esempio Dwaine Stevenson), pur senza che vi sia l’interprete di grido.

Il film, con la sua atmosfera gotica in stile Dark City-Il corvo si fa seguire bene, pur con alcuni dubbi-punti deboli e pure in presenza di una trama fantasiosa, che utilizza i nomi degli angeli, ma si inventa di sana pianta una situazione teologico-esistenziale.

In questo senso, chi cercava un film dai significati esistenzial-spirituali resterà totalmente deluso, così come chi cercava un horror, cosa che il film non è.

Gabriel - La furia degli angeli, difatti, si distingue soprattutto per la natura drammatica della storia, dall’inizio alla fine, tra paura, debolezze, violenze e sacrifici.
Sì, si vede parecchio sangue, ma poca roba in confronto al livello di disperazione che si respira in tutta la storia, a cominciare dalle tinte cupe del Purgatorio.

Nel complesso, a mio avviso Gabriel - La furia degli angeli non è malaccio come film; a meno che, beninteso, che non stiate cercando storie allegre e che non siate dei puristi di angelologia o tematiche spirituali, nel qual caso preparatevi a svariate “innovazioni”.

Fosco Del Nero



Titolo: Gabriel - La furia degli angeli (Gabriel).
Genere: fantastico, drammatico, psicologico, thriller.
Regista: Shane Abbess.
Attori: Andy Whitfield, Dwaine Stevenson, Samantha Noble, Michael Piccirilli, Jack Campbell, Erika Heynatz, Harry Pavlidis.
Anno: 2007.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 2 aprile 2015

Berserk - L'epoca d'oro - 2 - La conquista di Doldrey - Toshiyuki Kubooka

Ora sì che ci siamo.
Questo è il commento che mi è arrivato spontaneo dopo la visione de La conquista di Doldrey, secondo film della saga di film L'epoca d'oro, dedicata a uno dei manga più famosi di tutti i tempi, sarebbe a dire Berserk di Kentaro Miura.

E il commento è relativo sia a questo secondo film, sia al primo film, L'uovo del re dominatore, che a differenza di questo secondo episodio si era rivelato piuttosto carente da vari punti di vista (minutaggio troppo ridotto, volti dei protagonisti brutti a vedersi, movimenti legnosi dei corpi, troppa frettolosità nell’incedere della storia).

La conquista di Doldrey, difatti, risolve praticamente tutti i problemi del suo balbettante predecessore: visivamente è molto bello, tanto negli scenari, quanto nelle scene d’azione, ed è molto migliorato nei movimenti e nei volti dei personaggi, vero tallone d’Achille del primo volume.

Oltre che, beninteso, la durata veramente scarsa, e anzi insensata: appena 68 minuti di film per sintetizzare ben 13 volumetti del manga… una follia, giacché sarebbero state poche pure due ore intere.

Intendiamoci, anche La conquista di Doldrey effettua vari salti, e anzi certi riferimenti li ignora del tutto, però da un lato dura di più, quasi un’ora e mezza, e dall’altro lato copre un arco temporale più ridotto: essenzialmente, la conquista della fortezza di Dordley da parte della squadra dei Falchi e gli eventi immediatamente precedenti e successivi.

La storia si interrompe così come era iniziata: con un duello tra Griffith-Grifis e Gats-Gatsu: a cambiare però è l’esito, ciò che poi condurrà alla parte più triste e dura della storia, che peraltro non difetta certo di parti dure: L'Avvento, titolo per l’appunto del terzo film della serie animata.

Nel complesso, a codesta L’epoca d’oro manca sempre tanto rispetto al manga, e qualcosa anche rispetto alla serie animata prodotta nel 1997, ma con questo secondo film ci siamo avvicinati ad entrambi, fornendo un prodotto degno del nome Berserk, per quanto non pienamente rappresentativo. 

Il vantaggio, ovvio rispetto all’anime del 1997, è un livello tecnologico molto più avanzato, che fa bella mostra di sé soprattutto nelle scene di combattimento, ma anche nei colori e nei paesaggi, alcuni davvero molto belli e meritevoli.

Tanto che, alla fine, la lacuna principale di questo secondo film è il tipico problema delle conversioni dai prodotti letterali di una certa lunghezza ai film: non ci sta tutto, e inevitabilmente si perde parte dell’atmosfera o della caratterizzazione dei personaggi (in particolare, L’epoca d’oro propone una Caska davvero sotto tono rispetto al personaggio del manga).

Ma, valutando tutto quanto, La conquista di Doldrey riscatta L'uovo del re dominatore e si conquista una buona valutazione.

Fosco Del Nero



Titolo: Berserk - L'epoca d'oro - 2 - La conquista di Doldrey (Berserk ogon - Jidai-hen II: Doldrey koryaku).
Genere: anime, animazione, fantasy, drammatico.
Regista: Toshiyuki Kubooka.
Anno: 2012.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

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