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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 25 dicembre 2019

Biancaneve e il cacciatore - Rupert Sanders

Biancaneve e il cacciatore, film del 2012, è una delle tante rivisitazioni della fiaba di Biancaneve, sovente assai poco fedeli al racconto originale dei Fratelli Grimm, il quale peraltro pare sia stato preso da un racconto precedente, e a sua volta modificato.
Tra l’altro, in tale racconto sono rintracciabili valenze esistenzial-esoteriche… che prodotti commerciali come questo disfano completamente, trasformando la fiaba in un film fantasy moderno, laddove “moderno” in questo caso significa adolescenziale: sia perché destinato prevalentemente a un pubblico anagraficamente giovanile, sia perché destinato a un pubblico interiormente adolescente.

Ma andiamo subito alla trama di Biancaneve e il cacciatore, esordio alla regia Rupert Sanders (a proposito, ma come è possibile che venga dato un budget importante a una persona che non ha mai diretto un film? Sarebbe come se a me dessero da allenare la Juventus. Dove sono finiti gavetta e apprendimento progressivo?): Biancaneve (la bella e allora giovane Kristen Stewart; Twilight, Into the wild - Nelle terre selvagge) è la figlia del Re Magnus, il quale è triste perché ha appena perso la sua amata moglie e regina. Una giovane donna, trovata prigioniera in un’armata infernale che ha improvvisamente attaccato il regno, gli farà però dimenticare la sua perdita, tanto che egli subito sposerà la suddetta donna, Ravenna (l'altrettanto bella e ancor più brava Charlize Theron; La maledizione dello scorpione di giada, Hancock, Aeon Flux - Il futuro ha inizio, La leggenda di Bagger Vance, L’avvocato del diavolo), la quale si rivelerà però essere una strega crudele e maligna, interessata solo a perpetuare la sua bellezza fisica e il suo potere, coadiuvata dal famoso specchio (a cui però non viene dato quasi spazio) e dal fratello dalla pettinatura improbabile (a cui di spazio ne viene dato fin troppo).
Per mantenersi giovane, essa ruba l’essenza vitale delle ragazzine, mentre per dominare in prima persona il regno mantiene l’erede al trono ufficiale, ossia Biancaneve, chiusa in prigione.
Non la uccide, però, e un giorno essa riuscirà a fuggire, finirà in una foresta incantata dove conoscerà il cacciatore del titolo, Eric (Chris Hemsworth); Hunger games 4 - Il canto della rivolta - Parte 2) nonché i sette nani (tra cui, alla sua ultima apparizione, il mitico Bob Hoskins; Chi ha incastrato Roger Rabbit?, Sirene, Brazil).

Diciamo ora i pro e i contro del film.
Pro: visivamente è molto bello, come ormai son visivamente molto belli quasi tutti i film contemporanei, specialmente quelli di genere fantastico che fanno largo uso di effetti speciali. La foresta incantata è affascinante, abbiamo troll, spiritelli, cervi magici, gli incantesimi della regina cattiva, e via discorrendo.
Alla bellezza contribuiscono anche le due protagoniste, la brava Charlize Theron, forse persino troppo brava per questo film, giacché porta drammaticità e profondità in una storia al contrario leggera e infantile; e la parimenti bella Kristen Stewart, tuttavia parecchio meno brava e anzi quasi monoespressiva col quel suo broncio così carino. Molto belli anche i costumi, nonché la fotografia del film.

Contro: la storia è naif, e anzi fa un po’ storcere il naso vedere una fiaba dal sapore iniziatico (i desideri materiali di bellezza e di potere, l’addormentamento, i sette nani-chakra che vanno a lavorare nell’interno della terra, il risveglio, l’amore come energia superiore, etc) trasformata in un film di cassetta in cui addirittura Biancaneve si veste d’armatura e fa la guerriera… abbattendo persino uomini soldati ben armati e addestrati, lei che è una ragazzetta esile che ha passato gli ultimi 10 anni di vita in una cella, avendo presumibilmente i muscoli poco allenati (non che se fossero stati allenati una ragazza di 45-50 chili potrebbe abbattere un soldato di 90).
Il tutto si risolve in una disputa personale tra la Principessa Biancaneve e la Regina Ravenna (a proposito... Ravenna? Perché non Pescara o Urbino?), mentre gli altri personaggi fanno solo da sfondo, sembrando quasi carta da parati: dal cacciatore ai nani.

Viviamo purtroppo in un’epoca in cui vengono svilite le cose più alte, comprese le storie iniziatiche, ma anche la sessualità, il percorso di ricerca personale, etc, e il risultato sono prodotti come questo Biancaneve e il cacciatore… che peraltro non è il peggior film sulla Terra, e almeno un po’ di bellezza propone, per quanto molto leggerina.
Da un lato abbiamo l’elevazione, in cui il basso tende verso l’alto, e dall’altro lato abbiamo l’omologazione-appiattimento, in cui l’alto vien trascinato giù: che ognuno scelga la via che vuole percorrere, e la società sarà la somma macroscopica di tali scelte individuali.

Fosco Del Nero



Titolo: Biancaneve e il cacciatore (Snow White and the huntsman).
Genere: fantasy, drammatico.
Regista: Rupert Sanders.
Attori: Kristen Stewart, Charlize Theron, Chris Hemsworth, Sam Claflin, Ian McShane, Bob Hoskins, Ray Winstone, Nick Frost, Toby Jones, Eddie Marsan, Stephen Graham.
Anno: 2012.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 24 dicembre 2019

Star trek - Into darkness - J.J. Abrams

Dal momento che il primo film di Star trek, Il futuro ha inizio (primo si fa per dire: in realtà era l’undicesimo complessivo dedicato al mondo di Star trek, ma primo per cronologia e nella gestione di J.J. Abrams) mi era piaciuto, sono passato al secondo, Into darkness.

In cabina di regina, c’è sempre J.J. Abrams, diventato celebre per la serie televisiva Lost (ma anche per Fringe, e ricordo anche Star wars - Il risveglio della forza), e gli attori sono tutti confermati, da Chris Pine a Zachary Quinto, da Zoe Saldana a Simon Pegg.
Tra i nuovi, introdotti lo stagionato Peter Weller (Il pasto nudo, Screamers - Urla dallo spazio) e il più fresco Benedict Cumberbatch (Doctor Strange).

Ecco in sintesi la trama di Star trek - Into darkness: siamo nel 2259 quando il Capitano Kirk viene sollevato dal suo incarico e l’Enterprise gli viene sottratta, per gravi violazioni delle regole della Federazione. Non solo: viene separato da Spock, assegnato a un’altra nave e a un altro comandante.
Tuttavia, la sua perizia e il suo intuito, unito a una situazione d’emergenza, lo porterà a comandare di nuovo l’Enterprise, ovviamente con Spock al suo fianco. E Nyota Uhura e il Dottor McCoy e Montgomery Scott e Pavel Chekov e Hikaru Sulu. Tutto l’ensamble, insomma.
L’emergenza è data dal risveglio di Khan, un uomo geneticamente modificato trecento anni fa, reso una sorta di superuomo, super-forte, super-intelligente, e pure super-pericoloso, il quale cercherà di svegliare anche i 72 membri del suo equipaggio, anch’essi superdotati, esperimenti falliti, o troppo ben riusciti, e successivamente ibernati.
A tale pericolo se ne aggiungerà un altro, meno atteso, che tuttavia qua non svelo per non rivelare troppo della trama.

Into darkness prosegue sulla scia del precedente Star trek: di fatto Abrams con essi ha trasformato l’universo di Star trek in qualcosa di più vicino a Star wars, ma con più leggerezza e umorismo... una via di mezzo tra Star wars e un film-commedia su supereroi. Qua non ci sono super-poteri, ma in compenso vi è una super-tecnologia, usata di fatto come super-poteri, e sovente in modo poco credibile e naif: abbiamo così dottori che resuscitano i morti, navi enormi che effettuano manovre improbabili, minuscole navette da trasporto che se ne vanno a zonzo nel cosmo per distanze enormi.

E ancora, continuando l’elenco delle “improbabilia”, abbiamo l’Enterprise in orbita attorno alla Terra che non appena si spengono i motori precipita sul pianeta; abbiamo enormi navi spaziali costruite senza che nessuno ne sappia niente tranne che una sola persona; abbiamo un individuo che riesce a nascondere 72 corpi umani ibernati in altrettanti siluri e poi a farli caricare su una astronave non sua senza che nessuno se ne avveda; abbiamo il fatto che pericolosi criminali non vengano eliminati ma ibernati, come a garantirsi problemi futuri.
E soprattutto abbiamo un intreccio di intenti, tra Khan e l’Ammiraglio, altrettanto improbabile e a tratti incomprensibile; o meglio, semplicemente insensato in relazione allo scopo di fondo.

Insomma, Star trek - Into darkness esagera con una sceneggiatura un po’ campata per aria, buona per metter su un film rutilante e parecchio dinamico, ma decisamente poco strutturata…
… e soprattutto, ancora più lontana come stile dalla serie televisiva di Star trek di quanto lo era stato il precedente film, anch’esso piuttosto distante; tanto che molti fan storici non hanno affatto apprezzato.

Tuttavia, si era capito già dal primo film, queste opere di J.J. Abrams non vanno concepite come fedeli omaggi al vecchio universo di Star trek, ma come riletture contemporanee atte ad attrarre il vasto pubblico, e non tanto a compiacere i vecchi fan, che difatti in buona misura ne son rimasti delusi.
Il film si fa notare così per effetti speciali impressionanti, per la bellezza di panorami, colori e costumi, per il ritmo vivace e i dialoghi altrettanto vivaci, per una regia audace.
Molto meno, devo dire, per la coerenza della sceneggiatura e per l’originalità, e anche per una certa melodrammaticità… che diventa ridicola quando va a coinvolgere Spok, il freddo insensibile per antonomasia.

In generale, ho gradito anche il secondo film, ma nettamente meno del primo.
Menzione per l’incipit, davvero accattivante per colori, costumi, montaggio e spettacolarità.
Ora è il turno del terzo episodio (terzo di questa mini-serie, altrimenti sarebbe probabilmente l'ottantesimo), ossia Star trek - Beyond.

Fosco Del Nero



Titolo: Star trek - Into darkness (Star trek - Into darkness)
Genere: fantascienza, azione, commedia.
Regista: J.J. Abrams.
Attori: Chris Pine, Zoe Saldana, Zachary Quinto, John Cho, Benedict Cumberbatch, Alice Eve, Bruce Greenwood, Simon Pegg, Karl Urban, Peter Weller, Anton Yelchin, Noel Clarke, Nolan North, Jason Matthew Smith.
Anno: 2012.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 18 dicembre 2019

Blade runner - Ridley Scott

L’assenza di Blade runner in un blog di un amante del cinema fantastico, e che da ragazzino si è letto migliaia di pagine fantascienza, cyberpunk compreso, era abbastanza grave… anche se va detto che ovviamente avevo già visto il film in passato, ma non da quando avevo aperto il blog, col risultato di cui sopra.
Ad ogni modo, eccoci qui, con la recensione riferiva alla versione “final cut”.

Iniziamo con lo spendere due parole per la “genesi” del film.
Il film è tratto, per quanto liberamente, dal romanzo di Philip Dick, del 1968, Il cacciatore di androidi. Per chi fosse interessato, ecco alcuni altri film tratti da romanzi di Dick: Atto di forzaA scanner darkly - Un oscuro scrutareMinority reportI guardiani del destino, Screamers - Urla nello spazio, ImpostorPaycheckNext.

Il regista, invece, è Ridley Scott, che in quegli anni ha mietuto un successo dietro l’altro, e in generi assai differenti tra di loro, segnalandosi come uno dei più grandi registi del periodo: parliamo di prodotti come Alien (fantascienza-horror), Legend (fantasy), Blade runner (fantascienza-cyberpunk), Thelma e Louise (drammatico). Tuttavia, il prosieguo della sua carriera non è stato all’altezza di quegli anni, e il regista, attivo ancora oggi, non ha prodotto altri capolavori, e anzi si è dedicato più alla produzione che non alla regia in prima persona.

Veniamo ora al cast del film, che contiene due nomi di grido per quei tempi: uno è Harrison Ford (dalla carriera che non ha bisogno di commenti, tra Star wars e Indiana Jones) e l’altro è Rutger Hauer (decisamente meno famoso, ma rimasto impresso nell’immaginario collettivo per due personaggi: quello di Blade runner e quello di Ladyhawke). Scarsina invece la presenza femminile: scarsa come quantità ma anche come fascino, devo dire, cosa che rende Blade runner un film soprattutto al maschile.

Ecco in sintesi la trama della storia: siamo in quello che allora era un abbastanza lontano futuro (dal 1982 al 2019), in una Los Angeles caotica, sporca e nevrotica.
Il livello tecnologico è enorme, con tanto di astronavi, macchine volanti, colonie su altri pianeti, e androidi umani talmente tanto simili al genere umano, nell’aspetto, nell’intelligenza e persino nell’apparato emotivo, da dover utilizzare sofisticati test per distinguerli dall’uomo.
Rick Deckard, vecchio agente dell’unità poliziesca Blade runner, fa il cacciatore di taglie: va in giro, trova i replicanti (così si chiamano gli androidi quasi identici all’uomo) e li “ritira”, ossia li uccide. In verità ha smesso con quell’attività, ma viene richiamato in servizio per seguire un caso particolarmente difficile: quattro androidi, capitanati dal duro Roy, sono fuggiti dalle colonie extramondo, dove venivano impiegati come forza lavoro, e si sono nascosti a Los Angeles. Il loro obiettivo è trovare il creatore dei loro corpi di androidi e chiedergli/costringerlo ad aumentare la loro durata di vita, che in verità è assai ridotta: solo quattro anni.
Il compito di Deckard invece è esattamente l’opposto: terminare le loro esistenze il prima possibile.
Peraltro, la stessa identità di Deckard è dubbia, come lasciano suggerire alcuni indizi.

Partiamo dalle basi, ciò che a mio avviso ha reso grande e famoso Blade runner, che non ebbe un grande successo al momento della sua uscita, ma che col senno di poi si è imposto come film culto, di un genere (la fantascienza) e di un periodo (gli anni “80): l’ambientazione. È molto bella e corposa, ed è questa che dà spessore al film, con la sua curiosa commistione tra mondo futuristico e lo stile degli anni “80: musica, pettinature, loghi di aziende in voga in quegli anni, come Atari o Bulova.
Anche trama e sceneggiatura sono interessanti, ma d’altronde dietro questo c’è la mano di Philip Dick, non uno qualunque. 
I personaggi sono globalmente interessanti, anche se alcuni un po’ ingenui, e infatti su questo punto si scende di diverse tacche. Come si scende riguardo ai dialoghi, davvero altalenanti: a volte bene, a volte meno bene, con uno stile piuttosto naif.
Gli effetti speciali, in realtà non tantissimi, ovviamente scompaiono rispetto a quelli del giorno d’oggi, ma non è un problema: i film di valore invecchiano bene, al di là del loro anno di produzione. Penso, per citare quel periodo, a Labyrinth, a Ritorno al futuro, a Ghostbusters, a Dune, etc. 

Nel complesso, Blade runner è un ottimo film. Non brilla per dinamismo e nei dialoghi, poteva esser meglio a livello di caratterizzazione dei personaggi, è totalmente assente sul piano dell’umorismo e per questo potrebbe risultare un po’ pesante e noioso per alcuni spettatori, ma globalmente è un ottimo film di fantascienza, che rende onore al periodo d’oro di Ridley Scott… per quanto personalmente considero più importante l’altro suo capolavoro di fantascienza, ossia Alien, anche per la sua simbologia (invasione esterna, possesso, parassitismo di una specie aliena).

Chiudo la recensione con un paio di frasi tratte dal film, dal vago sapore esistenziale (non molto vago, in realtà).

“Su svegliati, è ora di morire”

“Bella esperienza vivere nella paura, vero?
In questo consiste essere uno schiavo.”

Fosco Del Nero

p.s. Non ho ancora visto il sequel Blade runner 2049, ma prima o poi lo vedrò.



Titolo: Blade runner (Blade runner)
Genere: fantascienza, azione, drammatico.
Regista: Ridley Scott.
Attori: Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos, M. Emmet Walsh, Daryl Hannah, William Sanderson, Brion James, Joe Turkel, Joanna Cassidy, James Hong, Morgan Paull.
Anno: 1982.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 17 dicembre 2019

L'uomo senza sonno - Brad Anderson

Quest’oggi recensisco un film decisamente particolare, che oscilla tra l’essere un film psicologico, un thriller e un’opera di tipo visionario: L'uomo senza sonno, girato da Brad Anderson nel 2004 e divenuto negli anni un piccolo film cult.
Peraltro, lo avevo già visto svariati anni fa, poco dopo che uscì, quando ancora non avevo aperto il blog Cinema e film, per cui la recensione arriva solamente ora.

Intanto, dico subito che, nella mia mente, l’ho sempre affiancato a pellicole come MementoNumber 23 o anche Fight Club, e già questo dovrebbe dare grossomodo l’idea del tipo di film di cui si tratta… anche se L'uomo senza sonno ha una sua specificità ben precisa.

Ecco in grande sintesi la trama del film: Trevor Reznik (Christian Bale; The prestigeEquilibriumThe new world - Il nuovo mondo) è un giovane uomo con gravi problemi di insonnia; non dorme decentemente da un anno. Con due ovvie conseguente: la prima è che il suo corpo, stremato dalla mancanza di riposo, e probabilmente anche da una certa inappetenza, si è ridotto in condizioni critiche, con una magrezza estrema e un pallore spiccato. La seconda conseguenza è che la mente inizia a vacillare: spesso l'uomo perde la concentrazione, si ritrova da qualche parte senza sapere come ci è arrivato, e man mano assiste ad accadimenti sempre più sospetti e ambigui, tanto da sviluppare una sorta di mania di persecuzione, la quale mette in crisi quei pochi rapporti umani che ancora aveva, in primis quello con la prostituta Stevie (Jennifer Jason Leigh; indimenticabile in Existenz, a proposito di film visionari, e vista anche in Mister hula hoop), cui lui vuol bene, ricambiato.
Tra gli altri rapporti interpersonali, da citare i colleghi di lavoro, i quali ovviamente notano il peggioramento delle sue condizioni esteriori, la cameriera Marie, e l’ambiguo Ivan.
Se le cose stavano già prendendo una brutta piega in generale, peggiorano all’improvviso dopo un brutto incidente sul lavoro, avvenuto per sua incuria, fatto che lo rende ancora più impopolare.

Detti gli estremi “anagrafici” del film, veniamo ad alcune altre cose.
La prima è una curiosità, e riguarda il fatto che Bale, per interpretare il ruolo in questione, ha perso circa 25 chili, scendendo a soli 54, passando da un fisico tonico e muscoloso a un corpo emaciato e forse persino a rischio salute.

Altra curiosità: il film trabocca di riferimenti a Kafka e Dostoevskij, a sottolineare due direzioni del film: la prima visionaria, la seconda interiore.

E ora veniamo alla possibile interpretazione interiore-esistenziale de L'uomo senza sonno, film che già nel suo titolo suggerisce che si parli di “addormentamento”, e quindi di consapevolezza-inconsapevolezza.
Quanto al titolo inglese del film, The machinist, e al lavoro del suo protagonista, l’operaio in una catena di montaggio, esso si riferisce piuttosto chiaramente alla meccanicità dell’uomo.
L’introduzione dell’elemento dell’insonnia e di una sorta di perenne stato confuso di semi-coscienza, ma sarebbe più opportuno dire di semi-incoscienza, bissa quanto detto poco sopra. 
A certificare, o quantomeno a rendere probabile tale “vocazione”, si aggiunga che il film inizia e termina con una domanda: “Chi sei?”.
Lo stato di inconsapevolezza è testimoniato da quei momenti in cui il protagonista (che sarebbe ogni singolo essere umano) passa da una scena all’altra senza sapere come vi sia arrivato.
Altro elemento: il protagonista all’esterno vede se stesso, ma pensa che siano gli altri, il che è una messinscena del principio speculare… forse involontaria, ma tant’è.
In tal senso, è curioso il particolare di Trevor che insegue Ivan nella galleria e vede il numero di targa della cabriolet rossa: 743 CRN; poco dopo si vede che il numero di targa del veicolo di Trevor è  NRC 347… lo stesso al contrario, a certificare sia che Trevor sta in realtà seguendo se stesso, sia il principio speculare di cui sopra (peraltro, in seguito viene detto che la macchina di Ivan era una precedente macchina di Trevor, targa compresa: un altra conferma dello "specchio").
A fine film, come a certificare una dichiarazione di resa (e infatti c’è una resa sotto forma di auto-costituzione) il protagonista dice: “Voglio solo dormire”. Proprio come la gran parte dell’umanità contemporanea.
Sempre a fine film, convenientemente ben inquadrata, compare la scritta "Escape": ossia "Fuggi"... al di fuori della trama del film, pare confermare che, "dietro le quinte", si sta parlando di fuga dall'addormentamento, dal sonno e dalla meccanicità.

Insomma, L'uomo senza sonno è costruito in modo tale che lo si può vedere sia come film psicologico, sia come film con contenuti esistenziali… o ambo le cose ovviamente (alla fine è sempre un “ambo le cose”).

Al di là di tale possibile livello di lettura, L'uomo senza sonno di Brad Anderson è un buon film, ben girato, ben costruito, con una buona tensione scenica. Un po’ deprimente, forse, ma va bene.

Fosco Del Nero



Titolo: L'uomo senza sonno (The machinist)
Genere: psicologico, thriller, drammatico.
Regista: Brad Anderson.
Attori: Christian Bale, Jennifer Jason Leigh, Aitana Sánchez-Gijón, John Sharian, Michael Ironside, Larry Gilliard Jr, Reg E. Cathey, Anna Massey, Matthew Romero Moore, Robert Long.
Anno: 2004.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 11 dicembre 2019

Impostor - Gary Fleder

Ho guardato Impostor non perché il film goda di un’ottima fama, di cui infatti non gode, né per la brillante carriera del regista Gary Fleder, che infatti non ha firmato neanche un gran film, e nemmeno per un interesse verso il cast, dal momento che i protagonisti sono tre attori di serie B, i cui visi si ricordano vagamente ma non in modo irresistibile.

Date queste premesse poco incoraggianti, perché allora mi sono visto Impostor?

Semplicemente perché il film è tratto da un romanzo del 1952 di Philip K. Dick, autore che, si sa, offre trame interessanti e spunti esistenziali altrettanto interessanti, solitamente sospeso tra veglia e sonno, tra realtà e finzione, e tra dubbi sull’identità.

Impostor, come suggerisce lo stesso titolo, punta tutto su quest’ultimo punto, e se lo trascina fino alla fine…
… una fine decisamente inattesa, ve lo dico subito.

Ecco la trama sommaria del film: siamo nel 2075, e l’umanità è in guerra con una razza aliena di Alpha Centauri, guerra per la quale servono ovviamente piloti, soldati, scienziati, ingegneri, e via discorrendo…
… mentre sullo sfondo la popolazione vive sotto una sorta di dittatura politico-militare repressiva e dallo stampo distopico (se pure non tratta a fondo il tema socio-politico, Dick ce lo mette almeno come sfondo).

Spencer Olham (Gary Sinise; Forrest Gump, Apollo 13) è uno scienziato che mette a punto un’arma per sconfiggere finalmente gli alieni… ma proprio Olham sarà arrestato dalla polizia governativa guidata da Hathaway (Vincent D'OnofrioIl tredicesimo piano, Full metal jacket) con l’accusa di essere un replicante – un’impostore, per l’appunto – creato dagli alieni per infiltrarsi tra gli umani: indistinguibile nella forma e nel corpo, con memoria e convinzione di essere un essere umano, e soprattutto con una sorta di bomba biologica dentro il cuore che è invisibile ai radar ma che si innesca da sola quando la macchina è vicina all’obiettivo della bomba, che nel caso specifico si ritiene essere il cancelliere terrestre.
Olham tuttavia non crede a una parola di quanto gli viene detto, riesce a fuggire e durante la sua fuga cerca di assicurarsi la salvezza: sua e di sua moglie Maya (Madeleine StoweL'esercito delle dodici scimmie), comprese le prove che lui in realtà è un essere umano e che le fonti della polizia sono errate.

Impossibile dire altro sul film senza rivelare la trama, per cui lascio la visione a chi sia interessato.
Di mio, mi limito a sottolineare che Impostor è un prodotto mediano: sufficientemente interessante, e pure sorprendente nel finale, tuttavia non brilla da nessun punto di vista, anche perché nel mentre, dal 1952 ad oggi, numerosi altri film hanno esplorato il tema del “replicante”, o hanno inscenato fughe precipitose da agenti governativi del futuro.

In definitiva, Impostor di Gary Fleder non è certo un film irrinunciabile, ma può esser visto…
… e risulta irrinunciabile solo per chi non vuol perdersi neanche un film tratto dai libri di Philip Dick.

Fosco Del Nero



Titolo: Impostor (Impostor)
Genere: fantascienza, azione, drammatico, psicologico.
Regista:  Gary Fleder.
Attori: Gary Sinise, Madeleine Stowe, Vincent D'Onofrio, Tony Shalhoub, Mekhi Phifer, Tim Guinee, Gary Dourdan, Lindsay Crouse, Elizabeth Peña, Ellen Bradley.
Anno: 2002.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 10 dicembre 2019

Star trek - Il futuro ha inizio - J.J. Abrams

Le mie conoscenze del mondo di Star trek sono molto ristrette, e si limitano al Capitano Kirk, al Signor Spock, al Dottor McCoy e ovviamente all’Enterprise.
Finito.

Tuttavia, ho deciso di vedermi Star trek - Il futuro ha inizio in quanto segnalato da molte parti come ottimo film di fantascienza…
… e che peraltro si situa nella giovinezza dei suddetti protagonisti, dando loro un passato e mostrando come sono arrivati dove sono arrivati, ossia tutti sull’Enterprise.

Diciamo subito che, pur non essendo esperto o appassionato di Star trek, qualche episodio della serie storica con William Shatner l’ho visto: fantascienza vecchio stile, e metà tra l’intellettuale e lo slancio emotivo, comunque molto composta rispetto ai canoni odierni.
Star trek - Il futuro ha inizio, al contrario, è un film moderno, con personaggi moderni: dinamici, vivaci, movimentati. Persino Spock ha slanci di rabbia, il che è tutto dire.

A proposito di Spock: mi ha fatto specie vederlo interpretato da Zachary Quinto, ossia il Sylar della serie tv Heroes, tanto che mi aspettavo l’uso di superpoteri da un momento all’altro.
Kirk è stato assegnato invece a Chris Pine, che non ho mai incontrato finora, mentre il terzo personaggio più importante del film, che non è il Dottor McCoy ma Nyota Uhura, è stato affidato alla bella Zoe Saldana (Avatar, Guardiani della galassia).

Altri personaggi: attori noti: Simon Pegg (L’alba dei morti dementi, Hot fuzz, La fine del mondo) interpreta Montgomery Scott, Anton Yelchin (Il luogo delle ombre, Cuori in Artlantide) ha il ruolo di Pavel Chekov, Eric Bana (Troy, Hulk) è il cattivo Nero, John Cho (Flash forward) è Hikaru Sulu.
Piccola particina anche per Winona Ryder… che a dire il vero adesso come la vedo mi fa un po’ pena.

Ad ogni modo, ecco la trama sommaria di Star trek - Il futuro ha inizio, diretto da J. J. Abrams (Lost, FringeStar wars: Episodio VII - Il risveglio della forza, Mission: impossible 3, Super 8): James Tiberius Kirk è nato grazie al sacrificio di suo padre, pilota di una nave interstellare della Federazione, che ha dato la vita perché sua moglie, il figlio che stava nascendo proprio in quel momento e parte dell’equipaggio potesse salvarsi dall’attacco di una potente nave romulana, guidata dal cattivo Capitano Nero.
Anni dopo lo ritroviamo adolescente ribelle, e ancora più tardi ragazzo ugualmente ribelle, più interessato al nome della bella Uhura che alla carriera nella Federazione.
Più tardi ancora, dopo un altro salto di anni, lo ritroviamo sopra una nave interstellare, l’Enterprise, prima come paziente, poi come consulente, poi come ospite indesiderato e infine come capitano. Intorno a lui, girano i vari Dottor McCoy, Nyota Uhura, il vulcaniano Spock, e altri personaggi minori, tutti minacciati dalla medesima nave romulana che aveva ucciso il padre di Kirk.

Star trek - Il futuro ha inizio colpisce in diversi modi: il primo, ovvio, è la magnificenza dell’apparato visivo, con effetti speciali, immagini e colori davvero notevoli, risultato immagino di un ricco budget.
Il secondo è l’ottimo cast: al di là del fatto che i personaggi fossero molto o poco noti (c’è anche  Leonard Nimoy, ossia l’originale Spock!), sono tutti perfettamente in parte, segno che il casting è stato curatissimo.
I dialoghi sono ugualmente ficcanti e interessanti, o comunque perlomeno vivaci.
La trama è un po’ contorta, e fa molto Ritorno al futuro, ma va bene comunque.

Probabilmente Star trek - Il futuro ha inizio ha perso, ma più probabilmente ha volutamente abbandonato, lo spirito tipico dello Star trek serie televisiva, adottandone uno più contemporaneo, dinamico e spettacolaristico… fatto che ho letto esser piaciuto poco a molti fan della serie tv.
Chi però non ha questo attaccamento, può guardarsi quello che è un ottimo film di fantascienza, che è una sorta di mix tra Star trek (i personaggi, la storia) e Star wars (l’indole vivace e spettacolare).
Di mio, ho gradito Star trek - Il futuro, tanto che mi vedrò anche i due seguiti (che però sono sempre sequel rispetto alla serie tv originaria), ossia Star trek - Into darkness e Star trek – Beyond.

Termino la recensione con due frasi tratte dal film.
La prima è legata alla disciplina del corpo emotivo: 
“Controllare le emozioni fa sì che non siano esse a controllare te”.

La seconda accenna alla scelta individuale lungo il proprio percorso di vita:
“Tu sei perfettamente capace di determinare il tuo destino.
La domanda cui dare risposta è: quale strada sceglierai?
È qualcosa che solo tu puoi decidere”.

Fosco Del Nero



Titolo: Star trek - Il futuro ha inizio (Star trek)
Genere: fantascienza, azione, commedia.
Regista: J.J. Abrams.
Attori: Chris Pine, Zachary Quinto, Eric Bana, Zoe Saldana, Anton Yelchin, Simon Pegg, Winona Ryder, Karl Urban, John Cho, Bruce Greenwood, Ben Cross, Leonard Nimoy, Greg Ellis, Chris Hemsworth, Jennifer Morrison.
Anno: 2009.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 4 dicembre 2019

Starship troopers - Fanteria dello spazio - Paul Verhoeven

Era solo questione di tempo prima che recensissi Starship troopers - Fanteria dello spazio, nel senso che conosco bene il film, che ho già visto almeno due volte, ed era solo questione di tempo prima che lo rivedessi.

Cominciamo la recensione con due premesse.
La prima è che Starship troopers è tratto dal romanzo di Robert Heinlein, il celebre autore di fantascienza (Straniero in terra straniera, La Luna è una severa maestra, Universo, Tutti voi zombie: da quest'ultimo è stato tratto il film Predestination). Tuttavia, più che una fedele conversione cinematografica si tratta di una libera ispirazione, giacché son molte le differenze rispetto al romanzo.

La seconda è che in cabina di regia c’è Paul Verhoeven, che riscosse un notevole successo tra la fine degli anni “80 e gli anni “90 azzeccando un film dietro l’altro, pur in generi molto diversi tra di loro (Robocop, Atto di forza, L’amore e il sangue, Basic istinct, Showgirls, e per l’appunto Starship troopers), salvo poi cadere nell’anonimato.

Ecco la trama in grande sintesi di Starship troopers - Fanteria dello spazio, film di genere fan scientifico ma con molti elementi trasversali: sentimenti, commedia, critica sociale, etc: siamo nel XXIII secolo, il pianeta Terra è molto evoluto tecnologicamente ma non altrettanto socialmente e politicamente, quando l’umanità trova davanti a sé una forte minaccia, sotto forma di razza aracnide terribilmente distruttiva e aggressiva.
Molti dei giovani di quel periodo, un po’ per ambizione personale e un po’ per ottenere la cittadinanza, garantita solamente a chi lavora tra le fila della Federazione, si arruolano, chi nella Fanteria, chi nella Marina e chi nell’Intelligence, destinazioni rispettivamente di Johnny Rico (Casper Van Dien; Il mistero di Sleepy Hollow, Starship Troopers 3 - L'arma segreta), Carmen Ibanez (Denise Richards; Scary movies 3, Sex crimes - Giochi pericolosi, Bella da morire) e Carl Jenkins (Neil Patrick Harris; L'amore bugiardo, How I met your mother), tre amici super-affiatati che, prima di arruolarsi, avevano giurato amicizia eterna, e che si ritroveranno varie volte nel corso della guerra, pur ciascuno nel suo ruolo. La distanza segnerà anche la rottura della relazione tra Johnny e Carmen.

La telecamera segue le sorti di Johnny Rico, il quale, separatosi dai suoi vecchi due amici, ne trova altri due: la provocante Dizzy Flores (Dina MeyerJohnny Mnemonic, Dragonheart, Beverly Hills 90210), invaghita di lui già prima della guerra, e Ace Levy (Jake Busey; Sospesi nel tempo, I gattoni), ragazzo semplice e genuino.
Da segnalare anche le parti di Zander Barcalow, compagno di volo di Carmen, e di Jean Rasczak, insegnante di Johnny in due contesti: prima a scuola e poi sul campo.

Tecnicamente Starship troopers - Fanteria dello spazio è fantascienza pura, ma come detto oltre alla tecnologia e allo scontro con la razza aliena (che una volta tanto non è rettiloide, ma insettoide… anche se a dire il vero i nemici vengono chiamati a volta insetti e a volte aracnidi, che son due categorie diverse), propone molto altro: amicizia, amore, coraggio, ambizione personale, azione, violenza, sangue e una discreta dose di splatter, effetti speciali abbondantissimi per quegli anni e discreti pure oggi, ma anche umorismo e leggerezza, così come tanta bellezza, sia di scena sia umana: in effetti radunare un cast più belloccio di così era difficile, soprattutto in campo femminile (come se non bastassero le protagoniste principali, anche le comparse si fanno notare, ad esempio Amy Smart, che cito perché ha poi recitato in film bellissimi, per quanto non troppo noti, come Interstate 60La battaglia di Shaker HeightsThe butterfly effect, Peaceful warrior).
Da segnalare anche la nemmeno tanto velata ironia verso il sistema militare e mediatico federale, ossia americano, che fa largo uso di propaganda.

A me Starship troopers - Fanteria dello spazio è sempre piaciuto: non sarà forse un capolavoro del cinema, ma ha davvero tutto al posto giusto, si fa guardare con piacere e si ricorda con altrettanto piacere; è un film onesto, per così dire.
Al tempo della sua uscita ottenne nomination e premi, ma fu poco considerato in seguito, tanto da esser noto solamente dagli appassionati del genere.

È il film di apertura di una saga con altri tre film, ma di scarso valore, a quanto leggo online.

Chiudo la recensione con una bella frase estrapolata dal film:
“Capire da soli le cose è l’unica libertà che abbiamo veramente.
Usa questa libertà”.

Fosco Del Nero



Titolo: Starship troopers - Fanteria dello spazio (Starship troopers)
Genere: fantascienza, azione, drammatico, sentimentale.
Regista: Paul Verhoeven.
Attori: Dina Meyer, Casper Van Dien, Denise Richards, Neil Patrick Harris, Michael Ironside, Patrick Muldoon, Jake Busey, Seth Gilliam, Clancy Brown, Dean Norris, Amy Smart.
Anno: 1997.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


martedì 3 dicembre 2019

Due fuggitivi e mezzo - Francis Veber

Il film recensito oggi è Due fuggitivi e mezzo, di Francis Veber.

La mia passione per Francis Veber, e in generale per le commedie umoristiche francesi, è iniziata con la visione del mitico La cena dei cretini, film forse un po’ cinico ma dall’umorismo irresistibile.
Segnatomi il nome del regista, Veber per l’appunto, mi ero poi visto in rapida successione vari altri suoi film, a cominciare da quelli più recenti, il tenerissimo Una top model nel mio letto e il simpatico Le placard - L’apparenza inganna, per poi risalire ai precedenti, come Sta' zitto, non rompere, In fuga per treLa capra.

I film di Francis Veber hanno alcune cose tipiche: la prima, ben nota, è la figura di un personaggio chiamato François Pignon, che oscilla tra l’essere imbranato e l’essere del tutto ottuso (ciò cambia abbastanza da film a film, come cambia l'attore che lo interpreta).
La seconda è la presenza di alcuni attori feticcio e assai ricorrenti, tra cui Gérard Depardieu, presente per esempio in Sta' zitto, non rompere, in cui fa coppia con Jean Reno, e in La capra, in cui fa coppia con Pierre Richard… proprio come accade in Due fuggitivi e mezzo.

Peraltro, di Due fuggitivi e mezzo avevo già recensito il remake girato dallo stesso Veber per il mercato americano, ossia In fuga per tre, in cui i ruoli di Depardieu e Richard erano assegnati rispettivamente a Nick Nolte e Martin Short.

Dico subito una cosa: i due film si equivalgono come qualità; cosa affatto scontata pur avendo in comune la sceneggiatura e il regista, dal momento che la differenza del cast, dell’ambientazione e dello stile di fondo poteva dar esito a risultato del tutto difformi.
Invece, tanto Due fuggitivi e mezzo quanto In fuga per tre sono film carini… che essenzialmente si equivalgono, tanto che vederne uno rende abbastanza inutile vedere l’altro.

Ecco la trama sommaria di Due fuggitivi e mezzo: Jean Lucas (Gérard Depardieu; visto anche in Nemico pubblico N.1 - L'istinto di morte, Una pura formalità, Paris, je t’aimeVita di Pi) è appena uscito di carcere dopo aver scontato cinque anni per numerose rapine in banca e, deciso a cambiare vita, vende alcuni suoi averi e si reca in banca, ma questa volta per aprire un conto corrente per depositare i soldi della vendita.
Il caso vuole però che proprio in quella banca effettui una rapina lo scalcinato François Pignon (Pierre Richard), il quale non è affatto un criminale bensì un padre disperato perché disoccupato, senza soldi, e con una bambina da mantenere da solo… e che peraltro non parla da quando la madre è morta anni prima.
Minacciato dalla polizia nel mentre accorsa, Pignon prende un ostaggio per garantirsi la fuga, e sceglie proprio Lucas, che viene scambiato dai poliziotti per il rapinatore dati i suoi trascorsi. Da qui inizia una commedia degli equivoci, col duro Lucas che pian piano si ammorbidisce e si affeziona ai due personaggi, tanto che finisce per aiutarli.

La trama è molto semplice, e tutto si gioca sulle gag del duo Depardieu-Richard, che funziona piuttosto bene.
Curiosamente, in Sta' zitto, non rompere, nel duo Reno-Depardieu, era quest’ultimo a recitare il ruolo del personaggio bislacco, e parimenti bene, segno del fatto che dietro il nome famoso c'è una notevole abilità come attore.

Complessivamente, Due fuggitivi e mezzo è un film discreto e funziona sufficientemente bene… anche se si trova ben al di sotto dei migliori risultati di Francis Veber,ossia, a mio avviso, La cena dei cretini e Una top model nel mio letto.

Fosco Del Nero



Titolo: Due fuggitivi e mezzo (Les fugitives)
Genere: comico, sentimentale.
Attori: Gérard Depardieu, Pierre Richard, Jean Carmet, Michel Blanc, Anais Bret, Eric Averlant, Maurice Barrier.
Regista: Francis Veber.
Anno: 1986.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 27 novembre 2019

Stay - Nel labirinto della mente - Marc Forster

Forse avevo già visto in passato Stay - Nel labirinto della mente: dal titolo mi pareva di sì, ma (ri) vedendolo non ne sono poi così certo.
A ogni modo, ho proceduto a questa visione dopo aver molto apprezzato il regista Marc Forster in Vero come la finzione… anche se, a dire il vero, assai meno in World War Z.

Apprezzando in generale il genere psicologico-surreale, ed essendo Marc Forster famoso per tale fattore, ho proceduto a vedermi (o rivedermi) Stay - Nel labirinto della mente, film con protagonista il bravo Ewan McGregor, che guardo volentieri dai tempi di Trainspotting. A fargli compagnia, Naomi Watts e Ryan Gosling.

Ecco la trama di Stay - Nel labirinto della mente, storia che oscilla tra il genere psicologico, quello surreale e il drammatico: Sam Foster (Ewan McGregor; Moulin Rouge, Sogni e delitti, Piccoli omicidi tra amici, L’uomo che fissa le capre, Big fish, Star wars 1 - La minaccia fantasma, The island, Angeli e demoni) è un giovane psichiatra, che giunge in uno studio come sostituto della titolare, indisponibile perché stressata, e si trova tra le mani il caso di Henry Letham (Ryan Gosling; Blue Valentine, Blade runner 2049), un ragazzo con problemi mentali, che sente voci, riesce ad anticipare le frasi degli altri, conosce eventi in anticipo, si sente colpevole della morte dei suoi genitori... e ha deciso di suicidarsi di lì a pochi giorni. 
Anche la compagna del dottore, Lila (Naomi Watts; La promessa dell’assassino, Il velo dipintoIncontrerai l’uomo dei tuoi sogniMulholland DriveThe ring) ha tentato il suicidio tempo prima, salvata proprio dall’uomo, il quale si sente in dovere di fare la stessa cosa anche col ragazzo… finendo però per entrare in un vortice di eventi allucinatori simili a quelli che lamentava lo stesso ragazzo.

Non svelo il finale per non compromettere la visione di chi eventualmente non avesse ancora visto il film, ma non posso non sottolineare che, come genere, Stay - Nel labirinto della mente entra un po’ nel filone psicologico dei vari L’uomo senza sonno o Memento, o anche Fight Club, tutti film girati poco tempo prima, anche se il film da cui Stay - Nel labirinto della mente ha letteralmente rubato lo spunto di fondo è Allucinazione perversa. I contenuti e i generi son molto diversi, ma lo schema del film è il medesimo, tanto che, se non si tratta di plagio, quantomeno si tratta di una forte ispirazione, diciamo così.

Se l’idea di fondo è praticamente presa in prestito, e se il genere del film ormai non è nuovo, e anzi cavalca un filone in voga negli ultimissimi decenni, lo stile di Stay - Nel labirinto della mente è piuttosto originale: Marc Forster si conferma regista validissimo, tecnicamente in gamba e visionario nelle immagini e nel montaggio, riuscendo nell’intento di trasmettere il senso di confusione e di allucinazione dei protagonisti della storia.

Anche il cast è ottimo, ma è proprio la storia, paradossalmente, a non convincere del tutto: non innovativa, è anche incoerente nel senso che, narrata dal punto di vista dello psichiatra, seguito dalle telecamere passo passo, mostra invece allucinazioni che avrebbero dovuto, col senno di poi del finale, riguardare il solo Henry.

Va bene, nessun problema: non siamo troppo fiscali e guardiamo comunque il film; ci limitiamo a evidenziare che Stay - Nel labirinto della mente, pur assai valido da certi punti di vista, non lo è altrettanto da altri. Considerando tutto, si rivela un film ben fatto ma non un capolavoro.

A proposito del finale: che si trattasse di una questione veglia/sonno, coscienza/incoscienza, è stato largamente anticipato; non solo dalle scene allucinatorie, ma anche da quelle apparentemente normali, in cui sullo sfondo si vedevano passare persone identiche (simili d'aspetto e vestite allo stesso modo), tre per volta.

Anche le numerose convergenze tra lo psichiatra, la sua fidanzata e il ragazzo avevano evidentemente acceso una campanella: due potenziali suicidi, due anelli identici, due pittori, stesse frasi dette, etc.

Interessante la scena in cui il padre del ragazzo, teoricamente morto, appare come vivo e vegeto e, anzi, ha pure riacquistato la vista, da cieco ch'era, e dice due cose. 
Prima: "Per la prima volta, vedo ogni cosa". 
Seconda: "I buddhisti hanno sempre avuto ragione: il mondo è un'illusione."
Dunque, dalla morte alla vita, dalla cecità alla vista... e allora finalmente si vede tutto e ci si rende conto che l'esistenza materiale è illusoria.

Ultimo appunto: alcune frasi impreziosiscono l'opera, nel caso lo spettatore sia interessato a temi esistenziali: non poche, in verità, quasi tutte incentrate sul tema della coscienza e dell'ambivalenza tra realtà e irrealtà.

"Non esiste un'altra parte."

"C'è troppa bellezza per mollare.
C'è troppa bellezza."

"Chi sono io?"

"Andrò all'inferno? 
O forse ci sono già... non lo so."

"Vedo ogni cosa.
Per la prima volta, vedo ogni cosa."

"I buddhisti hanno sempre avuto ragione: il mondo è un'illusione."

"Non so più cos'è reale ormai."

"Devo svegliarmi."

"Se questo è un sogno, c'è il mondo intero dentro."

Fosco Del Nero 



Titolo: Stay - Nel labirinto della mente (Stay)
Genere: psicologico, drammatico.
Regista: Marc Forster .
Attori: Ewan McGregor, Ryan Gosling, Naomi Watts, Janeane Garofalo, Bob Hoskins, Elizabeth Reaser, Kate Burton, B.D. Wong, John Tormey, José Ramon Rosario, Becky Ann Baker.
Anno: 2005.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


martedì 26 novembre 2019

Stonehearst Asylum - Brad Anderson


Stonehearst Asylum dalla filmografia di Brad Anderson, regista già visto in L'uomo senza sonno. L’abbinamento con un racconto di Edgar Allan Poe, Il sistema del dott. Catrame e del prof. Piuma, ha fatto il resto, e mi sono così guardato il film in questione, il quale oscilla tra drammatico, psicologico e thriller, con atmosfere piuttosto lugubri.

Ecco la trama sommaria di Stonehearst Asylum, film del 2014: siamo nel 1899, e il giovane dottore Edward Newgate (Jim Sturgess; Cloud atlas, 21, La migliore offerta) si reca nel nosocomio che dà il nome al film per fare esperienza presso il Dottor Lamb (Ben Kingsley; Lezioni d’amore, Prince of Persia - Le sabbie del tempo, Medicus - The physician), che gestisce il centro.

Tra i pazienti, egli nota subito la bella Eliza Graves (Kate Beckinsale; Cambia la tua vita con un click, Total Recall - Atto di forza, Underworld), mentre tra i dipendenti del manicomio si fa notare invece Mickey Finn (David Thewlis; Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Harry Potter e il Principe Mezzosangue); dopo si conoscerà anche il Dottor Salt (Michael Caine; Sleuth - Gli insospettabili, Hannah e le sue sorelle, I figli degli uomini)…

… ed emergeranno tutti i segreti di Stonehearst Asylum, inquietanti tanto nel presente quanto nel passato, tanto che sia il protagonista che lo spettatore oscilleranno tra l’una e l’altra posizione, almeno fino a che la follia di una delle due emerge con maggior prepotenza, diciamo così.

Per la serie nomen omen, il destino e il senso dei protagonisti è dato dai loro stessi nomi: il nome Stonehearst sembra quasi dire che “la pietra sente”, il Dottor Newgate imbocca per l’appunto una “nuova porta”, Eliza Graves ha molto a che fare con la morte e con le tombe, il Dottor Lamb sembra agnello ma non lo è, il Dottor Salt eseguiva il suo lavoro con troppo sale, in modo troppo aspro, e Mickey Finn, come si dice nello stesso film, senza però che la traduzione italiana riesca a tradurre il motteggio, ha a che fare con il drogare le persone affinché perdano conoscenza (in inglese il termine “Mickey Finn” indica per l’appunto questo).

Il cast del film è ottimo, la fotografia molto bella, costumi e suoni davvero all’altezza, e anche la storia si fa seguire con interesse, proponendo dapprima piccole dosi di stranezza, confondibili in tal senso con la genialità, e poi manciate di follia sempre più abbondanti, fino alla pazzia completa, con risultati proporzionati a tale pazzia.

Tuttavia, pur se ben realizzato, al film manca un certo spessore per essere qualcosa di più importante, rimanendo un discreto prodotto, visibile e godibile, ma non imperdibile.
Due curiosità.
Prima: Ben Kingsley si era già trovato in un ruolo simile (dottore in manicomio) in Shutter Island.
Seconda: il film propone due “reduci” da Harry Potter: David Thewlis e Brendan Gleeson, rispettivamente Remus Luipin e Malocchio Moody.

Chiudo la recensione con una frase estratta dal film:
“Non credete a nulla di ciò che sentite e solo a metà di ciò che vedete”.

Fosco Del Nero



Titolo: Stonehearst Asylum (Stonehearst Asylum)
Genere: drammatico, psicologico, thriller.
Regista: Brad Anderson.
Attori: Jim Sturgess, Kate Beckinsale, Ben Kingsley, Michael Caine, Jim Sturgess, David Thewlis, Brendan Gleeson, Jason Flemyng, Sophie Kennedy Clark, Sinéad Cusack, Edmund Kingsley.
Anno: 2014.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 20 novembre 2019

Merlino - Steve Barron

Non sono mai stato appassionato alla leggenda di Re Artù, Merlino, tavola rotonda, Sacro Graal e via discorrendo, pur con poche eccezioni.

La prima, cronologicamente parlando, è il film d’animazione Disney La spada nella roccia, il quale tuttavia è molto leggero e non affronta affatto il centro della leggenda celtica.

L’ultima, cronologicamente parlando, è il romanzo di Marion Zimmer Bradley Le nebbie di Avalon.

La volta di mezzo è la miniserie televisiva, composta in pratica di due film, Merlino, che ho visto un paio di volte ma sempre prima dell’apertura del blog. Con la terza volta, viene anche la recensione.

L’anno di realizzazione è il 1998 e il regista dietro la macchina da presa è Steve Barron, figura cinematograficamente trascurabile e più nota per i video musicali (Billie Jean di Michael Jackson per dirne uno, ma anche Madonna, Dire Straits, Culture Club, Paul McCartney, ZZ Top, etc) che non per i film.

Se il regista in questione cinematograficamente ha prodotto poco, perlomeno ci ha regalato questa miniserie di due film, per la quale ho da subito avuto un debole, anche per il ricco e valido cast che la anima: Sam Neill, Miranda Richardson, Helena Bonham Carter, Martin Short… ma anche Isabella Rossellini, Lena Headey, Rutger Hauer.
Cast evidentemente ricchissimo, con i vari attori che hanno partecipato, da protagonisti, a prodotti del calibro di DuneFight ClubL'uomo bicentenarioLadyhawkeBlade runner, Il trono di spadeVelluto blu, etc.

Ecco la trama sintetica: la Regina Mab (Miranda Richardson), regina del vecchio mondo celtico e della vecchia magia, notando che sempre meno persone credono ancora in quel mondo, decide di allevare una figura capace di risollevare le sorti della vecchia magia, che sta venendo sempre più schiacciata dall’avanzante cristianesimo. Aiutata dal suo assistente Frick (Martin Short), dà vita a un bambino, Merlino (Sam Neill), che da lì in poi alleverà e addestrerà come mago.
Le divergenze tra i due, però, porteranno a una separazione tra la regina e il mago, la quale segnerà le sorti di tante persone e di un intero popolo. Tra i personaggi di volta in volta manovrati, dall'uno o dall'altra, vi sono Re Artù (Paul Curran) e Ginevra (Lena Headey), Lancillotto (Jeremy Sheffield) e Morgana (Helena Bonham Carter), Lady Nimue (Isabella Rossellini) e altri ancora, in una sorta di eterno dualismo e di opposti disegni e obiettivi.

Stanti i numerosi avvenimenti, nonché la lunga durata dell’opera qualora la si voglia concepire come unico film (siamo sulle tre ore), è impossibile sintetizzare tutto in modo agile. 
Mi limito a sottolineare come la leggenda di Artù, Merlino, Mab, Morgana e soci sia assai incerta e indistinta, tanto che non vi è una sola versione ufficiale, ma tante versioni, comprensive di valori assai diversi dei personaggi (si pensi alla figura di Morgana, a volte buona e a volte cattiva, a volte potente e a volte marionetta).
Ignorerò quindi tale fattore, rimanendo solo nell’ambito prettamente filmico e narrativo.

In questo senso, Merlino a me piace molto, e anzi lo trovo, oltre che visivamente bello, anche emotivamente intenso, e persino didattico: non sono enunciati principi esistenziali, ma il tutto sa molto di storia di formazione e di sviluppo di saggezza, per i personaggi e per gli spettatori, alle prese con paure, desideri personali, attaccamenti, passioni, amore, visioni miopi e visioni più lungimiranti: una bella sintesi del percorso interiore di ogni singolo essere umano.

Se pure l'opera non ha una genesi didattica, tuttavia qualche frase di valore ogni tanto spunta, come le seguenti.

 “Studiai giorno e notte. Imparai a distinguere le forze invisibili che governano questo nostro mondo e riuscii a penetrare i segreti che esistono sotto le superfici e dietro gli specchi.”

“Io voglio che tu usi il potere che hai dentro.”

“Re giusto, re cattivo… tu giudichi troppo, troppo in fretta.
Imparerai.”

“Qui ho trovato la pace: nella preghiera e nella meditazione.
Una pace che non avevo mai conosciuto e che va oltre la mia comprensione.”

“Il suo regno inizia ora nel sangue, e si concluderà un giorno alla stessa maniera.”

“Era come il sogno: il sogno di un sogno.”

In conclusione, Merlino è un film, o più precisamente una miniserie televisiva, di ottima fattura: sconta un poco il fattore tecnologico, visto che oramai è vecchio di oltre vent’anni, ma si difende comunque bene per la qualità che porta nonché per alcune scelte registiche interessanti.

Fosco Del Nero



Titolo: Merlino (Merlin)
Genere: fantasy.
Regista: Steve Barron.
Attori: Sam Neill, Miranda Richardson, Helena Bonham Carter, Martin Short, John Gielgud, Rutger Hauer, James Earl Jones, Isabella Rossellini, Paul Curran, Lena Headey, Jeremy Sheffield, Mark Jax, John McEnery, Thomas Lockyer.
Anno: 1998.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.


martedì 19 novembre 2019

Wild wild west - Barry Sonnenfeld

Il film di oggi è Wild wild west, diretto nel 1999 da Barry Sonnenfeld.

Barry Sonnenfeld è un regista che ho apprezzato molto in passato per via della sua verve originale e fantastica: prodotti come Man in blackLa famiglia Addams, ma anche il vivace e tenero Amore con interessi, testimoniano tutto ciò.

Purtroppo, con gli anni, il suo talento sembra essersi assopito, per non dire proprio svanito, tanto da aver prodotto solamente insuccessi clamorosi o seguiti mal riusciti… e tanto da ottenere sempre meno lavori (cinque tra il 1991 e il 1997, ossia quasi uno all’anno; solo sei tra il 1998 e il 2017, ossia meno di uno ogni tre anni).

Wild wild west ha segnato l’inizio del tramonto, per dirla così… e dire che le premesse per fare bene c’erano tutte.
Intanto a livello di cast, con Will Smith, Kevin Kline, Kenneth Branagh e Salma Hayek, tutti all’apice della loro avvenenza, primo e ultima in primis. In secondo luogo, la sceneggiatura pareva assai adatta alla verve immaginifica del regista, con un western pieno di invenzioni meccaniche sull’orlo della fantascienza e un perenne tono da commedia umoristica.

E invece il film si è caratterizzato decisamente in negativo, aggiudicandosi peraltro ben cinque Razzie Awards, i “premi” assegnati ai peggiori film dell’anno… tra cui quello di peggior film e peggior regista.

Intendiamoci, a Wild wild west non manca la vivacità, ma è confusionaria e mal diretta, e fallisce anche al livello dei dialoghi, che avrebbero dovuto essere la parte trascinante del film. Si salvano solo Will Smith, per la sua presenza scenica, e quel po’di bellezza visiva che si intravede ogni tanto.

Detto tutto ciò, passiamo alla trama del film: siamo poco dopo la Guerra di Secessione Americana e due agenti speciali, James West (Will Smith; Io sono leggenda, Hitch - Lui sì che capisce le donne, Hancock, La leggenda di Bagger Vance, After Earth) ed Artemius Gordon (Kevin Kline; Un pesce di nome WandaIn & out) vengono incaricati dal Presidente degli Stati Uniti di catturare il criminale Arliss Loveless (Kenneth Branagh; I love Radio Rock, Harry Potter e la camera dei segreti, Celebrity), un sudista reduce della guerra che con essa ha perso molto, a cominciare dalle gambe, tanto da essere ridotto su una sedia a rotelle… per quanto una sedia a rotelle molto tecnologica, essendo egli una sorta di mago della meccanica, capace di inventare anche un ragno gigante degno di un film d’invasione aliena.
I due agenti, il primo più portato all’azione e il secondo più portato all’ingegno, si scontreranno spesso sul modo di condurre la missione, così come si scontreranno per le grazie della bella Rita Escobar (Salma Hayek; Dogma, Il racconto dei racconti, La grande vita, C'era una volta in Messico, Frida), che si troverà in mezzo alla situazione essendo stata rapita da Loveless.

Detto ciò, credo di aver detto tutto su Wild wild west, film leggero e dinamico, ma privo di mordente e di ironia di qualità.

Fosco Del Nero



Titolo: Wild wild west (Wild wild west)
Genere: western, commedia, fantastico.
Regista: Barry Sonnenfeld.
Attori: Will Smith, Kevin Kline, Kenneth Branagh, Salma Hayek, Ted Levine, M. Emmet Walsh, Bai Ling, Musetta Vander, Sofia Eng, Frederique Van der Wal.
Anno: 1999.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


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