La recensione di oggi si riferisce a una sorta di piccolo film cult: Il signore delle mosche, il classico del 1963 diretto da Peter Brook… tratto dall’omonimo romanzo di William Golding, che peraltro ha avuto anche una con versione successiva nel 1990.
Forse la caratteristica principale de Il signore delle mosche è quella di non avere attori adulti, giacché tutti i protagonisti sono bambini o ragazzini nella prima adolescenza.
E vediamo il perché andando a tratteggiare per sommi capi la trama del film: siamo nel 1984 (evidentemente un anno al tempo assai indicato per ambientare delle società alternative, per quanto l’esempio di George Orwell sia affatto simile a questo lavoro successivo) ed è in corso una guerra atomica.
Durante una tempesta, un aereo che doveva portare alcuni rampolli britannici in Australia, in teoria al sicuro dalla guerra, precipita lungo il tragitto: gli adulti accompagnatori muoiono tutti, e così molti bambini, mentre solamente in venti circa si salvano.
Dispersi in un’isola deserta, senza adulti a dirigere i lavori, e senza sapere quanto staranno da soli e se eventualmente arriveranno i soccorsi e dopo quanto tempo, i ragazzi sono di fatto costretti a darsi una sorta di ordinamento e di organizzazione.
Le priorità sono presto decise: un fuoco sempre acceso per attirare l’attenzione di eventuali aerei di passaggio e la ricerca del cibo.
Dopo una votazione, viene nominato capo del gruppo Ralph, che sconfigge nella suddetta votazione Jack, che comunque avrà il comando del gruppo dei cacciatori, addetti per l’appunto alla ricerca del cibo.
La rivalità tra i due, il primo decisamente più ragionevole e organizzatore e il secondo decisamente più istintivo e prevaricatore, tornerà in evidenza in seguito, quando il distacco diverrà insanabile, e i due gruppi si divideranno, con tanto di episodi di violenza piuttosto gravi.
Vi sono alcune considerazioni da fare su Il signore delle mosche.
La prima è che il film ritrae dei ragazzi-bambini, ma di fatto parla della società degli adulti, incapace di organizzarsi in modo civile e responsabile, tanto da ricorrere prima o poi alla violenza… e non a caso la storia prende le mosse da una guerra atomica su base mondiale.
La seconda considerazione è ovvia: il tema centrale del film è quello della ragione da un lato e della cieca violenza dall’altro, col film che in questo senso sembra parlare assai chiaro, e in modo pessimistico: l’essere umano è incapace di autocontrollarsi, di rispettare il prossimo e di vivere in modo civile.
I ragazzi – ma, ripeto, sono più bambini che ragazzi – di fatto si trasformano tutti in selvaggi, compresi segni tribali sul corpo.
Un’altra considerazione interessante riguarda l’associazione tra la caccia, la carne, il sangue, la violenza, il disordine sociale e il non rispetto dei diritti individuali: sono proprio i “cacciatori”, assetati di violenza, di sangue e di carne, a generare tutti i problemi.
Il tema del vegetarianesimo non è affatto accennato, né il collegamento tra il cibo e le energie interiori (e quindi il carattere, e quindi il percorso destinico della persona), ma la cosa nel film è di fatto assai forte, tanto da essere impossibile non notarla.
Nel complesso, ho gradito sufficientemente Il signore delle mosche, film che in un certo senso ha fatto storia, e che è stato ripreso per certi versi da film successivi, come il recente e di buon successo Maze runner - Il labirinto.
Fosco Del Nero
Titolo: Il signore delle mosche (Lord of the flies).
Genere: drammatico, psicologico.
Regista: Peter Brook.
Attori: James Aubrey, Tom Chapin, Hugh Edwards, Roger Elwin, Tom Gamanm, Nicholas Hammond.
Anno: 1963.
Voto: 6.
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