Conoscevo di fama il film Samsara (e intendo il film di Pan Nalin del 2001, non il film-documentario di Ron Fricke del 2011 che porta il medesimo nome), ma non mi ci ero mai avvicinato, nonostante il mio interesse per le tematiche esistenziali e per il mondo orientale.
L’ho fatto ora giacché il mio mi era stato suggerito come film dai contenuti esistenziali importanti.
Andiamo subito a vedere, cominciando come prima cosa dalla trama del film: Tashi è un giovane monaco che vive in un monastero sui monti dell’Himalaya, e vi vive sin da quando aveva cinque anni, in pratica allevato dai monaci, in primis da Apo.
Da citare anche la sua amicizia con un altro monaco giovane, più o meno suo coetaneo, Sonam.
Tashi peraltro ha appena concluso una prova importante: una sorta di eremitaggio meditativo durato tre anni, tre mesi e tre giorni, alla fine del quale egli ha i capelli lunghissimi, le unghie lunghissime e l’intero corpo debole per via della lunga inattività (ma un fisico ben fatto e anche muscoloso, curiosamente…).
Dopo aver superato tale pesante eremitaggio, il più sembra fatto nella vita monacale di Tashi, ma in realtà lo attende una nuova prova, complice un viaggio fuori dal monastero e la visione della bella Pema, ossia il confrontarsi con la sua sessualità.
Essenzialmente Samsara (parola sanscrita che indica il ciclo delle nascite e delle morti che si ha fino all’illuminazione) racconta il conflitto tra l’aspirazione alla vita monastica di Teshi e l’altra sua aspirazione, la vita mondana e l’amore carnale in particolare.
A contorno di ciò, vi sono i bellissimi panorami dell’Asia centrale, tra montagne, nevi, pianure sconfinate, cavalli, sentieri di viaggio…
… e ovviamente i riti dei monaci, nonché le usanze di vita di quei luoghi, altro elemento di interesse.
Tuttavia, devo dire che il film vale la visione soprattutto per tali contenuti geografici e culturali, diciamo così, più che per i contenuti esistenziali, che in realtà mancano quasi totalmente. Samsara, a dispetto del nome che porta, non è un film di genere spiritual-esistenziale, ma è un film drammatico-psicologico-sentimentale.
Di contenuti evolutivi ve ne sono ben pochi, e in tutti i 140 minuti del film mi sono segnato appena due frasi, queste:
“Ci sono cose che ognuno di noi deve riuscire a disimparare per poterle imparare. Così come molte altre cose dobbiamo prima possederle per riuscire a rinunciare ad esse.”
“– Bambini, vorrei che voi adesso mi diceste cosa succederà a questo bastoncino.
– Affonderà nell’acqua!
– Si potrebbe incastrare tra i sassi.
– Resterà nell’acqua fino a che non marcirà.
– Verrà risucchiato nel vortice, e dopo essere caduto nella cascata si romperà!
– Mettiamo che non accada. Allora, che succederà? Il bastone finirà il suo cammino raggiungendo il mare. Siamo tutti come bastoni, il nostro mondo è come il fiume. Il percorso è più o meno accidentato, ma prima o poi finiamo nel mare.”
Oltre a queste due frasi, è appena accennata la questione del mangiare carne, ma subito messa da parte, e poi è da citare il nome del piccolo Karma… nome che dunque fa il paio col nome del film: Samsara e Karma.
Peccato però che vi siano solo i nomi, e non energia e insegnamenti retrostanti.
Ma va bene anche così, e comunque Samsara è un film che propone molta bellezza.
Fosco Del Nero
Titolo: Samsara.
Genere: drammatico, psicologico, sentimentale.
Regista: Pan Nalin.
Attori: Shawn Ku, Christy Chung, Neelesha BaVora, Tenzin Tashi, Jamayang Jinpa, Sherab Sangey, Kelsang Tashi, Tsepak Tsangpo, Lhakpa Tsering.
Anno: 2001.
Voto: 7.
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