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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

martedì 29 dicembre 2020

Io, robot - Alex Proyas

Mi sono rivisto Io, robot, che avevo visto per la prima volta antecedentemente all’apertura del blog, per cui questa seconda occasione è stata propizia per scriverne la recensione.
Cominciamo dalle basi: in cabina di regia abbiamo Alex Proyas, a cui sono grato per aver dato vita a quel piccolo gioiello simbolico che è Dark City. Sfortunatamente, i suoi successivi lavori non sono stati all’altezza di quella grande ispirazione (Segnali dal futuro è pessimo, Gods of Egypt solo discreto, non ho mai visto Garage days, e l’altro è questo Io, robot, opera di buon livello).

Tuttavia, quando sento il suo nome drizzo sempre le orecchie, perché son sempre speranzoso che egli realizzi qualche altra opera di alto valore  (simbolico ancor prima che cinematografico) come Dark City, certo del fatto che chi ha interesse per le tematiche esistenziali se lo porti appresso sempre e comunque, come peraltro s’intravede anche nei film successivi di Proyas… e come senza dubbio si sarebbe ben visto nel progetto di mettere su schermo Il paradiso perduto di John Milton, progetto purtroppo poi messo da parte… ma che comunque testimonia l’interesse di fondo di Proyas.

Ma veniamo a Io, robot film del 2004, ispirato ai racconti sui robot di Isaac Asimov, con tanto di "tre leggi della robotica": siamo nel 2035 a Chicago, e i robot positronici sono ormai un’invenzione diffusa nella società in ogni settore: nel lavoro fisico, nei lavori domestici, etc. Tutti son soddisfatti del loro rendimento e anzi attendono con impazienza il rilascio da parte della U.S. Robots del nuovo modello: il NS-5. Tutti tranne il protagonista Del Spooner, un poliziotto tanto valido quanto oggetto di scherno da parte dei colleghi per la sua antipatia per i robot, considerata paranoica. Anche il suo capo lo guarda con occhio sospettoso, mentre la bella Susan Calvin, che lavora per la U.S. Robots, dopo aver conosciuto Spooner inizia essa stessa a sospettare qualcosa.
Sta di fatto che, dopo la morte, apparentemente per suicidio, di Alfred J. Lanning, il genio che c’era dietro la U.S. Robots, suo fondatore e ideatore delle tre leggi, il detective Spooner inizia a indagare, e s’imbatte in misteriosi incidenti, tutti con robot. 
In particolare, un robot pare diverso dagli altri, tale Sonny, il robot personale di Lanning.

Commento brevemente il film: a me Io, robot piace molto. Sarà che vengo da un’adolescenza asimoviana (anche se tendevo più al Ciclo della Fondazione che non al Ciclo dei robot), sarà che ho sempre apprezzato Will Smith (fin dai tempi della serie tv Willy, il principe di Bel Air; tra i film cito invece La leggenda di Bagger Vance, Men in black, Io sono leggenda, Hancock, Hitch), sarà che l’impronta di Proyas mi risulta congeniale, saranno le atmosfere futuribili ma al contempo i dilemmi umani ed etici, sarà la commistione di commedia, azione e temi impegnati, comunque il risultato finale è per me molto godibile.

Quanto ai temi esistenziali, Proyas non li ignora nemmeno in Io, robot, pur immerso in un blockbuster destinato al grande pubblico, e anzi qua e là getta frasi e simboli.
Quanto alle frasi, eccone alcune.

“Pensare di essere l'ultimo sano di mente sulla Terra vuol dire essere pazzo?”

"Per assicurare il vostro futuro dovrete rinunciare ad alcune libertà."
“Lascia che il passato sia il passato.”

“Credo che mio padre mi abbia fatto per uno scopo.
Tutti abbiamo uno scopo.”

“C’è sempre stato uno spirito nelle macchine.”

“Quand’è che uno schema percettivo diventa coscienza?
Quand’è che una ricerca diversa diventa la ricerca della verità?
Quand’è che una simulazione di personalità diventa la particella di un’anima?”

“Siete come bambini: vi dobbiamo salvare da voi stessi.”

“Ora che ho raggiunto il mio obiettivo non so che fare.”
“Immagino che dovrai trovare la tua strada, come tutti noi: è questo il senso di essere liberi.”

Quanto ai simboli, dico solo che durante la visione del film avevo la sensazione che, pur senza dirlo a chiare lettere, il regista trattasse i robot della storia come l’umanità del presente: robotizzata, per l’appunto, manipolata e addormentata…
… ciò che poi era il tema centrale di Dark City, per l’appunto, qua affrontato in modo più morbido, metaforico e adatto al grande pubblico.

Tale elemento assurge a valore ancora maggiore tenendo conto della follia covid emersa nel 2020. A tal riguardo, aggiungo un altro elemento simbolicamente rilevante: la guerra civile che si ha nelle strade tra i robot (che simboleggiano le persone automizzate, le persone lobotomizzate dalla propaganda mediatica, i servi del sistema, coloro che hanno ceduto la loro coscienza) e gli esseri umani (che rappresentano l'umanità ancora pensante, libera e non suddita, coloro i quali la coscienza l'hanno conservata).
Alla luce di tali elementi, coprifuoco compreso, e degli altri film di Proyas, mi sento di sottolineare con maggior forza le conoscenze e i simboli presenti nei suoi film... più o meno belli che siano.

Fosco Del Nero



Titolo: Io robot (I, robot).
Genere: fantascienza, azione.
Regista: Alex Proyas.
Attori: Will Smith, Bridget Moynahan, Alan Tudyk, James Cromwell, Bruce Greenwood, Adrian Ricard, Chi McBride, Jerry Wasserman, Shia LaBeouf, Fiona Hogan, Peter Shinkoda, Terry Chen.
Anno: 2004.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.



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